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Dal 2004 il blog di Antonio Troise

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Lug 17 2008

Daredevil e l’algoritmo per vedere con i suoni: quando la realtà supera la fantasia dei fumetti

Posted by Antonio Troise
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Uno dei supereroi più affascinanti dell’universo Marvel è sicuramente Devil, che, in seguito ad un incidente radioattivo che gli toglie il dono della vista, grazie al suo udito super sviluppato ha il cosiddetto Senso Radar incorporato, ovvero la capacità di percepire il mondo circostante come ombre, create dalle onde sonore che lo circondano.

Se avete visto anche il film omonimo Daredevil, sicuramente vi ricorderete di uno dei momenti più commoventi della pellicola: la famosa scena della pioggia. In una New York volutamente spettrale e piovosa, le gocce che cadono sul viso della bella Elektra, permettono a Matt/Daredevil di “guardare”, elaborando il rumore delle gocce, il viso dell’amata. Di fatto, le gocce di pioggia, effettuano una sorta di precisa quantizzazione della realtà che fino ad allora era percepita come un mondo fatto di sole ombre e silhouette.

Daredevil Pioggia

La scena viene sviluppata molto bene dal regista perché da chiaramente l’idea di una visione messa a fuoco dal suono di migliaia di gocce d’acqua che, cadendo, scolpiscono, in un susseguirsi di lampi di luce, il mondo circostante: è solo in queste giornate piovose che il supereroe riesce a vedere il mondo quasi come se avesse riacquistato la vista.

Daredevil Pioggia

Dopo questa premessa forse vi sarà più semplice capire quello che alcuni ricercatori stanno sviluppando e forse riuscirete a viaggiare oltre con la fantasia. Cosa succederebbe se anche gli esseri umani, un po’ come i pipistrelli, potessero vedere con l’udito?

L’ecolocalizzazione dei pipistrelli

Ebbene, è questa strada che i ricercatori dell’Università di Tubinga, in Germania, stanno percorrendo, sfruttando, appunto, la peculiarità dei pipistrelli. Questi mammiferi, infatti, benché praticamente ciechi, riescono a vedere anche molto meglio di noi, grazie al meccanismo di ecolocalizzazione, ovvero quella capacità che hanno alcuni animali di emettere suoni nell’ambiente e decifrare gli echi che rimbalzano.

Studiando i biosonar dei pipistrelli, i ricercatori hanno programmato un algoritmo che permette di definire la realtà circostante semplicemente “ascoltandola”, decifrando cioè gli echi sonori prodotti dallo scontro tra le vibrazioni e l’oggetto. Tutto senza far ricorso alla vista, utilizzando un sistema sonoro modulato proprio sulla base degli ultrasuoni emessi dai pipistrelli.

L\'eco dei pipistrelli Tutto è partito da una semplice domanda: come fanno i pipistrelli a individuare i propri frutti preferiti anche in mezzo a rami, foglie e altre bacche per loro non commestibili? Grazie all’ecolocalizzazione questi e altri animali sono in grado di determinare non solo la direzione in cui stanno andando, ma anche se in giro ci sono o meno predatori, insetti prelibati o frutti, pur in mezzo a una vegetazioni fittissima.
Questi chirotteri, infatti, sono in grado di inviare particolari segnali a ultrasuoni e ne attendono l’eco per capire a quale distanza si trovino gli ostacoli, gli insetti o la vegetazione. Nel caso delle piante, i pipistrelli sono anche in grado di comprendere verso quale specie di vegetale si stiano avvicinando valutando la rifrazione dei loro ultrasuoni sul fogliame. Un sistema molto sofisticato, che consente ai mammiferi volanti di dirigersi con sicurezza verso le piante da cui traggono generalmente il loro nutrimento.

Riconoscere i tratti somatici dei criminali anche al buio

Questa nuova tecnologia, se perfezionata, permetterebbe, oltre che a comprendere con maggior precisione il comportamento di numerose specie di pipistrelli, anche di distinguere i caratteri somatici di un criminale anche in mezzo alla folla. Una volta “registrati” i connotati e collegati a una particolare vibrazione sonora, diventerebbe possibile diffondere i suoni in mezzo alla gente e decifrare le vibrazioni di ritorno, fino a incontrare quella corrispondente al volto del ricercato.

La novità più grande sarebbe, come intuibile, che questo particolare algoritmo sensoriale non si baserebbe sulla vista, dimostrandosi quindi molto efficace anche in assenza di luce, nel buio più totale. La maggior parte dei sistemi di riconoscimento computerizzati, infatti, sono basati sulla visione, con tutti i problemi di precisione nella fase di riconoscimento specie in cattive condizioni di luce. Un sistema di ecolocalizzazione siffatto, sarebbe, quindi, fondamentale per acciuffare un criminale sospetto che cammina di notte per strada, magari confuso tra altre persone e anche a notevoli distanze.

Al momento, però, la tecnica è stata testata solo sul mondo vegetale; infatti, gli studiosi sono stati capaci di distinguere tra loro le cinque specie con sorprendente accuratezza, tenendo conto del tempo e della frequenza dei riflessi sonori, che variavano a seconda della grandezza, del numero e dell’età delle piante.

A quando le applicazioni sull’uomo?

Alcuni ritengono, però, che forse, in futuro, sarà possibile dare nuove speranze ai non vedenti, un po’ come è accaduto nel mondo fantastico di Devil. Il problema più grande che dovranno risolvere i ricercatori, però, per poter applicare questa tecnologia anche agli essere umani, è la frequenza degli ultrasuoni. Infatti, i pipistrelli producono ultrasuoni per mezzo della laringe ed emettono il suono dal naso o, più comunemente, dalla bocca aperta. La frequenza dei suoni prodotti va da 14.000 a più di 100.000 Hz, molto al di là delle capacità dell’orecchio umano, che percepisce suoni con una frequenza che va da 20 a 20.000 Hz.
Ecco perché, secondo il neuroetologo Steven Phelps dell’Università della Florida, questo metodo di ricerca va bene per il pipistrello ma non certo per l’uomo, le cui capacità associative sarebbero inferiori; forse in futuro, con un semplice micro-impianto nell’orecchio, sarà possibile sopperire anche alle limitazioni degli esseri umani, ma a questo punto credo che le applicazioni devieranno, più che dal lato medico, in quello militare, con supersoldati con ecovista!

Tag:acqua, Daredevil, Devil, ecolocalizzazione, Elektra, Film, fumetti, luce, pioggia, pipistrelli, ricerca, scienza, Tecnologia, ultrasuoni
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Mar 27 2008

Piccole cose per una migliore usabilità: analisi di un nuovo comportamento del box di ricerca di Google

Posted by Antonio Troise
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Sono le piccole cose, spesso sottovalutate, che rendono migliore un servizio web, come quello già perfetto offerto da Google. Ma sono soprattutto le piccole cose non dette ma lasciate trasparire attraverso le sue pagine html che rendono l’usabilità del motore di ricerca sempre migliore. E’ il caso, per esempio, della recente introduzione di una piccola miglioria sul box di ricerca che viene mostrato in cima alla pagina dei risultati.
Infatti, quando si accede all’homepage di Google il box di ricerca è di dimensioni standard del tipo:

Ovvero è lungo 55 caratteri e può contenere sino a 2048 caratteri.

Quando, però, si fa lancia una ricerca con una query molto lunga, il box di ricerca che si trova in alto nella pagina dei risultati si adatta, per quanto possibile, alla lunghezza del contenuto inserito, consentendo così una più facile modifica della query.

Ovvero, se la query non supera i 36 caratteri, la lunghezza del box di ricerca rimarrà fisso a 41 caratteri, 11 in meno di quello di default dell’homepage.

Poi, quando si prova ad immettere una chiave di ricerca lunga 37 caratteri, le dimensioni del box iniziano ad aumentare di uno, (nello specifico, passeranno a 42), lasciando una differenza di 5 ogni volta. Così quando abbiamo 40 caratteri, il size del box passerà a 45:

E se ne inseriamo 50, il size passerà a 55, e così via fino ad arrivare ad un massimo di size=70.

Questo se consideriamo i semplice caratteri. In realtà Google ha sempre un limite massimo delle parole da ricercare e questo equivale a 32 (limite più che accettabile se pensate che nel 2007 la media di parole inserite nel motore di ricerca era di solo 4)

Insomma, apparentemente è solo una piccola novità ma che è in grado di agevolare notevolmente la modifica di una query di ricerca lunga. Il problema che questa novità è considerata così marginale che, come fa notare Ionut Alex Chitu, l’ha applicata solo Google. Infatti, comparando Live Search, Yahoo Search and Google Search con la chiave di ricerca:

how do you distinguish between a 64 bit and a 32 bit operating system

si ottiene questo risultato:

Tag:Google, motore-di-ricerca, query, ricerca, usabilità
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Mar 21 2007

ATTENZIONE: Ultimate Tag Warrior con WordPress 2.x non permette la ricerca sui post senza tag

Posted by Antonio Troise
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Ieri ho scoperto una malfunzione della funzionalità di Search di WordPress 2.x se abbinato con il plugin Ultimate Tag Warrior: sembra infatti che la ricerca mostra nei risultati solo quei post che hanno associato almeno un tag.

Da qualche giorno, dovendo cercare riferimenti a vecchi articoli, notavo che il form di ricerca presente sul mio sito non funzionava correttamente: per esempio cercando le parole tipo “Dosbox” non trovavo alcun riferimento mentre se cercavo “Gmail” trovavo solo 5 post e l’ultimo risaliva al 2006 (cosa molto strana dato che ho scritto molti altri articoli antecendenti il 2006).
Se però, la stessa ricerca la effettuavo su Google (con una stringa tipo “Dosbox levysoft”) ottenevo subito il link all’articolo desiderato. Va bene che Google è il migliore motore di ricerca in circolazione, ma una funzione di ricerca su WordPress non è molto difficile se si dispone di un bel database indicizzato.
All’inizio pensavo che il problema risiedesse nel template che avevo installato, ma un’occhiata al codice ha subito smentito l’ipotesi, dato che la chiamata alla funzione di ricerca corrispondeva a quella presente nel tema di default di WordPress. Una ulteriore conferma al fatto che fosse un problema generale era che il problema si verificava anche quando, collegandomi con Admin, eseguivo la stessa query dall’area di “Gestione Articoli”.

Dopo qualche tentativo (per fare qualche verifica ho chiamato a consulto anche Davide) ho intuito che la funzione di ricerca eseguiva la query solo per i post più recenti, escludendo quelli più vecchi. Cercando parole presenti in articoli del 2004 o del 2005 la ricerca dava esito negativo.

A questo punto ho iniziato a dare un’occhiata al codice php di WordPress alla ricerca di qualche anomalia nell’esecuzione della query: da un LIMIT male impostato ad una condizione WHERE poco precisa (sospettavo un limite temporale della condizione di ricerca). Ho aperto, quindi, il file wp-includes/query.php e cercando le parole chiave “search” e “where” ho trovato i punti in cui si creava la sintassi della query. Ma tutto sembrava corretto.

Ho così deciso di chiedere informazioni sul forum di supporto di WordPress.org, ma prima ho deciso di fare una ricerca per vedere se il problema si era già ripresentato: con la semplice chiava “search old post” ho trovato la soluzione ai miei problemi.
Qui, infatti, qualcuno ha lo stesso mio problema evidenziando il fatto che aggiornando WordPress dalla release 2.0.6 alla 2.1 la ricerca su vecchi post non funzionava affatto.

Alla fine ecco la soluzione: il problema, segnalato anche sul forum del plugin in questione , risiedeva nell’attivazione del plugin “Ultimate tag warrior” (io ho anche l’ultima release 3.14159265) con WordPress 2.07 o 2.1: sembra infatti che la ricerca mostra nei risultati solo quei post che hanno i tag.
Nel mio caso, siccome, i post più vecchi non hanno i tag, venivano automaticamente esclusi dalla ricerca.
Per sicurezza ho fatto anche una prova: ho preso una parola presente solo in un vecchio post senza tag e ho fatto la ricerca: nessun risultato! Ho poi aggiunto i tag a quell’articolo e dopodicché la ricerca ha dato esito positivo!
Certo che era difficile immaginare una correlazione tra un bug del plugin dei tag con la ricerca di WordPress, anche se in effetti la ricerca per tag è strettamente correlata alla normale ricerca.

Attualmente, però, nonostante il problema sia noto, non è stato rilasciata alcuna nuova release che risolva il problema, ma se non si vogliono disattivare i tag (disattivando definitivamente il plugin Ultimate Tag Warrior) sul proprio sito o non si vuole inserire a mano/automaticamente i tag su tutti gli articoli (infatti se i tag sono presenti su tutti i post la ricerca viene effettuata correttamente) ma comunque non si vuole convivere con questo problema (inserendo magari il funzionale modulo di ricerca di Google), è disponibile un work around per chi è capace a mettere mano al codice php.

E’ sufficiente aprire il file ultimate-tag-warrior-actions.php e commentare le seguenti due righe:

//add_filter('posts_join', array('UltimateTagWarriorActions','ultimate_search_join'));
//add_filter('posts_where', array('UltimateTagWarriorActions','ultimate_search_where'));

Questa soluzione non è definitiva perché, per risolvere il problema si deve disattivare la ricerca dei tag: pare infatti che il problema risieda in una JOIN della query.
Ora sta a voi decidere se, in attesa di una patch ufficiale, è più utile privarsi della ricerca nei tag oppure avere una ricerca generica di WordPress limitata ai soli post con i tag (certo che se poi avete tutti gli articoli con i tag assegnati, il problema per voi non sussiste!).

UPDATE: Grazie a Javano, abbiamo finalmente la soluzione al problema: e lo ha risolto in un modo semplicissimo.
Basta andare nel file ‘ultimate-tag-warrior-actions.php‘ del plugin e nel metodo ‘ultimate_search_join‘ modificare il secondo join da una INNER JOIN in una LEFT JOIN, la ricerca continuerà a funzionare anche per i post ai quali non è associato alcun TAG.

Codice del plugin:

$join .= " LEFT JOIN $tablepost2tag p2t on $wpdb->posts.ID = p2t.post_id INNER JOIN $tabletags on p2t.tag_id = $tabletags.tag_id ";

Codice rimodificato:

$join .= " LEFT JOIN $tablepost2tag p2t on $wpdb->posts.ID = p2t.post_id LEFT JOIN $tabletags on p2t.tag_id = $tabletags.tag_id ";
Tag:bug, Google, Plugin, ricerca, tag, Wordpress
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Ott 27 2006

Ms. Dewey

Posted by Antonio Troise
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Ms. Dewey Più che per utilità lo cito solo per la sua frivolezza e in parte originalità per una futura interfaccia visiva: parlo di Ms. Dewey, un particolare motore di ricerca che ha assunto la sembianza e una voce femminile. Il suo scopo è quello di intrattenere il navigatore con alcune battute in inglese e alcuni sketch (non troppo divertenti devo dire), nell’attesa che il motore restituisca i risultati.
Sul sito di Tagliaerbe ho trovato alcune keyword da inserire per avere dei risultati curiosi: hobby, drink, game, your phone, open window, game, sexy, write something (con quest’ultima ricerca Ms. Dewey risponde che sta per aprire un blog su My Spaces, e fornirà il suo indirizzo hotmail… assurdo anche la pubblicità targata Microsoft… un nuovo modo di fare advertising?).

Tag:keyword, motore-di-ricerca, ricerca
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