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Dal 2004 il blog di Antonio Troise

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Feb 2 2009

Google in tilt per 55 minuti in tutto il mondo per un semplice errore umano. Considerazioni sul ruolo di Google e di StopBadware.org

Posted by Antonio Troise
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Sabato 31 Gennaio 2008, per la prima volta, Google ha commesso un piccolo semplice errore che ha coinvolto le ricerche sul web di tutto il mondo per ben 55 minuti: una eternità, considerando che Google gestisce oltre il 70% delle ricerche in rete con un database di oltre 8 miliardi di pagine web indicizzate, e considerando anche che per molti Google è sinonimo unico di motore di ricerca, nomina che si è guadagnato nel tempo grazie alla sua efficienza nelle ricercare le informazioni. Ho ripescato apposta questa definizione di Zeus News sul motore di ricerca più famoso al mondo risalente al 2005, che fa comprendere quanto è importante Google per tutti noi:

“Google è il più grande motore di ricerca del Web ma è anche una potenza economica, uno dei marchi più conosciuti, una forma culturale universale che rappresenta per la nostra generazione della Galassia Internet quello che può aver rappresentato l’Encyclopédie di Diderot per l’Illuminismo.”

Dopo questa altisonante affermazione, capirete come 55 minuti di black-out informativo possano incidere molto sul buon nome della società di Mountain View (qui le spiegazioni di Google e qui di StopBadware.org). E poco importa che Google non sia l’unico motore di ricerca, che esistano alternative forse altrettanto efficaci o comunque certamente in grado di sostituirlo per un breve periodo. Come, infatti, afferma Punto Informatico, questo episodio è stato

… capace di segnalare gli straordinari imbambolamenti di una generazione che senza Google si ritrova improvvisamente perduta.

La mia esperienza

Personalmente, verso le 15:45 mi è capitato di vedere questo messaggio di errore: ero a casa di mio fratello quando mi ha chiamato segnalandomi il problema con qualsiasi ricerca effettuasse, sia dal proprio Macbook che dall’iPod Touch. Dopo qualche attimo di confusione, in cui ho pensato a qualche problema di Google (idea subito scartata perché così esteso era assai improbabile), abbiamo così pensato ad un problema con il modem. Il caso ha voluto che dopo averlo spento e riacceso il problema non si era più ripresentato, relegando il problema ad una curiosa anomalia di Google ma circoscritta al nostro indirizzo ip dinamico. E’ stato solo il giorno dopo che ho letto che il problema aveva una portata planetaria e ho cominciato a riflettere sul fatto che anche io ero stato incredulo sul fatto che un tale problema potesse accadere in tutto il mondo e che potesse coinvolgere addirittura Google!

Google Panic
Il problema

C’è, però, chi si rasserena pensando che i danni potevano essere ben più gravi se non fosse stato un sabato quando la maggior parte degli uffici erano chiusi (sulla costa Pacifica e in Asia, per esempio, per via del fuso orario, le reazioni sono state meno evidenti). Ma il bello è che Google apparentemente funzionava come tutti gli altri giorni, ma, nel periodo di interruzione, quando gli utenti tentavano di eseguire una qualsiasi ricerca, in Italia e nel resto del mondo, tutti i risultati venivano indicati come potenzialmente dannosi. E se anche si decideva di proseguire comunque, l’utente veniva indirizzato ad una pagina che lo invitata a riprovare in un secondo momento perché il sito poteva presentare dei malware dannosi per il computer, impedendo di fatto di aprire il sito in questione. L’unico modo per raggiungere la pagina desiderata era quello di copiare manualmente l’url sulla barra degli indirizzi del browser o, più banalmente, aprendo il motore di ricerca concorrente Yahoo! (sarebbe interessante valutare il suo picco di accessi in quella pazza ora).

Il ruolo di Stopbadware.org è legittimo?

A questo punto verrebbe spontaneo chiedersi se tutti noi siamo Google-Dipendenti e se il ruolo di StopBadware.org, una iniziativa no-profit di due centri universitari per lo studio di Internet (Harvard e Oxford) e di una associazione di consumatori americana per combattere il “Badware” (ovvero l’insieme di Spyware, Malware e Adware), sia legittima. Già nel 2006, in un mio articolo, mi chiesi se era giusto dare a Google la possibilità di filtrare i siti che lui riteneva pericolosi e fonte di malware. E la domanda risulta oggi più che mai attuale dopo gli avvenimenti dello scorso Gennaio, considerando anche il fatto che la maggior parte dei malware e virus contenuti in quei siti agiscono sui sistemi Windows, mentre chi naviga con Linux o Mac OS X non soffre di questi problemi.

Una fama di efficienza assoluta distrutta in soli 55 minuti

E se anni di onorato ininterrotto servizio grazie alle eccezionale ridondanze dei datacenter di Mountain View hanno contribuito a fornire a Google un alone di fama epica, un semplice errore umano di un dipendente di Google (magari insonnolito dato che in California erano le 6 del mattino) che ha digitato uno “\” (backslash, che dovrebbe stare ad indicare tutti i siti internet) di troppo nella lista di siti internet da bannare (che solitamente viene inserita a mano), ha contribuito a ricordare a tutto il mondo che noi siamo dipendenti da Google e che senza saremmo, almeno momentaneamente, persi (dato che le alternative, molto spesso non sono altrettanto efficienti nelle serp, confermando di fatto la nostra google-dipendenza a livello planetario)!

55 minuti (in realtà secondo Google il tempo effettivo era di 40 minuti dato che il back-out non è stato continuo), duranti i quali un’ondata di sconforto, di confusione e, in rari casi, anche di panico, sui blog della rete ha attraversato l’Atlantico ed è arrivata in Europa. E i navigatori, con l’ausilio di tutti i social network che la rete poteva mettere loro a disposizione (tra i servizi di microblogging twitter è stato il re incontrastato), si sono scambiati milioni di messaggi preoccupati (più volte aleggiavano teorie cospiratorie alla stregua di questa) e opinioni. Quella che era la porta di accesso alla rete per antonomasia era diventata improvvisamente inutile, aprendo uno scenario inimmaginabile per chi usa internet: un mondo senza Google!

Tag:badware, Google, malware, spyware, twitt, virus
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Gen 28 2009

Cronaca di una morte annunciata… dal declino di Microsoft all’ascesa di Apple: il mio punto di vista

Posted by Antonio Troise
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Oggi ho letto una intervista al programmatore e saggista Paul Graham che, ha messo in luce alcuni argomenti interessanti sul rapporto con Microsoft. C’è da dire che queste valutazioni sono sicuramente di parte, dato che Paul è un utilizzatore dei prodotti della Mela da diversi anni, ma non per questo alcune sue speculazioni, non mi hanno fatto riflettere.

Il primo punto interessante è stata l’affermazione, per molti scontata, che:

Microsoft abbia perso rilevanza nel corso degli anni. Perché ha perso smalto e appeal, oltre che mercato. Una volta, dice Graham, era il Mac il computer da regalare ai nonni, perché le piattaforme “toste” erano altre. Oggi è Windows, mentre ancora più di Linux è il Mac ad avere la piattaforma più “sexy” e intrigante per chi voglia usarla creativamente e al 100%, sia in ambito professionale che in ambito softwaristico.

In effetti, quando ero ancora studente, l‘unico punto di riferimento per noi giovani programmatori ed elettronici era il mondo Microsoft, con il suo DOS e il suo Windows 3.11/Windows 95. Francamente avevo solo lontanamente sentito parlare di un altro mondo come quello Apple, ma nessuno dei miei amici, conoscenti o professore ne parlava mai.
Oggi, sembra, invece, che la cosa si sia capovolta: tutti hanno un PC Windows, con i suoi pregi e difetti, mentre adesso il vero status symbol cui fregiarsi è possedere un Mac o un iPhone. Sia perché sono prodotti “più costosi” della norma dei PC o dei telefonini, sia perché in effetti sono oramai universalmente riconosciuti come prodotti differenti, stabili e più potenti, oltre che avere un design elegante e inconfondibile.

Il secondo punto è:

Microsoft è morta nel 2005, più o meno. L’anno dopo la quotazione di Google, avvenuta nell’agosto 2005, piuttosto invece quando l’azienda di Mountain View ha lanciato Gmail come servizio totale. A ucciderla è stato l’inizio del cloud computing, cioè dei servizi attraverso il web che hanno reso indifferente l’uso di questo piuttosto che di quell’altro tipo di computer, basta che abbia un browser compatibile. Il desktop di Microsoft è morto per colpa di Ajax, la tecnologia delle pagine web 2.0, che per ironia della sorte sono in parte state create proprio da Microsoft dato che la X di Ajax è il XMLHttpRequest che permette di far funzionare la pagina come una vera e propria applicazione dal punto di vista della comunicazione con il server e che venne creato da Microsoft per avere una versione web di Outlook che funzionasse come quella applicativa da installare.

Su questo punto penso si potrebbe discutere per ore: oramai molte applicazioni che prima erano solo desktop, si sono spostate sul web, con la nascita della famosa Era del Web 2.0. Si può fare tutto sul web, dalla piattaforma di Office (Google Docs) a Photoshop (Adobe Photoshop Express) e decine di aziende hanno costruito e stanno costruendo la loro infrastruttura IT (comprensiva di server, programmi per la gestione, posta elettronica aziendale) in completo outsourcing facendo mashups di applicazioni e servizi offerti via Internet con la modalità d’uso Web 2.0 che prevede zero installazioni e zero server in azienda.
Ovviamente il Web 2.0 si è potuto evolvere solo perché la banda larga ha iniziato a prendere piede in tutto il mondo e ne è stata quindi la sua naturale evoluzioni tecnologica.

L’ultimo punto, infine, tratta argomenti fin troppo opinabili:

“Sono felice che Microsoft sia morta”, continua Graham. “Era come Nerone o Commodo: un tiranno malvagio nel modo in cui lo possono essere solo quelli che ereditano il potere. Perché bisogna ricordarsi che il monopolio di Microsoft non è cominciato con Microsoft. L’ha ottenuto invece da Ibm. Il mondo del software per le aziende è stato un monopolio a partire dagli anni cinquanta fino al 2005. Praticamente per tutta la sua esistenza. Uno dei motivi per cui il web 2.0 ha così tanta euforia dietro a sé è che per la prima volta, consciamente o no, si capisce che potrebbe finalmente essere finita questa epoca del monopolio“.

Riflessioni personali

In definitiva, non credo che Microsoft sia morta, ma forse è rimasta per troppo tempo ferma, crogiolandosi sui successi del passato. Forse ha saputo investire male le sue ricerche, forse ha a capo una classe dirigenziale non all’altezza, forse credeva di possedere il monopolio ma poi lo ha perso per troppa sicumera. Resta il fatto che Microsoft sta assistendo ad una involuzione dell’utente medio che ora guarda altrove, alle alternative, tanto da lasciare il mondo di Windows e affini come l’ultima spiaggia sui cui approdare.

Io non ho nulla contro l’azienda di Bill Gates, per anni l’ho seguita e ammirata (ricordo quando lessi tutto di un fiato il libro di Bill Gates “La strada che porta a domani“), ho programmato sulla sua piattaforma a partire dal atavico Visual Basic 4, ho usato con soddisfazione Windows 2000 e, un po’ meno, Windows XP, ho installato a tutti i miei amici e colleghi tutte le patch per far funzionare a dovere il sistema operativo di casa Redmond (le portavo sempre con me sui floppy disk), ma ad un certo punto è stato naturale cambiare, guardare al di là, perché notavo una sorta di staticità nel mondo Microsoft. Qualche anno fa avevo intenzione di programmare per la piattaforma Windows Mobile, ma alla fine ho desistito in quanto non vi era una soluzione univoca. Windows .NET rendeva le mie applicazioni sempre più complesse e incompatibili con le vecchie versioni realizzate. Windows Vista imponeva limiti e restrizioni inutili e quanto mai pesanti.

Passare ad Apple è stata una prova, e sono passato dal Macbook Pro all’iPod Touch: una scelta migliore dopo l’altra che mi lasciano quella sensazione di poter sempre contare su un futuro migliore. Ho iniziato a programmare per l’iPhone con l’SDK che mette a disposizione gratuitamente la Apple e tutto risulta chiaro e delineato (unico scoglio imparare bene Objective-C e Cocoa Touch), uso il mio portatile come mai ho usato tutti i portatili Asus, Acer, Compaq e Toshiba che ho avuto in precedenza. Molte applicazioni per il mondo Mac sono migliori di tante altre per Windows. Vi è una sorta di organicità e coerenza che rende usare i prodotti della mela un vero piacere. E la semplicità insita in ogni cosa, non è indice di superficialità o carenza.
Proprio ieri ho installato una applicazione per iPhone/iPod Touch di nome Wanted, una applicazione presente in App Store (per ora gratuita) che consente di creare, con pochi semplici passaggi, dei veri e propri manifesti stile “Ricercato” (appunto Wanted) con le foto presenti su iPhone e con la possibilità di aggiungere oggetti come cappelli, baffi, pistole, trecce e stelle da sceriffo. In tre minuti ho scaricato l’app, l’ho aperta, preso una foto, realizzato il mio fotomontaggio, salvata l’immagine, aperto un’altra applicazione gratuita HP Print, che ha rilevato la mia stampante di rete e ha stampato su carta 10×15 il mio wanted personalizzato. Una semplicità disarmante che mi ha colpito. Una semplicità che Apple è riuscita a trasferire anche sui prodotti di terze parti grazie ad un SDK davvero rivoluzionario. Dalla mia esperienza (ma potrei sbagliarmi) non esiste nessun altro prodotto che è in grado di dare una esperienza così concreta e user friendly come quello che possono offrire i prodotti di Cupertino (anche se a volte taluni prodotti dimostrano ancora di seguire qualche ferma ostinazione e i dettami di una semplice convinzione personale di chi li realizza, piuttosto che seguire le richieste degli utenti).

Questa non voleva essere un elogio a Apple, ma una disamina neanche troppo approfondita (sarebbero troppi gli argomenti da trattare e troppo vasti i temi da affrontare), una serie di riflessioni a braccio, sul mondo Apple e Microsoft, partendo da degli spunti di riflessione sulle idee di Paul Graham. Spero di non avervi annoiato.

Tag:Apple, bill-gates, Google, iPhone, microsoft, Web 2.0, Windows
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Gen 9 2009

Un altro modo di usare Google Street View: trovare le location dei film

Posted by Antonio Troise
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Oggi voglio spiegarvi come usare in maniera diversa uno strumento davvero interessante come Google Street View (il servizio di mappe di Mountain View che fornisce una panoramica a 360° gradi delle strade e permette agli utenti di vedere parti di varie città del mondo a livello del terreno), per trovare le location dove sono stati girati i film. Con un esempio pratico corredato di foto, vedrete come sia facile trovare esattamente le stesse vie e case viste durante le riprese di alcune scene dei vostri film preferiti.

Lo spunto

Ieri sera ho visto il film Imbattibile (Invincible) che racconta la vera storia di Vincent Papale. Francamente non sapevo che la storia si ispirasse a fatti realmente accaduti ed è stato solo alla fine, durante i titoli di coda, in cui si facevano vedere foto e spezzoni di filmati del vero Vincent Papale, che ho iniziato a googlare un po’ per capire chi fosse. Ebbene, il film è molto attinente alla storia e narra la vicenda singolare di questo giocatore di football americano che nel 1976 fu selezionato in un provino aperto al pubblico e ingaggiato dalla squadra degli Eagles di Philadelphia quando aveva più di trent’anni e non aveva mai giocato a football a livello professionistico in precedenza, dove trovò presto un posto da titolare, per ben 3 stagioni, giocando 41 su 44 partite, risollevando le sorti di una squadra fino a quel momento in difficoltà (l’ultimo titolo NFL fu vinto solo 18 anni prima).
Insomma, la storia reale sembrava quasi calzare a pennello per un classico film della Disney a lieto fine, e così è stato e nel 2006 è stato realizzato questo film ovazione per un giocatore di football che è rimasto nel cuore di molti tifosi.

L’analisi dei luoghi

Il film si svolge nel luogo di nascita di Papale, a Glenolden in Pennsylvania: sulla pagina di Wikipedia dedicata a questa città (ma accade per quasi tutte le città mappate sulla enciclopedia libera), sono indicate le coordinate geografiche (39°53′56″N 75°17′33″W) che puntano direttamente su GeoHack, un sistema di Wikipedia per geolocalizzare una posizione attraverso la sua longitudine e latitudine, grazie a diversi strumenti: dal NASA World Wind a Google Earth fino ad arrivare a Google Maps grazie al Wikipedia-Layer che punta direttamente alla mappa della città di Glenolden.

Trovare le location dei film su IMDB e Google Maps

A questo punto, siccome l’appetito vien mangiando, ho googlato una stringa tipo “vince papale film location” e il primo risultato è stato quello del più grande database di film al mondo: IMDB. Infatti, qui, oltre a contenere tutti i film realizzati e in corso d’opera e tutti gli attori esistenti, contiene anche le indicazioni, molto precise (laddove possibile fino al numero civico), delle location dove sono stati girati gli interni e gli esterni dei film. In particolare, per il film, Invincible (2006) ho trovato le seguenti location principali:

Franklin Field – 235 S. 33rd Street, University of Pennsylvania, Philadelphia, Pennsylvania, USA
e
Geno’s Steaks – 1219 South 9th Street, Philadelphia, Pennsylvania, USA

A questo punto è stato facile inserire su Google Maps le seguenti vie:

235 S. 33rd Street Philadelphia
e
219 South 9th Street, Philadelphia

per trovare esattamente i luoghi di ripresa del film. Se una visione dall’alto, forse, non potrà dare alcuna indicazione, usando Google Street View, si riesce facilmente a distinguere le location usate. In particolare, accade strabiliantemente per 219 South 9th Street, Philadelphia, dove, andando indietro di un paio di numeri civici, si ritrovano le stesse case a schiera viste nel film. Ecco le foto:

Google Street View Location: 219 South 9th Street, Philadelphia

Google Street View Location

Film Location: 34′ 43”

Film Location

Ovviamente dovete considerare che, nella maggior parte delle volte, non troverete mai coincidere i posti reali con quelli del film, perché ovviamente le scene e i luoghi vengono sempre modificati e, spesso, una buona parte, per ridurre il budget, vengono riprodotte negli interni, ma se vi fate caso, nel film sono state usate proprio queste due case: guardate le porte, la posizione delle finestre, del lucernaio e l’inclinazione delle scale. Cambia solo il numero dei gradini: da 4 diventano 3 (ma l’altezza complessiva è rimasta la stessa). Anche i colori principali sono stati lasciati, con qualche ritocco e uniformità, come quelli dell’originale. Insomma tutto coincide perfettamente e non c’è dubbio che il posto trovato su Google Street View sia proprio quello usato durante la ripresa di Invincible!

Spero, quindi, che questa spiegazione possa essere utile a tutti coloro che, appassionati di cinema e televisione, amano ritrovare le location in cui sono stati girati i propri film e serie tv preferite, senza dover spendere un euro per visitare di persona lontani posti come queste cittadine americane.

Tag:Film, Google, Google Street, mappe, wikipedia
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Gen 7 2009

Come disinstallare il nuovo Picasa 3 per Mac OS X

Posted by Antonio Troise
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Vi starete sicuramente chiedendo come mai ho deciso di fare un articolo su come disinstallare l’atteso Picasa 3 per Mac OS, il programma distribuito gratuitamente da Google che permette di organizzare, migliorare e condividere fotografie, quando tutta internet sta acclamando l’uscita di questo prodotto di indubbia utilità. Semplice: non mi piace e la sua disinstallazione non è così immediata come avviene per il 99% dei prodotti della Mela. Finché ero su Windows, Picasa era il software di gestione degli archivi fotografici per eccellenza, ma ora, che da poco più di anno sono passato al mondo Mac, non mi soddisfa più. Gli ho dato una rapida occhiata e, dato che l’unica caratteristica che mi interessava, come il Face Detection, sarà anche presente sul prossimo iLife 09 (che sicuramente acquisterò), ho deciso che avere due software quasi identici come Picasa e iPhoto sullo stesso PC, non faceva al caso mio.
Sul mio Macbook Pro ho oltre 10.000 foto tutte taggate per persona (certo se avessi saputo che avrebbero introdotto il Face Detection, avrei evitato di associare i tag per ogni componente della mia famiglia!) e devo dire che gestire questo archivio con iPhoto è molto più facile che non usando Picasa. Sarà una questione di abitudine, sarà per come gestisce gli eventi, sarà che l’interfaccia grafica di iPhoto è più accogliente di quella di Picasa (un po’ troppo Unix style per i miei gusti), o sarà che è perfettamente integrato con il sistema operativo, resta il fatto che oggi, dopo un oretta dall’installazione, ho deciso di rimuoverlo.

A descrivere meglio questi mie pensieri vi cito una frase di Mac Blog che riassume alcune idee comuni:

Il motivo per cui Google avrebbe potuto scegliere di sviluppare il software per Mac solo ora, a distanza di molto tempo dalla sua comparsa su Windows e Linux, potrebbe essere a mio avviso molto semplice, ovvero che gli utenti Apple non ne hanno assolutamente il minimo bisogno! Sia chiaro, funziona bene, per quel poco che ho provato, e sarebbe perfetto se solo non esistesse già un’applicazione che copre le funzioni svolte dal programma in maniera ottimale: iPhoto, la cui organizzazione è eccellentemente integrata nell’OS e il cui editing non ha nulla da invidiare a Picasa

Disinstallare completamente Picasa 3 per Mac OS X

Purtroppo, per rimuovere qualsiasi traccia di Picasa, non è sufficiente spostare nel cestino l’applicativo Picasa.app presente sotto /Applications/ e il file com.google.picasa.app presente sotto /Users/antonio/Library/Preferences/ (ovvero, quello che normalmente suggeriscono applicativi come AppZapper)

Picasa AppZapper

bensì, come si legge su Picasa Help nella sezione Installing and Uninstalling occorre:

  1. Aprire il Finder e, nella cartella Applications (o in qualsiasi altra directory si è installato Picasa), spostare nel Cestino il file Picasa.app
  2. Andare nella direvtory /Users/[username}/Library/Application Support/Google/ e spostare nel cestino tutta la directory Picasa 3. Qui, dentro, è presente, tra le altre informazioni, il database logico delle foto (la directory db3) che, con i tag, l’organizzazione in album delle foto e backup delle foto editate, può arrivare ad occupare anche qualche centinaio di megabytes! Se, invece, si intende solo fare il rebuild del database, è sufficiente cancellare solo la cartella db3 e alla successiva riapertura, Picasa rifarà la scansione delle foto.
    Picasa DB
  3. Se si è deciso di far scansionare tutto l’hard disk, invece che fargli visionare in sola lettura il db di iPhoto, è possibile che, in presenza di foto, Picasa 3, salvi un file .picasa.ini nelle relative directory (sistema decisamente invasivo di indicizzare le foto). Per cancellare questi file occorre avere i privilegi di Amministratore e occorre visualizzare i file nascosti su Mac (se non volete lavorare da terminale con i comandi “ls -la” potete scaricare l’applicazione gratuita iVisible 2.0.1 per Mac che abilita/disabilita la visione dei file e delle cartelle nascoste su Mac OS X).
Tag:Google, ilife, iphoto, Mac os x, picasa
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Nov 13 2008

Google Flu Trends: come prevedere i picchi influenzali analizzando le ricerche su Google

Posted by Antonio Troise
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E’ noto che Google è una delle poche società che, in maniera intelligente, riesce ad usare la sua tecnologia per usi non comuni laddove nessun’altra società del web avrebbe mai avuto il coraggio di investire. E’ questo anche il caso dell’ultimo progetto Google Flu Trends, un sito web che ha l’ambizione di voler prevedere i picchi influenzali anche 10 giorni prima rispetto alle autorità sanitarie locali o internazionali. Al momento questo nuovo strumento di Google (nato dall’incrocio tra Google Trends e Google.org, la sezione filantropica del motore di ricerca) si focalizzerà solo negli Stati Uniti, ma non è escluso che presto coinvolgerà tutto il mondo.

Ma come riuscirà nel suo intento se per anni migliaia di ricercatori in tutto il pianeta cercano di prevedere le epidemie influenzali, riuscendo solo a farlo con pochissimi giorni di anticipo? Il metodo è molto semplice e proprio nello “stile google“. Infatti, Google Flu Trends, a detta gli autori, sarà in grado di anticipare l’arrivo delle epidemie stagionali grazie all’analisi delle ricerche su internet effettuate dai milioni di utenti della Rete! Calcolando quanto parole come ‘sintomi influenzali‘, ‘influenza‘, ‘febbre‘, ‘termometro‘ o altri sinonimi vengono inserite come chiave di ricerca sul web, Google Flu Trends potrà sfornare in netto anticipo dati importanti sui picchi influenzali e magari aiutare a contenerne l’entità.

Infatti, scavando nei loro archivi a Mountain View hanno scoperto che con l’approssimarsi dell’influenza la gente cerca sempre di più parole ad essa correlata, sia che si tratti di medicinali da acquistare che di informazioni sulla malattia che di materiale come siringhe.

Google Flu Trends

Oggetto di un articolo in via di pubblicazione su Nature, questa nuova metodologia di ricerca e di previsione pare possa captare il tipo di informazioni richieste dagli utenti della Rete e di trasformarli, in caso siano riconducibili all’influenza, in grafici e mappe che riportano il possibile andamento delle epidemie a livello regionale. Google Flu Trends, inoltre, è in grado di rilevare e predirre anche la crescita o il propagarsi del virus in una certa area visto che può suddividere le ricerche in base alla loro provenienza.

Google, inoltre, ci tiene a precisare che per quanto riguarda il discorso privacy, tutti i dati raccolti saranno trattati come dati anonimi, per nulla riconducibili al singolo utente.

Al momento, nella fase beta di questo progetto ambizioso, Google Flu Trends coprirà solo gli Stati Uniti, ma la compagnia ha intenzione di applicare il nuovo sistema non solo a tutto il mondo, ma anche ad altre malattie, contribuendo agli interventi di prevenzione!

Da come si può vedere dal grafico degli anni precedenti presente sulla pagina di How does this work? del progetto,

Google Flu Trends History Graph

sembra che l’andamento delle ricerche per le parole chiave dell’influenza e i picchi influenzali seguono le stesso trend. C’è quindi da sperare che il progetto possa risultare davvero utile.

Tag:Google, influenza, Internet, privacy, termometro, trend, virus, web
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Ott 22 2008

Con il solo iPhone Apple diventa il terzo produttore di cellulari dopo Nokia e Samsung e App Store raggiunge i 200 milioni di applicativi venduti in soli 102 giorni

Posted by Antonio Troise
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Oggi sono rimasto impressionato dai risultati finanziari della Apple relativi al quarto trimestre 2008 conclusosi il 27 settembre (Q4-2008): Apple è diventata, in termini di fatturato, il terzo produttore mondiale nel campo della telefonia cellulare, dietro a Nokia e Samsung, e seguita da Sony Ericsson, LG, Motorola e RIM. Ma la cosa più straordinaria è che è riuscita a raggiungere questo livello con solo 2 modelli (iPhone 2G e iPhone 3G) in catalogo e, se considerate che tutto questo è avvenuto a soli 15 mesi di distanza dall’ingresso della società sul mercato della telefonia mobile, converrete con me che è davvero strabiliante.

Per capire, però, ancora meglio il successo dell’iPhone dovete considerare che Nokia, leader nel settore, opera nella telefonia mobile dal 1995 con 212 modelli, mentre Samsung ha iniziato nel 2000 con 254 modelli di cellulari!

Ma Apple ha battuto anche RIM, la società che produce Blackberry, la soluzione leader nella telefonia enterprise, che ha dichiarato 6,1 milioni di dispositivi, contro i 6.9 milioni di telefoni prodotti dalla società di Cupertino (in crescita di oltre il 600% rispetto all’anno scorso, quando era in vendita nei soli Stati Uniti), raggiungendo ufficialmente l’obiettivo che si era prefissata lo scorso anno, cioè vendere 10 milioni di telefoni.

Record iPhone

Tutto ciò ha portato Apple ad avere 25 miliardi di dollari di liquidità al sicuro in banca con l’azzeramento dei debiti!

Apple ha più cassa del valore di mercato di Dell e di Microsoft

E pensare che il 6 ottobre 1997, in risposta a una domanda, Michael Dell, fondatore e CEO dell’azienda DELL, rispose che se fosse stato a capo di Apple l’avrebbe chiusa e avrebbe restituito i soldi agli azionisti. Oggi, la capitalizzazione di Apple è di 91,79 miliardi di dollari, ha zero debiti e venticinque miliardi di dollari in cassa. Considerando che la capitalizzazione sul mercato di Dell è al momento di 24,66 miliardi di dollari, ne deriva che teoricamente Apple avrebbe in tasca e immediatamente disponibile la somma necessaria a comprarsi l’intera Dell!
Inoltre, confrontando i dati trimestrali di Apple e Microsoft, in questo momento di crisi economica, si scopre che la società di Cupertino ha più liquidi del colosso di Redmond: Microsoft ha infatti dichiarato liquidità o investimenti a breve termine per 20,7 miliardi di dollari contro i 24,5 miliardi di Apple.
Un’analista di Bernstein Research ha, però, suggerito ad Apple di effettuare un’operazione di buyback, ovvero ricomprare parte delle sue stesse azioni, in modo da ottenere due grandi vantaggi: l’incremento dell “Earning per Share” di una percentuale variabile dal 4% al 9% (in base alla quota di azioni riacquistate) e un significativo risollevamento del titolo in borsa.

Tutto questo risulta sicuramente di grande rilievo la spaventosa quantità di denaro a disposizione della Apple; grazie ad essa Apple potrebbe essere in grado di operare per acquisizioni, investimenti in ricerca, acquisti di materiali e ogni tipo di operazione senza la necessità di ricorrere al mercato dei prestiti, il che in questo particolare momento economico è un fattore di solidità che pochissime altre società al mondo sono in grado di vantare. La stessa Microsoft, ad esempio, se avesse portato a termine l’acquisto di Yahoo sarebbe stata obbligata a ricorrere ad un prestito con il conseguente pagamento di interessi.

App Store a quota 200 milioni

Per finire, si prevede che domani l’App Store avrà venduto la duecentomilionesima applicazione, in appena 102 giorni dal lancio e con circa 5.500 applicazioni differenti, confermando le ipotesi secondo cui l’App Store è l’Eldorado degli sviluppatori e di Apple!
Ora, dopo questi dati, c’è da scomettere che vedremo un fiorire di negozi virtuali: e quindi, dopo che Apple ha tracciato la strada con il suo App Store, ecco nascere l’Android Market per il cellulare made in Google (T-Mobile G1), il BlackBerry App Center (disponibile per gli utenti a partire da marzo 2009), per il telefonino della RIM (in cui ci saranno ricavi del 80% contro il 70% della Apple) e, notizia recente, Skymarket, il nome in codice del marketplace service dedicato a Windows Mobile, nel quale riunire e vendere le oltre 18.000 applicazioni per Windows Mobile prodotte da terze parti e attualmente disponibili sul mercato.

Tag:android, app, app-store, Apple, cellulare, Google, iPhone, iphone-3g, Mobile, nokia
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Ott 14 2008

Come seguire la diretta del Keynote Apple con Site Reloader e lista di tutti i siti che seguono l’evento in live blogging

Posted by Antonio Troise
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Se non potete fare a meno di seguire il Keynote Apple di oggi martedi 14 Ottobre 2008 presso il Town Hall di San Francisco, bombardati dalle decine di rumors e segnalazioni fotografiche di presunti nuovi modelli di Macbook, Macbook Pro e Apple Cinema, allora sicuramente, alle 19:00 di questa sera, sarete tra quelli che resteranno davanti al PC, pronti a cliccare sul tasto refresh del vostro browser. Se volete evitare questa noiosa procedura, laddove i vostri siti preferiti non supportino l’auto-refresh delle pagine che seguono il live dell’Apple Event, allora non potrete di certo fare a meno di Site Reloader (sito simile ma più evoluto di Page Reboot, comunque valido se non si hanno particolari esigenze), una utility web che ci permette di aggiornare una o più pagine web caricate attraverso delle finestre popup, con un intervallo di tempo del reload che va da 5 secondi a 30 minuti (di default è impostato un tempo ragionevole, anche per il live blogging di questa sera, di 30 secondi).

Come funziona Site Reloader

La procedura è molto semplice: andiamo sul sito, inseriamo l’indirizzo del sito a cui siamo interessati e clicchiamo su Add. Quindi, verrà aggiornata in ajax una lista presente sotto il textbox, con l’elenco di tutte le url inserite e il relativo tempo di reload modificabile a piacere. E’ possibile anche eliminare un sito, cliccando sull’icona rossa con la X, e automaticamente verrà chiusa anche la finestra popup relativa. Oppure, molto più semplicemente, chiudere la finestra popup di un sito e, automaticamente, verrà eliminata anche la riga nella lista dei siti di Site Reloader.

Site Reloader

A differenza di altre applicazioni web simili, questo sito sfrutta le Google App Engine e, per poter salvare la lista dei siti da monitorare, occorre loggarsi con un account Google (lo stesso che usate per la vostra Gmail o per uno delle decine di servizi messi a disposizione dal motore di ricerca).

Inoltre, sempre solamente per gli utenti che effettuano il login e che hanno, quindi, potuto salvare la lista dei siti da monitorare, è presente anche la funzione di autocaricamento dei siti salvati sulla nostra lista, appena si aprirà la pagina di Site Reloader. Unica nota: per funzionare correttamente, Site Reloader necessita della disabilitazione (o dell’abilitazioni delle eccezioni) dell’eventuale Popup Blocker presente oramai di default su qualsiasi browser.
In definitiva, Site Reloader è indubbiamente un servizio molto utile per seguire cronache di eventi in diretta.

La lista dei siti che seguono il Keynote Apple

Per finire, ecco una lista di siti, che potrete inserire su Site Reloader, che questa sera, verso le ore 19:00 ora italiana (ore 10 am ora locale) effettueranno il live blogging dell’evento Apple:

  • Engadget (live)
  • Crunchgear (qui il live con le pagine che effettuano il refresh automatico)
  • MacRumorsLive
  • MacWorld (live)
  • Gizmodo
  • The Apple Lounge Live Twitter
  • Melablog
Vantaggi e svantaggi

Il vantaggio di usare servizi web online (piuttosto che applicazioni standalone come plugin per Firefox come ReloadEvery) è, indubbiamente, oltre ad essere indipendenti dalla piattaforma e dai browser usati, anche quello di avere la lista dei siti da monitorare ovunque si sia. Lo svantaggio è che, come spesso accade in eventi mondiali che riscuotono un notevole successo mediatico che, in termini pratici, corrisponde ad un numero elevato di visitatori, è possibile che siti come Site Reloader possano andare offline, come accaduto durante il Keynote Apple del 15 Gennaio 2008 in cui servizi online come Twitter e CoverITLive non hano retto l’intenso traffico che da tutto il mondo transitava sui loro servers, venendo meno l’interessante diretta che stavano realizzando.

Non credo questo possa essere il caso di Site Reloader, nel qual caso dovremmo ricorrere al vecchio metodo del refresh manuale delle pagine internet, oppure, molto più semplicemente, collegandosi ad evento finito bypassando le spasmodiche cronache del Keynote Apple!

Tag:Ajax, Apple, browser, firefox, Google, keynote, liveblogging, macbook
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Set 16 2008

Spostare i data center di Google, Yahoo, Cisco e Microsoft in Islanda dove si trovano in grande quantità freddo ed energia pulita

Posted by Antonio Troise
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Ieri ho scritto un articolo sul sostanzioso inquinamento che producono i data center, tanto che si è calcolato che nel 2020, se non verrà implementata una politica di contenimento dei consumi, le emissioni dei sistemi server supereranno quelle del traffico aereo commerciale. Oggi vorrei completare il discorso parlando di un interessante rapporto della società internazionale di consulenza PricewaterhouseCooper, che ha indicato nell’Islanda il posto ideale dove piazzare i data center dei grandi siti come Google, Yahoo, Cisco, Microsoft e, perché no, anche Facebook e Second Life!

L’isola del gelo e dei geyser

Islanda Il motivo è molto semplice: in Islanda si trovano in grande quantità freddo ed energia. E, siccome i data center, consumano moltissima elettricità, e metà di questa se ne va per il raffreddamento delle macchine, il posto ideale sembra proprio essere l’isola del gelo e dei geyser. Infatti, se da un lato il freddo permanente consentirebbe di ridurre i costi di condizionamento dei locali (le aziende, proprio per abbassare la temperatura delle macchine, spendono cifre molto elevate per il grande consumo di elettricità), dall’altro l’elettricità verrebbe fornita in modo molto economico dai geyser e da fonti assortite di energia geotermica, che è quasi tutta rinnovabile e pulita! E questo è bene non solo per ragioni di immagine ma perché adesso le industrie devono centellinare le emissioni di anidride carbonica.

Islanda al centro del mondo

Ma vi è anche un motivo strategico e logistico di questa scelta: l’Islanda si trova in mezzo all’Atlantico, ben posizionata per connettersi sia con l’America che con l’Europa, offrendo, quindi, a tutti i paesi tecnologicamente avanzati, la stessa possibilità di usufruire dei beni dell’isola e rendendo l’Islanda l’ombelico del mondo della connettività telematica, di Internet e dell’ecommerce.

Benefici e svantaggi

Insomma, se le cose venissero sfruttate come si deve senza depauperare il magnifico ambiente islandese (peraltro è già nato un movimento di protesta ecologista), potrebbe essere un’ottima alternativa per centri nevralgici delle grandi reti mondiali di computer gestite da colossi come Microsoft, Google e Yahoo, per avere energia verde!

Inoltre, se ci si mette che in Islanda l’aliquota fiscale per le imprese è appena del 15%, che crimine e corruzione sono fenomi molto rari e che gli isolani, 300.000 abitanti, come tutti i popoli della Scandinavia, sono da sempre patiti delle nuove tecnologie (tanto che l’isola si è già dotata da tempo di connessioni in fibra ottica con America ed Europa), sembra che vi siano tutti i fattori per realizzare questo ambizioso progetto di outsourcing (esternalizzazione).

Personalmente, però, credo che vi siano altri generi di problemi da considerare e che potrebbero scoraggiare queste grandi società: tra tutti sovrastano i costi nell’imbarcarsi in questa impresa. Pensate che l’Islanda è il paese più caro d’Europa, dato che a parte i prodotti della pesca, della pastorizia o della coltivazione in serra, tutto dev’essere importato e deve ricevuto via mare. Ciò comporta che il costo medio della vita è circa doppio dell’Italia.
Inoltre, un eccesso di investimenti stranieri potrebbe costringere la Banca centrale di Reykjavik, come già sta accadendo oggi, ad intervenire per alzare i tassi di interesse per evitare l’inflazione di prezzi (6,8%) e le bolle speculative assortite, alterando, di fatto, l’economia generale dell’isola.

Insomma, oltre ad aspetti puramente ambientali e climatici, è necessario stare attenti a non sconvolgere il precario equilibrio economico dell’isola!

Tag:cisco, elettricità, energia, facebook, Google, inquinamento, islanda, microsoft, yahoo
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Set 15 2008

Risparmio energetico: quanti Kw consumano un uomo e un avatar di Second Life. Quando anche i siti web inquinano e possibili soluzioni

Posted by Antonio Troise
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L’energia, o meglio la disponibilità di energia, è ormai una condizione necessaria per il benessere dell’uomo. Per saperla gestire al meglio, però, è necessario prima sapere quanto e come viene consumata da ciascun individuo. Se pensate che, prima della Rivoluzione Industriale, tutto il lavoro veniva eseguito dall’uomo esclusivamente con la forza muscolare, è allora possibile calcolare che il lavoro, ad esempio di un manovale, possa equivalere a circa 20-30 Kg di petrolio all’anno. Vale a dire che se si deve impiegare una macchina per far compiere lo stesso tipo di lavoro e la stessa mole di lavoro, considerando un verosimile rendimento del 20%, consumeremmo circa 20-30 Kg di petrolio in un anno.

Dopo la Rivoluzione Industriale, l’introduzione delle macchine ha radicalmente mutato questa situazione. Se un nostro antenato consumava circa 2000 Kcalorie al giorno, oggi un cittadino medio negli USA, con tutte le macchine e i prodotti che ha a disposizione, può consumare, verosimilmente, anche oltre 250.000 Kcalorie al giorno. In altri termini ogni cittadino americano ha a sua disposizione, ogni anno, l’equivalente energetico di 8000 Kg di petrolio!

Come vedere il consumo energitico anche nel web: Facebook e Second Life

Ma il consumo energetico è possibile vederlo anche laddove non ci si immagina di trovarselo: per esempio su una pagina web. Sono, infatti, pochi gli internauti coscienti di inquinare il pianeta per il solo fatto di esistere e ancora meno che sanno di inquinare il doppio grazie al web. Per esempio, dovete sapere che, secondo una statistica di Jesse Chan, i servizi di Facebook, con i suoi 100 milioni di iscritti, consumano ben 56,5 milioni di Kwh e producono 28.600 tonnellate di CO2 all’anno. Ma il problema, non è ovviamente circoscritto a Facebook ma si estende a tutti i siti internet: da MySpace a Google, compreso, ovviamente anche il mio, che altro non è che un tassello piccolissimo di una enorme server-farm mangia corrente.

Per esempio, un avatar (la parola di origine sanscrita che indica la controparte virtuale di un essere umano sul web) del social network Second Life consuma 1.752 Kwh all’anno, mentre un uomo, in media, ne consuma 2.436. Il bello è che una persona di una nazione in via di sviluppo, però, consuma solo 1.015 Kwh, ovvero molto meno di un avatar! Inoltre, per un avatar, consumare 1.752 Kwh significa anche produrre ben 1,17 tonnellate di CO2, in pratica l’equivalente prodotto da un Suv per 2.300 miglia.

C’è, però, chi sarcasticamente ricorda che le 28.600 tonnellate di CO2 prodotte da Facebook in un anno, non sono niente considerando che il pubblico di questo Social Network ne produce migliaia di volte in più solamente respirando!

I Data Center inquineranno come gli aerei

A mettere i brividi sul nostro futuro, ci pensa un rapporto della società McKinsey che ci ricorda che, nel 2020, se non verrà implementata una politica di contenimento dei consumi, le emissioni dei sistemi server supereranno quelle del traffico aereo commerciale e si avvicinerà sempre più a quello marittimo (che è prossimo allo 0,8% del totale mondiale).
La bolletta energetica per alimentare e raffreddare i data center di tutto il mondo supererà fra poco meno di 12 anni gli 11 miliardi di dollari, considerano circa 41 milioni di macchine attive. Al momento l’archiviazione dati e il “funzionamento” del web produce 160 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. Una quota carbonica monumentale che corrisponde allo 0,3% del totale mondiale.

Come indica il rapporto, il motivo principale sta nella bassa efficienza dei data center: i server vengono utilizzati appena al 6% delle capacità, mentre i grossi centri di raccolta dati lavorano al 56% della potenza.

L’iniziativa verde di Google

Ma il fatto più importante è che occorre sensibilizzare questi grandi portali, a comprare solo energie verdi dalle aziende elettriche oppure, magari in un futuro non troppo lontano, producendo energia rinnovabile per i propri server.

Ne è un esempio Google che, con il suo programma verde, ReC (Renewable Energy Cheaper than Coal), ha lanciato una interessante iniziativa per investire in energie rinnovabili a partire dal fotovoltaico, dall’eolico e dal geotermico per poi esplorare nuove soluzioni, con l’obiettivo finale di avere zero emissioni di CO2. Intanto Google ha già iniziato con i piccoli dettagli (che potremmo fare anche tutti noi), come usare lampadine più efficienti e sfruttare la luce solare.

Resa energetica dei pannelli solare e dipingere i tetti di bianco

Intanto, per aiutare il singolo cittadino a risparmiare energia, è venuto in corso anche un interessante sito web, RoofRay, che, basandosi su Google Maps per scegliere la zona dove risiede la propria abitazione, permette, a chi vuole installare un impianto di pannelli solari sul tetto di casa propria, di calcolare quanta sarà la resa energetica nel corso degli anni e se quindi conviene spendere una cifra abbastanza alta (nonostante lo stato italiano dia alcuni contributi) per questo tipo di impianto.

Infine, per risolvere il problema del Global Warming, ovvero del Surriscaldamento Globale, dopo una ricerca condotta presso i Lawrence Berkeley Laboratory, c’è anche chi propone una soluzione a basso costo per cercare di emulare l’azione benefica dei ghiacciai che si stanno inesorabilmente sciogliendo a causa dell’innalzamento della temperatura: colorare di bianco i tetti delle nostre abitazioni, simulando così una calotta glaciale in grado di respingere i raggi del Sole. Hashem Akbari, uno dei fisici impegnati nel progetto, ha dimostrato come mille metri quadrati di “tetto bianco” possano compensare la produzione di ben dieci tonnellate di anidride carbonica.

Tag:avatar, calorie, facebook, Google, inquinamento, Kwh, petrolio, second-life, server
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Lug 16 2008

Arriva WordPress 2.6 con oltre 20 novità: con le revisioni degli articoli e il conteggio delle parole è sempre più vicino ad un CMS

Posted by Antonio Troise
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Con quasi un mese di anticipo sulla data prevista sulla data prevista ieri è uscita la release 2.6 di WordPress il cui nome in codice è “Tyner“, ovvero, come da tradizione, del pianista jazz McCoy Tyner. Le caratteristiche di questa nuova versione di WordPress, come vedremo, tendono a far convergere le funzionalità di blog e cms in un unico strumento di gestione, grazie, per esempio, alla possibilità di tenere traccia delle modifiche di ogni articolo e pagina (revisioni) e al conteggio in tempo reale delle parole di un articolo.

Revisioni WordPress

Ecco tutte le novità:

  1. Gestione versioni Sistema di gestione delle revisioni di articoli e pagine. Una feature molto utile per blog multiautore. Infatti, è possibile vedere le modifiche che avete apportato e quando, a qualsiasi news postata, il tutto attraverso un interfaccia semplice, con la possibilità di ripristinare la versione precedentemente salvata.
  2. Press This! Un bookmarklet per che fornisce un popup intelligente e veloce per pubblicare “al volo” sul proprio blog mentre navighiamo il web.
  3. Google Gears Con questa prima implementazione di Google Gears, molti file del lato amministrativo possono essere mantenuti in una copia locale velocizzando enormemente il passaggio da una funzione all’altra. Supportato da IE e FF e a breve anche da Safari e Opera.
  4. Anteprima e paginazione dei temi Quando si seleziona un tema questi viene presentato in anteprima, con un effetto simile a lightbox, senza dover effettivamente attivarlo, permettendo di verificarne la correttezza prima di renderlo disponibile al pubblico.
    Inoltre, se avete decine di temi installati, ora è stata attivata la paginazione dei temi, ovvero potete vederli suddivisi per pagine (15 alla volta), in modo da velocizzare il caricamento.
  5. Conteggio parole Non si dovrà più tirare ad indovinare di quante parole è composto il nostro articolo..
  6. Didascalia immagine, per poter aggiungere una didascalia alle proprie immagini sullo stile di Political Ticker does.
  7. Gestione di massa dei plugin: ora sono divisi i plugin da attivare da quelli già attivati.
  8. Una completa revisione del controllo immagine per permettere inserimenti, fluttuazioni e ridimensionamenti facili alle proprie immagini. Ora completamente integrato con l’editor WYSIWYG.
  9. Riordinamento delle gallerie tramite Drag-and-drop.
  10. Avviso di aggiornamento plugin tramite bubble in modo da non essere più necessario visualizzare la pagina dei plugin per vedere se sono presenti aggiornamenti.
  11. Avatar standard personalizzabile.
  12. Caricamento di media anche con l’editor in modalità a schermo pieno.
  13. Pubblicazione remota tramite XML-RPC e APP disabilitata di base,ma è possibile riattivarli facilmente tramite la finestra delle impostazioni.
  14. Supporto SSL completo nel codice di WP e possibilità di forzare l’SSL per migliorare la sicurezza.
  15. Possibilità di avere diverse migliaia di pagine o categorie senza problemi di interfaccia.
  16. Possibilità di spostare il file wp-config e la directory wp-content in un posizione personalizzata.
  17. Selezione di un insieme di caselle di spunta tramite l’uso di “shift-clic.”
  18. Possibilità di passare dall’uploader Flash a quello classico.
  19. Una serie di miglioramenti alla sicurezza proattiva, che comprendono i cookie e le interazioni col database.
  20. Versioni migliori e più veloci di TinyMCE, jQuery, e jQuery UI.
  21. La versione 2.6 corregge circa 194 bachi.
Video presentazione di WordPress 2.6

Il team inglese ha anche realizzato un breve filmato di 3 minuti e mezzo di presentazione delle novità di WordPress 2.6:

Note sulla installazione

Due note sulla installazione e configurazione di questa nuova release. A differenza della precedente release i file di localizzazione sono posti dentro la directory wp-content/languages e non più in wp-includes/languages; quindi, se volete, potete anche rimuovere quest’ultima directory.

Inoltre, con questa versione sono state introdotti 3 nuovi parametri per il file wp-config.php che ora definisce una serie di 3 SECRET KEY (prima ne era presente solo una): AUTH_KEY, SECURE_AUTH_KEY e LOGGED_IN_KEY. Per generarle in maniera automatica potete, in generale, fare riferimento a GRC’s Ultra High Security Password Generator oppure, più specificatamente per WordPress, fare riferimento a Secret Key, un tool online messo a disposizione dal team di WordPress.org che genererà un codice analogo a questo:

Download

Per scaricare la nuova versione potete andare nella sezione download del sito ufficiale di WordPress.org (per il futuro, esiste anche un link universale che permette di scaricare l’ultima release disponibile: http://wordpress.org/latest.zip) oppure scaricare la versione localizzata dl team di WordPress-it.it.

Alcuni suggerimenti: le origini di WordPress e la Reference Template Tag

Per i più affezionati a questo strumento per il blogging, consiglio allora la lettura di Evolution of WordPress: B2/Cafelog to WordPress 1.0, che spiega tutti i passi che sono stati necessari per passare dal padre putativo B2/Cafelog alla prima versione stabile di WordPress.

Infine, se volete personalizzare il vostro tema e non volete impazzire nella sezione Template Tag del WordPress.org Codex, allora vi consiglio di leggere WordPress Template Tags Reference Guide, una intuitiva guida realizzata dal team di DBS Interactive che raccoglie in una unica pagina e in macro categorie (come Author, Comments o Permalinks) tutti i tag usati per lo sviluppo dei temi per WordPress, con tanto di esempi.

Tag:avatar, Blog, bookmarklet, Google, password, Plugin, Video, Wordpress
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