Ieri, nell’articolo sui nuovi Mashup di Google Maps ho più volte usato il termine mashup, dando per scontato che tutti sapessero il suo significato. Purtroppo è un problema comune riproporre nuovi termini, neologismi, senza approfondirne il significato o l’origine, anche perché spesso è difficile trovarli.
Letteralmente, il termine “mashup” significa “poltiglia” e la sua origine deriva da un genere musicale che mescola varie tendenze in un’unica melodia. In pratica, aggregando frammenti di brani diversi e mixandoli si ottiene un nuovo prodotto.
In ambito tecnologico, un mashup è un’applicazione che usa contenuto da più sorgenti per creare un servizio completamente nuovo.
Il contenuto dei mashup è normalmente preso da terzi via API (Application Programming Interface), tramite feed (RSS o Atom) o Javascript.
Come i blog hanno rivoluzionato l’editoria online, i mashup stanno rivoluzionando lo sviluppo del web permettendo a chiunque di combinare dati da siti diversi in modi innovativi. L’abbondanza di semplici e leggere API hanno reso i mashup dei servizi relativamente semplici da progettare: richiedono minime conoscenze tecniche e quindi sono solitamente creati da innovatori inusuali.
C’è anche chi definisce il blog come il mashup per eccellenza: infatti, il mashup, può essere considerato anche la tendenza ad aggregare risorse e fonti dinamiche del web per riproporle attraverso il proprio filtro, la propria scelta. Appunto, come un blog!
Attribution Image CC: ‘Tad not drinking wine‘
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