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Dal 2004 il blog di Antonio Troise

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Nov 23 2009

Niiu: il primo quotidiano personalizzato d’Europa

Posted by Antonio Troise
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Niiu In tempi in cui c’è una evidente crisi internazionale della stampa stampata a tutto favore dell’informazione online e di crisi del ruolo del giornalista confrontato continuamente con quello del blogger, c’è anche chi ama azzardare e andare controcorrente puntando tutto sulla pagina scritta, ma lo fa in maniera originale.

La sua redazione è in Germania e la testata giornalistica, nata il 16 ottobre 2009 dall’idea di due studenti berlinesi di 23 e 27 anni, Wanja Soren Oberhof e Hendrik Tiedemanne, si chiama Niiu ed ha la prerogativa, sinora unica, di allineare l’informazione ai gusti di ogni singolo lettore, recapitando a casa di ciascuno una edizione personalizzata del giornale, scegliendo gli articoli su una selezione di testate locali, nazionali e internazionali, web compreso. Il costo sarà di 1,20€ per gli studenti e di 1,80€ per gli altri (per dare un metro di paragone, un giornale di stampo classico come Bild costa 0,60€, mentre il Tagesspiegel costa 0.95€).

Un esempio d’oltreoceano

Questa inaspettata sinergia tra carta stampata e web, l’abbiamo già ritrovata, se ricordate, ad inizio di quest’anno, quando negli USA è nato The Printed Blog, un giornale gratuito stampato su carta (sei pagine a colori confezionate da una redazione ridotta all’osso), distribuito nelle principali città americane (Chicago, San Francisco, New York), che in grado di aggregare i migliori contenuti locali pubblicati online su blog e social network, secondo il classico modello del crowdsourcing.

La rivoluzione di Niiu

Ma a differenza di The Printed Blog, è stata messa in atto una altra piccola rivoluzione che trasforma il lettore, passivo per natura, in un particolare editore, con un ruolo attivo di merge delle informazioni. Concepito per attirare i giovani alla lettura dei quotidiani, il concetto editoriale su cui Niiu si basa è altamente innovativo, poiché ciascun lettore potrà costruirsi il proprio Niiu, in base alle preferenze segnalate in fase di sottoscrizione sul sito web del giornale, ed è in grado di integrare gli articoli tradizionali (di testate giornalistiche classiche) con contenuti provenienti da blog, reti sociali e RSS feed, magari condito con giochi, andamento delle azioni in borsa e meteo della propria città, il tutto stampato in versione individuale su carta, con una foliazione diversificata, da 8 a 60 pagine, a scelta dei lettori (anche in base al giorno: per esempio otto pagine il lunedì, ma 60 pagine il venerdì). Gli articoli, in lingua inglese e tedesca, possono essere scelti da circa 500 testate con cui sarebbero stati stretti degli accordi.

Le aspettative

Secondo la tesi dei loro ideatori, molti giovani ‘’sono stanchi di informarsi su internet e sono pronti a pagare per un giornale di loro gradimento’’. L’ obbiettivo è quello di raggiungere il traguardo delle 5.000 copie in sei mesi a Berlino e il vantaggio, oltre che per la nuova generazione di lettori, sarà anche per gli inserzionisti perché avranno il vantaggio unico di fare pubblicità estremamente mirata e toccare dei segmenti di consumatori molto precisi.

Ora non resta che rimanere in attesa e vedere se questo esperimento avrà successo e magari chissà se anche noi potremo usufruire di questo nuovo modello di informazione.

Tag:blog-power, giornali, informazione, Internet, stampa, web, Web 2.0
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Set 24 2009

Perché equiparare la blogosfera con le testate giornalistiche tradizionali? Riflessioni sul Fact-Checking e il Blog Power

Posted by Antonio Troise
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Un paio di giorni fa i giornali diedero la notizia che il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama aveva asserito di voler dare un aiuto economico ai giornali in difficoltà flagellati dalla crisi economica perché il buon giornalismo è essenziale alla salute della democrazia, mentre lo stesso non si può dire dell’exploit che sta avendo la blogosfera e, in generale, tutte le reti di Social Network, considerate solamente come un pool di opinioni senza controllo sui fatti, senza la giusta collocazione delle storie in un contesto verificato e pieno di persone che si urlano una contro l’altra, prive di comprensione reciproca.

Il Fact-Checking

Obama Parole dure giustificate dal fatto che Obama, a suo dire, vorrebbe scongiurare il declino dei giornali su carta (grazie alle elargizioni di aiuti pubblici e ad agevolazioni fiscali ai gruppi editoriali più colpiti dalla crisi) che porterebbe, inevitabilmente, all’affermarsi di una blogosfera che, per sua natura, è senza controlli su tutto ciò che viene scritto. Lo scopo ultimo è quello di dare la possibilità ai quotidiani tradizionali di continuare a offrire “integrità giornalistica, cronache basate su fatti e indagini svolte con serietà” che altrimenti verrebbe sostituita da una blogosfera dove si può trovare ogni sorta di informazione e opinione non verificate (il famoso Fact-Checking, ovvero quella consuetudine, propria di ogni redazione giornalistica, di verificare con cura quanto viene pubblicato). In pratica la blogosfera altro non è che tutta opinione e niente controllo sui fatti!

In parte si può comprendere l’atteggiamento di Obama che ha sparato a zero contro la blogosfera, perché proprio ultimamente molti blog lo hanno attaccato sulla sua riforma sanitaria sbandierando, secondo la sua Amministrazione, dati non aderenti alla realtà. Ma è anche vero che negli Stati Uniti, in cui quasi tutti i blogger avevano sostenuto Obama durante le presidenziali, queste affermazioni sono state viste come delle vere e proprie coltellate al cuore per tutti coloro che lo avevano appoggiato con i nuovi mezzi messi a disposizione dal Web 2.0. Già in passato, a Marzo 2009, Obama aveva in qualche modo rinnegato i blogger definendoli “semplicistici e fuorvianti”.

Il contesto della blogosfera

La risposta arriva da Neil Henry, rettore della Scuola Superiore di Giornalismo di Berkeley, in una interessante intervista su “La Stampa“, in cui afferma:

La blogosfera è una realtà distinta nell’universo dell’informazione per la quale non può essere applicato un controllo sistematico perché contro natura.
[…]
Nello sconfinato mondo della blogosfera, il principio del Fact-Checking (per garantire che l’informazione sia credibile e accurata) non può essere applicato, perché si parla di voci, di opinioni.

Imporre un Fact-Checking sistematico ai blog, significa andare contro la loro stessa natura di flusso libero di opinioni e di analisi, per il quale sono stati creati.

Le differenze tra blog e giornali

Se è vero che le parole feriscono più di una spada è anche vero che la libera diffusione delle idee è da sempre stato un delicato argomento di discussione. E’ noto che quando si ha troppa libertà, questa situazione è sempre vista, da chi detiene il potere, come uno strumento troppo pericoloso che si immagina possa sfociare nell’anarchia più assoluta.

Quando si scrive per un blog, l’autore si assume fino in fondo le responsabilità di ciò che scrive. Parallelamente, il blog offre una maggiore libertà, ovvero il poter scrivere su qualsiasi argomento. In un giornale, invece, l’autore ha la possibilità di sentire la libertà di scrivere ciò che vuole, ma l’argomento è scelto sempre dal giornale stesso. In pratica l’articolo di una testata giornalistica è sempre il risultato di un’azione coordinata all’interno delle proprie competenze e della politica editoriale del girnale stesso.

A tal proposito mi piace citare una frase di Dan Gillmor che fa capire come la Rete sia uno strumento fondamentale per interloquire e mette in evidenza la differenza tra conversation e lecture:

Quando sei nel blog partecipi alla conversazione, mentre quando scrivi su un quotidiano stai facendo una lezione!

Granieri, autore di Blog Generation ci fa notare che abbiamo ancora molta difficoltà a considerare la blogosfera come giornalismo.

«Sebbene i materiali da costruzione siano gli stessi (ovvero le informazioni) e alcune procedure di composizione siano simili, i blog non sono giornalismo. Informano, ma non sono giornalismo come lo conosciamo, anche quando a tenere un blog è un professionista riconosciuto dall’Ordine»

Forse, però, è il caso adeguare il concetto di giornalismo alla nostra era: infatti, si può fare del buon giornalismo anche senza alcuna tessera professionale! Ma è tuttavia vero che forse nella sua vastità, la blogosfera manca di uno strumento di controllo proprio dei giornali (o almeno di quasi tutti), che sicuramente non le appartiene e, forse, non ambisce neanche ad avere.

C’è chi afferma che nella blogosfera, c’è una netta prevalenza delle opinioni rispetto alle notizie e che, a volte, ha la tendenza a diventare strumento di attivismo piuttosto che di informazione (non che da queste caratteristiche siano immuni le migliori testate giornalistiche tradizionali), forse proprio di tutto ciò che segue un modello di interrelazione uno-con-molti.

Quel che è certo è che il vantaggio di un blog è quello di non doversi vergognare a volersi rivolgersi solo a nicchie ben individuate che il giornalismo tradizionale spesso ignora a favore delle grandi masse.

Il blog è per definizione non esaustivo?

Il problema è che dato che la blogosfera pullula di blog personali senza nessun tipo di qualità giornalistica, è facile cadere nelle accuse, da parte dell’élite mediatica, di non rilevanza della blogosfera.

Però, come analizza Granieri, il blog, a differenza di modelli a noi più familiari come il quotidiano o la rivista, non ha nessuna pretesa di essere esaustivo. Anzi, al contrario, un blog tende per definizione a portare «fuori da sé» il lettore, dirigendolo verso altre fonti, verso altre voci. Il risultato è che nessuno legge un solo blog, poiché si tratta di un singolo nodo in un’opera collettiva ipertestuale che tende a configurarsi come un sistema di contenuti.

Quindi, per la sua stessa natura, il blog è un atto di generosità: essendo un nodo in un sistema di lettura, sposta l’attenzione (e il lettore) su altre fonti invece di cercare di trattenerlo sulle sue pagine. Questa scelta che in un sistema competitivo sarebbe un suicidio, nel sistema weblog è prassi, è un circolo virtuoso, in cui il trasferimento del lettore è funzionale e non va contro gli interessi personali o privati.

Perchè equiparare i blog ai giornali?

Ma il problema è: chi ha chiesto di equiparare i blog ai giornali? Perché ci si ostina a volerli guardare allo stesso modo?
Chi fa blog, come il sottoscritto, non si sogna mai di essere equiparato ad un giornalista. Il suo “lavoro” lo fa solo per passione e nel tempo libero e i suoi argomenti sono vari e mai dettati da alcuna redazione.

Infatti, come asserisce il giornalista Andrew Sullivan:

La discussione sui blog non va orientata sulla loro essenza giornalistica, ma sulla loro esistenza, sulla loro utilità ed importanza nel nostro mondo attuale e, soprattutto, sulla loro integrazione con il mondo dell’informazione. Mentre gli esponenti del giornalismo tradizionale insistono su quelli che sono gli elementi che non fanno dei blog una forma di giornalismo, Sullivan suggerisce di guardare il blog e il giornalismo non come due soggetti da mettere in contrapposizione, ma come entità complici all’interno della rete. L’uno può servire ad ampliare e migliorare l’altro.

La paura dei giornali tradizionali: il Blog Power

Io credo che non sono i blog a voler diventare testate giornalistiche, bensì penso che siano i giornali tradizionali, (che a causa dell’avvento del web sono in grande crisi), ad aver paura dei blog, che spesso rubano fette di milioni di lettori ai media classici. Ed è da questa paura del diverso, del rivoluzionario, dell’innovativo che nascono queste accuse alla blogosfera che di fatto, ha solo il merito, di regalare un nuovo modo di comunicare le notizie, le idee e le informazioni, ma anche un nuovo modo per partecipare alla conversazione. E’ da qui che nascono i weblog di giornalisti che, tentando di emulare i blog, cercano di recuperare il terreno perduto. Il problema è che siccome sono sempre associati a grandi testate giornalistiche, e quindi sempre in accordo con la politica editoriale in Rete del suo giornale di appartenenza, non riescono mai ad essere fino in fondo come gli autori del blog.

Ma a spaventare più di tutti è la constatazione che, alcune volte, un unico blogger che lavora da casa può raggiungere lo stesso numero di lettori di un grande giornale (è l’effetto del citizen journalism e del Blog Power in senso esteso), senza dipendenti, senza spese e senza costi di produzione. Anche se bisogna ammettere che non può produrre in nessun modo gli articoli approfonditi ad alta intensità di manodopera che un buon giornale propone quotidianamente, questo enorme vantaggio competitivo dipende dall’evoluzione tecnologica ed è inevitabile, ma i giornali tradizionali non lo capiscono ancora pienamente.

Tag:Blog, blog-power, blogosfera, democrazia, giornali, informazione, Obama, stampa, Web 2.0
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Mar 24 2009

La crisi della carta stampata: in futuro pagheremo 5 centesimi ad articolo per poter leggere le notizie dei giornali online?

Posted by Antonio Troise
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Ieri ho letto una intervista a Vittorio Sabadin, giornalista e vice direttore de La Stampa, che esprime un suo punto di vista che riflette un po’ la corrente di pensiero internazionale ma, ovviamente, spero che le sue fosche previsioni non si avverino mai. Per chi non lo conoscesse, tre anni fa è stato autore di un libro che si intitolava: “L’ ultima copia del «New York Times». Il futuro dei giornali di carta”, in cui asseriva che, secondo i calcoli di Philip Meyer, studioso dell’editoria americana, l’ultima sgualcita copia su carta del “New York Times” sarà acquistata nel 2043. Il problema di questa crisi è però da imputarsi ad un solo vero nemico dei giornali, quello che li sta inesorabilmente condannando a morte: la tecnologia. Il tempo a disposizione della gente è diminuito, e ognuno di noi ha ormai la possibilità di essere informato quando vuole, dove vuole e sui temi che preferisce senza dovere per forza ricorrere alla lettura di un giornale.

Sabadini nel suo libro, in cui si fa solo cronista oggettivo di queste trasformazioni, asserisce che la Free Press ha avuto successo perché, oltre ad intercettare i lettori fuori dalle edicole, dispone di un format innovativo: notizie brevi, sintetiche, poca politica e molto più vicina agli interessi dei giovani. Tutti i giornali potrebbero diventare gratuiti e vivere di pubblicità; dovrebbero però abbattere il 30% circa dei costi, ridurre i giornalisti e pagarli meno.

I punti chiave della crisi dei giornali su carta stampata

Nella recente intervista, l’autore si spinge oltre e, con una visione forse un po’ troppo pessimistica (ma per taluni potrebbe anche essere più semplicemente realistica) afferma che l’ultima copia del New York Times, potrebbe andare in stampa da un giorno all’altro, perché non siamo mai stati così vicini alla crisi dei giornali.

Questi i punti chiave della intervista:

  • «Mettere on line le notizie gratis è stata l’altra grande sciagura di cui ci pentiremo per generazioni».
  • «L’informazione prodotta dai giornalisti fa prosperare decine di altri siti come Dagospia o altri “aggregatori” di notizie. Ma il materiale che loro usano viene realizzato da agenzie o da giornali e non è gratis. È il frutto di professionalità retribuite».
  • L’unica possibilità di salvezza per i giornali e giornalisti è quello di farsi pagare 5 centesimi a notizia: «È l’unica possibilità. Non vedo perché un ragazzo non debba farsi nessun problema a spendere 15 centesimi per un sms e non debba spendere niente per leggere una notizia».

Francamente non credo che che il modello a pagamento possa essere una risposta e farsi pagare le notizie pubblicate online non può essere la panacea di tutti i mali: esistono altre vie per guadagnare e la pubblicità ne è solo uno: guardate come sono farciti di banner pubblicitari siti come Repubblica.it o TgCom, eppure sono tra i siti più visitati e, anche se talvolta risulta essere davvero invasiva, non per questo evito di visitare un sito di informazione. Ovviamente, è anche scontato affermare che i giornali dovrebbero puntare più sulla qualità degli articoli che al volume degli stessi, anche se spesso chi legge si accontenta di articoli semplici e veloci ma che fanno scalpore, piuttosto che a riflessioni ponderate sui vari argomenti di attualità.

La situazione in America

Se in Italia l’argomento, almeno per ora, interessa solo pochi appassionati del settore, in America il problema sembra essere molto sentito, tanto che il destino di giornali e di riviste è diventato oggetto di dibattito e di studio: sopravviverà la carta stampata messa in difficoltà per la transizione al digitale e per la crisi generale dell’economia? Recentemente, infatti, il Seattle Post-Intelligencer, secondo quotidiano della città di Seattle, dopo 146 anni non è più in edicola ma pubblicherà solo articoli online. Ma non è il primo giornale ad abbandonare l’edizione stampata per darsi all’online: infatti, la stessa scelta è stata presa dal Christian Science Monitor mentre il quotidiano della città di Tucson, il Denver’s Rocky Mountain, ha definitivamente chiuso.

Il dibattito in America è animato alla ricerca di soluzioni credibili per un modello di business sostenibile e il Time magazine ha ipotizzato, come nella intervista sopra esposta, la creazione di micropagamenti: qualche centesimo per leggere gli articoli, un po’ di più per avere a disposizione l’intero quotidiano. C’è chi addirittura sostiene che, per eliminare costi di stampa e distribuzione il Times dovrebbe smettere subito di stampare e regalare ai propri abbonati un lettore elettronico come Kindle.

Secondo Bill Keller, direttore del New York Times, non si esclude, quindi, un ritorno almeno parziale al modello delle notizie online a pagamento, abbandonato due anni fa in favore dell’apertura generale del sito, dell’aumento del traffico e dei maggiori ricavi pubblicitari che ne sono derivati.

Per finire, vorrei ricordare che già nel 2005, l’australiano Rupert Murdoch, fondatore del gigantesco gruppo editoriale News Corp., asseriva che Internet ha dato il via ad una moderna rivoluzione mediatica:

La carta stampata è destinata a perdere posizioni, lasciando sempre più spazio a portali, siti e blog. “Stampa ed Internet continueranno a vivere fianco a fianco ancora per molti anni”, continua Murdoch, “ma ormai tutto quanto dipende dalla pubblicità ed i quotidiani di carta costano solo di più“: specie se raffrontati a quanto pubblicato gratuitamente dalle loro controparti digitali.

E voi che ne pensate? Che futuro potrà avere la carta stampata e quali alternative potrà ancora offrire?

Tag:free, giornali, giornalisti, gratis, informazione, intervista, pubblicita, stampa
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Mar 12 2009

Negli USA, The Printed Blog, un quotidiano gratuito farà da aggregatore dei migliori contenuti pubblicati dai blog. Come è la situazione in Italia?

Posted by Antonio Troise
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Negli ultimi mesi stiamo assistendo, più o meno consapevolmente, ad un piccola rivoluzione o, forse più propriamente, ad un piccolo esperimento che consiste nel passaggio di testimone della carta stampata al web: infatti, contro ogni previsione, la carta stampata sta iniziando ad attingere, sempre più frequentemente, al web per avere contenuti di maggiore interesse e che si adattino facilmente ad un più largo pubblico, creando inaspettatamente sinergie proprio laddove un tempo sembravano esserci solo contrasti e diffidenze. Insomma, non mancherà molto che potremmo vedere il Web 2.0 passare dalla Rete alla carta stampata, nel nome del Blog Power!

The Printed Blog

E’ così recente la notizia che negli Stati Uniti è stata lanciata una coraggiosa (soprattutto perché lanciata in piena crisi economica) iniziativa editoriale: The Printed Blog, un giornale gratuito stampato su carta (sei pagine a colori confezionate da una redazione ridotta all’osso), distribuito nelle principali città americane (Chicago, San Francisco, New York), che aggregherà i migliori contenuti locali pubblicati online su blog e social network, secondo il modello del crowdsourcing.

The Printed Blog

Ad essere convinto della buona riuscita del suo giornale è l’investitore Joshua Karp, che ha addirittura inizialmente previsto una uscita bi-quotidiana del giornale (in realtà dal 27 Gennaio 2009, data in cui è uscito il primo numero, sono reperibili solo 6 numeri, per cui al momento l’uscita sembra attestarsi su base settimanale) che aggregherà, quasi in tempo reale, i contenuti pubblicati in rete su blog personali e social network, nella speranza che questo innovativo giornale possa attirare gli investimenti di inserzioni pubblicitarie rilevanti e fortemente localizzate sul territorio. Ma non verranno pubblicati solamente articoli (qui per segnalare i contenuti interessanti, mentre è stato aperto anche un canale su Twitter) ma anche recensioni su dischi, film, fotografie, risorse interessanti trovate online, locali commerciali, segnalazioni di eventi e quant’altro possa essere ritenuto interessante.

Secondo Joshua Karp, infatti, il quotidiano cartaceo resterà ancora a lungo la principale fonte di informazione, soprattutto più nelle grandi città e metropoli dove, per forza di cose, le persone trascorrono una parte importante del loro tempo sui mezzi di trasporto. E quale migliore miniera di materiale fresco trovare se non quella di attingere direttamente dalla blogosfera e da internet! Ovviamente, gli autori che vedranno i propri contenuti pubblicati saranno retribuiti (per ora non è specificato quanto sarà l’ammontare), ma avranno anche l’indubbio vantaggio di poter esporre i propri contenuti ad un pubblico al di fuori della rete, portando, di fatto, la voce dei blog nel mondo offline!

The Printed Blog

Al momento sono circa 300 i blog che hanno già dato il permesso di pubblicare il loro articoli (interessante la voce in copertina che dichiara “Printed with explicit permission from each content provider“) e se volete visionare il prodotto, a mio dire, inaspettatamente valido, è possibile scaricare una versione PDF del giornale da leggere sul computer.

L’editoria sperimentale in Italia

In Italia un progetto simile, in pieno clima di editoria innovativa, è stato sviluppato dalla Acacia Edizioni che ha l’intenzione di portare nelle edicole italiane un giornale dal titolo “Social Network Magazine“, in cui gli articoli riguardanti questo nuovo giornale parlano di “uno scorrere continuo di informazioni e di commenti”. Al centro di tutto c’è una tecnologia poco chiara dal nome “WebCode”, un’esclusiva di Dooit, che permette di integrare in maniera univoca e bidirezionale l’informazione stampata con le informazioni in Rete. SN Magazine ha in pratica la più grande redazione del mondo: ogni lettore può proporre un tema e creare il suo team di collaboratori. Sarà poi la sua reputazione on line e il giudizio degli altri lettori della Rete a decretare la sua presenza nell’edizione cartacea.
In questo modo per la prima volta un prodotto editoriale stampato potrà sfruttare tutta la potenza della Rete ed essere sempre e continuamente aggiornato.

Purtroppo, queste sono le uniche notizie, in parte lacunose, su questo progetto editoriale italiano, di cui, però, non sono riuscito a trovare neanche il sito web ufficiale. Da un lato c’è da dire che l’idea, proprio come The Printed Blog, è interessante e coraggiosa, dall’altra parte, è facile capire che gli investitori hanno finalmente capito che possono investire in altri modi sul web, e aprire questo vaso di Pandora, potrà portare benefici o guai, tutto sta a come si saprà sfruttare l’idea e come i lettori giudicheranno il prodotto.

Se pensate, però, che sarebbe bello avere anche in Italia un progetto ambizioso come quello di The Printed Blog, allora dovete sapere che l’esperimento di BlogMagazine si avvicina molto, e forse si è anche ispirato, a questo modello americano. Purtroppo ancora non ne esiste una versione stampabile e non esiste alcuna distribuzione, probabilmente perché il progetto è ancora in fase di sviluppo e, forse, anche perché in Italia in pochi credono in queste realtà. Certo è che, comunque, anche il magazine online proposto dalla directory di blog Liquida, che ogni giorno cataloga centinaia di post da più di 10.000 blog, potrebbe essere di ispirazione per un progetto di un quotidiano cartaceo sulla blogosfera italiana.

Tag:Blog, blog-power, blogosfera, giornali, informazione, PDF, stampa, web, Web 2.0
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Feb 24 2009

Wired Italia Vs BlogMagazine: due riviste a confronto su copertine, grafica, contenuti e quantità di pubblicità presente

Posted by Antonio Troise
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Oggi vi propongo una curiosa comparazione tra due riviste che sono uscite col loro primo numero quasi contemporaneamente: Wired Italia (19 Febbraio 2009) e BlogMagazine (23 Febbraio 2009). La prima, altro non è che la versione italiana della oramai famosa e blasonata Wired americana, la più nota rivista di tecnologia al mondo. La seconda, è, invece, stata partorita dalla fervida e ambiziosa mente di Giuliano Ambrosio autore di Julius Design. Se Wired Italia ha il gravoso compito di portare una voce nuova nel panorama IT italiano fornendo nuove chiavi di lettura nel mondo dell’innovazione e proponendo contenuti che ricalcano l’impostazione di quelli della testata madre americana, adattati comunque alla realtà italiana, BlogMagazine ha, invece, l’onorevole compito di dare voce a tutti gli autori della blogosfera italiana, famosi e non, senza distinzione di sorta se non per la qualità dei contenuti che offrono, candidandosi di fatto a divenire una rivista fatta dai blogger per i blogger!

Presentazione e versioni delle due riviste

Se la rivista di Wired Italia è stata presentata a Milano insieme ad altri blogger per sentire il loro punto di vista, anche BlogMagazine ha avuto il suo momento di celebrità con la presentazione alla FNAC di Torino.

Ma, mentre Wired Italia, è una rivista principalmente cartacea che, però, trova una suo corrispettivo virtuale sul suo sito ufficiale, BlogMagazine, essendo un esperimento di editoria virtuale, che nasce sul web e vive sul web, è principalmente una rivista elettronica fruibile in modalità sfogliabile (2 pagine per volta) in Flash e scaricabile in formato PDF per chi volesse consultarla offline o, magari, per i più arditi, stamparla.

Confronto tra le due copertine

Curioso come entrambe le riviste, per la loro copertina, abbiano optato, oltre ad una scelta di colori molto simile, principalmente in bianco e nero con qualche tocco e sfumatura di blu, anche due personaggi di spicco in base al target e agli obiettivi che si prefiggevano. Wired Italia ha scelto Rita Levi Montalcini: molti hanno criticato questa scelta, ma io credo che abbiano voluto mettere qualcuno che, a furor di popolo, fosse riconosciuta come una mente eccelsa ma con grande classe e stile, proprio quello che si prefigge la rivista che spera di ricalcare il successo editoriale della testata madre americana.

Wired Italia

BlogMagazine, invece, ha scelto qualcuno che fosse noto a tutto il popolo della rete (giovanile e non), e quale personaggio geniale, forse un po’ geek nel suo ambito, ma che avesse carisma da vendere si poteva scegliere se non il Dottor House?

BlogMagazine

In entrambi i casi, però, la scelta è ricaduta su due geni, diversi tra loro ma complementari, proprio come lo sono le due riviste!

Il peso della pubblicità in rapporto al numero delle pagine

Wired Italia costa 4€ mentre BlogMagazine è del tutto gratuita. Ma la cosa più importante, è che la rivista di Wired Italia conta ben 240 pagine di cui ben 80 pagine di pura e fastidiosa pubblicità (le ho contate tutte, pagina più pagina meno, esclusa la pubblicità del copertine), che si infila tra gli articoli interrompendone la continuità visiva e facendo assomigliare la rivista ad una di quelle pubblicazioni da 4 soldi di cui spesso le edicole sono piene. Talvolta ho anche la sensazione che molti articoli altro non siano che pubblicità camuffate, come quella della CANON HF11 a pagina 217 o quello dell’Aspirina C a pagina 236. Gli articoli sono mediamente interessanti, nulla di eccezionale, ma, come al solito (ed è per questo che ho smesso da anni di comprare le riviste in edicola) trovo molto più interessanti e stimolanti le discussioni o gli articoli della blogosfera italiana e internazionale, che, oltre ad essere più aggiornata (come è ovvio che sia) sa anche essere, spesso, molto più profonda.

Di contro BlogMagazine, oltre ad essere del tutto gratuita, conta appena 44 pagine ma con solo 4 pagine di pubblicità (e sono tutti siti di servizi web gratuiti e quindi comunque utili segnalazioni) tutte con un loro spazio a pagina intera ma che non interrompono alcun articolo. Gli articoli sono, anche qui, mediamente interessanti. Nulla di troppo eccezionale, almeno secondo il mio punto di vista che è abituato a leggere e approfondire di tutto sul web, ma ho trovato degno di nota il fatto che sono tutti originali (e quindi richiedono uno sforzo ulteriore per i blogger che li scrivono),rilasciati con licenza Creative Commons e spaziano tra diverse rubriche come Tecnologia, Hi-Tec, SEO, Web, OS, Design, Cinema, Mobile, Console e, perché no, Gossip. Insomma un po’ quello che si ritrova quotidianamente se si gira nella blogosfera italiana!

Confronto tra la grafica delle due riviste

Per quando riguarda la grafica, nonostante BlogMagazine abbia un project design ancora in beta (l’impaginazione è stata fatta con Adobe inDesign), l’ho comunque trovata accattivante e interessante. La stessa cosa devo dire per la rivista cartacea Wired, ma credo che a rovinare la resa grafica sia la onniprensente pubblicità che rende lo stampo editoriale un pochino confuso. Spesso mi è capitato di domandarmi se la pagina seguente era il proseguimento dell’articolo o una pagina pubblicitaria, tanto erano simili nell’impaginazione, nei font, nei colori e nella grafica generale: so che tutto ciò è stato fatto apposta (un po’ come si usa con gli Adsense di Google) ma devo dire che alla lunga risulta fastidioso.

Conclusioni

Di queste comparazioni, sono rimasto davvero impressionato dai numeri sulla pubblicità: su Wired Italia, il 33% esatto delle pagine è costituito da pubblicità (80 su 240), mentre su BlogMagazine, solo il 9% delle pagine (4 su 44) è dedicato alle sponsorizzazione (francamente non so neanche se è pagante). E’ vero che Wired Italia deve assorbire tutti i numerosi costi della distribuzione capillare in Italia (il primo numero ha avuto una tiratura speciale di 250mila copie), pagare fior fiore di giornalisti e curare al dettaglio la grafica della rivista, è vero che il costo di 4€ non è tra i più alti, è anche vero che facendo un abbonamento biennale si risparmia oltre l’80% (24 numeri a 19€), ma è anche vero che ho fatto molta fatica a leggere l’ingombrante rivista.

In definitiva, sicuramente BlogMagazine continuerò a seguirlo: è gratuito, facilmente reperibile su internet (e magari consultabile anche dal mio iPod Touch) e spero che migliori sempre di più. Altrettanto non posso dire di Wired Italia: forse gli darò una seconda opportunità col secondo numero, anche se devo ammettere che trovo più facile leggere una pubblicazione in PDF, anche voluminosa, piuttosto che una cartacea (se si esclude il gusto di leggere un bel libro).

Cosa ne pensano i blogger di Wired Italia

Questo era il mio punto di vista. Ma ecco cosa ne pensano alcuni blogger italiani della rivista Wired Italia (BlogMagazine è stata annunciata al grande pubblico ieri 23 Febbraio e quindi non ho trovato molte testimonianze in rete).

Andrea Beggi

[…] anche se non dice nulla di nuovo per coloro che bazzicano da queste parti da un po’.
Ma più di tutto mi ha fatto riflettere il fatto che sia il primo giornale di carta che compro da, boh, saranno 2 anni. Leggere riviste su carta è scomodo, sono troppo grosse per il letto e ormai il tempo in bagno lo uso per tenermi in pari con i feed. E poi mancano i link da cliccare.

Marco Mazzei:

Ma a parte questo, e a parte un certo fastidio per il richiamo a quel giornale più che mitico, Wired Italia non mi convince soprattutto perché dopo averlo sfogliato e letto mi si è materializzato un enorme punto di domanda sulla testa: e quindi? Che cosa mi vuoi dire?
Ma su tutto: questa sensazione di eccesso. Troppe cose, troppo confuse, molto rumore e pochissimo segnale. Aspetto con simpatia il prossimo numero.

Dario Salvelli

Mi aspetto poi tanto e di più dal sito web che in fin dei conti esteticamente non è malaccio ma deve proporre contenuti originali e validi […] Inoltre, negli articoli del sito non ci sono link verso l’esterno: Wired non può fare come Il Corriere e La Repubblica.

Vikkor

240 coloratissime patinatissime pagine imbottite di pubblicità; euro 4

Napolux (da un commento):

Comunque a me Wired Italia puzza di buco nell’acqua, e non da oggi. Come fai a lanciare una rivista tecnologica nel 2009 ancora su carta?

UPDATE: Ho letto una critica a Wired di un blogger di Fantascienza.com… gli ultimi numeri della rivista non li ho più comprati e comunque vedo che per molti è ancora una grande occasione fallita. Un altro punto di vista.

Tag:Blog, blog-power, blogger, blogosfera, copertine, flash, giornali, giornalisti, grafica, Internet, PDF, stampa
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Lug 14 2008

Tutte le follie del iPhone in grado di creare un Reality Distortion Field anche sul comune uomo di strada che ne parla senza sapere cosa sia

Posted by Antonio Troise
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iPhone 3G Lo scorsa settimana ho seguito, come molti, le vicende del iPhone 3G sbarcato finalmente, oltre che in Italia, in tutto il mondo! Devo dire di essere rimasto allibito da come, un semplice prodotto, possa creare un vero effetto valanga sui media. Quanti altri prodotti tecnologici hanno avuto un seguito mediatico così rilevante?
La cosa più strana, tra tutte, è stato sentire, ad ogni giornale radio che mi capitava di ascoltare mentre ero in macchina, delle avventure delle persone in fila per acquistare l’iPhone, sia in Italia che in Giappone. Oppure quando al telegiornale, intervistando i commercianti sul pessimo andamento dei saldi di fine stagione, uno di questi asseriva che:

“si vede che gli interessi si sono spostati altrove: se le persone sono disposte a fare la file per spendere 600 euro per un cellulare, è chiaro che i soldi ci sono e non viviamo un momento di recessione economica, ma semplicemente si è spostato l’interesse della gente verso altri prodotti”.

Battezzato addirittura “the God machine”, la macchina di Dio, quando fu presentato dalla Apple un anno fa perché sembrava avesse attinto la sua tecnologia direttamente dal futuro, la nuova reincarnazione dell’iPhone ha reso tutti folli.

Infatti, in tutto il week end, non ho fatto altro che sentire ovunque, in maniera diretta o indiretta, del iPhone 3G.

Le mie testimonianze

Ma quello che era ancora più strano era sentire la gente parlare dell’iPhone come oggetto del desiderio, per poi capire che non sapevano quasi nulla delle sue caratteristiche. Quando un mio collega mi ha detto che era intenzionato a comprarsi l’ultimo gioiellino di casa Apple, gli ho suggerito di guardare il video tutorial che spiegava cosa facesse l’iPhone: ebbene, dai suoi sguardi ho capito che non sapeva quasi nulla dell’iPhone e ha fine presentazione era ancora più convinto del suo futuro acquisto!

Sempre lo stesso giorno, una mia amica mi ha raccontato che nel ufficio era passato un cliente con in mano l’iPhone e tutti ne parlavano: ma lei non aveva avuto modo di vedere come fosse fatto e cosa facesse. Al che gli ho detto che potevo fargli vedere il mio iPod Touch, che nulla aveva che spartire con il nuovissimo iPhone 3G, ma almeno poteva avare un assaggio delle potenzialità della nuova e intuitiva interfaccia del cellulare di casa Apple. A fine demo era estasiata di cosa potesse fare quel prodotto e mi disse che aveva finalmente capito perché tutti ne parlavano!

Reality Distortion Field dell’iPhone

Insomma, come vedere sembra che anche l’iPhone riesca a generare intorno a sè il famoso “Reality Distortion Field” (RDF) che contraddistingue i Keynote di Steve Jobs. Come la distorsione spazio temporale di un singolarità cosmica, anche l’iPhone sembrava riuscire, durante tutto lo scorso weekend, a creare intorno a sè un campo di attrazione gravitazionale tale da attirare sia l’early-adopter e gli Apple Addicted, che l’uomo di strada completamente digiuno di tecnologia.

Gli eventi della follia iPhone

Così, forse per sfruttare questo hype, venerdi 11 Luglio 2008 è accaduto davvero di tutto. TIM ha lanciato l’iniziativa “La Notte Bianca di Tim” (alcuni punti vendita TIM hanno effettuato una apertura speciale per presentare iPhone 3G dalle 00:00 di venerdi 11 luglio), mentre Vodafone apriva myLive, ovvero un portale totalmente dedicato ad iPhone 3G, accessibile tanto da browser (anche su computer fisso) che da una applicazione specifica che si scaricherà dall’App Store.

Dalla mezzanotte di venerdi, si sono susseguiti decine di reportage con foto, filmati e cronache di tanti utenti entusiasti e pazienti in fila per il lancio di iPhone 3G dai vari centri TIM sparsi per la penisola. Ovviamente foto d’onore e interviste ai primi cittadini ad accaparrarsi il prezioso oggetto, ma anche a chi manifestava contro le tariffe vergognose di Tim e Vodafone.

A fare un reportage in grande ci ha pensato Engadget che ha raccolto una serie di immagini e video che testimoniavano le file che si accalcavano in tutto il mondo, dallo Store della Fifth Avenue a Manhattan al Giappone, dalla Danimarca alla Nuova Zelanda (che tra l’altro, per via dei fusi orari, era stato il primo paese in cui è cominciata la vendita di iPhone 3G).

Intanto, come era logico supporre, migliaia di aggiornamenti del firmware dell’iPod touch, attivazione di centinaia di migliaia di iPhone, download di milioni di applicazioni free, passaggio da .mac a mobile me, tutto in un solo giorno, era davvero troppo per i server Apple, tanto che negli Usa e in molti altri paesi, come in Italia, si segnalavano gravi problemi per l’attivazione dell’iPhone 3G, con server sovraccarichi dalle troppe richieste. Analoghi problemi di gioventù si incontravano anche con il neonato MobileMe e con l’App Store, in cui 135 applicazioni delle 552 presenti per iPhone/iPod Touch erano gratis (anche se devo dire pochissimi erano di buona qualità, tra queste non posso non citare Remote, sviluppata da Cupertino stessa, che trasforma l’iPhone e l’iPod touch in telecomandi via Wi-Fi definitivi per pilotare iTunes su Mac e Apple TV) e la gran parte di quelli a pagamento non superavano i cinque dollari.

E mentre qualcuno lo aveva già smontato pezzo per pezzo, l’iPhone Dev Team dichiarava che era già molto vicino a craccare la versione due del firmware degli iPhone.

Ma la follia dell’iPhone ha colpito anche i giornali che hanno subito affiancato i loro siti classici con le rispettive versioni ottimizzate per iPhone: dal Corriere, che proponeva le notizie in una veste grafica che si adatta perfettamente allo schermo del telefonino, a Repubblica, da Radio Deejay alla RAI che inaugurava un portale compatibile con l’interfaccia di iPhone e iPod touch, per essere sempre aggiornati on-the-go sugli ultimi avvenimenti.

Ovviamente non potevano mancare il giro di illustre recensioni: Dopo le recensioni delle 3 grandi “voci” americane, sono arrivate anche quelle di importanti giornalisti italiani, come quelle di Marco Pratellesi (Corriere), Ernesto Assante (Repubblica), Nicola Porro (Il Giornale), Antonio Dini (Sole24Ore) e Luca Sofri (Gazzetta).

Intanto, tutti i blogger, restano in trepidante attesa, dell’applicazione, creata direttamente dal team di WordPress, che consentirà il blogging mobile, per poter aggiornare il proprio blog basato su WordPress direttamente da iPhone o da iPod touch.

Tag:Apple, cellulare, giornali, iPhone, iphone-3g, iPod, ipod-touch, itunes, Mobile, rai, steve-jobs, Tecnologia, Wordpress
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Apr 18 2008

Impossibile discriminare i bot di Google da quelli di Google News: gli editori propongono ACAP al posto del file Robots.txt per escludere i propri giornali solo da Google News e avere un controllo completo delle notizie

Posted by Antonio Troise
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ACAP «I motori di ricerca sono attori che prendono senza dare, che non producono contenuti ma poggiano la loro forza sulla tecnologia. Con software che somigliano a parassiti, hanno bisogno di un muro per arrampicarsi, cioè le informazioni dei giornali, ma poi lo distruggono prosciugandone le fonti pubblicitarie»

A lanciare questa pesante j’accuse è stato, nel 2007, Luca Cordero di Montezemolo, allora presidente Confindustria ed ex presidente Fieg. E questo è solo la punta dell’iceberg delle preoccupazione che oggi hanno gli editori con Google News. Infatti, Google News, è accusato di aggregare e diffondere contenuti prodotti dagli editori (soprattutto quelli di agenzie stampa e quotidiani) con sacrifici e costi, e per i quali, invece, Google non paga nulla.

Una soluzione: ACAP

Per risolvere il problema gli editori hanno proposto un nuovo protocollo di protezione dei contenuti editoriali online, chiamato ACAP (Automated Control Access Protocol, lanciato dalla World Association of Newspapers), che consentirebbe ai motori di ricerca di capire meglio le condizioni di utilizzo dei materiali e consentirebbe anche agli editori di controllare in quali modo aggregatori e motori di ricerca li usano. Insomma, attraverso questa specie di bollino digitale, il motore di ricerca saprebbe cosa fare con ciascuna pagina prodotta dall’editore: se usarla tutta, o solo una parte, o non usarla per nulla.

La soluzione attuale: Robots.txt

In realtà l’ACAP non è altro che la versione formale e mirata a Google News di un già efficiente sistema dedicato agli spider dei motori di ricerca: il Robots Exclusion Standard (standard per l’esclusione dei robot), un sistema che consentirebbe, attraverso la generazione di un file Robots.txt appositamente generato e formattato, di bloccare l’indicizzazione (anche ad un solo bot di motore di ricerca), di alcune pagine dei giornali online che, per questioni di copyright o altri motivi, non vogliano che i loro testi vengano ripresi dai motori di ricerca. Se non siete esperti, Google ha messo a disposizione un tool nella sezione Strumenti di Google per il Webmaster per autogenerare un file Robots.txt su misura per i crawler dei motori di ricerca.

Addirittura esistono meta tag espressamente dedicati al motore di ricerca Google e molto utili se si applicano a singole pagine web: uno (NOARCHIVE) che impedisce a Google di tenere una copia della pagina e rimuove dai risultati delle ricerche la visualizzazione del link con la dicitura “Copia cache”, mentre un altro (NOSNIPPET) che consente di rimuovere dai risultati delle ricerche lo “snippet”, ovvero l’estratto della pagina che Google crea “al volo” e che mostra sotto il link alla stessa.

Forse, l’unico vero problema, evidenziato dagli stessi editori, è che il sistema dei Robots è solamente un sistema di bloccaggio che dice solo “sì” o “no”, mentre ACAP comunica automaticamente con i motori di ricerca, dicendo ai robot interni che cosa devono fare con ciascuna pagina: pubblicala tutta, pubblicane solo una parte, assolutamente vietato toccarla.

Impossibile discriminare i bot di Google da quelli di Google News

Insomma, già esistono dei mezzi per avere un controllo maggiore su quante e quali pagine HTML far prelevare da quali spider. Il problema, però, è che al momento non esiste un Crawler dedicato a Google News per cui, con il file Robotx.txt si verrebbe esclusi sia da Google News che dal motore di ricerca Google, e credo che questa non sia la soluzione ideale per gli editori che vorrebbero comunque essere rintracciabili sul web (è noto che essere su Google significa essere visibili a tutto il mondo). Infatti, come si legge nella nota in Assistenza per Editori di Google News:

Posso richiedere la rimozione di un articolo o di un link inattivo da Google News?
Se desidera che il link ad uno dei sui articoli venga rimosso da Google News, ci contatti qui e procederemo alla rimozione richiesta. Le ricordiamo tuttavia che per evitare che il Googlebot indicizzi articoli o particolari sezioni del suo sito può utilizzare i file robots.txt e meta tags. Per ulteriori informzioni sui file robots.txt e meta tag, la invitiamo a visitare la pagina http://www.motoricerca.info/robots.phtml. Il Googlebot segue le stesse linee guide relative ai robots.txt sia per la Ricerca Google sia per Google News. Pertanto, se desidera rimuovere i suoi contenuti soltanto da Google News, la invitiamo a contattarci.

Come vedete, attualmente, non esiste un metodo rapido e veloce per non farsi indicizzare da Google News, senza però, sparire dal motore di ricerca Google!

In effetti, attualmente esistono solo i seguenti User-Agent di Google:

Googlebot
Googlebot-Mobile
Googlebot-Image
Mediapartners-Google
Adsbot-Google

Per risolvere velocemente il problema, basterebbe che, come è avvenuto per i feed rss di Google Blog Search con l’introduzione del crawler Feedfetcher , si crei un nuovo Google’s News Grabber. Infatti, al pari di Feedfetcher, che altro non è che uno spider usato dal motore di ricerca per visitare, leggere e raccogliere i contenuti di un feed, Google potrebbe creare una sorta di Newsfetcher per popolare i contenuti di Google News! A tal punto, basterebbe inserire questo bot nel file Robots e risolvere per sempre le diatribe che attualmente stanno animando gli editori online.

La posizione di Google

Insomma, a quanto pare gli editori non hanno tutti i torti e forse l’introduzione di un sistema come ACAP o, più semplicemente, una gestione più documentata e trasparente degli spider che alimentano Google News sarebbe auspicabile nel breve tempo.

In effetti, dal punto di vista degli editori, Google è un vero e proprio avversario che, pur non producendo direttamente contenuti, attraverso l’aggregatore di notizie Google News, potrebbe diventare un potentissimo concorrente sul piano del controllo dell’ accesso all’ informazione.

Google, intanto, non ne vuole sapere di Acap: inizialmente ha rivendicato il ruolo di Google News come assolutamente positivo a favore degli editori e del traffico dei loro siti. Google intende solo indirizzare traffico sui siti dei giornali e con Google News si aggregano solamente titoli e sommari delle notizie, facendo poi convogliare gli utenti verso i siti delle singole testate. Ne è un clamoroso esempio il sito del Financial Times che si è aperto a Google News nell’ottobre del 2007, mettendo a disposizione 30 articoli gratis al mese. Da allora quel sito ha avuto un incremento del traffico del 75%, con 230 mila nuovi utenti registrati!

In seguito, poi, Google è tornata sulle sue dichiarazioni che avevano suscitato scalpore, e ha precisato, per voce dell’amministratore delegato Eric Schmidt, che le uniche barriere da parte di Google all’ implementazione di Acap erano di natura tecnica, negando che la sua società fosse riluttante ad applicarlo per difendere i propri interessi. Il protocollo, così come è attualmente impostato, è incompatibile con la tecnologia di base di Google search, ma al momento la società sta valutando la possibilità di effettuare modifiche in modo che Acap possa funzionare secondo i criteri con cui lavora il motore di ricerca.

C’è anche da dire che, però, Google si è anche comportato bene nei confronti dei giornali online perché è stato molto attento a non monetizzare il marchio attraverso la pubblicità di Adsense: questa mossa avrebbe fatto infuriare ancora di più gli editori, i quali avrebbero potuto protestare accusando Google di fare soldi con i loro contenuti.

Insomma, come al solito la verità sta nel mezzo e la guerra tra Google News ed editori di giornali online avrà fine solo se ognuno farà la sua parte, per il bene di tutta la comunità internet!

Tag:ACAP, bot, copyright, crawler, giornali, Google, google-news, googlebot, motore-di-ricerca, news, robot, spider
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Ott 16 2007

Il nofollow dei quotidiani cartacei ed online: ha ancora senso non riportare i link sui siti web come Repubblica.it?

Posted by Antonio Troise
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Giornali Quando sfogliate un quotidiano è naturale non trovare link ipertestuali che ci colleghino direttamente all’argomento, il che ci porta a doverci per forza fidare di quello che scrive e asserisce il giornalista, senza avere alcuna possibilità immediata di effettuare dei controlli incrociati. Questo perché il lettore è solo uno spettatore passivo, visto che i giornali cartacei non hanno ancora effettuato (e forse non potranno mai) quel passo importante che su internet ha trovato il nome di collaborazionismo e web 2.0.
Ebbene se tutto questo lo trovate normale su un giornale cartaceo, sicuramente non lo dovrebbe essere quando sfogliate “virtualmente” l’edizione online dello stesso quotidiano. Infatti, siti come Repubblica ( a volte l’ho notato anche sul Corriere), nei loro articoli sono soliti non inserire mai i link a risorse esterne.
Per esempio, sul sito della Repubblica nella sezione Tecno & Scienze (sezione dove è più probabile che ci si possa imbattere in link) possiamo visionare decine di articoli senza mai incontrare un link di collegamento: per esempio nel caso della recensione di Weblin mi sarei aspettato almeno un link all’homepage (anche se con Google è facile reperirlo), oppure, quando si citano documenti di scienziati di certe università americane (quante volte li ho cercati a volte anche senza successo) o, come nel caso dello scanner di Wikipedia, si citano blasonate fonti come la BBC ma senza riportare alcun link!

Sembra quasi che o non si curino dei proprio lettori dando trasparenza alle loro informazioni o siamo dinanzi ad uno spietato nofollow su scala giornalistica: un sito linkato da un giornale online famoso come Repubblica, otterrebbe sicuramente un picco di accessi favorevole e un indubbio beneficio per il suo pagerank. Forse, non conoscendo l’attributo “nofollow” hanno pensato che sarebbe stato meglio non linkare direttamente un sito. Questa ipotesi sembra avvalorata da uno dei pochi articoli che ho trovato sul sito di Repubblica risalente al Luglio scorso: Internet come una metropolitana. Qui si possono scorgere addirittura 3 link nel testo senza, però, alcun attributo nofollow!
Insomma se non linkano perché non vogliono regalare la loro autorità su internet, allora non si spiega perché quei pochi link che inseriscono sono senza attributo nofollow: forse hanno pagato per essere citati o è semplice incuria del redattore? O forse non sanno neanche che esiste quell’attributo?

Probabilmente, però, credo la logica di chi scrive i giornali online sia la stessa di chi scrive i giornali cartacei, per cui l’assenza di link ipertestuali non è vista come una grave mancanza e quei pochi articoli che ne contengono, forse sono stati scritti da giornalisti un po’ più “moderni” degli altri. E pensare che anni fa, agli albori di Internet, quando Repubblica.it muoveva i primi passi, ogni articolo era accompagnato da box laterale con tutti i link dei siti web di riferimento (un po’ come accade oggi nelle riviste).

Voglio auspicare che nel prossimo futuro tutti i quotidiani online abbiano la compiacenza di linkare sempre le loro fonti (quando sono sul web) o i soggetti dell’articolo e, perché no, introdurre magari anche la possibilità, sotto moderazione, di commentare. Ma forse, poi, ci troveremmo in una versione online del giornale più affascinante (e perdipiù gratuita) dell’edizione cartacea e quindi non credo che questi cambiamenti arriveranno molto presto.

Tag:giornali, nofollow, Web 2.0
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