Levysoft
  • Home
  • Portfolio
  • WordPress Plugin
  • Contattami

Dal 2004 il blog di Antonio Troise

RSS FeedTwitterFacebook
Apr 18 2008

Impossibile discriminare i bot di Google da quelli di Google News: gli editori propongono ACAP al posto del file Robots.txt per escludere i propri giornali solo da Google News e avere un controllo completo delle notizie

Posted by Antonio Troise
Tweet

ACAP «I motori di ricerca sono attori che prendono senza dare, che non producono contenuti ma poggiano la loro forza sulla tecnologia. Con software che somigliano a parassiti, hanno bisogno di un muro per arrampicarsi, cioè le informazioni dei giornali, ma poi lo distruggono prosciugandone le fonti pubblicitarie»

A lanciare questa pesante j’accuse è stato, nel 2007, Luca Cordero di Montezemolo, allora presidente Confindustria ed ex presidente Fieg. E questo è solo la punta dell’iceberg delle preoccupazione che oggi hanno gli editori con Google News. Infatti, Google News, è accusato di aggregare e diffondere contenuti prodotti dagli editori (soprattutto quelli di agenzie stampa e quotidiani) con sacrifici e costi, e per i quali, invece, Google non paga nulla.

Una soluzione: ACAP

Per risolvere il problema gli editori hanno proposto un nuovo protocollo di protezione dei contenuti editoriali online, chiamato ACAP (Automated Control Access Protocol, lanciato dalla World Association of Newspapers), che consentirebbe ai motori di ricerca di capire meglio le condizioni di utilizzo dei materiali e consentirebbe anche agli editori di controllare in quali modo aggregatori e motori di ricerca li usano. Insomma, attraverso questa specie di bollino digitale, il motore di ricerca saprebbe cosa fare con ciascuna pagina prodotta dall’editore: se usarla tutta, o solo una parte, o non usarla per nulla.

La soluzione attuale: Robots.txt

In realtà l’ACAP non è altro che la versione formale e mirata a Google News di un già efficiente sistema dedicato agli spider dei motori di ricerca: il Robots Exclusion Standard (standard per l’esclusione dei robot), un sistema che consentirebbe, attraverso la generazione di un file Robots.txt appositamente generato e formattato, di bloccare l’indicizzazione (anche ad un solo bot di motore di ricerca), di alcune pagine dei giornali online che, per questioni di copyright o altri motivi, non vogliano che i loro testi vengano ripresi dai motori di ricerca. Se non siete esperti, Google ha messo a disposizione un tool nella sezione Strumenti di Google per il Webmaster per autogenerare un file Robots.txt su misura per i crawler dei motori di ricerca.

Addirittura esistono meta tag espressamente dedicati al motore di ricerca Google e molto utili se si applicano a singole pagine web: uno (NOARCHIVE) che impedisce a Google di tenere una copia della pagina e rimuove dai risultati delle ricerche la visualizzazione del link con la dicitura “Copia cache”, mentre un altro (NOSNIPPET) che consente di rimuovere dai risultati delle ricerche lo “snippet”, ovvero l’estratto della pagina che Google crea “al volo” e che mostra sotto il link alla stessa.

Forse, l’unico vero problema, evidenziato dagli stessi editori, è che il sistema dei Robots è solamente un sistema di bloccaggio che dice solo “sì” o “no”, mentre ACAP comunica automaticamente con i motori di ricerca, dicendo ai robot interni che cosa devono fare con ciascuna pagina: pubblicala tutta, pubblicane solo una parte, assolutamente vietato toccarla.

Impossibile discriminare i bot di Google da quelli di Google News

Insomma, già esistono dei mezzi per avere un controllo maggiore su quante e quali pagine HTML far prelevare da quali spider. Il problema, però, è che al momento non esiste un Crawler dedicato a Google News per cui, con il file Robotx.txt si verrebbe esclusi sia da Google News che dal motore di ricerca Google, e credo che questa non sia la soluzione ideale per gli editori che vorrebbero comunque essere rintracciabili sul web (è noto che essere su Google significa essere visibili a tutto il mondo). Infatti, come si legge nella nota in Assistenza per Editori di Google News:

Posso richiedere la rimozione di un articolo o di un link inattivo da Google News?
Se desidera che il link ad uno dei sui articoli venga rimosso da Google News, ci contatti qui e procederemo alla rimozione richiesta. Le ricordiamo tuttavia che per evitare che il Googlebot indicizzi articoli o particolari sezioni del suo sito può utilizzare i file robots.txt e meta tags. Per ulteriori informzioni sui file robots.txt e meta tag, la invitiamo a visitare la pagina http://www.motoricerca.info/robots.phtml. Il Googlebot segue le stesse linee guide relative ai robots.txt sia per la Ricerca Google sia per Google News. Pertanto, se desidera rimuovere i suoi contenuti soltanto da Google News, la invitiamo a contattarci.

Come vedete, attualmente, non esiste un metodo rapido e veloce per non farsi indicizzare da Google News, senza però, sparire dal motore di ricerca Google!

In effetti, attualmente esistono solo i seguenti User-Agent di Google:

Googlebot
Googlebot-Mobile
Googlebot-Image
Mediapartners-Google
Adsbot-Google

Per risolvere velocemente il problema, basterebbe che, come è avvenuto per i feed rss di Google Blog Search con l’introduzione del crawler Feedfetcher , si crei un nuovo Google’s News Grabber. Infatti, al pari di Feedfetcher, che altro non è che uno spider usato dal motore di ricerca per visitare, leggere e raccogliere i contenuti di un feed, Google potrebbe creare una sorta di Newsfetcher per popolare i contenuti di Google News! A tal punto, basterebbe inserire questo bot nel file Robots e risolvere per sempre le diatribe che attualmente stanno animando gli editori online.

La posizione di Google

Insomma, a quanto pare gli editori non hanno tutti i torti e forse l’introduzione di un sistema come ACAP o, più semplicemente, una gestione più documentata e trasparente degli spider che alimentano Google News sarebbe auspicabile nel breve tempo.

In effetti, dal punto di vista degli editori, Google è un vero e proprio avversario che, pur non producendo direttamente contenuti, attraverso l’aggregatore di notizie Google News, potrebbe diventare un potentissimo concorrente sul piano del controllo dell’ accesso all’ informazione.

Google, intanto, non ne vuole sapere di Acap: inizialmente ha rivendicato il ruolo di Google News come assolutamente positivo a favore degli editori e del traffico dei loro siti. Google intende solo indirizzare traffico sui siti dei giornali e con Google News si aggregano solamente titoli e sommari delle notizie, facendo poi convogliare gli utenti verso i siti delle singole testate. Ne è un clamoroso esempio il sito del Financial Times che si è aperto a Google News nell’ottobre del 2007, mettendo a disposizione 30 articoli gratis al mese. Da allora quel sito ha avuto un incremento del traffico del 75%, con 230 mila nuovi utenti registrati!

In seguito, poi, Google è tornata sulle sue dichiarazioni che avevano suscitato scalpore, e ha precisato, per voce dell’amministratore delegato Eric Schmidt, che le uniche barriere da parte di Google all’ implementazione di Acap erano di natura tecnica, negando che la sua società fosse riluttante ad applicarlo per difendere i propri interessi. Il protocollo, così come è attualmente impostato, è incompatibile con la tecnologia di base di Google search, ma al momento la società sta valutando la possibilità di effettuare modifiche in modo che Acap possa funzionare secondo i criteri con cui lavora il motore di ricerca.

C’è anche da dire che, però, Google si è anche comportato bene nei confronti dei giornali online perché è stato molto attento a non monetizzare il marchio attraverso la pubblicità di Adsense: questa mossa avrebbe fatto infuriare ancora di più gli editori, i quali avrebbero potuto protestare accusando Google di fare soldi con i loro contenuti.

Insomma, come al solito la verità sta nel mezzo e la guerra tra Google News ed editori di giornali online avrà fine solo se ognuno farà la sua parte, per il bene di tutta la comunità internet!

Tag:ACAP, bot, copyright, crawler, giornali, Google, google-news, googlebot, motore-di-ricerca, news, robot, spider
CONTINUE READING >
1 comment
Giu 21 2007

Claytronics e catomi: dalla materia programmabile alla realtà sintetica fino al teletrasporto virtuale

Posted by Antonio Troise
Tweet

La nanotecnologia inizia a dare i primi stupefacenti risultati nella tecnica del Claytronics: Seth Glodstein e Todd Mowry della Carnegie Mellon University di Pittsburgh (Usa), stanno lavorando ad un progetto che dovrebbe dare vita a un nuovo materiale composto da microcomputer, grandi non più di un milionesimo di metro, in grado di auto-organizzarsi, così da potersi attaccare l’uno con l’altro in modo intelligente.

Così facendo potrebbero dare origine a oggetti repliche di altri dai quali hanno ottenuto informazione della loro struttura via Internet, dopo che gli originali sono stati scansionati e trasformati in figure virtuali. I ricercatori chiamano questo processo “claytronics” e le microparticelle “catoms” (catomi).

Prima di proseguire con la spiegazione, guardate questo video e rimarrete a bocca aperta sulle potenzialità del Claytronics e dei catomi. Il video in alta risoluzione è disponibile qui, mentre sul sito dell’università trovate una carrellata di altri concept video.

Come potete vedere, i risvolti potrebbero essere inimmaginabili. Si potrebbe stare seduti in casa propria mentre un dottore “clatronico” viene a far visita, prende i dati necessari per poi sparire in un mucchio di microparticelle. Quanto sia concreta questa strada lo dimostra il fatto che Intel, una delle maggiori case costruttrici di elementi per computer, è coinvolta nella ricerca del progetto ‘Claytronics and Synthethic Reality’. “Stiamo lavorando da tre anni a questo progetto e quanto più passa il tempo tanto più ci sembra realistico”, ha detto Glodstein.

Un altro esempio sull’uso dei claytronics atoms potrebbe essere una partita a scacchi, non più effettuata solo sul video, ma con scacchi veri, che si possono toccare e che si trovano da una parte nella loro versione originale e dall’altra parte in copia tridimensionale. Un passo ulteriore sarà quando la materializzazione claytronica potrà ricreare anche i corpi dei giocatori che si ‘rimaterializzeranno‘ dall’altra parte dell’oceano in una sorta di ‘flexible robot‘ che assume le fattezze dell’originale.

“Quello che abbiamo in mente come obiettivo a breve termine, però, è di usare i catomi per materializzare il modello di qualcosa di un po’ più semplice. Ad esempio, la struttura ingrandita di una proteina. O di un organo umano, durante un operazione chirurgica a distanza. Oppure il modello architettonico di una casa”.

Aggiunge Goldstein: “Questo assemblaggio claytronico è formato da unità individuali, i catomi appunto. Ognuno di questi contiene un processore che li può far muovere, attaccarsi con gli altri, mentre alcuni sensori gli permettono di dialogare fra loro. Fino a oggi abbiamo realizzato catomi del diametro di 44 millimetri, ma stiamo lavorando per raggiungere dimensioni nanometriche. Ogni catomo è formato da tre piani, tre dischi verdi ognuno con funzioni differenti. Ad esempio, quello sulla sommità fornisce energia, in routing, alle altre parti. Il cilindro bianco contiene invece 24 elettromagneti che servono per muovere i catomi”.

Pensare che questo sia teletrasporto alla Star Trek è fuorviante perché l’oggetto originale non si sposta di un millimetro dal posto in cui si trova: semplicemente viene scannerizzato e ‘sezionato’ tridimensionalmente per essere ricostruito uguale dall’altra parte. Ma anche pensare a una ricostruzione olografica è sbagliato, perché “un ologramma è tridimensionale, ma non è un oggetto fisico, mentre noi puntiamo a ricostruire un oggetto fisico, che si può toccare e non solo vedere. Quando, poi, gli oggetti fisici assumeranno, un giorno, anche la forma di una persona, allora pùi che ad un ologramma è bene pensare a un robot che può cambiare forma e aspetto. Un obiettivo che sarà comunque raggiungibile non prima del prossimo ventennio.

“Il concetto alla base del nostro progetto è che delle macchine indipendenti di dimensioni nanometriche possono autonomamente riassemblarsi per assumere qualsiasi forma“, chiarisce il professor Jonathan Aldrich, membro del team: “Se questa forma viene catturata in una postazione remota usando la tecnologia ‘motion capture‘, allora i catomi possono riprodurre qualsiasi cosa si trovi in remoto, un fenomeno che chiamiamo ‘telepresenza’, che esiste in tre dimensioni e che può essere sentito e toccato, oltre che visto e udito”.

Il problema principale da superare riguarda il modo con cui alimentare i catoms, per scomporli e il riassemblarli, perché che è molto complesso dare loro energia dall’interno visto che le forze elettrostatiche potrebbero non essere sufficienti ad animare milioni di catomi.
Per questo si sta pensando alla progettazione di nuovi algoritmi per un software power routing in grado di diffondere l’energia in routing da un unità all’intero assemblaggio senza alimentazione esterna o batterie interne: in pratica, come mostra il video in alto, basterebbe una piattaforma esterna che induce corrente all’interno dei catoms. Per far muovere un oggetto bisognerà creare un’alimentazione variabile che induca i vari catoms ad assumere posizioni diverse in base alla quantità di energia che riceveranno.

Lo sviluppo degli studi claytronici apre una serie di scenari futuribili in ambito sia civile che militare. Si pensi solo alla possibilità che un’azienda faccia pubblicità a un suo prodotto materializzandone in casa nostra una perfetta copia tridimensionale. Gli studiosi stanno pensando anche ai rischi connessi con queste ricerche: la creazione di realtà sintetiche a distanza, ad esempio, può dar vita a nuove forme di hacking, visto che a guidare gli assemblaggi claytronici sara una connessione Internet. I pirati elettronici potrebbero un giorno sbizzarrirsi in intrusioni di nuovo tipo, cambiando forma a oggetti telericostruiti. Le conseguenze sarebbero assai più devastanti rispetto all’hacking tradizionale.

[via repubblica e l’espresso]

Tag:catoms, claytronics, ologramma, robot, teletrasporto
CONTINUE READING >
2 comments
Giu 1 2007

Wu Yulu: la favola del contadino cinese che sapeva costruire i robot

Posted by Antonio Troise
Tweet

Robot Vitruviano Quella che vi voglio raccontare oggi è una favola (per tenermi allenato…), la favola di Wu Yulu, ovvero la storia vera di un contadino della periferia di Pechino che stupì il mondo per le sua eccezionale ed innata capacità di costruire i robot.
Wu Yulu è un contadino cinese di 44 anni che senza soldi né istruzione, ma solo con la passione e strumenti di fortuna, è stato capace di costruire 26 robot in oltre 20 anni, che, fra le altre cose, sanno svolgere i lavori domestici, servire il té, accendere le sigarette e trainare un carro.

Ma i suoi robot non sono “intelligenti” perché non sono dotati di alcun cervello costituito da chip ma, tuttavia, nella loro estrema semplicità hanno i loro aspetti sorprendenti.
I suoi robot sono totalmente meccanici, come il robot che sa trainare un carro, camminare avanti ed indietro, curvare a sinistra ed a destra, alzare le gambe e fare dei passi. Tutte queste abilità possono essere realizzate solo con un motore!

Ma il bello è che Yulu costruisce i suoi robot utilizzando materiali di scarto (fili, metallo, viti e chiodi) raccattati in discariche oppure provenienti da residui dei lavori della propria fattoria!

Affascinato dai misteri della meccanica fin da bambino, le condizioni economiche della sua famiglia, madre padre e cinque fratelli, non gli permisero di proseguire gli studi. Però, pur avendo concluso la carriera scolastica con una semplice istruzione di base, alla metà degli anni Settanta, nulla gli impedì di alimentare la propria passione con quel poco che aveva a disposizione da assoluto autodidatta.

E così, nei ritagli di tempo che riusciva a sottrarre alla cura dei campi, cominciò a raccattare qualsiasi cosa potesse essere utilizzata nella costruzione di un “mezzo meccanico”, attingendo ai mezzi in disuso che venivano utilizzati in campagna, dai trattori agli attrezzi manuali: viti, chiodi, pezzi di ferro, fili di metallo, lime e simili. “E osservavo, cercando di copiare – racconta – i movimenti umani e il gioco delle articolazioni“.

Il “colpo grosso” fu quando venne assunto, all’inizio degli anni Ottanta, come operaio in una fabbrica che produceva macchinari da lavoro. Con lo stipendio acquistò quel che gli mancava perché la sua prima “creatura” potesse prendere vita. “All’epoca – spiega Wu Yulu – non avevo mai sentito la parola robot, non avevo alcuna cognizione di teorie della fisica ma sapevo che l’elettricità può accendere un motore, propagarsi attraverso leve e fili metallici e far muovere una macchina. E così, dopo una serie di esperimenti, finalmente Wu Laoda – così chiamò il suo primo robot – vide la luce.

La sua avventura però non fu priva di incidenti. Nel 1995 Wu Yulu aveva comprato, a poco prezzo, in un negozio di oggetti riciclati, una batteria ricaricabile. Ma non conoscendo l’inglese, non aveva letto le precauzioni e quell’affare gli era esploso fra le mani. “Ricordo una grande palla di fuoco, poi persi la memoria”. La memoria l’ha riacquistata, ma restano le cicatrici e pure certi problemi alle articolazioni delle mani, che non se ne andranno più via. Peggio ancora, però, andò nel 1999: lasciò un trasformatore incustodito, la casa prese fuoco e andò completamente distrutta.

“Non mi rimase più niente”, racconta Wu Yulu, nemmeno gran parte dei robot che aveva costruito fino a quel momento e che avrebbe potuto vendere. Lo salvò la solidarietà dei compaesani, che con una colletta gli procurarono alcune migliaia di yuan. Ma fu comunque costretto a vendere alcune delle sue “creature”, scampate alle fiamme perché conservate in un magazzino. “E’ stato terribile – ricorda – ma non avevo altra scelta”. Un robot lo acquistò l’Accademia cinese delle Scienze, un’altro un collezionista privato.

“Non sono riuscito a dormire per diversi giorni dopo aver venduto il bambino, ma non avevo scelta. Dovevo sistemare i miei debiti”, ha detto Wu.
“Amo giocare con i robot. Più diventavano intelligenti e più mi sentivo sentimentalmente coinvolto con loro. Poi ho incominciato a chiamarli figli miei”.

Alla fine, l’ostinazione lo ha risarcito. Dopo un servizio a lui dedicato, la China Central Television lo ha assunto per lavorare al suo canale scientifico. E adesso Wu Yulu a fine mese porta a casa 3000 yuan, circa 375 dollari. Il che permetterà a questo questo “inventore per caso” di aìrealizzare qualche nuovo progetto dandogli l’opportunità di non recedere dai suoi propositi di costruire altri robot evoluti. Ha già in cantiere un progetto per una macchina capace di spostare oggetti più pesanti, come il risciò, tipico mezzo di trasporto orientale che prevede come apparato di locomozione uno o due uomini.
Wu Yulu ha, infatti, detto che il suo figlio sta frequentando la scuola superiore, ed ha iniziato a studiare come ideare un software. In futuro, il nostro inventore collaborerà con il suo figlio per produrre robot intelligenti più avanzati.

“Voglio realizzare in forma di macchine tutti i dodici animali dello Zodiaco cinese. Ci sono così tante belle cose nella vita – dice – e tutte possono essere fonte di ispirazione per i miei robot“.

[via repubblica, PI, rcn, kataweb e tecnici
Foto di Z-Design]

Tag:contadino, favola, intelligenza-artificiale, robot
CONTINUE READING >
2 comments
SeguiPrezzi - Risparmia con Amazon.it

Categorie

Commenti Recenti

  • Antonio Troise on UltraEdit: per i programmatori esigenti il miglior editor di testo per Windows, Mac OS e Linux
  • Fioredicollina on UltraEdit: per i programmatori esigenti il miglior editor di testo per Windows, Mac OS e Linux
  • Antonio Troise on UltraEdit: per i programmatori esigenti il miglior editor di testo per Windows, Mac OS e Linux
  • Emanuele on UltraEdit: per i programmatori esigenti il miglior editor di testo per Windows, Mac OS e Linux
  • Luca on iDatabase: la valida alternativa di Bento per macOS e iOS per i database personali

Meta

  • Accedi
  • Entries RSS
  • Comments RSS
  • WordPress.org

Friends Link

  • GamerTagMatch
  • SeguiPrezzi.it – Risparmia con Amazon.it
  • Trendy Nail

Seguimi su:

  • facebook
  • twitter
  • rss
Creative Commons License
Levysoft by Antonio Troise is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale 2.5 Italia License.
© Copyright 2004 - 2014 - Levysoft by Antonio Troise