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Dal 2004 il blog di Antonio Troise

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Gen 15 2009

L’importanza della frequenza di aggiornamento del monitor CRT per la salute dei nostri occhi: come evitare lo sfarfallio dello schermo

Posted by Antonio Troise
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La frequenza di aggiornamento dello schermo è uno di quegli argomenti da molti sottovalutato ma in realtà è un elemento essenziale per la salute di chi siede davanti ad un monitor, soprattutto per la salute dei nostri occhi! Io ritengo che una delle cose che bisognerebbe sempre insegnare a chi lavora, per 10 minuti come per 8 ore, davanti ad un monitor CRT (ovvero quelli a tubo catodico, mentre quelli LCD non soffrono di questo problema) è di impostare correttamente la frequenza di refresh (la frequenza con la quale viene ridisegnata l’immagine sullo schermo). Mi è capitato più volte di vedere persone che lavoravano su monitor da 22”, 24′ e 30”, magari anche a risoluzione elevate (1280 × 1024 o 1600 × 1200), ma con una frequenza di refresh impostata di default a 60HZ! Una errata impostazione della frequenza di refresh può produrre un fastidioso sfarfallio dello schermo, che spesso può essere causa di mal di testa e affaticamento degli occhi. Il fenomeno è possibile riscontrarlo anche quando avviamo alcuni videogiochi che sono in grado di settare in modo arbitrario il refresh-rate e/o la risoluzione.

La salute degli occhiQuesto sfarfallio è molto fastidioso e per chi, come me, è abituato a settare sempre la massima frequenza di aggiornamento del proprio monitor, si accorge subito di una impostazione errata del refresh video (quando anni fa usavo le prime distribuzioni Linux mi capitava di non trovare i driver corretti per la mia scheda video ed ero obbligato a lavorare a frequenze basse che dopo 5 minuti mi facevano lacrimare gli occhi!). Ma per chi invece, come spesso si incontrano nei posti di lavoro, dove l’alfabetizzazione informatica si riduce solo a come usare Outlook e Word, è abituato a lavorare da sempre con frequenze basse, sarà normale vedere il proprio monitor produrre dello sfarfallio delle immagini e giù a critiche che lavorare tutto il giorno su un monitor a fine giornata stanca gli occhi! Io credo che, invece, una delle cose importanti da insegnare nei posti di lavoro, sia anche come evitare questo problema!

Il comportamento di default di Windows e le cause del problema

In parte credo che il problema sia da imputarsi alle impostazioni di default di Windows perché imposta alla frequenza più bassa il refresh del monitor, nonostante possa gestire tranquillamente quelle più alte. Inoltre, l’opzione di settaggio della frequenza di aggiornamento del monitor è nascosta tra le varie opzioni avanzate dello schermo, e, mentre quella di impostazione della risoluzione dello schermo è facilmente individuabile, quella per il refresh del monitor, non lo è altrettanto (indice, forse, di una scarsa usabilità del sistema operativo di casa Microsoft); probabilmente il motivo di questa scelta è che si considera, a torto, il settaggio del refresh dello schermo come una impostazione avanzata del sistema e se si imposta una frequenza troppo alta c’è il rischio che il monitor si possa rompere, ma francamente non mi è mai capitato che l’autorilevazione della frequenza di Windows sbagliasse, soprattutto se si lascia abilitata l’opzione “Nascondi modalità non visualizzabili con questo monitor“.

In generale vale la regola che maggiore è la risoluzione, maggiore dovrebbe essere la frequenza di aggiornamento. Per cui, ogni volta cambiate risoluzione dello schermo, è necessario anche modificare la frequenza di aggiornamento del monitor. E credo che sia anche questa una delle cause di molti problemi nei posti di lavoro: alla prima installazione, il tecnico preposto setta la risoluzione e la frequenza migliore, poi quando se ne va, l’operatore, come è logico che sia, inizia ad impostare la propria risoluzione preferita ed ecco che avviene il fattaccio e la frequenza di refresh si imposta automaticamente su quella più bassa!

Come impostare la frequenza di refresh del monitor CRT

Se è Windows, in parte, a generare questi problemi, sul sito della Microsoft esistono anche delle ottime guide su come Regolare lo sfarfallio del monitor, come Modificare la risoluzione dello schermo e come Ottenere la visualizzazione ottimale sui monitor LCD e CRT. Inoltre, se disponete di un monitor LCD, forse vi sarà utile anche consultare la guida sull’uso di ClearType per aumentare la leggibilità del testo.

In pratica, però, per modificare la frequenza di aggiornamento dello schermo, basta fare clic sul pulsante Start, scegliere Pannello di controllo, e cliccare sull’icona Schermo che vi porterà direttamente sulla scheda Impostazioni dello schermo, che è la stessa finestra da dove siete soliti modificare la risoluzione dello schermo (oppure, più semplicemente, fare click col tasto destro del mouse sul Desktop e selezionate la voce Proprietà dal menu contestuale che si aprirà; quindi andare nella scheda Impostazioni). Ora dovrete cliccare sul tasto “Avanzate” presente in basso a destra. Dalla finestra che si aprirà, selezionare la scheda “Monitor” e da qui sarà possibile selezionare, da un menu a tendina, una nuova frequenza di aggiornamento.

Refresh Monitor

Per la regolazione del monitor occorrerà qualche istante. Per mantenere le modifiche, fare clic su Applica. Se non si applicano le modifiche entro quindici secondi, verrà ripristinata la frequenza di aggiornamento originale (le modifiche apportate alla frequenza di aggiornamento riguardano tutti gli utenti che accedono al computer). Di solito, per evitare lo sfarfallio, è sufficiente impostare la frequenza più alta tra quelle disponibili nel menu a tendina, ma potete provare voi stessi fino a che frequenza il fastidioso fenomeno non di presenta.

Come impostare la frequenza di refresh del monitor LCD

Altro discorso vale invece per i monitor LCD per i quali esiste hanno una risoluzione nativa fissa; in sostanza, la visualizzazione ottimale si ottiene solo con una determinata impostazione. Per esempio, nel caso di monitor da 17″ questa risoluzione di norma è di 1.280 x 1.024 pixel; con un valore diverso lo schermo deve interpolare l’immagine e si ha una forte perdita della qualità.
Conviene quindi usare sempre la risoluzione nativa. Con questi monitor, inoltre, conviene di solito impostare nelle Proprietà dello schermo di Windows la frequenza di refresh al valore di 60 Hz. In questo modo il convertitore A/D (analogico/digitale) del monitor ha più tempo per riconoscere i singoli pixel e convertirli in segnali. Con certi modelli, però, si è verificato che con l’impostazione a 75 Hz funziona meglio la calibrazione automatica. E’ preferibile dunque provare gradualmente le varie frequenze orizzontali, attivando poi ogni volta la funzione di calibrazione automatica.

Tag:computer, crt, frequenza, lcd, leggibilità, monitor, occhio, refresh, risoluzione, salute, usabilità, Windows
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Giu 20 2008

Cose è un CamelCase? In quanti modi diversi è possibile scrivere una variabile per renderla leggibile?

Posted by Antonio Troise
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Se siete soliti fare un salto nei forum o nei blog dei programmatori prima o poi vi imbatterete in questo termine dal gusto arcano: CamelCase. Ma cosa significa?
Il CamelCase è la pratica di scrivere parole composte o frasi unendo tutte le parole tra loro, ma lasciando le loro iniziali maiuscole. Il nome (letteralmente “carattere a cammello“) deriva dai “salti” all’interno di una parola (dato dall’inserimento delle maiuscole che aiutano a distinguere le parole di cui è composta), che fanno venire in mente le gobbe di un cammello.

Naming delle variabili

CamelCase Se qualcuno di voi ha mai programmato allora gli sarà sicuramente venuto in mente questo metodo di scrivere, perché, molto probabilmente, lo avrà usato, del tutto inconsapevolmente, quando avete fatto del “naming” delle variabili, ovvero quando avete dovuto assegnare i nomi alle variabili (a meno che non siete solitii dare dei nomi svincolati dal contesto, come, $a o $pippo o $pluto).

Infatti, tralasciando i cognomi come McCartney e alcuni esempi degli anni ’50 come CinemaScope, il CamelCase è diventato relativamente comune tra i programmatori durante gli anni ’70, per usare più parole per una variabile o un nome di programma, mantenendo comunque la leggibilità. Il motivo per cui questo metodo di scrivere si è diffuso tra i programmatori è dato, principalmente, dal fatto che nelle pratiche di programmazione, gli spazi e i segni d’interpunzione non sono permessi durante l’assegnazione dei nomi delle variabili; è facile capire, quindi, come, per rendere più leggibile e comprensibile il nome di una variabile, sia nata l’esigenza di rendere maiuscole le iniziali di ogni parola di cui è composta (anche se, nel caso specifico, la prima lettera è lasciata minuscola: thisVeryLongName).

Ragioni storiche

Ma perché, allora, non si usa il metodo, altrettanto valido, di separare le parole con un trattino (“-“) o con un underscore (“_”)? La ragione è principalmente storica.
Il CamelCase è stato molto usato dai programmatori Java perché è stata per anni la convenzione ufficiale di Sun per la scrittura dei nomi di classe e di variabile.
Questa pratica contrasta la tradizione del C di unire le sillabe insieme o di segnare le sillabe spezzate con il carattere di underscore.
Per questo motivo, quindi il CamelCase, risulta molto comune in certe community dei linguaggi (inizialmente Pascal; attualmente Java e Visual Basic) e tende ad esser associata alla programmazione orientata agli oggetti.

Quindi, riassumendo, quando un programmatore C vuole scrivere thisverylongname o this_very_long_name, la versione CamelCase di un programmatore Java sarebbe thisVeryLongName.

Per terminare ricordiamo che nella programmazione, il carattere di underscore è spesso usato come prefisso, ovvero è il primo carattere di una variabile: _listingNumber.

In quanti modi diversi è possibile scrivere una parola per renderla leggibile?

Ma quanti altri modi esistono di scrivere una parola o variabile (Letter case)? Ebbene sinora ne ho trovati ben 11 diversi, anche se non tutti possono essere applicati alle variabili. Non c’è nulla di rivoluzionario in queste tecniche e probabilmente le usate tutti i giorni, senza però conoscerne il nome.

Così avremo:

  1. CAPITAL o UPPER CASE: la parola è scritta tutta in maiuscolo

    VARIABILE

  2. lower case: la parola è scritta tutta in minuscolo

    variabile

  3. Start Case: la prima lettera di ogni parola (separate da spazi) di una frase è scritta in maiuscolo:

    This Is A Start Case

  4. Title Case: a differenza dello “Start Case” la prima lettera di ogni parola di una frase è maiuscola mentre le congiunzioni, le preposizioni e gli articoli sono sempre scritti in minuscolo. Un esempio sono i titoli delle canzoni o degli album: su iTunes li vedrete sempre scritti in Title Case.

    This is a Title Case

  5. Capitalization o Capitalisation: la parola ha solo la prima lettera maiuscola (upper case letter) e tutte le altre sono minuscole (lower case letters)

    This is a title case

  6. unicase: sono quelle lettere che non hanno una versione maiuscola e minuscola (presenti per esempio nell’alfabeto Arabico o Ebraico). Un esempio comune è la: @
  7. CamelCase o Medial Capitals: è la pratica di scrivere parole composte o frasi in modo che le parole siano unite tra loro senza spazi o segni di interpunzione ma ogni loro lettera iniziale è maiuscola. Molto usato laddove, specie nelle pratiche di programmazione, gli spazi non sono permessi (e l’uso di “-” e “_” risulta antiestetico)

    nomeVariabileDaAssegnare

  8. Pascal Case: è una pratica di scrittura (della vecchia guardia di programmatori Pascal) che è molto simile al CamelCase, ma si contraddistingue da essa perché anche la prima lettera della parola è maiuscola. E’ per questo che questo metodo è anche conosciuto con il nome di UpperCamelCase

    NomeVariabileDaAssegnare

    Bisogna anche dire che non tutti sono soliti fare distinzione tra CamelCase e Pascal Case, raggruppando le due categorie nella sola CamelCase.

  9. embedded_underscore: ogni segni di interpunzione o spazio è eliminato ed è sostituito dal carattere di underscore (“_”). Di solito le lettere o sono tutte maiuscole (UPPER_CASE_EMBEDDED_UNDERSCORE)

    NOME_VARIABILE_DA_ASSEGNARE

    o tutte minuscole (lower_case_embedded_underscore)

    nome_variabile_da_assegnare

    ma non mancano casi in cui si trovano scritti in forma mista.

    Nome_Variabile_Da_Assegnare

  10. StudlyCaps o StUdLyCaPs, o ancora StickyCaps: è una variazione del CamelCase in cui le ciascuna lettera di una o più parole, sono alternativamente scritte in maiuscolo e minuscolo. La sequenza maiuscolo-minuscolo può seguire uno schema predefinito (pattern) oppure può essere del tutto casuale (random). Usato soprattutto nell’ambiente hacker:

    L’oRiGiNe dEL sIgNiFiCaTo Di QuEsTa PrAtIcA e’ OsCuRa

  11. BiCapitalization o InterCaps: simile allo StudlyCaps e al CamelCase ma il suo ambito non è nell’ambiente hacker bensì in quello del marketing. Infatti la BiCapitalization è l’atto di creare un marchio leggibile e facilmente riconoscibile dagli altri. Ne sono esempi comuni loghi come:

    PostScript
    NeXT
    NeWS
    VisiCalc
    FrameMaker
    TK!solver
    EasyWriter

Suggerimenti d’uso

Sul sito Microsoft dedicato alle librerie MSDN vi è un interessato documento che descrive le regole di Class Naming Guidelines. Da qui si raggiunge la pagine delle Capitalization Styles, in cui si mette in luce che:

  • Pascal Case: si usa solo per identificatori di 3 o più caratteri in cui le prime lettere di ciascuna parola concatenata è maiuscola

    BackColor

  • CamelCase: la prima lettera è minuscola mentre le prime lettere di ciascuna parola concatenata è maiuscola

    backColor

  • Uppercase: tutte le lettere del identificatore sono maiuscole. In realtà si consiglia di usare questo metodo solo per identificatori di 2-3 lettere:

    System.IO
    System.Web.UI

Altri esempi di CamelCase

Nel capitolo precedente ho tentato di classificare tutti i possibile metodi di scrittura di una variabile o, in generale, di una parola o logo. In realtà, a conti fatti, ogni metodo tende a non essere unico in quanto tende coincidere parzialmente con altre pratiche di scrittura.

E così è un CamelCase “MicroSoft” (o più precisamente un “Pascal Case” o siccome siamo nell’ambito del marketing una BiCapitalization), che altro non è che il nome originario della odierna Microsoft.
Mentre è un CamelCase perfetto il nome “iMac” (anche se volendo si potrebbe anche dire che la parola “iMac” è un particolare caso di StudlyCaps Random)
Allo stesso modo la funzione GetURLBaseAddress non è un vero CamelCase, poiché URL è scritto tutto in maiuscolo: si può quindi dire che è scritto in StudlyCaps Random.

E per finire, una bella auto-citazione. Infatti, non tutti sanno che il nome originario del mio sito era LevySoft , ovvero era scritto in CamelCase (o in Pascal Case o, siccome era un brand, in BiCapitalization). In seguito, per semplificarne la scrittura e siccome non era essenziale disinguere le due parole, cominciai a scriverlo tutto minuscolo tranne l’iniziale, in perfetto stile Capitalization.

Tag:camelcase, caratteri, case, java, leggibilità, lowercase, pascal, pascalcase, programmatori, programmazione, uppercase, variabili
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Nov 23 2006

Quale font usa un programmatore? Io uso Triskweline

Posted by Antonio Troise
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TriskwelineDa una settimana sto usando, sul mio editor di testi preferito, il font gratuito Triskweline, e devo dire che, effettivamente, è il miglior font per un programmatore, decisamente migliore anche dei classici Courier New, Andale Mono oppure Lucida Console.
Io ve lo consiglio caldamente perché da quando uso Triskweline, oltre ad essere maggiormente leggibile è pulito e compatto: le lunghe sessioni di programmazione, così, si rivelano molto più rilassanti del solito!

Tag:font, leggibilità, programmazione
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