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Dal 2004 il blog di Antonio Troise

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Giu 25 2015

Riflessione sui Doni Digitali di società come Google e Facebook

Posted by Antonio Troise
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Su CheFuturo è apparso un bellissimo articolo/riflessione su cosa effettivamente sono i Doni Digitali offerti da società come Google e Facebook. E’ talmente interessante che ho pensato fosse giusto estrarne le parti principali (vi consiglio comunque la lettura che offre anche una simpatica analogia con i regali delle zie).
La domanda che l’autore si pone è la stessa di molti difensori dei servizi online gratuiti: “Come ci può essere qualcosa di sbagliato in un tale scenario win-win?”

I servizi digitali come i regali non necessitano né di giustificazione né di legittimazione, tra cui la più antica forma di legittimazione, cioè la proprietà, ora sostituita da un uso autorizzato. Noi possiamo accettare o rifiutare, o magari mettere via un regalo, ma non abbiamo alcun diritto di lamentarsene, perché non abbiamo mai votato o pagato per esso. Non vi è alcun contratto, sia esso sociale o legale, ma solo termini di servizio che noi dobbiamo accettare di rispettare per poter usufruire del “dono”. Se non ci piace il servizio gratuito offerto possiamo sempre smettere di usarla… o almeno così crediamo. Infatti, i doni, al contrario dei beni e dei servizi pagati (magari attraverso le tasse) e acquistati, hanno una particolarità: cancellano di fatto il diritto di lamentarsi o di scegliere.

Se i doni digitali sono inutili o sgraditi, il mercato si prenderà cura di loro e magari ne seguiranno altri di migliori. Se sono utili, possono diventare essenziali, e generare sia dipendenza sia fedeltà, anche se la mancanza di ogni possibile reciprocità può trasformare la gratitudine nel risentimento per una dipendenza disuguale, e, quindi, per “avvelenare” i doni, quando i donatari si rivoltano violentemente contro i donatori (si pensi a quanto velocemente Google sia passato dall’essere amico a nemico).

Tutto ciò spiega anche il motivo per cui queste grandi società sono determinate a creare monopoli. I servizi online gratuiti, come i doni, sono quindi capaci defranchisizzare chi li riceve. Hanno inoltre la capacità di depotenziare chi produce e vende (a qualsiasi prezzo) prodotti alternativi, lasciando così la concorrenza fuori dal mercato. Dare via un servizio o un bene gratuitamente significa depotenziare qualsiasi altro agente la cui attività si basa sulla vendita di tale servizio o bene.

Nelle società dell’informazione mature, le informazioni sono diventate merce vendibile ma indifferenziata. Tale mercificazione finisce per diminuire i prezzi fino a diventare economicamente più redditizio produrre e offrire informazioni gratuitamente in cambio di dati personali, basandosi su un modello di business fondato sulla pubblicità. Questa mercificazione assegna valore economico a cose non precedentemente considerate in termini economici.

La Silicon Valley ha traformato l’economia del dono in una strategia business di competizione. L’intero meccanismo è basato principalmente sull’assenza di una vera concorrenza locale: c’è un solo Amazon, un solo eBay, un solo Facebook, un solo Google e così via.

In breve, il risultato è meno privacy e più disuguaglianza, due dei più gravi problemi delle società dell’informazione mature. Finché sarà razionale offrire doni in cambio di ricavi pubblicitari e sempre meno privacy non possiamo aspettarci molti miglioramenti in futuro.

Tag:informazione, Internet, privacy
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Ott 31 2014

Compilare il codice online di oltre 60 linguaggi con Ideone

Posted by Antonio Troise
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Ultimamente ho avuto la necessità di debuggare qualche script in Perl rapidamente e devo dire che mi sono trovato molto bene con un sito fatto apposta per queste necessità. Si chiama Ideone e, in pratica, è un compilatore online e un tool di debugging che permette di compilare codice sorgente ed eseguirlo online per più 60 linguaggi di programmazione tra cui, oltre al Perl, anche C, C++, Python, Haskell, Java, Ruby, Objective-C, Assembler, Prolog, Awk, Bash, PHP, Lua, Scala, Node.js, Smalltalk, Tcl, Cobol, etc fino al mitico Go.
Insomma una ottima risorsa da affiancare agli onnipresenti jsbin.com e jsfiddle.net, due siti che permettono di testare online (ma anche condividere con la comunità) codice non compilato come html, javascript, css.

Se cercate altre alternative a siti per testare codice non compilato, vi consiglio anche: dabblet.com, codepen.io, cssdeck.com e liveweave.com

Tag:compilatore, Internet
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Lug 14 2014

Web App: il futuro per la neutralità della rete secondo Tim Berners-Lee

Posted by Antonio Troise
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“Se hai le tue informazioni in una app, se metti il il tuo magazine in un app, non c’è un indirizzo web che possa mettere tra i preferiti, non posso mettere un Mi Piace/Non Mi Piace, non posso discutere di quello perché non lo posso twittare e non lo posso mettere nel mio blog. Se le cose sono sul Web allora hanno il loro indirizzo univoco e sono parte di una discussione universale, sono parte di una conversazione dell’umanità. Se non sono sul web sono informazioni perse. Le applicazioni web (WEB APP) sono l’unica strada da percorrere!”

Il concetto che Sir Timothy John Berners-Lee voleva esprimere era che, mentre il web è indipendente dal sistema operativo usato (è neutrale per usare un termine che va tanto in voga), perché lo stesso sito internet è raggiungibile da qualsiasi sistema operativo, per le App non è così in quanto sono strettamente legate al sistema operativo in uso (iOS, Android, Blackberry, Windows Phone, etc). Ciò comporta che, se cambiamo smartphone con un altro SO dobbiamo ricaricare nuovamente tutte le app, ammesso che siano presenti.
Se le App dipendono da regole decise da poche aziende e anche solo per mettere una App al pubblico spesso occorre passare per l’approvazione di un App Store, con il web siamo liberi di pubblicare quello che vogliamo e quando vogliamo.

Tratto da una intervista su 2024 a Sir Timothy John Berners-Lee

Tag:app, Internet, Tim Berners-Lee, web app
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Lug 8 2014

Turismo online, OLTA e Parity Rate in Italia

Posted by Antonio Troise
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Oggi vi voglio proporre un altro estratto dal Podcast 2024 che parla del Turismo Online e di come in Italia si sia rimasti ancora un po’ indietro. In Italia l’incapacità del sistema turistico (e di molti albergatori) di saper cogliere le opportunità di internet ha lasciato spazio alla crescita di forti agenzie di prenotazione alberghiera online (come Expedia o Booking) che spostano all’estero almeno il 20% del valore di una camera di hotel.

Nel Turismo, quasi l’80% delle prenotazioni vengono fatte online. Il turismo è tra i primi settori al mondo di transazioni online. Solo in Italia si parla di 5 miliardi di euro di fatturato online l’anno e il 45% del fatturato online è turismo.

Si dice spesso che il turismo è il petrolio dell’Italia ma, purtroppo, lo estraggono altri. Infatti quasi 2,5 miliardi di euro (quasi il 50%) di fatturato online, in Italia, vengono fatte dalle Online Travel Agents (OLTA) come Expedia, Booking, Trip Advisor (Google Hotel Finder non ragiona su percentuali ma ha un modello di business basato su pay per click) che si portano via ogni anno circa 700 milioni di provvigioni (dato che cresce, in media, del 13% l’anno) e che vanno fatturate all’estero. In questa fase, la tecnologia l’hanno sfruttata altri e l’Italia è rimasta al palo. Quando, infatti, usiamo una di queste piattaforme di prenotazione, stiamo lasciando una provvigione alle OLTA (che può andare dal 15% al 30%), che di fatto viene grattata via dal guadagno dell’albergo.

Renato Soru diceva “Non capisco perché per cercare un ristorante a Cagliari devo interrogare un server che sta in California“.

[…]
L’Italia è al 26esimo posto in competitività nel settore turistico a livello mondiale, subito dietro alla Corea e al 101esimo posto dopo lo Zimbabwe per l’uso di tecnologia nel comparto turistico.
[…]

Un dato interessante è che, negli ultimi anni, mediamente cresce del 6-8% la vendita diretta, ovvero ogni anno crescono i turisti che online cercano di acquistare direttamente dall’albergo o dalla struttura turistica, sia perché si risparmia ma soprattutto perché hanno piacere ad avere un rapporto diretto con chi gli fornirà la vacanza o il pernottamento.

Sul risparmio però c’è da dire che spesso c’è un problema: la Parity Rate. Le OLTA (Online Travel Agents) impongono all’albergatore il Parity Rate, ovvero sul sito web del albergo non può esserci un prezzo inferiore a quello che viene dato all’OLTA. I francesi da tempo stanno cercando di abbattere questa assurda regola oligopolistica del Parity Rate e comunque a livello globale è messa in discussione.

Il problema è che in Italia meno del 30% delle strutture turistiche ricettive hanno un canale di vendita diretta digitale, un booking digitale, e quindi sono costrette a sfruttare i canali di vendita delle OLTA senza averne però uno proprio. Per ridurre il problema della perdita di guadagno derivate dalle OLTA, occorrerebbe ridurre questo digital divide, facilitando e aiutando la digitalizzazione del canale turistico con una vera alfabetizzazione digitale.

Un sito interessante che parla in maniera diffusa sugli ultimi sviluppi del settore turistico online, di OLTA e Parity Rate è: Disintermediazione.it
Altrettanto interessante, se volete approfondire l’argomento, il dossier di 104 pagine di Toolisse (la piattaforma italiana di servizi e soluzioni tecnologicamente avanzate per migliorare l’esperienza di viaggio del turista e aumentare le performance digitali degli operatori del turismo) che potete trovare qui.

Tag:albergo, Internet, olta, parity rate, turismo
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Mag 10 2013

Browseo: visualizzare le pagine web come un motore di ricerca

Posted by Antonio Troise
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Browseo è un tool online che permette di vedere internet con gli occhi di un motore di ricerca. Sostanzialmente, oltre a vedere i siti privi dei fogli di stile e degli script che ne modificano l’aspetto, Browseo fornisce anche altri utili dati come il conteggio dei link presenti, l’utilizzo dei vari tag di intestazione (i tag di heading che vanno da H1 a H6), la presenza di reindirizzamenti e l’impiego dei vari Metatag.

Browseo

Infatti, un qualsiasi motore di ricerca, quando deve scansionare un sito web, altro non fa farlo visitare da un crawler (detto anche spider), ovvero un bot in grado di acquisire una semplice copia testuale della pagina web visitata, per poi inserirla in un indice del database mediante l’uso di apposite parole-chiave. Tra le altre cose durante l’analisi di un URL, il crawler è in grado di identificare tutti gli hyperlink presenti nel documento per aggiungerli ad una lista di URL da visitare, in modo da autocompletare (almeno parzialmente) la rete di siti vicini. Un’altra peculiarità dei crawler è quello di essere indirizzati da quanto indicato nel file “robots.txt” posto nella root del sito, con il quale è possibile indicare quali pagine non dovrebbero essere analizzate.

Browseo Link

In definitiva, per tutti coloro che fanno della creazione siti internet una passione o un lavoro, Browseo è certamente uno strumento molto utile che, se usato con la dovuta accortezza, può risultare molto potente in quanto, con una semplice schermata, è in grado di aiutare gli sviluppatori ad ottimizzare l’indicizzazione del proprio sito web su Google, Bing o qualsiasi altro motore di ricerca. Per l’analisi SEO delle pagine del proprio sito, invece di usare Lynx, il famoso browser testuale, Browseo riporta lo stesso tipo di risultato grafico (un’anteprima di come la pagina compare nelle SERP), ma con il vantaggio di evidenziare i link interni ed esterni (con lo scopo di capire a colpo d’occhio se sono correttamente bilanciati), elenca i tag intestazione usati nella pagina, in modo da verificare di averne fatto un uso coerente, evidenzia il contenuto dei metatag Title e Description, e, infine, evidenzia i link con rel NoFollow della pagina.

Bisogna dire che Browseo è solo uno strumento, tra i tanti, che permettono una analisi SEO dei siti. Non è l’unico ma mi è sembrato quello più immediato e semplice da usare, oltre ad avere anche una app per iOS e una per Android (utile per usare anche in modalità questo strumento anche se, analizzandole per bene, non sono altro che un browser integrato in una applicazione che altro non fa che richiamare il sito web).

Tag:Internet, seo
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Feb 1 2011

Internet è un dono di Dio o un semplice mezzo di comunicazione di massa?

Posted by Antonio Troise
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“Internet è un dono di Dio” è la famosa frase di uno scrittore e dissidente cinese, Liu Xiaobo, attivo da molti anni nella difesa dei diritti umani nella scena nazionale del suo Paese e insignito, nel 2010, del Premio Nobel per la Pace.

Ma questa stessa frase fu anche un potente manifesto con cui, nel 2009, il mensile Wired aveva candidato Internet al premio Nobel per la Pace.

Infine, recentemente, è anche divenuto il titolo di un libro che narra dieci storie con lo scopo di chiarire perché Internet è divenuta col tempo, arma di costruzione di massa: i software contro la censura digitale (Shiyu Zhou dall’America per Cina e Iran), il potere della parola per la libertà (Georgy Jakhaia in Georgia, Yoani Sanchez a Cuba, Adshin Mettacara in Birmania), il micro-credito online come strumento di sviluppo nelle economie povere (Matt Flannery e Kiva), l’industria informatica come occasione di pace per la Palestina (Saed Nashef), il wireless perché anche Amazzonia e Darfur rompano l’isolamento (Daniele Trinchero e iXem), il Web come strumento di aiuto e solidarietà nelle catastrofi (Ory Okolloh dal Kenya, Rima Qureshi dalla Svezia).

L’altro lato della medaglia

Ma se questa è il lato di una medaglia, c’è anche chi ha guardato l’altro lato, quello oscuro, di internet. Ed è stato l’intellettuale bielorusso Evgeny Morozov che nel suo recente saggio “The net delusion: the dark side of internet freedom” (trad. La net-delusione: il lato oscuro della libertà di internet) critica aspramente le potenzialità democratiche della rete, che troppo spesso si trasformano in censura.
Secondo lui, il web può essere uno strumento di mobilitazione collettiva con lo stesso peso con cui può tragicamente divenire uno strumento di controllo sistematico e autoritario.
Un esempio alla luce del giorno è la martellante censura imposta dal regime Repubblica popolare cinese o la censura di internet in Egitto.
Morozov, punta, così a confutare la teoria secondo cui “internet porterà la pace del mondo” additando il passato e facendo una analisi retrospettiva dei nuovi media: anche la stampa, il telegrafo e la radio furono universalmente accolti come dei mezzi attraverso i quali si sarebbe potuto raggiungere più velocemente la libertà individuale e dei popoli, ma alla fine quegli stessi mezzi furono usati dai regimi di tutto il mondo per il loro tornaconto.

Il ruolo di internet nella diffusione delle proteste e delle sollevazioni popolari è, però indiscutibile ma non bisogna, per questo, identificare internet con la rivolta stessa, poiché internet è solo un mezzo, magari un potente mezzo di comunicazione di massa, con cui la protesta riesce a diffondersi più efficacemente, e null’altro!

Tag:Internet, nobel
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Nov 23 2009

Niiu: il primo quotidiano personalizzato d’Europa

Posted by Antonio Troise
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Niiu In tempi in cui c’è una evidente crisi internazionale della stampa stampata a tutto favore dell’informazione online e di crisi del ruolo del giornalista confrontato continuamente con quello del blogger, c’è anche chi ama azzardare e andare controcorrente puntando tutto sulla pagina scritta, ma lo fa in maniera originale.

La sua redazione è in Germania e la testata giornalistica, nata il 16 ottobre 2009 dall’idea di due studenti berlinesi di 23 e 27 anni, Wanja Soren Oberhof e Hendrik Tiedemanne, si chiama Niiu ed ha la prerogativa, sinora unica, di allineare l’informazione ai gusti di ogni singolo lettore, recapitando a casa di ciascuno una edizione personalizzata del giornale, scegliendo gli articoli su una selezione di testate locali, nazionali e internazionali, web compreso. Il costo sarà di 1,20€ per gli studenti e di 1,80€ per gli altri (per dare un metro di paragone, un giornale di stampo classico come Bild costa 0,60€, mentre il Tagesspiegel costa 0.95€).

Un esempio d’oltreoceano

Questa inaspettata sinergia tra carta stampata e web, l’abbiamo già ritrovata, se ricordate, ad inizio di quest’anno, quando negli USA è nato The Printed Blog, un giornale gratuito stampato su carta (sei pagine a colori confezionate da una redazione ridotta all’osso), distribuito nelle principali città americane (Chicago, San Francisco, New York), che in grado di aggregare i migliori contenuti locali pubblicati online su blog e social network, secondo il classico modello del crowdsourcing.

La rivoluzione di Niiu

Ma a differenza di The Printed Blog, è stata messa in atto una altra piccola rivoluzione che trasforma il lettore, passivo per natura, in un particolare editore, con un ruolo attivo di merge delle informazioni. Concepito per attirare i giovani alla lettura dei quotidiani, il concetto editoriale su cui Niiu si basa è altamente innovativo, poiché ciascun lettore potrà costruirsi il proprio Niiu, in base alle preferenze segnalate in fase di sottoscrizione sul sito web del giornale, ed è in grado di integrare gli articoli tradizionali (di testate giornalistiche classiche) con contenuti provenienti da blog, reti sociali e RSS feed, magari condito con giochi, andamento delle azioni in borsa e meteo della propria città, il tutto stampato in versione individuale su carta, con una foliazione diversificata, da 8 a 60 pagine, a scelta dei lettori (anche in base al giorno: per esempio otto pagine il lunedì, ma 60 pagine il venerdì). Gli articoli, in lingua inglese e tedesca, possono essere scelti da circa 500 testate con cui sarebbero stati stretti degli accordi.

Le aspettative

Secondo la tesi dei loro ideatori, molti giovani ‘’sono stanchi di informarsi su internet e sono pronti a pagare per un giornale di loro gradimento’’. L’ obbiettivo è quello di raggiungere il traguardo delle 5.000 copie in sei mesi a Berlino e il vantaggio, oltre che per la nuova generazione di lettori, sarà anche per gli inserzionisti perché avranno il vantaggio unico di fare pubblicità estremamente mirata e toccare dei segmenti di consumatori molto precisi.

Ora non resta che rimanere in attesa e vedere se questo esperimento avrà successo e magari chissà se anche noi potremo usufruire di questo nuovo modello di informazione.

Tag:blog-power, giornali, informazione, Internet, stampa, web, Web 2.0
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Lug 24 2009

Riflessioni sulla innovazione tecnologica e la convergenza mediale

Posted by Antonio Troise
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Cosa rende un prodotto tecnologico maggiormente appettibile rispetto ad un altro? Non è facile rispondere alla domanda, perchè il risultato dell’equazione altro non è che un mix tra la possibilità di offrire maggiori caratteristiche rispetto ad un altro prodotto, a come questo si presenta al pubblico in modo da risultare più trendy e di tendenza. Al giorno d’oggi l’innovazione tecnologica è in grado di regalarci nuove possibilità e la sfida, ora, non è più quello di offrire di più a meno, ma è quella di offrire meno a più, ma includendovi, anche, una esperienza d’uso maggiore rispetto al passato. Mi spiego meglio: grazie alla evoluzione della tecnologia è facile, oramai, veicolare a costi sempre più ridotti più servizi su una stessa infrastruttura. E’ in questo caso che si parla della famosa “convergenza” che, inesorabilmente, porta all’equazione più servizi e prodotti a prezzi ridotti. Basti pensare a tutte le offerte “triple” e “quad-play”, IPTV compresa, in grado di attuare la convergenza voce-internet, vale a dire l’offerta congiunta di voce, dati, video e telefonia mobile in un solo servizio (gli analisti tendono a chiamarla anche “convergenza multimediale su IP“) Qualcosa che fino a qualche anno fa era impensabile! Lo stesso si può dire per il digitale terrestre (DTT) che, all’insegna della convergenza fra tlc, multimedia e broadcasting, è in grado di contenere i costi, aumentare i servizi e garantire elevate performance (almeno teoricamente).

La visione di Negroponte

Il primo grande teorico che per primo affrontò il tema della convergenza nell’ambito della multimedialità (era il lontano 1979), è stato Nicholas Negroponte che dettò le 5 Leggi fondamentali che regolano la convergenza, vista come mix tra telecomunicazioni, informatica e media sulla base della tecnologia digitale:

  1. tutte le informazioni possono essere convertite in forma digitale e soggette alla convergenza
  2. la convergenza è la base della multimedialità ed elimina la distinzione fra i mezzi di comunicazione
  3. la natura stessa della convergenza rende obsoleta in partenza l’imposizione di qualsiasi regola artificiale
  4. la convergenza ha le sue proprie regole naturali
  5. la convergenza è indipendente dai confini dello Stato.
La trasformazione del consumatore

Ma quello che non tutti sanno è che a favorire la cultura convergente è stata fondamentale la trasformazione che ha vissuto, e sta tuttora vivendo, la
figura del consumatore. Infatti, esso non è più visto come uno spettatore passivo ma è uno strumento attivo, critico ed estremamente sociale, sempre alla ricerca di modi nuovi per interagire e disposto anche a migrare su un nuovo media pur di ottenere ciò che cerca. Queste sue nuove proprietà hanno permesso il successo di siti come Facebook, Twitter e Flickr, ma hanno anche mutato il rapporto che l’uomo ha con la tecnologia.

La fusione tra il vecchio e il nuovo

Un altro aspetto molto importante della convergenza mediale, è stato che il lungo processo che ha portato a questo nuovo status della tecnologia, non ha precluso i vecchi media, ma li ha semplicemente fusi insieme ai nuovi, in modo da creare un nuovo flusso informativo in grado di creare contenuti transmediali innovativi. In definitiva, non esiste più il concetto di media associato ad una sola ed esclusiva funzione (la televisione, la radio, il telefono sono strumenti con un solo scopo unidirezionale) ma esiste un unico grande flusso informativo e mediatico in grado di svolgere più funzioni contemporaneamente. Pensate ad esempio quando volete chiamare un amico: per farlo potere usare il caro vecchio telefono su doppino telefonico, oppure il vostro cellulare su rete GSM/EDGE/UMTS, oppure dalla vostra linea digitale con il vostro telefono VOIP, o magari con Skype. Ma questi stessi strumenti possono effettuare, oltre alla telefonate, anche decine di altre funzionalità: pensate ad un telefono come l’iPhone.

Lo stesso Nicholas Negroponte, nel suo bestseller del 1990 “Essere digitali”, tracciava una netta distinzione tra “i vecchi media passivi” e “i nuovi media interattivi”, prevedendo che a breve queste due tipologie si sarebbero separate nettamente. Evidentemente nulla lasciava presagire, invece, nemmeno ad un visionario come Negroponte (ricordiamo che è stato uno sostenitore dell’ambizioso progetto umanitario OLPC – One Laptop per Child), che si sarebbero fusi insieme!

I vantaggi per il consumatore e per l’industria

Tutto questo, ovviamente, se a prima vista è un innegabile vantaggio per il consumatore finale, lo è sicuramente meno per tutto il comparto dell’offerta che vedrà, all’improvviso, il suo potenziale valore nettamente diminuito. Ma il trucco sta nell’offrire di più, facendolo pagare di meno in modo da assicurarsi una maggiore fetta di mercato in modo che il maggior numero di clienti possa riequilibrare le perdite che se si fosse adattato il vecchio metodo di proporre servizi e tecnologie diverse e separate.
E il vantaggio è sotto gli occhi di tutti: prestazioni migliori, costi decrescenti e una percezione di maggiore valore in un prodotto/servizio derivante dall’aggregazione più valori.

L’offerta sul mercato di tutto questo valore aggiunto è frutto della innovazione tecnologica e della convergenza mediale e, nonostante lo stiamo continuamente vivendo, è un fenomeno invisibile a più, ma che procede inesorabile verso mete di integrazione ancora difficili da immaginare.

Tag:convergenza, cultura, dtt, evoluzione, Internet, iptv, Tecnologia
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Feb 24 2009

Wired Italia Vs BlogMagazine: due riviste a confronto su copertine, grafica, contenuti e quantità di pubblicità presente

Posted by Antonio Troise
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Oggi vi propongo una curiosa comparazione tra due riviste che sono uscite col loro primo numero quasi contemporaneamente: Wired Italia (19 Febbraio 2009) e BlogMagazine (23 Febbraio 2009). La prima, altro non è che la versione italiana della oramai famosa e blasonata Wired americana, la più nota rivista di tecnologia al mondo. La seconda, è, invece, stata partorita dalla fervida e ambiziosa mente di Giuliano Ambrosio autore di Julius Design. Se Wired Italia ha il gravoso compito di portare una voce nuova nel panorama IT italiano fornendo nuove chiavi di lettura nel mondo dell’innovazione e proponendo contenuti che ricalcano l’impostazione di quelli della testata madre americana, adattati comunque alla realtà italiana, BlogMagazine ha, invece, l’onorevole compito di dare voce a tutti gli autori della blogosfera italiana, famosi e non, senza distinzione di sorta se non per la qualità dei contenuti che offrono, candidandosi di fatto a divenire una rivista fatta dai blogger per i blogger!

Presentazione e versioni delle due riviste

Se la rivista di Wired Italia è stata presentata a Milano insieme ad altri blogger per sentire il loro punto di vista, anche BlogMagazine ha avuto il suo momento di celebrità con la presentazione alla FNAC di Torino.

Ma, mentre Wired Italia, è una rivista principalmente cartacea che, però, trova una suo corrispettivo virtuale sul suo sito ufficiale, BlogMagazine, essendo un esperimento di editoria virtuale, che nasce sul web e vive sul web, è principalmente una rivista elettronica fruibile in modalità sfogliabile (2 pagine per volta) in Flash e scaricabile in formato PDF per chi volesse consultarla offline o, magari, per i più arditi, stamparla.

Confronto tra le due copertine

Curioso come entrambe le riviste, per la loro copertina, abbiano optato, oltre ad una scelta di colori molto simile, principalmente in bianco e nero con qualche tocco e sfumatura di blu, anche due personaggi di spicco in base al target e agli obiettivi che si prefiggevano. Wired Italia ha scelto Rita Levi Montalcini: molti hanno criticato questa scelta, ma io credo che abbiano voluto mettere qualcuno che, a furor di popolo, fosse riconosciuta come una mente eccelsa ma con grande classe e stile, proprio quello che si prefigge la rivista che spera di ricalcare il successo editoriale della testata madre americana.

Wired Italia

BlogMagazine, invece, ha scelto qualcuno che fosse noto a tutto il popolo della rete (giovanile e non), e quale personaggio geniale, forse un po’ geek nel suo ambito, ma che avesse carisma da vendere si poteva scegliere se non il Dottor House?

BlogMagazine

In entrambi i casi, però, la scelta è ricaduta su due geni, diversi tra loro ma complementari, proprio come lo sono le due riviste!

Il peso della pubblicità in rapporto al numero delle pagine

Wired Italia costa 4€ mentre BlogMagazine è del tutto gratuita. Ma la cosa più importante, è che la rivista di Wired Italia conta ben 240 pagine di cui ben 80 pagine di pura e fastidiosa pubblicità (le ho contate tutte, pagina più pagina meno, esclusa la pubblicità del copertine), che si infila tra gli articoli interrompendone la continuità visiva e facendo assomigliare la rivista ad una di quelle pubblicazioni da 4 soldi di cui spesso le edicole sono piene. Talvolta ho anche la sensazione che molti articoli altro non siano che pubblicità camuffate, come quella della CANON HF11 a pagina 217 o quello dell’Aspirina C a pagina 236. Gli articoli sono mediamente interessanti, nulla di eccezionale, ma, come al solito (ed è per questo che ho smesso da anni di comprare le riviste in edicola) trovo molto più interessanti e stimolanti le discussioni o gli articoli della blogosfera italiana e internazionale, che, oltre ad essere più aggiornata (come è ovvio che sia) sa anche essere, spesso, molto più profonda.

Di contro BlogMagazine, oltre ad essere del tutto gratuita, conta appena 44 pagine ma con solo 4 pagine di pubblicità (e sono tutti siti di servizi web gratuiti e quindi comunque utili segnalazioni) tutte con un loro spazio a pagina intera ma che non interrompono alcun articolo. Gli articoli sono, anche qui, mediamente interessanti. Nulla di troppo eccezionale, almeno secondo il mio punto di vista che è abituato a leggere e approfondire di tutto sul web, ma ho trovato degno di nota il fatto che sono tutti originali (e quindi richiedono uno sforzo ulteriore per i blogger che li scrivono),rilasciati con licenza Creative Commons e spaziano tra diverse rubriche come Tecnologia, Hi-Tec, SEO, Web, OS, Design, Cinema, Mobile, Console e, perché no, Gossip. Insomma un po’ quello che si ritrova quotidianamente se si gira nella blogosfera italiana!

Confronto tra la grafica delle due riviste

Per quando riguarda la grafica, nonostante BlogMagazine abbia un project design ancora in beta (l’impaginazione è stata fatta con Adobe inDesign), l’ho comunque trovata accattivante e interessante. La stessa cosa devo dire per la rivista cartacea Wired, ma credo che a rovinare la resa grafica sia la onniprensente pubblicità che rende lo stampo editoriale un pochino confuso. Spesso mi è capitato di domandarmi se la pagina seguente era il proseguimento dell’articolo o una pagina pubblicitaria, tanto erano simili nell’impaginazione, nei font, nei colori e nella grafica generale: so che tutto ciò è stato fatto apposta (un po’ come si usa con gli Adsense di Google) ma devo dire che alla lunga risulta fastidioso.

Conclusioni

Di queste comparazioni, sono rimasto davvero impressionato dai numeri sulla pubblicità: su Wired Italia, il 33% esatto delle pagine è costituito da pubblicità (80 su 240), mentre su BlogMagazine, solo il 9% delle pagine (4 su 44) è dedicato alle sponsorizzazione (francamente non so neanche se è pagante). E’ vero che Wired Italia deve assorbire tutti i numerosi costi della distribuzione capillare in Italia (il primo numero ha avuto una tiratura speciale di 250mila copie), pagare fior fiore di giornalisti e curare al dettaglio la grafica della rivista, è vero che il costo di 4€ non è tra i più alti, è anche vero che facendo un abbonamento biennale si risparmia oltre l’80% (24 numeri a 19€), ma è anche vero che ho fatto molta fatica a leggere l’ingombrante rivista.

In definitiva, sicuramente BlogMagazine continuerò a seguirlo: è gratuito, facilmente reperibile su internet (e magari consultabile anche dal mio iPod Touch) e spero che migliori sempre di più. Altrettanto non posso dire di Wired Italia: forse gli darò una seconda opportunità col secondo numero, anche se devo ammettere che trovo più facile leggere una pubblicazione in PDF, anche voluminosa, piuttosto che una cartacea (se si esclude il gusto di leggere un bel libro).

Cosa ne pensano i blogger di Wired Italia

Questo era il mio punto di vista. Ma ecco cosa ne pensano alcuni blogger italiani della rivista Wired Italia (BlogMagazine è stata annunciata al grande pubblico ieri 23 Febbraio e quindi non ho trovato molte testimonianze in rete).

Andrea Beggi

[…] anche se non dice nulla di nuovo per coloro che bazzicano da queste parti da un po’.
Ma più di tutto mi ha fatto riflettere il fatto che sia il primo giornale di carta che compro da, boh, saranno 2 anni. Leggere riviste su carta è scomodo, sono troppo grosse per il letto e ormai il tempo in bagno lo uso per tenermi in pari con i feed. E poi mancano i link da cliccare.

Marco Mazzei:

Ma a parte questo, e a parte un certo fastidio per il richiamo a quel giornale più che mitico, Wired Italia non mi convince soprattutto perché dopo averlo sfogliato e letto mi si è materializzato un enorme punto di domanda sulla testa: e quindi? Che cosa mi vuoi dire?
Ma su tutto: questa sensazione di eccesso. Troppe cose, troppo confuse, molto rumore e pochissimo segnale. Aspetto con simpatia il prossimo numero.

Dario Salvelli

Mi aspetto poi tanto e di più dal sito web che in fin dei conti esteticamente non è malaccio ma deve proporre contenuti originali e validi […] Inoltre, negli articoli del sito non ci sono link verso l’esterno: Wired non può fare come Il Corriere e La Repubblica.

Vikkor

240 coloratissime patinatissime pagine imbottite di pubblicità; euro 4

Napolux (da un commento):

Comunque a me Wired Italia puzza di buco nell’acqua, e non da oggi. Come fai a lanciare una rivista tecnologica nel 2009 ancora su carta?

UPDATE: Ho letto una critica a Wired di un blogger di Fantascienza.com… gli ultimi numeri della rivista non li ho più comprati e comunque vedo che per molti è ancora una grande occasione fallita. Un altro punto di vista.

Tag:Blog, blog-power, blogger, blogosfera, copertine, flash, giornali, giornalisti, grafica, Internet, PDF, stampa
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Dic 11 2008

Gli influencer del Web: chi sono e come agiscono. Quando le aziende studiano come conquistare chi influenza le decisioni del popolo della rete

Posted by Antonio Troise
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Forse non tutti sanno che sul Web il 90% dei contenuti online, articoli, commenti, video e fotografie di ogni social media, è creato da non più del 10% degli utenti internet. E sono proprio queste persone che hanno la capacità di riuscire ad influenzare le comunità online in modo da riuscire ad indirizzarle, più o meno coscientemente, verso una decisione o un acquisto e anche, perché no, l’elezione di un presidente degli Stati Uniti (tanto che Obama ha raggiunto il record di un miliardo di dollari in rete, di cui 150 milioni di dollari con singole donazioni di 100 dollari dal suo sito).
Come già ricordato in un mio articolo sul blog power, le aziende che guardano al webmarketing stanno iniziando a riconoscere e ad interpretare questa realtà, tanto che sono continuamente alla ricerca degli influencer, che rappresentano, di fatto, la chiave di volta per dialogare con successo con la Rete. Infatti, gli influencer possono determinare il successo di un prodotto o di un servizio, ma anche il suo fallimento. E’ per questo che le società devono considerarli un asset strategico, visto che possono essere i promotori naturali di una azienda o i critici più credibili.

Lo studio della Rubicon Consulting

Un recente studio della americana Rubicon Consulting ha tracciato il profilo degli influencer, tentando di carpirne i segreti, la loro diffusione, gli spazi dove agiscono (le comunità online) e le modalità con cui comunicano e propagano i loro messaggi. Al termine della sua indagine, è così riuscita a identificare 5 macro gruppi di comunità, in funzione delle caratteristiche degli utenti:

  1. VICINANZA: Meetup, creazione di gruppi fisici
  2. ATTIVITA’ IN COMUNE: Wikipedia, enciclopedia online
  3. CONDIVISIONE DEGLI STESSI INTERESSI: Youtube, video online per categorie
  4. COMPETENZA: social network professionali
  5. CONNESSIONI: Facebook, MySpace, SecondLife, tutti social network costruiti su ogni tipo di connessione tra persone

Un’altra rappresentazione, più visiva, che mostra gli influencer nei social network è possibile trovarla qui, dove, però, li si dividono in 4 macro aree:

Influencer
Analisi

Le comunità online originate dalle connessioni, come Facebook, sono, come è facile immaginare, le più frequentate (circa il 25% degli utenti internet) e le più importanti per i giovani sotto i 20 anni. Quindi, seguono, con il circa il 20% degli utenti internet, le comunità nate con attività in comune e condivisione di interessi.

I contenuti degli influencer sono in prevalenza:

  • Video (94%)
  • Articolo sul blog personale (92%)
  • Recensione (89%)
  • Una domanda (87%)
  • Una risposta (83%)
  • Foto (77%)
  • Commento (76%)
  • Aggiornamento propria area in un social network (75%)
Chi è l’influencer

Inoltre, se è vero che gli influencer possono determinare il successo di un prodotto o di un servizio, è anche vero che la loro influenza varia da settore a settore: mentre circa il 60% dei navigatori acquista un prodotto di elettronica di consumo seguendo i suggerimenti letti, solo il 18% sceglie un meccanico per la propria macchina. E’ elevata comunque la percentuale di coloro che decidono in base alle informazioni in rete: il 52% la vacanza, il 48% il film da vedere, il 41% la nuova auto e il prossimo lavoro, il 38% il ristorante.

Ma come si distingue un influencer? Di solito, un influencer, pubblica un contenuto in Rete più di una volta al giorno, e metà di loro ha meno di 22 anni e solo l’8% ha più di 50 anni. Il 40% sono studenti, mentre il 60% sono in prevalenza uomini, ma anche le donne hanno la loro influenza, tanto che il 78% delle mamme blogger negli Stati Uniti, da un giudizio sui prodotti per bambini e il 96% di tutte le mamme online considera con attenzione i loro consigli.

Epilogo

Quel che è certo è che l’opinione degli influencer è (almeno in teoria) indipendente e non una merce in vendita, tanto che l’unica arma delle aziende è quella di informare correttamente gli influencer, ascoltarli e dotarli di strumenti comparativi del proprio prodotto o servizio.
Quindi, in definitiva, l’investimento più importante è nella qualità della relazione con gli influencer!

Altre riferimenti

Per maggiori informazioni potete andare direttamente sulla pagina che dello studio della Rubin Consulting: Online Communities and Their Impact on Business che è stato diviso in 3 sezioni:

  1. Part One: How online community works
  2. Part Two: Leading Web Destinations and Community
  3. Part Three: Web Community and Social Life

Oppure potete scaricare direttamente il PDF del report completo.

Sotto il tag blog-power, infine, trovate alcuni miei articoli che parlano di marketing, web e blog.

Tag:blog-power, facebook, Internet, marketing, Obama, web, Web 2.0
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