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Dal 2004 il blog di Antonio Troise

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Apr 22 2009

Oracle acquista Sun: che fine faranno MySQL, OpenOffice.org, VirtualBox e NetBeans? Speculazioni su tutti i possibili scenari futuri

Posted by Antonio Troise
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Ieri si è definitivamente concluso l’accordo tra Oracle e Sun Microsystems che vede l’azienda di acquisire di Larry Ellison, in una “operazione amichevole”, Sun per la cifra di 5,6 miliardi di dollari al netto del debito, che saliranno a 7,4 miliardi di dollari poiché la Oracle si è fatta carica dei debiti della Sun (9,50 dollari per azione).
Se è ancora prematuro parlare del rischio occupazione per i lavoratori coinvolti (Sun occupa 33 mila persone, Oracle 86 mila) quello che è subito lampante è che con questa operazione Oracle ne esce nettamente rafforzata nei confronti di IBM, soprattutto perché Oracle è riuscita laddove il gruppo rivale non è riuscito nei giorni scorsi: acquisire Sun Microsystem con una proposta di “soli” 6,5 miliardi di dollari.

Oracle-Sun
Che fine farà MySQL?

Ma i primi dubbi cominciano a serpeggiare per la rete e Michael “Monty” Widenius, principale creatore di MySQL, dell’azienda MySQL, in seguito rilevata da Sun Microsystems, dal suo blog ha commentato la nuova mossa di Oracle, parlando liberamente alla comunità Open Source di quello che secondo lui potrebbe accadere a MySQL.
Secondo quanto scrive M.M. Widenius le possibili evoluzioni di MySQL a questo punto potrebbero essere tre:

  1. MySQL verrà abbandonato
  2. MySQL verrà venduto
  3. Oracle investirà in MySQL trasferendovi tutta la propria esperienza con i database

Certamente, la soluzione ottimale sarebbe l’ultima anche se ad oggi ancora non sono state fornite rassicurazioni sul futuro di MySQL, se non fosse che questo progetto viene citato in un documento pubblicato da Oracle, in cui cerca di rispondere ai molti interrogativi suscitati subito dopo l’acquisizione di SUN e in cui, oltre a confermare i contratti già stipulati da Sun e l’assistenza a tutti i clienti, si afferma che MySQL andrà a inserirsi nella gamma di database insieme ad Oracle 11g, TimesTen, BerkeleyDb ed il motore transazionale InnoDB. Se da una parte questo documento rassicura, dall’altra viene il sospetto che l’affermazione possa essere alquanto vaga e non si sa con precisione in che modalità possa proseguire il progetto.

In effetti anche se Oracle ha un business complesso (in realtà neanche Sun era un player puro open source), non si intuisce perché non dovrebbe tentare di affiancare alla sua offerta proprietaria anche un servizio opensource, in considerazione del fatto che all’offerta opensource potrebbe aggiungere pacchetti proprietari specifici. Poi, come noto, MySQL da tempo si stava muovendo in direzione Enterprise, per cui un avvicinamento dei due settori potrebbe essere più facile di quello che si possa pensare.

E’ comunque vero che, nessuno può essere il padrone di un progetto Open Source, ma al massimo project leader (quanti fork di progetti open source sono nati per assecondare le diverse visioni degli sviluppatori). MySQL è nato e ha raggiunto la gloria senza Sun per cui è molto probabile che il progetto andrà comunque avanti a prescindere dalle decisioni di Oracle; ma “Monty” vuole comunque rassicurare la comunità Open Source accennando ad una possibile ripresa dei lavori su MySQL nel caso questo venga abbandonato da Oracle.

Gli scenari futuri

Ma oltre a MySQL, Java e Solaris sono gli asset più golosi nel mirino di Oracle. Infatti, l’acquisizione di Sun Microsystem da parte di Oracle avrà un grande impatto su molti comparti dell’IT, dai desktop software, ai server, alle tecnologie così come avrà impatto sui segmenti di mercato, per le Pmi ma anche per le grandi aziende.
In particolare:

  • Database per le imprese: La piattaforma preferita per i database Oracle è Solaris, basata sull’architettura SPARC. L’acquisizione comporterebbe il consolidamento del predominio di Oracle in questo settore, perché sarà difficile per le aziende rivali (soprattutto Microsoft, con il proprio server SQL basato su Intel, e SAP) competere con una tecnologia database che contiene i know-how di Oracle e Sun combinati.
  • Database per privati: se Oracle manterrà lo sviluppo del database open source MySQL di Sun, ciò la porterà ad avere una maggior penetrazione nella fascia media di mercato, mantenendo comunque soluzioni robuste e affidabili.
  • Java e Sun: lo stesso Larry Ellison, fondatore e CEO di Oracle, ha dichiarato che sono stati proprio Java e Solaris i motivi principali che hanno spinto la sua società a volere fortemente la transazione. Infatti se Java sarà la tecnologia fondamentale sulla quale puntare per il successo nel settore del middleware, Solaris è sempre stato la migliore piattaforma su cui far girare il potente database di Oracle. La speranza è che Oracle mantenga Java open source e prosegua nella linea di ricerca della società acquisita, anche se è probabile che Java prenderà la via del settore enterprise.
  • Open Source: dopo l’acquisizione, è evidente a tutti che vi saranno numerose sovrapposizioni in merito all’offerta software delle due società, ed è probabile, quindi, che alcuni progetti open source prima supportati attivamente da Sun Microsystems subiranno un ridimensionamento. E’ il caso, per esempio, di OpenOffice.org che difficilmente troverà una collocazione all’interno della strategia di Oracle (anche se taluni pensano che Oracle, nota rivale di Microsoft, investirà su OpenOffice.org solo per portare via clienti a Microsoft Office), mentre è plausibile pensare che la tecnologia di VirtualBox vada a confluire in Oracle VM, o ne sia complementare.
  • Software proprietario: Oracle possiede già il suo ambiente di sviluppo Java proprietario che si chiama JDeveloper (e partecipa nella fondazione Eclipse), per cui è probabile che NetBeans di Sun verrà ridimensionato o, nel peggiore dei casi, ne verrà cessato lo sviluppo o ceduto a terze parti. Ovviamente la migliore delle ipotesi sarebbe prendere il meglio dei due prodotti e fare di NetBeans e JDeveloper un unico prodotto: peccato che tutto questo richiede investimenti che non sappiamo se Oracle avrà voglia di anticipare.
  • Hardware: Oracle è un’azienda che si è sempre ed unicamente occupata di software. Cosa farà della divisione di Sun dell’hardware, in particolare dell’architettura SPARC? Forse Oracle potrebbe differenziare l’offerta in base ai suoi clienti: grandi clienti Oracle + Solaris + SPARC. Piccoli clienti Linux + MySQL + AMD/Intel.
    Di certo la vendita di hardware sarà un valore aggiunto che Oracle sfrutterà per poter proporre soluzioni complete a prezzi più concorrenziali rispetto agli altri, anche se è forse difficile pensare ad una evoluzione del processore SPARC, a causa degli onerosi costi di ricerca e sviluppo nel campo delle CPU. E’ quindi probabile che i server SPARC rimarranno in commercio ancora per qualche anno, ma non verranno più sviluppati, puntando sui processori AMD/Intel (i cui costi di ricerca e sviluppo, sono a totale carico delle rispettive società).
Nuovi accordi in arrivo per le aziende rivali?

Secondo qualcuno, però, se per molti anni grosse case di hardware, prima tra tutti HP, erano stati partner privilegiati di Oracle, ora l’arrivo in casa Oracle di Sun (un accordo che darebbe un sistema hardware/software chiavi in mano) creerebbe una situazione di disagio a partner come HP che potrebbero allontanarsi non potendo trarre beneficio più dei privilegi. In altri termini, HP (e altri partner di minore impatto) potrebbero cominciare a orientare il loro interesse verso nuovi produttori di software. E, per adesso, l’unica vera grande alternativa è rappresentata da Microsoft che a questo punto potrebbe trarre grande vantaggio da questa acquisizione.

In questa ottica, quindi, sarebbe un grande errore, da parte di Oracle, abbandonare lo sviluppo dell’ambiente MySQL, poiché offrirebbe a Microsoft SQL Server un più ampio campo di opportunità, soprattutto in compagnie orientate al Web 2.0 dove, appunto, mySQL è ampiamente rappresentato (al momento MySQL vanta più di 11 milioni di installazioni).
In definitiva, è probabile che Oracle continui a sviluppare e puntare su MySQL proponendolo come soluzione entry-level, aggredendo così il mercato dal basso e lasciando ad Oracle Database 11g il segmento high-end.

Conclusioni

Queste sono solo alcune idee e speculazioni, che da ieri stanno circolando sul web. Ovviamente, in questi casi, solo il tempo potrà dire quali direzioni prenderà Oracle. Ma quel che è certo per tutti è che la società di Larry Ellison ha sicuramente fatto uno dei migliori affari della sua vita, perché da questo momento Oracle diventa, ancor di più, uno dei più importanti player dell’intero panorama IT, poiché potrà fornire soluzioni integrate comprendenti server, storage, sistema operativo, database, middleware e applicazioni, ponendosi così in diretta concorrenza con colossi come IBM, Dell e HP.

Termino con una perla di saggezza di Techcrunch che intitola così un suo articolo sull’acquisizione Oracle-Sun:

Oracle Wants To Be The Apple Of The Enterprise, But It Just Became IBM

che in italiano suona pressappoco così:

Oracle vuole essere la Apple del mercato Enteprise, ma è diventata solo IBM

Tag:database, hp, java, microsoft, Mysql, openoffice, opensource, oracle, server, sun, virtualbox
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Giu 27 2008

Python può essere considerato il nuovo Basic?

Posted by Antonio Troise
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Non so voi, ma quando andavo alle scuole superiori, il primo linguaggio di programmazione che ho imparato seriamente, perché lo usavo spesso nei vari esercizi di Sistemi, è stato il Basic. A dire il vero avevo anche iniziato a programmare in Pascal, ma solitamente era usato solamente per imparare i concetti della programmazione, mentre quando dovevo interfacciare un mio programma con qualche progetto elettronico, il Basic era, all’epoca, lo strumento principe (abbinato alla compilazione con Qbasic 4.5). Alla mia professoressa piaceva spesso asserire che lei aveva deciso di farci programmare in Basic, piuttosto che con il potente C o con il complesso e strutturato Java, in quanto, per i nostri scopi didattici, era abbastanza potente e la sua sintassi poteva essere imparata molto velocemente. Se avessimo, invece, dovuto programmare in C, data la sua complessità intrinseca, avremmo dovuto perdere almeno 1 anno affinché tutti lo potessero padroneggiare. Quindi, la scelta, era ricaduta sul pratico e flessibile Basic, perché, dai tempi del Commodore 64, aveva dalla sua la semplicità di programmazione.

Vi ho narrato questi eventi perché recentemente ho letto un interessante articolo che si chiede se il Python potrai mai essere considerato, prima o poi, il degno sostituto del Basic soprattutto nelle scuole: Python is the new BASIC. Secondo l’autore del post è proprio questo giovane linguaggio di programmazione il candidato perfetto, poiché ha una curva di apprendimento gentile, una sintassi facilmente comprensibile e, fattore da non trascurare, la prima frase che ognuno di noi impara a programmare (HELLO WORLD) si scrive, proprio come in Basic, in una sola riga!
Dovete infatti sapere che questo esercizio è per molti il primo impatto alla programmazione, e più semplice risulta essere, e più facilmente ci si avvicina alla comprensione del linguaggio.

Infatti, se in C dovremmo scrivere:

in Java sarebbe:

mentre in Basic è sufficiente scrivere:

e in Python:

Ovviamente il Basic e il Python non sono gli unici linguaggi di programmazione a poter redirigere l’output con una sola riga di comando, ma tra tutti gli altri sono effettivamente tra quelli più potenti e al contempo semplici da imparare.

In realtà, però, Python è anche più potente del Basic, oltre che molto più moderno. Usato da anni da Google e dalla Nasa (e preinstallato in qualsiasi computer con Mac OS X), chi impara a programmare con Python, data la sua scalabilità, può benissimo iniziare semplicemente con un output/input testuale, per poi passare gradualmente ad una programmazione orientata agli oggetti (comunque più semplice e chiara di tanti altri linguaggi), fino ad arrivare ad integrare toolkit GUI come pyglet, pygame, wxPython (non è raro trovare libri che spiegano come programmare i giochi con Python, come “Invent Your Own Computer Games with Python”, distribuito con licenza Creative Commons, che spiega come realizzare giochi in grafica ASCII in meno di 400 righe)

L’autore del post, passa poi in rassegna tutti i più famosi linguaggi di programmazione, dal Visual Basic, PHP, Perl, a Java e Flash, scartandoli tutti per il ruolo di successore del BASIC. Si sofferma però su Ruby, un altro nuovo linguaggio, molto simile a Python e che potrebbe ricadere nella lista dei successori se non fosse che Python ha, almeno per ora, una comunità e una tale vastità di librerie da non essere paragonabile a quella per ora disponibile per Ruby.

Per terminare, vi lascio alla visione di questo simpatico video che mostra la storia del progetto open source Python, dal 1991 quando Guido Van Rossum rilasciò la prima versione del programma ad oggi, riassunto in pochi minuti.


code_swarm – Python from Michael Ogawa on Vimeo.

Il video è stato creato grazie al progetto code_swarm di Federated Media, un software che permette di visualizzare in video tutti i cambiamenti e le modifiche che un software Open Source subisce. Se siete curiosi potete dare una occhiata anche alla storia visuale del famoso webserver Apache.

Tag:basic, java, Javascript, pascal, Php, programmazione, Python, Ruby
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Giu 20 2008

Cose è un CamelCase? In quanti modi diversi è possibile scrivere una variabile per renderla leggibile?

Posted by Antonio Troise
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Se siete soliti fare un salto nei forum o nei blog dei programmatori prima o poi vi imbatterete in questo termine dal gusto arcano: CamelCase. Ma cosa significa?
Il CamelCase è la pratica di scrivere parole composte o frasi unendo tutte le parole tra loro, ma lasciando le loro iniziali maiuscole. Il nome (letteralmente “carattere a cammello“) deriva dai “salti” all’interno di una parola (dato dall’inserimento delle maiuscole che aiutano a distinguere le parole di cui è composta), che fanno venire in mente le gobbe di un cammello.

Naming delle variabili

CamelCase Se qualcuno di voi ha mai programmato allora gli sarà sicuramente venuto in mente questo metodo di scrivere, perché, molto probabilmente, lo avrà usato, del tutto inconsapevolmente, quando avete fatto del “naming” delle variabili, ovvero quando avete dovuto assegnare i nomi alle variabili (a meno che non siete solitii dare dei nomi svincolati dal contesto, come, $a o $pippo o $pluto).

Infatti, tralasciando i cognomi come McCartney e alcuni esempi degli anni ’50 come CinemaScope, il CamelCase è diventato relativamente comune tra i programmatori durante gli anni ’70, per usare più parole per una variabile o un nome di programma, mantenendo comunque la leggibilità. Il motivo per cui questo metodo di scrivere si è diffuso tra i programmatori è dato, principalmente, dal fatto che nelle pratiche di programmazione, gli spazi e i segni d’interpunzione non sono permessi durante l’assegnazione dei nomi delle variabili; è facile capire, quindi, come, per rendere più leggibile e comprensibile il nome di una variabile, sia nata l’esigenza di rendere maiuscole le iniziali di ogni parola di cui è composta (anche se, nel caso specifico, la prima lettera è lasciata minuscola: thisVeryLongName).

Ragioni storiche

Ma perché, allora, non si usa il metodo, altrettanto valido, di separare le parole con un trattino (“-“) o con un underscore (“_”)? La ragione è principalmente storica.
Il CamelCase è stato molto usato dai programmatori Java perché è stata per anni la convenzione ufficiale di Sun per la scrittura dei nomi di classe e di variabile.
Questa pratica contrasta la tradizione del C di unire le sillabe insieme o di segnare le sillabe spezzate con il carattere di underscore.
Per questo motivo, quindi il CamelCase, risulta molto comune in certe community dei linguaggi (inizialmente Pascal; attualmente Java e Visual Basic) e tende ad esser associata alla programmazione orientata agli oggetti.

Quindi, riassumendo, quando un programmatore C vuole scrivere thisverylongname o this_very_long_name, la versione CamelCase di un programmatore Java sarebbe thisVeryLongName.

Per terminare ricordiamo che nella programmazione, il carattere di underscore è spesso usato come prefisso, ovvero è il primo carattere di una variabile: _listingNumber.

In quanti modi diversi è possibile scrivere una parola per renderla leggibile?

Ma quanti altri modi esistono di scrivere una parola o variabile (Letter case)? Ebbene sinora ne ho trovati ben 11 diversi, anche se non tutti possono essere applicati alle variabili. Non c’è nulla di rivoluzionario in queste tecniche e probabilmente le usate tutti i giorni, senza però conoscerne il nome.

Così avremo:

  1. CAPITAL o UPPER CASE: la parola è scritta tutta in maiuscolo

    VARIABILE

  2. lower case: la parola è scritta tutta in minuscolo

    variabile

  3. Start Case: la prima lettera di ogni parola (separate da spazi) di una frase è scritta in maiuscolo:

    This Is A Start Case

  4. Title Case: a differenza dello “Start Case” la prima lettera di ogni parola di una frase è maiuscola mentre le congiunzioni, le preposizioni e gli articoli sono sempre scritti in minuscolo. Un esempio sono i titoli delle canzoni o degli album: su iTunes li vedrete sempre scritti in Title Case.

    This is a Title Case

  5. Capitalization o Capitalisation: la parola ha solo la prima lettera maiuscola (upper case letter) e tutte le altre sono minuscole (lower case letters)

    This is a title case

  6. unicase: sono quelle lettere che non hanno una versione maiuscola e minuscola (presenti per esempio nell’alfabeto Arabico o Ebraico). Un esempio comune è la: @
  7. CamelCase o Medial Capitals: è la pratica di scrivere parole composte o frasi in modo che le parole siano unite tra loro senza spazi o segni di interpunzione ma ogni loro lettera iniziale è maiuscola. Molto usato laddove, specie nelle pratiche di programmazione, gli spazi non sono permessi (e l’uso di “-” e “_” risulta antiestetico)

    nomeVariabileDaAssegnare

  8. Pascal Case: è una pratica di scrittura (della vecchia guardia di programmatori Pascal) che è molto simile al CamelCase, ma si contraddistingue da essa perché anche la prima lettera della parola è maiuscola. E’ per questo che questo metodo è anche conosciuto con il nome di UpperCamelCase

    NomeVariabileDaAssegnare

    Bisogna anche dire che non tutti sono soliti fare distinzione tra CamelCase e Pascal Case, raggruppando le due categorie nella sola CamelCase.

  9. embedded_underscore: ogni segni di interpunzione o spazio è eliminato ed è sostituito dal carattere di underscore (“_”). Di solito le lettere o sono tutte maiuscole (UPPER_CASE_EMBEDDED_UNDERSCORE)

    NOME_VARIABILE_DA_ASSEGNARE

    o tutte minuscole (lower_case_embedded_underscore)

    nome_variabile_da_assegnare

    ma non mancano casi in cui si trovano scritti in forma mista.

    Nome_Variabile_Da_Assegnare

  10. StudlyCaps o StUdLyCaPs, o ancora StickyCaps: è una variazione del CamelCase in cui le ciascuna lettera di una o più parole, sono alternativamente scritte in maiuscolo e minuscolo. La sequenza maiuscolo-minuscolo può seguire uno schema predefinito (pattern) oppure può essere del tutto casuale (random). Usato soprattutto nell’ambiente hacker:

    L’oRiGiNe dEL sIgNiFiCaTo Di QuEsTa PrAtIcA e’ OsCuRa

  11. BiCapitalization o InterCaps: simile allo StudlyCaps e al CamelCase ma il suo ambito non è nell’ambiente hacker bensì in quello del marketing. Infatti la BiCapitalization è l’atto di creare un marchio leggibile e facilmente riconoscibile dagli altri. Ne sono esempi comuni loghi come:

    PostScript
    NeXT
    NeWS
    VisiCalc
    FrameMaker
    TK!solver
    EasyWriter

Suggerimenti d’uso

Sul sito Microsoft dedicato alle librerie MSDN vi è un interessato documento che descrive le regole di Class Naming Guidelines. Da qui si raggiunge la pagine delle Capitalization Styles, in cui si mette in luce che:

  • Pascal Case: si usa solo per identificatori di 3 o più caratteri in cui le prime lettere di ciascuna parola concatenata è maiuscola

    BackColor

  • CamelCase: la prima lettera è minuscola mentre le prime lettere di ciascuna parola concatenata è maiuscola

    backColor

  • Uppercase: tutte le lettere del identificatore sono maiuscole. In realtà si consiglia di usare questo metodo solo per identificatori di 2-3 lettere:

    System.IO
    System.Web.UI

Altri esempi di CamelCase

Nel capitolo precedente ho tentato di classificare tutti i possibile metodi di scrittura di una variabile o, in generale, di una parola o logo. In realtà, a conti fatti, ogni metodo tende a non essere unico in quanto tende coincidere parzialmente con altre pratiche di scrittura.

E così è un CamelCase “MicroSoft” (o più precisamente un “Pascal Case” o siccome siamo nell’ambito del marketing una BiCapitalization), che altro non è che il nome originario della odierna Microsoft.
Mentre è un CamelCase perfetto il nome “iMac” (anche se volendo si potrebbe anche dire che la parola “iMac” è un particolare caso di StudlyCaps Random)
Allo stesso modo la funzione GetURLBaseAddress non è un vero CamelCase, poiché URL è scritto tutto in maiuscolo: si può quindi dire che è scritto in StudlyCaps Random.

E per finire, una bella auto-citazione. Infatti, non tutti sanno che il nome originario del mio sito era LevySoft , ovvero era scritto in CamelCase (o in Pascal Case o, siccome era un brand, in BiCapitalization). In seguito, per semplificarne la scrittura e siccome non era essenziale disinguere le due parole, cominciai a scriverlo tutto minuscolo tranne l’iniziale, in perfetto stile Capitalization.

Tag:camelcase, caratteri, case, java, leggibilità, lowercase, pascal, pascalcase, programmatori, programmazione, uppercase, variabili
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Nov 2 2007

Rilasciata la nuova versione di Opera Mini beta 3

Posted by Antonio Troise
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Opera Mini beta 3Qualche giorno fa è stata rilasciata la 3a beta del celebre Opera Mini, un browser J2ME per cellulari e smartphone che riduce il peso (in termine di KB, e quindi di costi) delle pagine visitate, grazie all’appoggio ottenuto da alcuni server.

La novità più interessante per Opera Mini 4 beta 3 è data dalla funzionalità ‘Link’, con cui è possibile sincronizzare i propri bookmark fra il cellulare (anche più di uno) e il computer, in modo da gestire al meglio l’elenco degli indirizzi dei propri siti web preferiti. Sembra però che questa funzionalità sia possibile solo con il software Opera 9.5 e, anche se al suo posto preferite altri browser, non dovrete far altro che esportare i vostri preferiti in un file HTML e usare Opera 9.5 semplicemente per fare da “ponte” verso il vostro device.
Per usufruire di questa funzionalità, sembra, inoltre, che sarà necessario registrarsi (pur sempre gratuitamente) alla community di Opera.

Tra le altre migliorie:

  • Aggiunta la possibilità di scaricare le immagini in qualità media; ora quindi le opzioni diventano: bassa, media e alta.
  • Aggiunto il supporto ai feeds RSS e la relativa combinazione tasti “* + 0” per accedere a quelli salvati
  • Nel salvare un link tra i preferiti, è possibile salvare il titolo e l’icona relativa
  • Migliorata la gestione dei collegamenti rapidi ai siti preferiti con la combinazione “* + numero” con i numeri da 1 a 9 tramite il menù “Speed-Dials”

Se vorrete scaricarla, potete puntare il browser integrato del vostro dispositivo su: operamini.com e scegliere la versione che preferite, oppure scaricarla da qui.

Tag:browser, java, opera-mini
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Ott 1 2007

Arriva la virtualizzazione dei sistemi operativi sui cellulari con JPC, l’emulatore scritto in JAVA

Posted by Antonio Troise
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JPC JPC è un interessante programma scritto in Java in grado di emulare un pc basato su architettura x86. Basta avere una Java Virtual Machine installata per eseguire JPC anche dal vostro browser ed emulare qualsiasi sistema operativo da DOS, Windows e Linux.

Addirittura i ricercatori (che fanno parte del sottodipartimento di fisica delle particelle presso l’università di Oxford) hanno affermato di aver installato l’emulatore perfino su un Nokia 9500 e in teoria qualsiasi terminale mobile (telefoni cellulari o smartphone) dotato di 64 MB di RAM può eseguire JPC purché sia presente Java.

Al momento JPC implementa le periferiche strettamente indispensabili, come tastiera, mouse, una scheda VGA e una scheda di rete Ethernet.

Ancora non esiste una release ufficiale, e non è possibile il download, ma si può provare un’interessante demo con FreeDOS (troverete precaricati molti vecchi giochi per DOS come Mario o Prince of Persia). Qui, invece, potete guardare gli screenshot disponibili.

Tag:dos, java, jpc, smartphone, virtual-machine, vm, x86
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Set 21 2007

Ecco perché ho scelto Opera Mini 4 per il mio smartphone TyTN II: è veloce nel caricare le pagine e porta con un sè un pizzico di iPhone con il suo soft zooming, anche se un dubbio sulla privacy rimane. Voi cosa ne pensate?

Posted by Antonio Troise
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Opera Mini Quando ho comprato il mio nuovo cellulare con Windows Mobile 6 la prima cosa che ho fatto è stato mettere da parte Internet Explorer (non per preconcetti ma perché effettivamente la visualizzazione delle pagine non è ottimale) e mettermi alla ricerca di un browser alternativo; dopo aver provato il trial di Opera Mobile 8.60, e aver notato che, per quanto possa essere un buon applicativo, è un po’ lento nel caricamento delle pagine, ho preferito installare la beta 2 della release 4 di Opera Mini, un browser java, gratuito e compatto della Opera Software, che consente la navigazione su siti standard (non WAP).

i segreti di Opera Mini: server remoti e soft zooming

Anche se è stato pensato e sviluppato per gli utenti che non dispongono di un palmare o uno smartphone (Windows Mobile, ecc), ho iniziato ad usarlo anche sul mio TyTN II, perché ho da subito apprezzato le sua estrema velocità nel caricamento delle pagine e la sua risposta ai comandi particolarmente fluida e dinamica.
Infatti, a dispetto delle sue dimensioni, e del fatto di essere totalmente gratuito, Opera Mini è un browser web che si comporta molto meglio del fratello maggiore Opera Mobile, sia in termini di velocità che anche in termini di risultati visivi dei siti mostrati, con la sua innovativa funzionalità di soft zooming.

Il segreto della sua velocità sta nel fatto che, per essere così leggero e veloce, il browser non include un motore di rendering per processare le pagine web, ma ogni volta interroga un server remoto, che ha il compito di comprimere testi e immagini, velocizzando di fatto il trasferimento delle pagine e limitando il traffico dati (caratteristica essenziale per gli utenti privi di abbonamenti flat); questa peculiarità fa si che si riescano a minimizzare drasticamente le richieste di memoria e CPU del programma in modo da renderlo compatibile anche con i telefonini più classici.
Infatti, rispetto ad Opera Mobile, che è a pagamento e gira esclusivamente sulle piattaforme Symbian S60 e Windows Mobile, Opera Mini, che pesa poco più di 100 Kb, ha il vantaggio di poter funzionare su buona parte dei dispositivi mobili oggi in commercio che supportano la piattaforma Java.

Ma uno degli aspetti più interessanti di Opera Mini, introdotto solo con la versione 4, è la nuova modalità che mostra un’anteprima scorrevole della pagina di cui l’utente può ingrandire le parti che desidera leggere. La selezione dell’area da ingrandire si effettua per mezzo di un cursore (simile alla classica freccetta del mouse) controllabile per mezzo del pad o dei tasti numerici (ma anche con il touchscreen nel caso di palmari): lo stesso cursore può essere utilizzato per spostarsi all’interno della pagina ingrandita e per cliccare sui link.

La funzionalità di zooming, che Opera Mini 4 ha ereditato dal browser per Nintendo Wii, non è un concetto nuovo: una simile modalità di navigazione viene ad esempio utilizzata dal browser di Nokia per S60, da Safari per iPhone e dalla tecnologia ZenZui di Microsoft. Ciò non toglie che l’implementazione di Opera Software appaia particolarmente efficace, con effetti di “soft zoom” e performance di tutto rispetto per un browser Java. Purtroppo, nelle beta attuali, è ancora impossibile scegliere il livello di zoom o, quanto meno, una dimensione dei caratteri più piccola di quella selezionabile nelle preferenze.

Ma un video vale più di mille parole:

Altre note positive di Opera Mini

Opera Mini Settings Tra le altre caratteristiche interessanti di Opera Mobile, abbiamo anche la possibilità di disabilitare il caricamento delle immagini e selezionarne la qualità (alta o bassa), abilitare/disabilitare gli effetti visivi come lo scorrimento laterale della pagina (molto scenografico) quando si clicca su un link (solo sui telefoni cellulari compatibili con la specifica MIDP 2), creare una lista di indirizzi preferiti, richiamare pagine dalla cronologia, impostare una pagina d’avvio e utilizzare, direttamente dall’interfaccia del programma, il motore di ricerca Yahoo! Search (prima veniva usato quello di Google), quello di eBay, Wikipedia, Flickr e IMDb.

Un caratteristica peculiare che non solo io ho notato, è che Opera Mini, per certi versi, può essere paragonabile ad un bot-simulator, ovvero legge le pagine web come gli spider dei motori di ricerca. Infatti la costruzione delle pagine sul display del cellulare non riflette l’impaginazione grafica ma l’ordine dei layers come da codice HTML.

Cosa manca ad Opera Mini

Per contro, deve, però, Opera Mini deve per forza di cose sottostare ai limiti e alle lentezze della macchina virtuale Java. Cosa che molti, specie per i telefoni più datati, risentono enormemente. Inoltre il fatto di non disporre di un proprio motore di rendering è sicuramente meno preciso rispetto al fratello maggiore Opera Mobile. Tra le altre limitazioni, possiamo trovare l’assenza di una funzione di ricerca interna e l’impossibilità di memorizza i dati personali e le password, e di stabilire la dimensione della cache.
Infine, attualmente, non supporta pienamente impostazioni relative a cookie, tanto che per tale ragione non è ancora possibile utilizzare Opera Mini per effettuare acquisti online.

Che fine fanno i nostri dati personali?

Certo, il dubbio sulla sicurezza e la privacy dei dati personali rimane sempre: siccome Opera Mini fa passare il traffico attraverso i server di opera, che si incaricano di rendere semplici le pagine web complesse, ciò potrebbe implicare una remota possibilità che, se qualcuno compromettesse i server di Opera, avrebbe accesso alla password in chiaro e i vari dati in transito. Oppure, potrebbe anche accadere che un giorno Opera potrebbe rivendere i dati della navigazione di noi utenti per permettere un advertsing mirato. Ma qui siamo solo nel campo delle ipotesi.

Opera Mini sul mio smartphone TyTN II

Opera Mini Java Per ora, quindi, mi piace usare usare Opera Mini sul mio TyTN: l’unica scomodità è che ho trovato nell’uso sul mio smartphone è che le midlet, tra cui, quindi, Opera Mini, si installano dentro un contenitore Java e quindi il browser non è semplicemente richiamabile da un icona sul menu Programmi, bensì occorre aprire prima l’applicativo Java e da qui richiamare Opera Mini. Ma questo è un problema che hanno tutti i palmari che supportano Java solo attraverso emulazione.

Inoltre, siccome Opera Mini si collega ad internet attraverso il socket 1080 (http://beta.opera-mini:1080), per dialogare con i server proxy Opera incaricati di semplificare le pagine internet, risulta incompatibile con certe soluzioni aziendali che filtrano tutte le altre porte al di fuori di quelle standard . E, anche se è possibile indicargli di usare una sessione HTTP (con la porta 80), sembra che comunque non funzioni con i proxy aziendali, cosa che in questo caso particolare, pone Internet Explorer (o comunque qualsiasi altro browser per WM6) un gradino superiore.

In definitiva sono, quindi, giunto al compromesso che, mentre sono in ufficio uso Internet Explorer, mentre a casa, col Wi-Fi, uso Opera Mini.

Come scaricare Opera Mini

Opera Mini può essere scaricato in vari modi, ma il più semplice è quello di collegarsi direttamente con il proprio cellulare all’indirizzo WAP http://mini.opera.com; Vi consiglio però di scaricare Opera Mini 4 beta 2 (via wap: http://mini.opera.com/beta), mentre se avete ancora dubbi sul sito di Opera esiste una ottima demo per verificare le sue funzionalità.

Tag:browser, Htc, iPhone, java, opera, opera-mini, smartphone, tytn-II
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Lug 14 2007

SmartShopper: la lista della spesa in Java per il proprio cellulare

Posted by Antonio Troise
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Smartshopper è una piccola ed utile applicazione gratuita scritta in java (j2me) che permette di portare nel proprio cellulare la lista della spesa, senza avere il pensiero di dimenticare dei fogliettini scritti in pochi secondi e lasciati in qualche angolo remoto della casa o dispersi dentro l’unica tasca dei pantaloni che non si usa mai.

Smartshopper permette di inserire nella lista tutti i prodotti che si vogliono, possono essere uova, acqua o prosciutto: è sufficiente creare prima tutte le voci che si vorranno selezionare all’interno della “Item Selection”.

Queste voci permettono l’inserimento del nome dell’articolo e anche della quantità. Risulta molto utile la funzione che permette di modificare la quantità di un prodotto ogni volta che lo si seleziona per fare la propria lista della spesa, così da non dimenticarsi proprio nulla.

Nel momento in cui si finiscono di “spuntare” tutti i generi alimentari di cui si ha bisogno basta cliccare su “Shopping List” per avere la propria organizzatissima lista, completa della quantità (messa tra parentesi) per ogni prodotto

Io l’ho provata sul mio Sony Ericcson W600i e devo dire che, anche nella sua semplciità, è davvero essenziale e ben realizzata. Purtroppo, personalmente, ancora è dura da abbandonare l’abitudine di scrivere la lista della spesa su dei fogliettini di carta.
Voi pensate di riuscire ad abituarvi a questa comodità tecnologica siete più tradizionalisti?

Tag:cellulare, j2me, java, shopping_list
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Giu 20 2007

DjVu: il miglior formato per la scansione di immagini e documenti con un fattore di compressione superiore al PDF o al PS

Posted by Antonio Troise
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DjVu DjVu (si pronuncia “déjà vu”) è una tecnologia sviluppata alla fine degli anni ’90 da un gruppo di ricercatori dei laboratori della AT&T con l’obiettivo di rendere possibile la realizzazione di raccolte digitali di documenti ad alta qualità a colori.

I formati immagine standard quali JPEG, GIF e PNG, se salvati alla risoluzione necessaria per assicurare la massima leggibilità, hanno una dimensione tale da comportare tempi di accesso non accettabili. Abbassare la risoluzione per ridurre i tempi di scaricamento significa compromettere la qualità.

DjVu è una tecnologia di compressione d’immagine, un formato file e una piattaforma per la distribuzione via rete di documenti. Si fonda sul modello MRC, uno standard dal formato standard e aperto (grazie al progetto DjVuLibre), che propone la segmentazione dell’immagine in livelli, ciascuno dei quali viene compresso con algoritmi specifici.
Separando gli elementi di sfondo, la texture della carta e le foto, e comprimendoli con un algoritmo di tipo wavelet (lo stesso alla base del formato JPEG 2000), Djvu può garantire un’elevata risoluzione del livello del testo.
Con questa tecnica si possono ottenere file molto “leggeri”, veloci da visualizzare anche su computer di vecchia generazione.

Djvu performance Il formato DjVu è in grado di ottenere fattori di compressione, su documenti a colori, dalle cinque alle dieci volte migliori rispetto ad altri formati concorrenti quali JPEG e GIF e, su documenti in bianco e nero, fattori dalle tre alle otto volte migliori rispetto al formato TIFF G4.
Un esempio penso spieghi meglio le potenzialità di questo formato: documenti digitalizzati a 400 ppi in full-color, dalla dimensione originale di 36 Mb, possono essere compressi in file dal peso compreso tra i 30 e i 100 Kb (rapporti tra 1:300 e 1:1000)!
Questi elevati fattori di compressione rendono i documenti DjVu realmente utilizzabili sul Web rispettando la dimensione di una tipica pagina HTML (circa 50 Kb).

Il formato consente inoltre la visione progressiva del documento: l’utente ottiene subito una prima versione, la cui qualità migliora progressivamente al caricamento di successivi blocchi di dati. A titolo di esempio il testo di una pagina di una rivista compare a video in solo tre secondi con connessione via modem a 56 Kbps. Nei successivi sei secondi compaiono le fotografie e la texture di sfondo e infine vengono scaricati i dati che completano la versione ad alta qualità della pagina.

La compressione DjVu può essere anche applicata ai documenti nati in digitale come quelli nei formati Postscript (.ps) o PDF. In questo caso la dimensione dei file è compresa tra i 15 e i 20 Kb per pagina A4 alla risoluzione di 300 ppi.

Nonostante il formato sia molto potente, non è molto diffuso, ma non per questo mancano le applicazioni di tipo plugin per visualizzare i documenti DjVu. Il modulo è messo a disposizione dalla LizardTech ed disponibile per i principali browser (MS Explorer, Netscape, Mozilla, ecc.) e piattaforme (Windows, Mac OS X, Linux-Unix e PocketPC) che propone strumenti evoluti di gestione dell’immagine come il panning, lo zoom, la rotazione, la visualizzazione del livello del testo separato dallo sfondo, il salvataggio, l’esportazione, la stampa su formato carta, il sistema di precaricamento delle pagine successive, la separazione del testo dallo sfondo, la ricerca full-text (solo se il documento è stato sottoposto ad OCR), la visualizzazione a doppia pagina.

Inoltre è stato sviluppato, nell’ambito del progetto open source ufficiale, Java DjVu Viewer Project, un applet Java per accedere ai file in formato DjVu senza installare sul PC alcuna applicazione.
Qui (altri esempi li trovate in questa pagina), potete provare a vedere un file DjVu senza aver installato nulla sul vostro PC.

Se ricercate maggiori informazioni tecniche, vi consiglio di leggere la documentazione presente sul sito di OpenDoc.

[via Wikipedia e Opendoc]

Tag:djvu, firefox, java, PDF, Plugin, ps
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Giu 2 2007

Come usare il proprio cellulare come un mouse senza fili bluetooth

Posted by Antonio Troise
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Come usare il proprio cellulare come un mouse senza fili bluetooth Molti criticano i cellulari moderni perché fanno tutto tranne che quello per cui sono nati: ovvero telefonare! In effetti, si assiste sempre più spesso all’invasione di telefonini con 2-3 GB di Memoria magari espandibile, con fotocamere e videocamere evolute, supporto a giochi java j2me e symbian, navigatore gps incorporato, browser internet e quant’altro la vostra immaginazione può tirar fuori dal cappello a cilindro della tecnologia.

Questa volta, però, sono rimasto sorpreso dall’ingegno di un programmatore Java che ha realizzato qualcosa di talmente banale che nessuno sin’ora ci aveva mai pensato. Usare un normalissimo cellulare come un mouse senza fili, sfruttando la sua fotocamera come sensore ottico e la connessione bluetooth al posto del fastidioso filo. Addirittura è possibile personalizzare i tasti destro a sinistra del mouse con quelli della tastiera del telefonino.

Nel video di prova è stato usato un Nokia 6230i ma, essendo il programma realizzato in Java, è facilmente portabile su qualsiasi cellulare con fotocamera e bluetooth che supporti questo linguaggio (oramai requisiti standard per qualsiasi telefonino).

Il progetto è ancora in fase di sviluppo, peccato però che oltre a questo video, non è stato reso ancora disponibile alcun sorgente o eseguibile del programma!

Tag:bluetooth, cellulare, java, mouse, nokia
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Dic 1 2006

Opera Mini 3

Posted by Antonio Troise
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Opera Mini 3 Chiunque abbia un cellulare di ultima o penultima generazione in grado di collegarsi ad internet attraverso connessioni WAP, GPRS, EDGE o UMTS, non potrà non sentire la mancanza di nu vero browser web. A tal proposito, Opera Software è venuta incontro alle vostre esigenze rilasciando l’ultimissima major release di Opera Mini 3, un mini browser gratuito completamente scritto in Java j2me, diventato ora sempre più completo e sofisticato. Disponibile anche in italiano, è possibile scaricarlo dal sito ufficiale o via wap all’indirizzo mini.opera.com.
Per tutti gli accaniti blogger, l’ultima release aggiunge, ad esempio, i feed RSS e Atom, che possono essere letti e aggregati, e il supporto alla trasmissione sicura delle password: il browser utilizza un algoritmo crittografico: la chiave dell’utente viene generata la prima volta che si avvia il programma. Quindi Opera Mini 3 può essere utilizzato per fare il login sui siti protetti e per acquistare online.

Tag:j2me, java, mini_browser, opera, opera-software
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