Su CheFuturo è apparso un bellissimo articolo/riflessione su cosa effettivamente sono i Doni Digitali offerti da società come Google e Facebook. E’ talmente interessante che ho pensato fosse giusto estrarne le parti principali (vi consiglio comunque la lettura che offre anche una simpatica analogia con i regali delle zie).
La domanda che l’autore si pone è la stessa di molti difensori dei servizi online gratuiti: “Come ci può essere qualcosa di sbagliato in un tale scenario win-win?”
I servizi digitali come i regali non necessitano né di giustificazione né di legittimazione, tra cui la più antica forma di legittimazione, cioè la proprietà, ora sostituita da un uso autorizzato. Noi possiamo accettare o rifiutare, o magari mettere via un regalo, ma non abbiamo alcun diritto di lamentarsene, perché non abbiamo mai votato o pagato per esso. Non vi è alcun contratto, sia esso sociale o legale, ma solo termini di servizio che noi dobbiamo accettare di rispettare per poter usufruire del “dono”. Se non ci piace il servizio gratuito offerto possiamo sempre smettere di usarla… o almeno così crediamo. Infatti, i doni, al contrario dei beni e dei servizi pagati (magari attraverso le tasse) e acquistati, hanno una particolarità: cancellano di fatto il diritto di lamentarsi o di scegliere.
Se i doni digitali sono inutili o sgraditi, il mercato si prenderà cura di loro e magari ne seguiranno altri di migliori. Se sono utili, possono diventare essenziali, e generare sia dipendenza sia fedeltà, anche se la mancanza di ogni possibile reciprocità può trasformare la gratitudine nel risentimento per una dipendenza disuguale, e, quindi, per “avvelenare” i doni, quando i donatari si rivoltano violentemente contro i donatori (si pensi a quanto velocemente Google sia passato dall’essere amico a nemico).
Tutto ciò spiega anche il motivo per cui queste grandi società sono determinate a creare monopoli. I servizi online gratuiti, come i doni, sono quindi capaci defranchisizzare chi li riceve. Hanno inoltre la capacità di depotenziare chi produce e vende (a qualsiasi prezzo) prodotti alternativi, lasciando così la concorrenza fuori dal mercato. Dare via un servizio o un bene gratuitamente significa depotenziare qualsiasi altro agente la cui attività si basa sulla vendita di tale servizio o bene.
Nelle società dell’informazione mature, le informazioni sono diventate merce vendibile ma indifferenziata. Tale mercificazione finisce per diminuire i prezzi fino a diventare economicamente più redditizio produrre e offrire informazioni gratuitamente in cambio di dati personali, basandosi su un modello di business fondato sulla pubblicità. Questa mercificazione assegna valore economico a cose non precedentemente considerate in termini economici.
La Silicon Valley ha traformato l’economia del dono in una strategia business di competizione. L’intero meccanismo è basato principalmente sull’assenza di una vera concorrenza locale: c’è un solo Amazon, un solo eBay, un solo Facebook, un solo Google e così via.
In breve, il risultato è meno privacy e più disuguaglianza, due dei più gravi problemi delle società dell’informazione mature. Finché sarà razionale offrire doni in cambio di ricavi pubblicitari e sempre meno privacy non possiamo aspettarci molti miglioramenti in futuro.
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