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Dal 2004 il blog di Antonio Troise

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Lug 2 2018

UltraEdit: per i programmatori esigenti il miglior editor di testo per Windows, Mac OS e Linux

Posted by Antonio Troise
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Introduzione

Conosco UltraEdit dalla release 15 e già dieci anni fa su Windows era un must, l’editor per eccellenza per programmare, soprattutto quando dovevo editare in remoto via ftp. Ma ancora oggi, giunto alla release 25, il software risulta essere fresco, aggiornato e al passo con i tempi, oltre ad essere anche multipiattaforma perchè disponibile, con la stessa licenza, anche per i sistemi operativi Mac OS e Linux, risultando, di fatto, una delle scelte migliori anche rispetto a software commerciali o gratuiti.
Creato nel 1994 dal fondatore della IDM Computer Solutions, Ian D. Mead, negli anni ha vinto numerosi premi e riconoscimenti di riviste specialistiche.

Caratteristiche

UltraEdit è un editor basato sun una architettura nativa a 64 bit e, tra le sue caratteristiche, quello che ho sempre preferito e non ho mai ritrovato in nessun altro software commerciale o gratuito (come Notepad++, Visual Studio Code, Atom e Sublime Text) è la sua perfetta integrazione e accesso a sistemi remoti tramite i protocolli SSH, Telnet, FTP e SFTP, oltre ad una buona suite per la creazione e gestione di macro per automatizzare il lavoro. Infine con la stessa licenza di Ultraedit è inclusa in bundle anche la licenza per UltraCompare Professional, un programma (anch’esso multipiattaforma per Windows, Mac e Linux) che permette di analizzare e comparare le differenze file di testo alla volta (anche grandi file che altri programma si rifiutano di elaborare), intere directory ma anche pacchetti Zip, Rar e Jar oltre che a file Word, Excel, CSV e PDF, il tutto perfettamente integrato nella suite di UltraEdit.

Ultraedit permette, al primo avvio (ma anche in seguito) di scegliere tra diversi temi, tra cui una tipologia scura di default (Slate o Charcoal) e una tipologia chiara (Classic e Sterling), e di settore il proprio layout preferito (Balanced, Lean, Clean, Multi-window). Altri temi personalizzati sono disponibili su questa pagina

Su schermi grandi è certamente possibile adottare il complesso layout Multi-window che, oltre al consono editor di testo, permette di visualizzare diverse finestre nella stessa schermata, come la vista dei File, la minimappa del proprio file (funzione utilissima per i programmatori per spostarsi in file di grandi dimensioni, e ultimamente ripresa anche da altri editor come SublimeText e Atom) e una console in SSH/Telnet sempre in vista magari per testare subito il proprio script in Python.

Tra le tante caratteristiche avanzate troviamo:

  • la Multi-Selezione, che permette di selezionare parti multiple di testo ed agire su di esse modificandole simultaneamente, velocizzando di fatto l’editing

  • la Selezione per Colonne (non disponibile nel caso si abiliti il Ritorno a Capo), molto utile quando si devono modificare intere sezioni di codice simile poste su righe diverse ma presente nello stesso numero di colonne. Anche qui la possibilità di compiere questa operazione una sola volta velocizza di molto il flusso di lavoro.

  • Gestione di file di grandi dimensioni (anche oltre i canonici 4GB), funzione molto comoda per modificare grandi database o file di log, senza alcun problema di performance e senza temere il crash dell’applicativo per mancanza di risorse di memoria.
  • supporto avanzato del Syntax Highlighting per i più comuni linguaggi di programmazione con la possibilità di customizzarli o crearne di nuovi attraverso gli ‘wordfile’ (disponibili anche qui)
  • supporto all’Auto-Closing dei tag XML e HTML
  • Smart Templates per l’auto completamento del codice per tutti i principali linguaggi di programmazione. Un database più completo è possibile scaricarlo qui.
  • Editing e Validazione di file Xml attraverso la possibilità di visualizzare una vista ad albero dei tag

  • Ordinamento dei dati contenuti nei file, molto comodo se si caricano file CSV/TSV con la possibilità di scegliere la colonna da ordinare e il tipo (testuale o numerico)

  • Creazione e gestione di Macro per automatizzare il lavoro attraverso il linguaggio di scripting Javascript 1.7. Le macro è possibile registrarle (un po’ come fa Excel) o programmarle in base alle proprie esigenze.

    In ogni caso qui è possibile trovare un breve tutorial e degli esempi di applicazione delle macro, tra cui un ottimo script che permette di inserire un header di template di intestazione per gli script

  • dizionari in diverse lingue per il controllo ortografico del testo inserito

Conclusioni

Tra tutte le funzioni di Ultraedit che personalmente preferisco mi piace citarne una: la modifica remota dei file via FTP/SFTP, forse forti dello sviluppo decennale di un altro loro client UltraFTP. In tutti gli editor di testo per Windows sopracitati non è mai disponibile di default e, anche se presente attraverso dei plugin, non è mai di facile implementazione e raggiungibile con un solo click. E’ vero che con l’abitudine tutto può sembrare semplice, ma avere sempre a disposizione un tasto per aprire la connessione FTP/SFTP verso il proprio server di sviluppo non è cosa da poco.

La versione da me analizzata è quella per Windows, ma devo dire che la versione per Mac anche se presente da meno anni risulta comunque completa quanto quella della sua controparte per PC.

Dove trovarla

UltraEdit

UltraEdit per Windows/Mac OS/Linux (comprensivo anche di UltraCompare Professional e di 3 licenze da usare in qualsiasi combinazione di piattaforme) è disponibile per l’acquisto direttamente sul sito del produttore a questo link, al prezzo di 99.95$ (è comunque possibile scaricare una versione valida 30 giorni per testare tutte le funzionalità prima di decidere per l’acquisto).

Per i più esigenti e per i professionisti esiste anche un vantaggioso abbonamento annuale All Access di 79.95$ l’anno per avere tutta la suite offerta da IDM (risparmiando, almeno per il primo anno, l’85% sull’acquisto delle singole licenze ) con software come, oltre al già noto Ultraedit e UltraComprare, anche UEStudio, UltraFTP e Suites.

Tag:editor, programmazione, recensione, Windows
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Apr 16 2018

Plotagon: come produrre il proprio film animato in 3D

Posted by Antonio Troise
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Oggi produrre animazioni video in 3D per un concept di un film di cui magari si ha da tempo la sceneggiatura in un cassetto o anche semplicemente per divertirsi, è finalmente alla portata di tutti. Infatti per partire è sufficiente avere una buona idea trasposta in una buona sceneggiatura e un solo software gratuito per creare storie animate con effetti 3D: Plotagon.
Sviluppato da una startup svedese di sole 24 persone composte da disegnatori, animatori, programmatori, designer e un musicista con formazione classica, è disponibile sia per PC che per Mac e per iOS (iPhone e iPad).

Descrizione

Nonostante l’aspetto finale dei video non sia fotorealistico bensì un po’ cartoonesco (ricorda molto le animazioni del videogioco di The Sims) il grande e innegabile vantaggio è quello di poter scrivere direttamente le sceneggiature nel software che saranno interpretate dal programma come righe di codice di un vero e proprio linguaggio di programmazione a portata di clic del mouse.

Ma quello che invece mi ha convinto a scrivere questa recensione è stata la recente possibilità di far parlare i protagonisti con la voce sintetica in Italiano di Acapela Group. Infatti, uno dei grandi limiti di questo programma è che per anni le voci erano solo localizzate in inglese e, per i non amanti della lingua di albione, poteva costituire un problema, a meno che non ci si prodigava nell’arte del doppiaggio. Ora, anche se l’interfaccia risulta essere ancora completamente in inglese, è possibile disporre di una enorme varietà di voci sintetiche dall’inglese, all’italiano, al francese, tedesco, svedese, norvegese, australiano e messicano.

Proviamo a realizzare un filmato

Per mettere in mostra le potenzialità di Plotagon di creare filmati anche in lingua italiana vi mostrerò i passi principali per creare un proprio personaggio e quindi la propria sceneggiatura.

Una volta aperta la schermata principale basterà cliccare sul tasto in alto al centro a forma di ripresa e quindi nella sezione Characters premere il bottone “Create new character”

In questa schermata possiamo scegliere il sesso del personaggio (cliccando sopra alla nostra scelta verranno cambiate casualmente le caratteristiche del personaggio), mentre cliccando sul tasto “Random” verrà creato un personaggio in modo del tutto casuale sia per quanto riguarda le se caratteristiche fisiche (forma del viso, acconciature e colore dei capelli, colore occhi) che di abbigliamento, ma ovviamente il tutto si potrà anche scegliere puntualmente. Infine, prima di assegnare un nome al personaggio, è possibile scegliere la lingua che parlerà e la relativa intonazione (più o meno grave o acuta). In questo caso ho scelto la voce maschile italiana “Vittorio” ma se avessi scelto un personaggio femminile mi avrebbe mostrato anche la voce italiana “Chiara”.

Ora che abbiamo creato il nostro personaggio (ma possiamo crearne anche più di uno ovviamente) è possibile iniziare col “Plot“:

In questa schermata la nostra trama dovrà dipanarsi in una vera e propria sceneggiatura che altro non farà che programmare, letteralmente, i nostri personaggi.

Quindi, la prima cosa da fare è scegliere l’ambientazione “Scene” che farà da sfondo alla nostra storia. Se ne potrà scegliere una tra le decine gratis e a pagamento disponibili nello Store integrato in Plotagon.

Quindi verrà scritta la base della sceneggiatura che si dovrà completare scegliendo i vari personaggi e la relativa posizione del corpo dei personaggi nello spazio.

Quindi si potrà passare alla fase del dialogo scegliendo il personaggio, la frase che dovrà dire e il modo in cui dovrà esprimersi (per esempio: Accusing, Afraid, Angry, Cryng… Happy… Mind Blown… Sad… Whispering… Zombie) con la voce e con linguaggio del corpo come gesti, postura ed espressioni facciali.

Cliccando sul microfono è possibile registrare la propria voce in modo da rendere ancora più realistica l’interpretazione

mentre se si clicca sulla cinepresa

sarà possibile anche scegliere il tipo di ripresa della scena come Primo Piano, Campo Lungo etc.

Oltre a poter inserire nel filmato del testo descrittivo, dei suoni e delle musiche, la cosa più interessante di Plotagon sono, invece, le “Action“, ovvero la possibilità di far muovere e interagire i personaggi tra di loro

con azioni tipo carezza, bacio, stretta di mano, schiaffo, etc che saranno interpretate dal programma come righe di codice per cui, scegliendo ad esempio l’azione “Josè abbraccia Sara”, i due personaggi 3D verranno collegati tramite un movimento pre-sceneggiato. Attenzione perchè il programma è abbastanza intelligente da capire se i due personaggi sono nelle vicinanze spaziali per cui una azione non potrebbe avere senso. Quindi l’azione “Josè abbraccia Sara” non potrà essere renderizzata in quanto i due protagonisti sono troppo lontani tra di loro:

Una volta scritta la propria sceneggiatura più o meno complessa, sarà possibile renderizzare il filmato e, oltre a salvarlo in locale (con o senza sottotitoli integrati), sarà possibile anche caricarlo automaticamente su Youtube

Qualche esempio di video pubblicato potrete trovarlo qui.

Dove trovarla

Plotagon, nella sua versione essenziale Plotagon Story, è un app gratuita disponibile per Mac OS, Windows, iOS e Android. Se l’app è gratuita, sullo Store è però possibile acquistare pacchetti aggiuntivi di personaggi già caratterizzati, abbigliamento, scene oltre alle voci sintetiche italiane e di altri paesi.

Tag:3d, app, Film, mac os, recensione, Windows
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Giu 23 2010

Come rimuovere un Profilo di Fornitura (Ad Hoc Provisioning Profile) da iPhone e iTunes su Mac OS X e Windows

Posted by Antonio Troise
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Se avete mai avuto modo di partecipare a qualche beta privata di applicazioni per iPhone, sicuramente vi sarete chiesti, al termine della fase di beta testing, come rimuovere dal vostro iPhone il relativo Profilo di Fornitura ( Ad Hoc Provisioning Profile). Questa, almeno, è stata la domanda che mi sono posto io. Infatti, anche dopo aver fatto il ripristino del mio iPhone per installare il nuovissimo iOS 4, ho scoperto con grande meraviglia che il Profilo era ancora presente. In effetti, questo viene installato su iTunes e ad ogni sincronizzazione con il dispositivo Apple, viene sempre automaticamente installato. Ma la cosa particolare è che non è possibile verificare su iTunes la sua presenza e, eventualmente, cancellarlo.

Installazione del Profilo di Fornitura

Ma andiamo per gradi e cerchiamo di capire come si diventa tester di una applicazione per iPhone, prima ancora che questa passi per App Store. Il primo passo è quello di trovare l’identificatore unico (UDID) degli iPhone e iPod touch che verranno usati durante il test.

Per trovare l’UDID di un iPhone o iPod touch:

  1. Collegare il proprio iPhone o iPod touch al proprio computer (Mac o PC).
  2. Aprire iTunes.
  3. Nella lista di sorgenti alla sinistra della finestra di iTunes, sotto Dispositivi, selezionare col mouse la riga corrispondente al proprio dispositivo.
  4. Nella scheda Riepìlogo, fare clic col mouse sull’etichetta in grassetto “Numero di serie” (posto a sinistra del numero di serie). Questo mostrerà, ora, l’identificatore del dispositivo (che è del tipo: 65def49c088b6bf9b9c2462945df74fs67g54124)
  5. Per copiare l’identificatore negli appunti, scegli dal menu di iTunes Composizione > Copia (su Mac) o Modifica > Copia (su Windows).

La registrazione come tester avviene sempre manualmente e per farlo, di solito, si deve mandare una e-mail al programmatore con gli UDID con i quali si vuol essere registrati. Infatti, ogni app dovrà essere compilata dall’SDK con il relativo file .mobileprovision che è generato a partire dal UDID (Universal Device Identifier). In pratica per ogni betatester, dovrà essere generato una app specifica per il suo dispositivo.

Per ogni applicazione da provare, quindi, il programmatore dovrà fornire due elementi:

  1. Un profilo di fornitura, che consente al dispositivo di eseguire applicazioni. Questo file ha estensione .mobileprovision.
  2. L’applicazione vera e propria in un file .ipa che sarà funzionante solo per il dispositivo che avrà un certo UDID con cui è stata compilata.

Infine, per installare un’applicazione, occorre trascina entrambi gli elementi nella libreria iTunes. e a questo l’app comparirà nella sezione Applicazioni della propia libreria iTunes. A questo punto è possibile sincronizzare l’iPhone per trasferire l’applicazione e il file .mobileprovision su di esso.

Per controllare che la loro installazione sia avvenuta correttamente, è sufficiente andare, dopo la sincronizzazione, sulle Impostazioni dell’iPhone, e selezionare la voce del menu “Generale”

Profilo di Fornitura - Ad Hoc Provisioning Profile

e Profili (questa voce del menu è assente se non è stato installato alcun Profilo di Fornitura)

Profilo di Fornitura - Ad Hoc Provisioning Profile

e troveremo una schermata simile:

Profilo di Fornitura - Ad Hoc Provisioning Profile
Rimuovere il Profilo di Fornitura

Come avete visto il file .mobileprovision è stato installato su iTunes ed è da qui che dovremo eliminarlo! Per rimuovere il Profilo di Fornitura (Ad Hoc Provisioning Profiles), occorre:

  1. Rimuovere il profilo dal proprio iPhone (Impostazioni > Generale > Profili; selezionare il Profilo da cancellare e Rimuoverlo).
    Profilo di Fornitura - Ad Hoc Provisioning Profile
  2. Nella home directory dell’utente di sistema del proprio Mac (~/Library/MobileDevice/) troverete la directory: “Provisioning Profiles” che contiene il file .mobileprovision. Sarà quindi sufficiente cancellare (o spostare) il contenuto della directory.
    Profilo di Fornitura - Ad Hoc Provisioning Profile
  3. Quindi sincronizzate l’iPhone con iTunes e potrete constatare che il Profilo di Fornitura non verrà più ripristinato.

Questa procedura vale per i sistemi Mac OS X, ma per i sistemi Windows è analoga e a cambiare è solamente la directory in cui risiede il file .mobileprovision. In particolare (sostituire “username” con il proprio nome utente in uso nel sistema):

Mac OS X
/Users/username/Library/MobileDevice

Windows XP
C:/Documents and Settings/username/Application Data/Apple Computer/MobileDevice/

Windows Vista
C:/Users/username/AppData/Roaming/Apple Computer/MobileDevice/

Tag:Apple, iPhone, iPod, itunes, Mac os x, profilo, sdk, sincronizzare, Tutorial, udid, Windows
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Nov 4 2009

TeamViewer: alternativa a VNC per remotizzare il PC di casa dal lavoro senza nessuna configurazione e superando anche i firewall più potenti

Posted by Antonio Troise
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Sinora, per controllare e amministrare il proprio computer a distanza, accedendo ai vari servizi disponibili su di esso, ho sempre puntato a servizi come VNC (con le sue varianti RealVNC, UltraVNC, TightVNC), il software di controllo remoto per eccellenza, o in caso di presenza di Windows XP Pro, al più performante (almeno nelle intranet) e reattivo protocollo RDP, con il suo Remote Desktop Connection di Microsoft. Se però questo genere di soluzione risulta essere ottimale nelle LAN (casalinghe o aziendali che siano) i primi problemi si pongono quando si vuole remotizzare una macchina da una postazione che non risiede nella stessa rete. Il caso più tipico è quello di voler remotizzare dalla propria postazione lavorativa il proprio PC di casa, magari anche solo per leggere la posta o per recuperare quella relazione importante che ci si è dimenticati di portarsi al lavoro.

Lo svantaggio di passare tra i router

Infatti, tutte queste tecniche hanno un grosso svantaggio: necessitano la configurazione di un router che deve essere istruito per instradare il traffico verso la macchina da controllare. Se questo risulta essere uno svantaggio per i neofiti delle rete (con qualche guida su internet è comunque facile superare il problema), risulta un problema insormontabile se si dispone anche di un router con un firmware vecchio o buggato (o semplicemente bloccato come molti di quelli che fornisce Alice ADSL) che non permettono il NAT delle porte (tipicamente il port forwarding di 5800 e 5900). Per finire, dato che solitamente al PC viene assegnato un indirizzo IP pubblico dinamico, occorrerà usare servizi come quelli offerti da No-Ip (o lo storico DynDNS) in modo da avere associato ad un dominio di terzo livello come xxx.no-ip.com il vostro ip dinamico, con lo scopo di avere uno pesudo “ip” statico a cui far puntare il nostro client VNC. Insomma, ricapitolando, occorre almeno installare due software (VNC per la remotizzazione e No-IpDUC per risolvere un indirizzo ip dinamico con un dominio di terzo livello) e quindi configurare correttamente le porte sul router/firewall.

Se non avessi avuto problemi con il mio router sicuramente avrei adottato la soluzione VNC/NO-IP ma dopo vari giorni di prove avevo finalmente capito che esisteva un particolare bug nel firmware del mio router (e mai patchato) che mi impediva di procedere con questa tecnica, laboriosa ma al contempo consolidata.

EchoVNC

In realtà, esistono anche altri sistemi in grado di saltare il filtro di qualsiasi router o firewall. Uno tra questi è il progetto opensource EchoVNC (basato sulle DLL opensource echoWare) in grado di garantire l’uso del software di controllo remoto VNC anche tra macchine protette da un firewall. In pratica, grazie ad EchoVNC è possibile raggiungere a distanza un pc anche attraverso internet senza dover configurare il reindirizzamento di porte sul router o di creare eccezioni sul firewall. Ma da quanto ho potuto leggere, per usare EchoVNC è necessario disporre di un “echoserver” che funge da nodo per le connessioni tra viewer e server. L’echoserver altro non è che un programmino di pochi kb che si mette in ascolto su una porta (occorre però fare in modo che sia raggiungibile dall’esterno e quindi aprire le corrispondenti porte sul router/firewall). Ma il vantaggio è che è possibile installarlo dove si vuole: sul pc che si usi per connettersi al server, sul server stesso che deve essere raggiunto oppure su un terzo pc.

Se è vero questa soluzione è definita Firewall Friendly, poiché anche se necessita comunque di una configurazione sul Router/Firewall (l’unica cosa che deve essere vista da internet è l’echoserver), questa, però, può essere fatta su qualsiasi macchina che è collegata ad una rete su cui si ha il controllo, nel mio caso questa soluzione era inadeguata in quanto ho il router bloccato e la rete aziendale da cui solitamente accedo ha delle policy molto restrittive. Inoltre, mentre il server ed il viewer sono free (licenza GPL) l’echoserver è soggetto a limitazioni (10 minuti per connessione) se non si fa la registrazione (50$ per avere utilizzo illimitato ed a vita in ambiente non commerciale). Inoltre, uno svantaggio da non sottovalutare è che la soluzione con EchoVNC risulta essere piuttosto lenta poiché di fatto le connessioni viaggiano alla velocità di upload dove si è installato l’echoserver (e di solito in ambito home, l’upload è sempre carente).

TeamViewer

Fortunatamente, ho scoperto che esiste anche una alternativa semplice e veloce al classico VNC e all’evoluto EchoVNC: si chiama TeamViewer e sono rimasto davvero sbalordito dalla sua facilità di utilizzo e dalle sue prestazioni. In realtà Teamviewer è analogo a EchoVNC (poiché di fatto ne ricalca l’architettura di base) ma ha dalla sua una semplicità disarmante (riesce a collegarsi anche a computer che si trovano dietro i firewall più potenti) e il fatto di essere completamente gratuito per gli usi non commerciali. Il produttore dichiara che il programma utilizza un algoritmo di protezione a 256 bit per lo scambio dei dati, il che rende le connessioni piuttosto sicure. Per finire Teamviewer è disponibile sia per la piattaforma Windows che per quella Mac OS X.

TeamViewer Start Screen

Il programma server è molto leggero e gira tranquillamente su pc datati o sottodimensionati (come può essere un computer della serie Asus EeeBox) e funziona anche senza usare un account con privilegi di Amministratore. La versione Free permette di gestire una sessione alla volta (più che sufficienti per i miei scopi) e visualizza un popup ad ogni collegamento che vi avverte che state usando una versione non per usi commerciali (niente di fastidioso).

TeamViewer Popup

In ogni caso, tutte le versioni TeamViewer consentono il trasferimento completo dei dati, vale a dire intere cartelle e strutture di directory (sembra che per aumentare la velocità, tutti i file vengano automaticamente compressi prima della trasmissione).

TeamViewer File Transfer

Infine, richiede una larghezza di banda di appena 8 KB/s nella Qualità Standard di visualizzazione del desktop remoto!

La prima volta che si lancia TeamViewer, verrà generato un identificativo numerico (ID) di 9 cifre (univoco per macchina e che resterà sempre lo stesso) e una password che cambia ogni volta che si riavvia il programma da comunicare alla persona che deve prendere il controllo remoto. Ho letto che il fatto che la password cambi ad ogni avvio, ha un po’ spiazzato molti utilizzatori perché, sebbene si possa settare il programma in modo che parta ad ogni avvio di Windows, se il codice di accesso cambia ogni volta è necessario che qualcuno stia li a leggere la nuova password per permettere l’accesso da remoto. In realtà, è sufficiente che si entri nelle preferenze del programma ed è possibile impostare una password statica anziché dinamica, ed il gioco è fatto!

TeamViewer Opzioni Password

Infine, cosa non da poco (alcune versioni di VNC infatti non lo gestiscono) prevede la funzione di copia e incolla tra il server e client.

L’unico dubbio che inizialmente mi sono posto era se fosse sicuro passare per un server di terze parti privato: ma se è vero che il programma utilizza un algoritmo di protezione a 256 bit per lo scambio dei dati, allora non ci dovrebbero essere problemi per la propria privacy. Invece, l’indubbio vantaggio di usare un server proprietario è che, a differenza della architettura offerta da EchoVNC, qui abbiamo un server centrale (che ovviamente non è un semplice PC) che non costituisce alcun collo di bottiglia per l’upload dal server, il che rende la trasmissione dati (che già dispone di una banda molto bassa) molto veloce.

Se vi state chiedendo come mai TeamViewer non necessità di alcuna configurazione sul router/firewall la risposta è semplice: il servizio si poggia sulla porta 80 per comunicare i dati e visto che questa è la porta di default per il protocollo HTTP, viene sempre lasciata aperta su tutti i router/firewall!

Se volete approfondire l’argomento dovete comunque sapere che TeamViewer non è l’unico programma per la condivisione desktop con queste caratteristiche: tra tutti posso citare i vari LogMeIn, CrossLoop e Mikogo. Ognuno ha i suoi vantaggi e svantaggi (qui e qui potete avere qualche raffronto), ma quel che è certo è che TeamViewer è veramente facile da configurare e funziona egregiamente nell’architettura di rete che ho a disposizione.

Tag:condivisione, firewall, Mac os x, NAT, password, router, vnc, Windows
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Nov 2 2009

Convertire da riga di comando in Mac OS X un file icona .ICNS in un file di immagine PNG

Posted by Antonio Troise
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A volte capita di usare dei programmi di grafica particolari (spesso su piattaforma Mac OS X) che usano, per il salvataggio, un solo formato di output: l’ICNS.
Per chi non lo sapesse, il formato Apple Icon Image (ICNS) è il formato standard per le icone utilizzato esclusivamente per Mac OS X e sviluppato dalla Apple stessa. Questo formato supporta icone di varie dimensioni: 16×16, 32×32, 48×48, 128×128, 256×256 e 512×512 pixels, oltre che il canale alfa per la trasparenza e la sovrapposizione di più’ immagini (per ottenere, per esempio, l’effetto di una cartella aperta e chiusa). Il formato ICNS, in realtà, e’ semplicemente composto da un massimo di 5 immagini tiff sovrapposte: spesso sono solo di grandezze diverse altre volte, invece, sono immagini diverse a seconda dello stato che l’icona deve assumere in relazione al programma che la gestisce.

A differenza del formato ICNS, invece, i file icona .ICO del sistema operativo Windows sono delle piccole immagini raster che, nella loro accezione originale, supportano la trasparenza e la Multi-risoluzione 16×16 pixel, 32×32 pixel, 64×64 pixel fino ad arrivare, solo con Windows Vista, a 256×256 pixel in PNG compresso.

Come avete potuto intuire, sarà quindi molto facile imbattersi in grafici professionisti e in programma di grafica che, prediligono il formato ICNS poiché, è estremamente più potente e flessibile rispetto al classico formato .ICO di Windows (oltre al fatto, forse ovvio, che molti software di grafica sono nati e vivono tuttora nel mondo Mac, la piattaforma migliore, a detta di molti, per sviluppare grafica). Non a caso, infatti, molti dei più importanti siti di grafica professionale usano quasi esclusivamente questo formato.

Ma le icone .ICNS si possono trovare anche all’interno dei programmi per Mac OS X, che altro non sono che directory con estensioni .app. Per esempio, se vogliamo visualizzare il file ICNS del calendario di Mac OS X (iCal), basterà aprire il contenuto del pacchetto (tasto destro sull’applicazione interessata e selezionare dal menu a comparsa “Mostra contenuto pacchetto“) e navigare nella cartella Contents/Resources e qui troverete, tra gli altri file, anche una file icona .icns (iCal/Contents/Resources/App-empty.icns) che altro non è che l’icona visualizzata nel Finder dall’applicazione stessa.

Se si apre con Anteprima questo file icona è possibile apprezzare come sia composto da più immagini tiff (per la precisione 5) di dimensioni diverse. Ecco un esempio per il file icona della applicazione iCal:

iCal ICNS

Convertire una icona ICNS in PNG da riga di comando

A volte, però, si potrebbe avere la necessità di dover convertire il formato ICNS in un più classico formato PNG, magari se si vuole riutilizzare l’immagine dell’icona su un sito web. Oltre a tool online come iConvert o ad applicativi per Mac OS X come il blasonato Img2icns, non tutti sanno che lo stesso sistema operativo Mac OS X ha un tool da riga di comando che deriva dal BSD, sips (scriptable image processing system), che permette di eseguire questa operazione in completa autonomia, senza dover installare software di terze parti. In realtà sips è usato correntemente nella suite degli “Image Events” di AppleScript, tanto da poter lancare gli stessi comandi da interfaccia grafica, ma è indubbio che è veramente comodo e veloce avere sempre a disposizione da riga di comando questo programma.

Basterà, quindi, aprire il Terminale e digitare la seguente riga:


sips -s format png fileicon.icns --out fileicon.png

e in pochi istanti il file icns verrà convertito, con le stesse dimensioni in pixel, nel formato PNG. Ma le funzionalità di questo programma sono molte: basterà aggiungere l’opzione “–rotate 90” (-rotate degreesCW) per ruotare di 90 gradi l’immagine PNG corrispondente, mentre aggiungendo “-flip horizontal|vertical” si potrà a tutti gli effetti rovesciare, ribaltare l’immagine. Quindi si potrà anche, con l’opzione “–cropToHeightWidth pixelsH pixelsW” eseguire il crop, ovvero il ritaglio della immagine, e quindi con “–resampleHeightWidth pixelsH pixelsW” la si potrà ridimensione. Tutto con una sola riga di comando, come nella vecchia ma mai tramontata potente filosofia unix.

Come creare un file ICNS

Una volta estratta l’icona ICNS in un formato grafico comune come il PNG potete elaborare l’immagine e usarla su un sito web oppure potreste voler ricreare di nuovo una nuova icona ICNS per una qualsiasi vostra applicazione. Per farlo potete usare un tool messo a disposizione gratuitamente da Apple nella suite dell’SDK per i Developer (presente in ogni DVD di installazione del sistema operativo o direttamente scaricabile anche dal sito Apple): Icon Composer.app (/Developer/Applications/Utilities/Icon Composer.app). Il programma è veramente semplice ed intuitivo perché vi mostrerà 5 aree diverse ognuna per ciascuna risoluzione consentita dove potete fare un semplice drag e drop dell’immagine desiderata da associare.
Vi lascio ad un video esemplificativo per la spiegazione passo passo:

Tag:bsd, grafica, icns, icone, Mac os x, png, sdk, Windows
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Set 25 2009

K-Meleon: la versione Lite di Firefox per Windows adatta per tutti i PC lenti

Posted by Antonio Troise
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Slow PC In questi giorni sono costretto ad usare, al posto del mio Macbook Pro (in assistenza per un problema alla scheda video nVidia, fortunatamente riconosciuto da Apple anche se non in garanzia) un vecchio PC con sopra installato Windows XP SP3: un Pentium 4 da 1,6GHz con 256 MB di memoria.
Dopo il primo traumatico impatto iniziale, non tanto per la presenza di Windows XP, quanto per il fatto che il pc era notevolmente lento e ogni paio di ore ero costretto a restartarlo (finestre congelate per decine di minuti se aprivo due e o tre applicazioni diverse… il famoso multitasking sapete…), mi sono rimboccato le maniche e ho cercato di alleggerire l’utilizzo di memoria di alcuni programmi che usavo abitualmente (la soluzione ottimale forse sarebbe stato installare una distribuzione Linux o il più leggero Windows 2000, ma non volevo perderci troppo tempo). Tra questi, ovviamente, al primo posto vi era il browser. Escludendo a priori Explorer 8 (veramente troppo lento a caricarsi su un pc sottodimensionato come il mio, senza considerare le varie problematiche che lo affliggono da sempre), ho provato ad installare varie browser alternativi. Ho, ovviamente, iniziato dal beniamino della rete Firefox ma, anche senza installare alcuna estensione, non reggeva la presenza di poche tab aperte. Allora ho provato le performance di Chrome di Google sul mio pc datato e, sebbene tutti ne elogino la indubbia velocità di rendering delle pagine web, anche questo, quando si aprivano 2-3 tab, inizia a rallentare esponenzialmente tanta da freezarsi per diversi minuti (ovviamente queste considerazioni sulla performance sono valutate sul mio vecchio pc e non sono da intendersi in senso assoluto). Ammetto di non aver provato ad installare Opera ma le ultilme versioni non mi avevano mai convinto in termini di performance.

Cross-platform vs Native

Quindi, ben sapendo che molti utenti, lamentavano problemi di pesantezza in memoria di Firefox, ho cercato la presenza di un fantomatico progetto di “Firefox lite” da far girare su vecchi PC, una sorta di versione “barebone” di Firefox che faccia a meno di tutto ciò che lo può rendere lento. Ed è così che sono giunto a K-Meleon.

Infatti, a giudizio di molti, Firefox è lento (anche se nella versione 3.x le cose sono nettamente migliorate ma non così sensibilmente da poter girare senza problemi su pc datati come il mio) perchè è un progetto multipiattaforma. Se si vuole creare la propria versione di ‘Firefox lite’ è quindi necessario abbandonare il ‘cross-platform’, per abbracciare il ‘native’. E’ a questo punto che le alternative si moltiplicano ed è possibile facilmente eleggere le 3 migliori alternative per le principali piattaforme: K-Meleon per Windows (Native Win32), Camino per Mac OS X (Native Cocoa) e Epiphany per Gnome (Native GTK+).

K-Meleon: il Firefox Lite per Windows

K-Meleon K-Meleon, giunto alla versione 1.5.3, è un browser molto leggero distribuito gratuitamente (sotto licenza GPL) e basato sullo stesso motore di rendering di Mozilla, Gecko 1.8.1.21 (e quindi completamente compatibile con i più diffusi standard di Internet).

Dato che al posto di XUL (il linguaggio per le interfacce su cui si base Mozilla Firefox) viene utilizzata l’interfaccia nativa di Windows, questo gli permette di avere una migliore integrazione con l’aspetto grafico di Windows e un più veloce avvio del browser rispetto ai vari software con interfaccia XUL, e lo rende, per forza di cose, una applicazione in grado di girare solo sulle piattaforme Microsoft Windows a 32 bit. Ma questo, se da un lato è uno svantaggio per la diffusione del browser su diversi sistemi operativi, è anche un indubbio vantaggio a favore della sua velocità di esecuzione e di gestione della memoria.

Impressioni su K-Meleon

Se durante l’uso di K-Meleon mi sono accorto che ancora non può vantare la facilità d’uso, la pulizia dell’interfaccia e la maturità di Firefox, sono rimasto meravigliato dalla sua velocità su pc datati anche quando venivano aperte una decina di tab.
Infatti, se a prima vista si può rimanere spiazzati dal fatto che tutti i menu e i pulsanti della toolbar possono essere completamente personalizzati solo attraverso dei file di configurazione (cosa che comunque è utile per creare dei template per diversi ambienti di lavoro) visto che non esiste una interfaccia grafica per la loro personalizzazione (occorre modificare dei file di configurazione per spostare i pulsanti, anche se le barre possono essere semplicemente trascinate), il browser implementa inoltre tutte le funzionalità che ci si può aspettare da un browser moderno: blocco dei pop-up, temi e skin (non usando XUL non è possibile usare gli stessi temi di Firefox), navigazione a schede, salvataggio delle sessioni, opzioni per la privacy, mouse gestures, personalizzazione dei motori di ricerca e supporto dei proxy (quindi è perfetto anche in rete aziendali).

Per quanto riguarda, invece, i plugin per Java, Flash, QuickTime e Adobe Reader, K-Meleon, è in grado di utilizzare, se già installato, quelli di Firefox.

Nonostante, però, l’interfaccia sia integralmente localizzabile, non esiste ancora una versione in italiano.

Se poi volete aumentare ulteriormente la già rapida velocità di apertura del browser K-Meleon, allora potete usare un’altra sua funzionalità peculiare, il Loader, un programma che si posiziona nella system tray di Windows e carica in memoria, ad ogni avvio del sistema, una porzione del browser: in tal modo i tempi di esecuzione del software vengono fortemente ridotti.

In definitiva sono rimasto piacevolmente meravigliato da questo piccolo ma potente browser che non conoscevo, poiché non mi ero mai imbattuto nell’uso di pc così vecchi, e ho così prontamente eletto il kamaleonte come browser predefinito del mio sistema!

Tag:benchmark, browser, chrome, explorer, firefox, gecko, Google, k-meleon, Software, Windows
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Apr 21 2009

Portable Ubuntu: come far girare Ubuntu su Windows senza installazioni, partizioni o virtualizzazioni

Posted by Antonio Troise
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Recentemente ho provato Portable Ubuntu, un’alternativa molto più performante e più semplice ad Ulteo Virtual Desktop, recensito su questo sito qualche tempo fa, che consente di far girare su Windows molte delle applicazioni scritte per Linux, utilizzando la tecnologia Cooperative Linux. Lo scopo principale di Portable Ubuntu è quello di far avvicinare a Linux anche gli utenti meno smaliziati che non sopportano una installazione ex novo di Ubuntu, con tutti i timori, ora meno giustificati di un tempo, di un partizionamento del disco fisso.

Ubuntu, grazie anche alla sua comunity, si è sempre contraddistinto, rispetto alle altre distribuzioni linux, per la estrema semplicità d’uso, sia durante il processo di installazione molto semplificato sia per il fatto di rendere la distribuzione avviabile direttamente da DVD senza passare per forza per una installazione (con tutti gli svantaggi dal punto di vista delle performance dato che la velocità in lettura di un dvd sono sicuramente inferiori a quelle di un hard disk) proprio per offrire a chiunque la possibilità di una valutazione del prodotto.
Ultimamente sono nate anche altre soluzioni, come Wubi Installer, uno speciale tipo di installazione per Windows (che si appoggia sempre alla ISO scaricabile da qui) che permette di trattare Ubuntu come un normale applicativo che si installa e si disinstalla (da Aggiungi/Rimuovi Programmi) e penserà tutto lui ad impostare il setup e a creare le partizioni. Oppure, grazie a Portable Qemu Persistent Ubuntu, che sfrutta la potenza della coppia di Qemu e di un’immagine ISO di Ubuntu (che potete anche personalizzare usando il l’Ubuntu Customization Kit), si può eseguire il sistema operativo virtualizzato su una macchina Windows che resterà intatta: è sufficiente scaricare il file qpubuntu.zip scompattarlo in un device USB e avviare il file batch ubuntu.bat (un altro esempio di uso di QEMU, trattato anche in un mio vecchio articolo, è la mini distribuzione Damn Small Linux).

Come far funzionare Portable Ubuntu

Portable Ubuntu è una applicazione portabile che non richiede alcuna installazione o virtualizzazione di sistema il che viene indubbiamente in soccorso agli utenti poco esperti.
La procedura è semplice (su HowToForge trovate anche una guida inglese passo passo):

  1. Scaricate il file Portable_Ubuntu.exe (che altro non è che un pacchetto autoestraente 7zSFX da 438 MB) e decomprimete l’archivio (che richiede in totale 1,85 GB di spazio libero su disco)
  2. Fate doppio clic sul file run_portable_ubuntu.bat che si trova nella cartella appena scompattata
  3. Si aprirà in alto una piccola barra che metterà a disposizione una versione di Ubuntu utilizzabile come un qualsiasi programma per Windows: infatti tutte le applicazioni linux appariranno come finestre sul desktop di windows (tanto che nella taskbar troverete i task di ogni applicativo aperto e da li potrete massimizzare, minimizzare o chiudere le finestre) e sarà anche possibile effettuare copia ed incolla fra i due diversi ambienti in entrambe le direzioni.
Portable Ubuntu 1

Nel caso aveste ancora dubbi, ecco un filmato che vi spiegherà tutte le semplici e poche operazioni da seguire:

Prime impressioni

Devo però constatare che, a differenza di quanto venga affermato, su un sistema di non ultima generazione (parlo di un PC Pentium IV con appena 512 MB di RAM), l’avvio di Portable Ubuntu, richiede poco più di 1 minuto e l’apertura delle varie applicazioni non risulta molto veloce. Ma d’altronde è comprensibile: se ad occupare la memoria di sistema vi è Windows, con tutti i suoi memory leaks nativi, non è possibile beneficiare totalmente della agilità propria di un sistema operativo come Linux, almeno su sistemi datati.

In ogni caso è indubbiamente comodo avere, sul proprio sistema operativo principale, ahimè Windows, la possibilità di lanciare ma anche installare alcune potenti applicazioni solo per Linux (per non parlare del grande vantaggio di avere la potente shell unix su Windows)! Addirittura, per come è lo scopo del progetto e come si può intuire dal nome, se copiate la cartella di Portable Ubuntu su una pennetta USB o su un hard disk esterno USB (cosa consiglio per avere maggiori performance), avrete la vostra distribuzione Linux sempre con voi ed eseguibile da qualsiasi PC Windows a cui avrete accesso.

Portable Ubuntu 2
Come funziona

Se siete curiosi di sapere quale sia il segreto su che si nasconde dietro Portable Ubuntu, dovete sapere che alla base di questo idea vi è un progetto precedente: andLinux che, usando sempre Ubuntu, si appoggiava su XFCE Panel e KDE (qui la guida step-by-step per l’installazione). Entrambi i progetti, però, si appoggiano a 3 pacchetti software sapientemente combinati tra loro:

  • Xming è una versione dell’X Server per sistemi Windows;
  • Pulse Audio è un Server Audio per sistemi POSIX e Win32 che si “interpone” tra il sistema audio nativo di Windows e quello delle applicazioni;
  • coLinux Kernel è uno dei porting del Kernel Linux per Windows, che permette di far funzionare il kernel di Linux come un vero e proprio processo di Windows. in pratica utilizzando un driver particolare che rende possibile l’esecuzione dell’applicativo coLinux in “modalità Ring 0″ (la modalità privilegiata cui esegue parte del Windows Kernel) si rende funzionante il Kernel Linux all’interno di uno specifico spazio di indirizzamento (quello del processo coLinux). Intercettando gli interrupt hardware, e cooperando con alcune funzionalità del sistema di basso livello di Windows, l’applicativo coLinux rende il Kernel Linux pienamente funzionante. In questo modo il Kernel Linux si avvia ed è in grado di gestire gli esegubili in formato binario elf, ovvero quelli di una tradizionale distribuzione Linux.

Se volete approfondire l’argomento sul sito del progetto troverete tutta la documentazione necessaria, come le istruzioni su come ampliare lo spazio di archiviazione, su quale è la password (importante per installare applicazioni con synaptic) per l’utente predefinito pubuntu (di default è impostata a: 123456) e su come accedere ai file del vostro disco C: di Windows (sarà sufficiente andare nella cartella /mnt/C).

Tag:Linux, portableapps, qemu, ubuntu, usb, virtualizzazione, Windows
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Mar 25 2009

Avidemux: l’alternativa per Mac OS X e Linux del famoso programma di video editing Virtualdub per Windows

Posted by Antonio Troise
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Da quando sono passato a Mac OS X, l’unica cosa di cui sentivo realmente la mancanza era poter usare un programma per l’editing video flessibile e veloce come Virtualdub per Windows. A volte mi capita di registrare qualche programma televisivo con Vcast in qualità Divx e poi, dopo averlo scaricato (comoda la funzionalità di feed rss messa a disposizione da Vcast per il download automatico con iTunes a mo’ di personal Podcast) sono solito eliminare la pubblicità dal file video (o tutto ciò che ritengo inutile o superfluo) in modo da potermi godere la visione senza interruzioni. Virtualdub ha dalla sua il vantaggio di essere un programma che, con pochissimi passaggi, permette di tagliare parti video (ma volendo anche può anche unire più filmati in uno solo) senza effettuare alcuna ricodifica audio/video (grazie all’opzione “Direct Stream Copy“).

Ebbene, finalmente sono riuscito a trovare un degno sostituto a Virtualdub: si chiama Avidemux ed è un programma di video editing open source rilasciato sotto licenza GPL e multipiattaforma (funziona, infatti, per Windows, Mac OS X, BSD e Linux) che mette a disposizione un tool di editing video leggero, funzionale e veloce. Dalle funzionalità simili a Virtualdub, per molti aspetti è anche più intuitivo, più semplice e completo della sua controparte, mostrando anche una interfaccia grafica meno spartana e un po’ più gradevole (grazie alle librerie GTK).

Tra le sue funzionalità, spiccano quelle di tagliare, unire, modificare, applicare filtri, e convertire in diversi formati, i video caricati. Nella sezione Wiki Docs del sito di Avidemux trovate tutte le guide (in inglese) per le funzionalità più importanti. Nonostante, apparentemente, leggendo, per esempio, la dettagliata ed esauriente guida del Cutting Video possa sembrare una operazione lunga, dovete sapere che sono necessari solo pochi passi.

Avidemux

E’ sufficiente, infatti, lasciare impostate su “Copy” le opzioni di ricodifica video e audio (se si imposta un altro formato, come per esempio, MPEG2 o 3GP, i tempi di salvataggio saliranno proporzionalmente alla durata del filmato da ricodificare), che corrispondono alle opzioni “Direct Stream Copy” di VirtualDub (impostabili dal menu Video e Audio del programma) e, dopo aver selezionato, con i tasti A e B la porzione di video da tagliare, andare sul menu Edit->Delete per rimuovere la selezione (se invece si clicca sul pulsante “Salva”, senza cancellare nulla, si salverà direttamente la parte di video selezionata) e quindi cliccare sul tasto “Salva” per fare, in pochi secondi, una copia del filmato modificato.

Tag:avidemux, licenza_gpl, Linux, Mac os x, opensource, Video, virtualdub, Windows
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Mar 16 2009

Come estrarre una chiavetta USB senza scollegare l’hardware in modalità sicura facendo attenzione a come formattare la flash drive per non perdere dati

Posted by Antonio Troise
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L’altro giorno ho spiegato come formattare in NTFS una pen drive aggirando le limitazioni di Windows; oggi, invece, voglio spiegarvi come estrarre una chiavetta USB senza scollegare l’hardware in modalità sicura, semplicemente settando correttamente una impostazione di Windows sconosciuta ai più. Questo metodo, implicitamente, vi permetterà, anche di trovare un altro metodo per riuscire a formattare da Windows una pennetta USB in NTFS.

Come noto, quando dobbiamo estrarre un dispositivo di archiviazione USB (una chiavetta flash o un hard disk portatile) dal proprio PC, anche se è vero che le porte USB sono Plug and Play e supportano i dispositivi hot swap per la rimozione a caldo delle periferiche, è sempre opportuno avviare la procedura che “Scollega l’hardware in modalità sicura” in modo da essere sicuri che tutte le attività di scrittura vengano terminate, onde evitare possibili perdite di dati e di informazioni. Ovviamente, il più delle volte questa operazione potrebbe sembrare noiosa, e quante volte vi sarà capitato, magari andando di fretta, di non seguire tutta la procedura corretta, con il conseguente messaggio di errore di Windows che vi farà sudare freddo? Personalmente non credo di aver mai perso dati scollegando un dispositivo USB in maniera affrettata, ma il rischio esiste sempre.

Scollegare USB

Altre volte, invece, può capitare che, anche quando si va cliccare sull’icona in basso a destra per la rimozione sicura dell’hardware, il sistema operativo potrebbe rispondere che è impossibile disattivare la periferica perché in uso, e di provare in un secondo momento, nonostante, però non vi sia, almeno apparentemente, alcun trasferimento dati in corso. Solo dopo 3-4 tentativi, si riuscirà a rimuovere il dispositivo, con evidente perdita di tempo.

Come estrarre una chiavetta USB senza scollegare l’hardware in modalità sicura

Ebbene, se anche voi siete afflitti da questi problemi, è perché forse non siete a conoscenza del fatto che, se si disattiva la cache di scrittura sul dispositivo USB, è possibile saltare la fase di disconnessione del hardware in modalità sicura, senza, però, alcuna perdita dei dati. Per fare ciò, è sufficiente andare sulla voce Sistema (System in inglese) del Pannello di controllo

Scollegare USB

e cliccare sul tab Hardware -> Gestione Periferiche (Device Manager),

Scollegare USB

e quindi selezionare la voce “Unità disco” (Disk Drives) e con il pulsante destro del mouse cliccare sulla periferica USB desiderata cliccando poi sulla voce Proprietà (Properties).

Scollegare USB

Dalla finestra che si aprirà, nella scheda “Criteri” (Policies) verifichiamo che sia spuntata la voce “Ottimizza per la rimozione rapida” (Optimize per quick removal) che, di solito, è l’opzione di default dei sistemi Windows.

Scollegare USB

Purtroppo, questa operazione, andrebbe eseguita su ogni PC su cui si intende collegare il dispositivo e su ciascuna periferica USB a cui si vuole disabilitare la cache in scrittura, ma una volta impostato, non avrete più necessità di scollegare l’hardware in modalità sicura.

Metodo alternativo per abilitare la formattazione NTFS su Windows

Quello che non tutti sanno, però, è che dalla maschera dei criteri, è possibile anche formattare in NTFS una pen drive aggirando le limitazioni di Windows. Infatti, se si imposta il valore “Optimize for performance“,

Scollegare USB

nella maschera di formattazione della periferica USB, comparirà anche la voce NTFS oltre che quella di default FAT32;

Scollegare USB

mentre se si imposta, come suggerito nella procedura sopra esposta per rimuovere una chiavetta USB senza scollegare l’hardware in modalità sicura, il valore “Optimize for quick removal”

Scollegare USB

allora nella maschera di formattazione della periferica USB, comparirà solo la voce di default FAT32.

Scollegare USB

Il motivo di questo comportamento, apparentemente anomalo, è presto spiegato. Nell’opzione “Optimize for quick removal” la formattazione NTFS non viene mostrata perché è caldamente sconsigliato effettuare l’estrazione di una periferica flash formattata NTFS senza eseguire la procedura di estrazione dell’hardware in modalità sicura, poiché si rischierebbe di compromettere l’integrità del file sistem, in quanto questo particolare file system proprietario Microsoft, mantiene sempre aggiornato l’NTFS transaction log (journal) e, se questo venisse corrotto, si rischia di rendere il contenuto della periferica USB inutilizzato. Insomma, siccome NTFS è un journaling file system, tutti i disk transactions sono loggati separatamente sulla periferica, il che comporta, inevitabilmente, un carico di scrittura maggiore e praticamente invisibile all’utente.
Ironicamente, la formattazione FAT32, nonostante più vecchia e con tutte le sue limitazioni, si dimostra essere, nei casi di rimozione improvvisa del drive, molto più sicura.

Conclusioni

Quindi, ricapitolando, se volete immagazzinare su una chiavetta USB file più grandi di 4GB, o magari volete criptare i vostri documenti con il tool messo a disposizione da Windows XP Professional (EFS file encryption), assegnare i privilegi ai vari file, o settare i disk quotas, allora dovrete necessariamente formattare la pennetta USB con il file system NTFS (usando il tool convert.exe, oppure usando l’utility gratuita per Windows HP USB Disk Storage Format Tool, o, infine, per usare l’utility di formattazione di Windows, impostando “Optimize for performance” nei criteri di ottimizzazione delle performance) ma così facendo non potrete mai disabilitare la cache in scrittura sul drive esterno, pena la corruzione dei dati.

Se invece, non avete particolari necessità, potete lasciare la formattazione FAT32 (che di fatto, proprio perché non è proprietaria, è supportata da tutti i sistemi operativi Linux, Mac e Windows, ma anche dai lettori MP3 o dalle cornici digitali, risultando, in pratica, il minimo comune denominatore di tutti i sistemi), e disabilitare senza problemi la scrittura della cache che vi permetterò di rimuovere un drive USB senza passare per la procedura di rimozione dell’hardware in modalità sicura. A voi la scelta!

Tag:cache, fat, filesystem, flash, format, ntfs, usb, Windows
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Feb 23 2009

Come formattare una penna USB da FAT32 a NTFS su Windows

Posted by Antonio Troise
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Al giorno d’oggi, trovare una penna USB grande 8 o 16 GB è molto facile e i prezzi sono oramai molto contenuti per cui non è raro trovarsi a dover copiare un file, magari una ISO di un DVD, di dimensioni superiori ai 4 GB. Oltre al fatto che, almeno per ora, le velocità delle pennette USB di tipo flash memory, sono inferiori rispetto agli hard disk esterni, e quindi, per copiare file di grandi dimensioni, ci si impiega più tempo che non a fare la stessa operazione su un normale hard disk a testina, il problema più grande che normalmente si incontra è che tutte queste flash drive, per ragioni di retrocompatibilità, sono sempre formattate FAT32. Se si considera, poi, che Windows XP non ha, nella sua utility di formattazione, un opzione che prevede la possibilità di inizializzare una pen drive in NTFS, si capisce bene che, per la maggior parte degli utenti, questo risulta essere un problema insormontabile.

Formattare una pen drive in NTFS

Quello che non tutti sanno, però, è che questo è solo un evidente problema di limitazione della utility grafica di Windows XP, perché di fatto è possibile formattare una pendrive come NTFS.

Formattare una penna USB in NTFS

Come noto, di solito, le pen drive vengono sempre formattate FAT32 e credo sarà sempre così almeno finché i drive non supereranno le dimensioni di 32 GB (mentre, fino a qualche anno fa, le prime pennette USB avevano addirittura un file system formattato FAT16, con un limite di 2 GB). Il motivo dell’adozione della partizione FAT32 è semplicemente quello di evitare problemi di compatibilità con altri sistemi operativi, dato che il file system NTFS è una tecnologia proprietaria di Windows (patented technology) e non tutti i sistemi operativi (come Mac OS X) la supportano nativamente in scrittura.

In realtà, prima di proseguire il discorso, vorrei far chiarezza su una mia affermazione procedente, che a prima vista potrebbe risultare non propriamente esatto. Quando ho asserito che 32 GB era il limite della dimensione di un volume FAT32, in realtà è più giusto dire che questo è solamente un altro limite arbitrario delle utility di formattazione e partizionamento di Windows 2000/XP/Vista, ed è per questo che credo che tale file system verrà adottato almeno finché le pen drive non supereranno tali dimensioni, visto che, altrimenti, con i sistemi operativi di casa Redmond non si avrebbe la possibilità di formattare il disco.
In ogni caso Utility di terze parti (ma anche il sistema di partizionamento di Mac OS X) possono tranquillamente creare e gestire partizioni FAT32 fino a 1 TB; io stesso ho un hard disk esterno da 320 GB formattato FAT32. Quel che invece resta immutato è che, con il FAT32, la dimensione del singolo file non può essere superiore ai 4 GB!

Quindi, se l’uso prevalente della vostra penna USB è sotto Windows e avete la necessità di caricare file di grandi dimensioni (superiori ai 4 GB), o semplicemente volete ottimizzare lo spazio usato sul disco riducendo le dimensioni dei cluster, allora dovrete fare in modo di formattare la vostra flash drive in NTFS. L’unico modo per farlo utilizzando gli strumenti messi a disposizione da Windows, è quello di convertire il file system anziché formattarlo!

Per farlo, basterà aprire il prompt dei comandi del DOS ed eseguire il comando DOS Convert sull’unità USB. Quindi, nel caso la lettera associata alla vostra pen drive sia “G” (la potete verificare andando su Risorse del Computer),

Formattare una pen drive in NTFS

allora dovrete lanciare il seguente comando:


convert G: /fs:NTFS

ATTENZIONE: La procedura inizierà senza chiedere alcuna conferma (a differenza di quanto avviene, invece, se si fa la stessa operazione sul disco di boot).

L’indubbio vantaggio nell’usare il comando “convert”, oltre alla estrema velocità dell’operazione, è anche quello di non perdere i dati contenuti nella pennetta, dato che questa applicazione non formatta il disco (cosa, invece, che sarebbe accaduta se avessimo una qualsiasi utility di formattazione) bensì converte semplicemente il file system da FAT32 a NTFS (mi sento comunque di consigliarvi un backup prima della conversione).

UPDATE: Grazie all’utility gratuita per Windows HP USB Disk Storage Format Tool è possibile formattare una pendrive USB in NTFS e, anche, renderla avviabile in fase di boot. Sviluppata da HP per le sue pendrive, ma che funziona senza problemi anche con altre, ha dalla sua la semplicità di utilizzo e la comoda funzionalità che permette di rendere la vostra pennetta USB avviabile in fase di Boot del sistema: basterà formattarla, copiarci i file: boot.ini, ntldr, e ntdetect, e, infine, configurare il vostro Bios per permettere l’avvio da USB, ed il gioco è fatto.

Tag:cluster, fat, filesystem, flash, format, ntfs, usb, Windows
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