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Dal 2004 il blog di Antonio Troise

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Set 24 2009

Perché equiparare la blogosfera con le testate giornalistiche tradizionali? Riflessioni sul Fact-Checking e il Blog Power

Posted by Antonio Troise
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Un paio di giorni fa i giornali diedero la notizia che il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama aveva asserito di voler dare un aiuto economico ai giornali in difficoltà flagellati dalla crisi economica perché il buon giornalismo è essenziale alla salute della democrazia, mentre lo stesso non si può dire dell’exploit che sta avendo la blogosfera e, in generale, tutte le reti di Social Network, considerate solamente come un pool di opinioni senza controllo sui fatti, senza la giusta collocazione delle storie in un contesto verificato e pieno di persone che si urlano una contro l’altra, prive di comprensione reciproca.

Il Fact-Checking

Obama Parole dure giustificate dal fatto che Obama, a suo dire, vorrebbe scongiurare il declino dei giornali su carta (grazie alle elargizioni di aiuti pubblici e ad agevolazioni fiscali ai gruppi editoriali più colpiti dalla crisi) che porterebbe, inevitabilmente, all’affermarsi di una blogosfera che, per sua natura, è senza controlli su tutto ciò che viene scritto. Lo scopo ultimo è quello di dare la possibilità ai quotidiani tradizionali di continuare a offrire “integrità giornalistica, cronache basate su fatti e indagini svolte con serietà” che altrimenti verrebbe sostituita da una blogosfera dove si può trovare ogni sorta di informazione e opinione non verificate (il famoso Fact-Checking, ovvero quella consuetudine, propria di ogni redazione giornalistica, di verificare con cura quanto viene pubblicato). In pratica la blogosfera altro non è che tutta opinione e niente controllo sui fatti!

In parte si può comprendere l’atteggiamento di Obama che ha sparato a zero contro la blogosfera, perché proprio ultimamente molti blog lo hanno attaccato sulla sua riforma sanitaria sbandierando, secondo la sua Amministrazione, dati non aderenti alla realtà. Ma è anche vero che negli Stati Uniti, in cui quasi tutti i blogger avevano sostenuto Obama durante le presidenziali, queste affermazioni sono state viste come delle vere e proprie coltellate al cuore per tutti coloro che lo avevano appoggiato con i nuovi mezzi messi a disposizione dal Web 2.0. Già in passato, a Marzo 2009, Obama aveva in qualche modo rinnegato i blogger definendoli “semplicistici e fuorvianti”.

Il contesto della blogosfera

La risposta arriva da Neil Henry, rettore della Scuola Superiore di Giornalismo di Berkeley, in una interessante intervista su “La Stampa“, in cui afferma:

La blogosfera è una realtà distinta nell’universo dell’informazione per la quale non può essere applicato un controllo sistematico perché contro natura.
[…]
Nello sconfinato mondo della blogosfera, il principio del Fact-Checking (per garantire che l’informazione sia credibile e accurata) non può essere applicato, perché si parla di voci, di opinioni.

Imporre un Fact-Checking sistematico ai blog, significa andare contro la loro stessa natura di flusso libero di opinioni e di analisi, per il quale sono stati creati.

Le differenze tra blog e giornali

Se è vero che le parole feriscono più di una spada è anche vero che la libera diffusione delle idee è da sempre stato un delicato argomento di discussione. E’ noto che quando si ha troppa libertà, questa situazione è sempre vista, da chi detiene il potere, come uno strumento troppo pericoloso che si immagina possa sfociare nell’anarchia più assoluta.

Quando si scrive per un blog, l’autore si assume fino in fondo le responsabilità di ciò che scrive. Parallelamente, il blog offre una maggiore libertà, ovvero il poter scrivere su qualsiasi argomento. In un giornale, invece, l’autore ha la possibilità di sentire la libertà di scrivere ciò che vuole, ma l’argomento è scelto sempre dal giornale stesso. In pratica l’articolo di una testata giornalistica è sempre il risultato di un’azione coordinata all’interno delle proprie competenze e della politica editoriale del girnale stesso.

A tal proposito mi piace citare una frase di Dan Gillmor che fa capire come la Rete sia uno strumento fondamentale per interloquire e mette in evidenza la differenza tra conversation e lecture:

Quando sei nel blog partecipi alla conversazione, mentre quando scrivi su un quotidiano stai facendo una lezione!

Granieri, autore di Blog Generation ci fa notare che abbiamo ancora molta difficoltà a considerare la blogosfera come giornalismo.

«Sebbene i materiali da costruzione siano gli stessi (ovvero le informazioni) e alcune procedure di composizione siano simili, i blog non sono giornalismo. Informano, ma non sono giornalismo come lo conosciamo, anche quando a tenere un blog è un professionista riconosciuto dall’Ordine»

Forse, però, è il caso adeguare il concetto di giornalismo alla nostra era: infatti, si può fare del buon giornalismo anche senza alcuna tessera professionale! Ma è tuttavia vero che forse nella sua vastità, la blogosfera manca di uno strumento di controllo proprio dei giornali (o almeno di quasi tutti), che sicuramente non le appartiene e, forse, non ambisce neanche ad avere.

C’è chi afferma che nella blogosfera, c’è una netta prevalenza delle opinioni rispetto alle notizie e che, a volte, ha la tendenza a diventare strumento di attivismo piuttosto che di informazione (non che da queste caratteristiche siano immuni le migliori testate giornalistiche tradizionali), forse proprio di tutto ciò che segue un modello di interrelazione uno-con-molti.

Quel che è certo è che il vantaggio di un blog è quello di non doversi vergognare a volersi rivolgersi solo a nicchie ben individuate che il giornalismo tradizionale spesso ignora a favore delle grandi masse.

Il blog è per definizione non esaustivo?

Il problema è che dato che la blogosfera pullula di blog personali senza nessun tipo di qualità giornalistica, è facile cadere nelle accuse, da parte dell’élite mediatica, di non rilevanza della blogosfera.

Però, come analizza Granieri, il blog, a differenza di modelli a noi più familiari come il quotidiano o la rivista, non ha nessuna pretesa di essere esaustivo. Anzi, al contrario, un blog tende per definizione a portare «fuori da sé» il lettore, dirigendolo verso altre fonti, verso altre voci. Il risultato è che nessuno legge un solo blog, poiché si tratta di un singolo nodo in un’opera collettiva ipertestuale che tende a configurarsi come un sistema di contenuti.

Quindi, per la sua stessa natura, il blog è un atto di generosità: essendo un nodo in un sistema di lettura, sposta l’attenzione (e il lettore) su altre fonti invece di cercare di trattenerlo sulle sue pagine. Questa scelta che in un sistema competitivo sarebbe un suicidio, nel sistema weblog è prassi, è un circolo virtuoso, in cui il trasferimento del lettore è funzionale e non va contro gli interessi personali o privati.

Perchè equiparare i blog ai giornali?

Ma il problema è: chi ha chiesto di equiparare i blog ai giornali? Perché ci si ostina a volerli guardare allo stesso modo?
Chi fa blog, come il sottoscritto, non si sogna mai di essere equiparato ad un giornalista. Il suo “lavoro” lo fa solo per passione e nel tempo libero e i suoi argomenti sono vari e mai dettati da alcuna redazione.

Infatti, come asserisce il giornalista Andrew Sullivan:

La discussione sui blog non va orientata sulla loro essenza giornalistica, ma sulla loro esistenza, sulla loro utilità ed importanza nel nostro mondo attuale e, soprattutto, sulla loro integrazione con il mondo dell’informazione. Mentre gli esponenti del giornalismo tradizionale insistono su quelli che sono gli elementi che non fanno dei blog una forma di giornalismo, Sullivan suggerisce di guardare il blog e il giornalismo non come due soggetti da mettere in contrapposizione, ma come entità complici all’interno della rete. L’uno può servire ad ampliare e migliorare l’altro.

La paura dei giornali tradizionali: il Blog Power

Io credo che non sono i blog a voler diventare testate giornalistiche, bensì penso che siano i giornali tradizionali, (che a causa dell’avvento del web sono in grande crisi), ad aver paura dei blog, che spesso rubano fette di milioni di lettori ai media classici. Ed è da questa paura del diverso, del rivoluzionario, dell’innovativo che nascono queste accuse alla blogosfera che di fatto, ha solo il merito, di regalare un nuovo modo di comunicare le notizie, le idee e le informazioni, ma anche un nuovo modo per partecipare alla conversazione. E’ da qui che nascono i weblog di giornalisti che, tentando di emulare i blog, cercano di recuperare il terreno perduto. Il problema è che siccome sono sempre associati a grandi testate giornalistiche, e quindi sempre in accordo con la politica editoriale in Rete del suo giornale di appartenenza, non riescono mai ad essere fino in fondo come gli autori del blog.

Ma a spaventare più di tutti è la constatazione che, alcune volte, un unico blogger che lavora da casa può raggiungere lo stesso numero di lettori di un grande giornale (è l’effetto del citizen journalism e del Blog Power in senso esteso), senza dipendenti, senza spese e senza costi di produzione. Anche se bisogna ammettere che non può produrre in nessun modo gli articoli approfonditi ad alta intensità di manodopera che un buon giornale propone quotidianamente, questo enorme vantaggio competitivo dipende dall’evoluzione tecnologica ed è inevitabile, ma i giornali tradizionali non lo capiscono ancora pienamente.

Tag:Blog, blog-power, blogosfera, democrazia, giornali, informazione, Obama, stampa, Web 2.0
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Giu 12 2008

Cos’è la Neutralità della Rete? Internet sta rischiando di perdere la sua libertà e democrazia?

Posted by Antonio Troise
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La rivoluzione di internet è derivata quasi esclusivamente dalla sua natura libera che, dai suoi albori, l’ha animata e rivitalizzata anche nei momenti di crisi (ricordate la Bolla di Internet del 2001?). Il suo essere libera, aperta e democratica l’ha fatta crescere e prosperare e, a meno di casi limiti di sistemi totalitari (come la Cina), sulla grande frontiera delle comunicazioni digitali non esistono barriere di sorta, tanto che ognuno di noi sa che ogni sito viene trattato nello stesso modo e tutti possono essere collegati, letteralmente, a tutti!

Net Neutrality

Purtroppo, anche se questa libertà sembra oramai scontata, in realtà negli ultimi anni è stata costantemente minacciata anche da governi democratici, facendo nascere, così, l’esigenza di un nuovo termine: la Neutralità della Rete ( Network Neutrality ). Questo concetto sta ad indicare quella particolare condizione per cui, a prescindere dal provider con cui ci si connette alla rete, l’accesso ai contenuti deve essere garantito sempre a tutti e fornendo sempre il medesimo risultato.

Definizione del concetto di Neutralità della Rete

Negli Stati Uniti ogni utente sa di poter raggiungere con la stessa facilità sia il sito ufficiale di George W. Bush sia After Downing Street, un sito che vorrebbe cacciare il presidente e chiunque abbia avuto a che fare con lui.
Se la Neutralità della Rete dovesse, però, malauguratamente venire a mancare, tutto ciò potrebbe non essere più vero!
In casi limite, addirittura, potrebbe accadere, che il navigatore si possa trovare nella situazione di dover scegliere un provider di accesso ad internet sulla base dei contenuti offerti (siti web, servizi VoIP ecc). Se la Neutralità della Rete non fosse, quindi, garantita a tutti, ciò significherebbe che i provider potrebbero fornire un servizio di connessione ad internet favorendo alcuni contenuti del web rispetto ad altri. In pratica, ci troveremmo dinanzi ad una architettura di rete basata esclusivamente sui favoritismi, progettata affinché taluni servizi possano avere enormi vantaggi rispetto ad altri, e ciò, inevitabilmente, permetterebbe la creazione di un nuovo mercato tra fornitori di contenuti per il web e Internet Service Provider.

Internet Access

In realtà la questione potrebbe anche essere più sottile, subdolo e meno visibile: infatti, si potrebbe configurare anche la possibilità che gli operatori possano dare maggiore priorità ad alcuni pacchetti di dati rispetto ad altri, abbandonando il metodo del cosiddetto best effort che ha regolato fino a oggi il traffico su internet: sulla rete tutti i dati hanno la stessa priorità, e le congestioni di traffico vengono gestite semplicemente in base al principio del ‘meglio possibile’. In poche parole: tutti i contenuti, i mittenti e destinatari hanno gli stessi diritti.
il principio del best effort potrebbe essere, quindi, sostituito dagli exclusive agreement, accordi esclusivi tra operatori e fornitori di contenuti e servizi sul web, con gli operatori che avrebbero il coltello dalla parte del manico e potrebbero facilmente dare priorità a propri contenuti e servizi rispetto a quelli di altri.

Se la Network Neutrality venisse eliminata, le aziende di telecomunicazioni potrebbero fare una fortuna fornendo collegamenti veloci solo ai siti che pagano e discriminando con connessioni più lente tutti gli altri. Eliminare la neutralità della rete spalancherebbe la strada alla colonizzazione del web da parte delle multinazionali delle telecomunicazioni, che amplificherebbero le voci dei ricchi e dei potenti riducendo al silenzio il dissenso.

Il pericolo che viene dall’America

Support Net Neutrality La Neutralità della Rete è stata recentemente minacciata dai legislatori statunitensi che, spinti dalle richieste di grandi provider, stavano valutando l’introduzione di quella che viene chiamata Internet a 2 velocità, una riforma alla legislazione sulle telecomunicazioni, che, anche se dovrebbe avvenire solo in America, per via della natura globale di Internet, potrebbe interessare tutto il mondo.

Nel 2005, infatti, la commissione federale per le comunicazioni degli Stati Uniti (Fcc), su pressione dei giganti delle telecomunicazioni, iniziò ad attaccare la Neutralità della Rete che per anni aveva garantito pari condizioni a tutti i siti.

Schierati a favore della riforma di abbattimento del criterio di neutralità spiccavano AT&T, gigante mondiale delle telecomunicazioni, e il partito degli ISP formato da Verizon, BellSouth e Comcast.

Si opponevano invece con forza, oltre ai progettisti di Internet tra cui spiccano Tim Berners e Vint Cerf, aziende come Google, Microsoft, eBay e Amazon; persino la FCC o Federal Communication Commission, un’agenzia governativa indipendente per le comunicazioni, si opponeva alla riforma.

l timore di questa prospettiva ha spinto più di un milione e mezzo di statunitensi e 850 gruppi di sinistra e di destra a chiedere al Fcc e al Congresso di fissare delle regole che tutelino la Neutralità della Rete . Decine di migliaia di cittadini americani hanno inviato i loro messaggi all’Fcc, che il 23 luglio 2007 concluse la sua indagine ufficiale sulla rete.

In un periodo in cui la democrazia statunitense è sotto attacco su molti fronti, internet è uno dei pochi posti dove la libertà ha fatto veramente dei progressi. L’unico segnale che l’Fcc può cogliere dai tanti messaggi ricevuti è che i cittadini vogliono che questi progressi continuino.

Ad oggi la questione sembra essersi congelata, forse in attesa della prossima legislatura. Ma le domande restano sempre le stesse: l’Fcc saprà difendere la neutralità della rete? O chiuderà la frontiera e lottizzerà quelli che un tempo erano grandi spazi aperti trasformandoli in lussuose dimore per chi può pagare e in baracche per chi non può?

Un video sulla Net Neutrality

Per capire meglio il significato della Neutralità della Rete, vi consiglio di vedere questo filmato, la cui traduzione è stata curata dall’associazione Anti Digital Divide:

Tag:blog-power, democrazia, Internet, liberta, network neutrality, neutralità rete, Provider, web
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Mag 28 2008

Le nuove frontiere di una internet a doppia faccia: quando le libertà di parola e di libero mercato sono precluse dalle istituzioni

Posted by Antonio Troise
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Internet Free Se da un lato internet è considerata l’ultima frontiera della libertà di parola e d’espressione in grado di garantire a tutti l’allargamento della democrazia (“Una porta aperta verso la democrazia“, come ha detto anche Al Gore), in realtà per molti non è così.
Infatti, se la libertà può piacere agli utenti, non lo è certamente per la maggior parte dei governi, sia per quelli totalitari (come Cina o Cuba) che controllano anche con il web la libertà dei propri cittadini, sia per quelli più aperti e democratici, poiché un web senza confini è anche un territorio impossibile da controllare, visto che può essere aperto ad ogni tipo di uso, come, per esempio, il terrorismo.

Ma se questo aspetto di una internet a doppia faccia, una democratica e l’altra repressiva, è sicuramente noto ai più, ve ne è anche un altro che spesso viene sottovalutato e che mostra come le politiche commerciali siano cambiate negli ultimi decenni: quello del mercato chiuso.
Infatti, nonostante possa sembrare un controsenso che nel XXI secolo il mercato non sia libero e aperto su internet, come lo è di fatto da anni sulle frontiere, in realtà per molti aspetti è proprio così. Ne è un esempio la commercializzazione dei prodotti multimediali, come la musica o il cinema, che possono essere liberamente acquistati online, da un paese all’altro, solo se si tratta di prodotti fisici come cd o dvd, ma se si vuole entrare in possesso di un file digitale, occorre acquistarlo solo nel paese in cui si risiede. E’ questo, per esempio, quello che accade con i negozi virtuali come Amazon e iTunes.

Un altro esempio eclatante è quello di Pandora, il famoso servizio di streaming musicale che ha rivoluzionato la musica con il concetto di genoma musicale, in grado di classificare i brani e trovarne le similarità tra due canzoni di gruppi differenti, senza seguire nessuna predeterminata classificazione. Ebbene, a causa di una nuova legge americana che costringeva le web radio a pagare in base al numero di ascoltatori, Pandora è stata costretta, per limitare i costi, a chiudere l’accesso al servizio di streaming a tutti gli utenti che non si colleghino dagli Stati Uniti (il controllo avviene in base all’indirizzo Ip dell’utente).

Ma di esempi di limitazione geografiche di servizi nati sul web ve ne sono a centinaia. Per citarne uno nostrano, possiamo ricordare Donwlovers.it, un servizio limitato alla sola Italia e che permette di scaricare brani musicali gratuitamente grazie alle presenza sul sito di spot pubblicitari.

Se Internet non conosce frontiere, le leggi tra una frontiera e l’altra, fanno si che possano nascere molti servizi limitati geograficamente e che sarebbe utile fruire anche altrove.

In definitiva la realtà di Internet è molto più complessa e ricca di scenari diversi, di quello che si possa immaginare. In un era in cui le frontiere in Europa sono state aperte da anni, tutte queste barriere su un mezzo come il web che, per sua natura, dovrebbe essere libero, senza confini e barrierie, suona stonato: purtroppo la dura realtà ci insegna che in un mondo senza regole le varie istituzioni tendono a ricostruire caparbiamente quegli stessi confini e barriere che esistevano nella vita reale, rendendo, quindi, difficile immaginare, se non utopico, che il web possa essere mai quella palestra di democrazia che tutto il mondo vorrebbe possa ancora essere.

Tag:amazon, democrazia, Internet, itunes, pandora, Radio, streaming
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Feb 14 2007

E se Google cadesse in mano ad un dittatore o non fosse altro che il nome in codice di Echelon?

Posted by Antonio Troise
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La dittatura di Google Sono passati quasi 2 anni esatti da una mia recensione di un video realizzato in flash (Youtube non era anche diffuso dato che nacque nello stesso mese, Febbraio del 2005; ma oggi è possibile trovarlo anche qui) e della durata di 8 minuti che descrive il progetto EPIC, ovvero un mondo (datato 2014) in cui i mezzi di comunicazione di massa non esistono più, sostituiti da una piattaforma tecnologica di distribuzione personalizzata delle informazioni: Google Grid.
Oggi due studenti tedeschi, Ozan Halici e Guenther Mayer, con un video di 3 minuti, hanno realizzato la prima, vera risposta in forma di manifesto politico al video Epic 2014, esaltando la geometrica potenza del motore di ricerca più famoso al mondo creato da Brin e Page: Master Plan – About the power of Google

Su zambardino trovo:

Gli autori cominciano presentando l’attrezzo del burattinaio, dove i burattini sono i media, e ci dicono che Google controlla tutte le fonti di informazione e ne regola la distribuzione. Ciò è stato reso possibile dalla potenza dell’algoritmo messo a punto da Brin e Page e dalla visione di business di Eric Schmidt, amministratore delegato di Google. Il controllo del comportamento on line degli utenti conferisce a Google la capacità di gestire e organizzare immense masse di dati relativi alla vita e al comportamento on line delle persone ma anche sulla loro vita privata, ciò che ne fa un mezzo onnipotente.

Secondo un ex agente della Cia – continuano i due autori – Google, che indicizza ogni singola mail che noi mandiamo, collabora con le agenzie governative per la sicurezza e con la stessa Central Intelligence Agency. Il motore sarebbe coinvolto anche in ricerche sulla biologia molecolare e si avvierebbe (i condizionali sono nostri, gli autori usano l’indicativo presente) ad essere un immenso data base della vita individuale prima che collettiva. Per questo motivo le “nostre vite sono diventate trasparenti”. E la domanda finale (pesantemente ironica): Google si preoccupa della nostra privacy?

Anche se molti temono che questo video verrà presto rimosso da Youtube (visto che recentemente è stato acquisito da Google), credo che questo non accadrà visto che le tesi avanzate nel filmato siano frutto paure legittime ma forse fanno ancora parte della fantapolitica, almeno ferme restando la situazione internazionale.

Io invece penso che Google in sè non sia una minaccia ma potrebbe divenire uno strumento micidiale se cadesse in mano a qualche dittatore o stato dittatoriale, che per qualche motivo acquisisse (col denaro o con la forza) questo potente piattaforma (non si può più parlare solo di motore di ricerca). Un altra ipotesi più soft potrebbe essere che un’intero stato (sto pensando agli Stati Uniti) obblighi la società a rendere davvero trasparenti i nostri dati sensibili. D’altronde lo scopo di Echelon non era questo? E se Google non fosse altro che il nome in codice del noto Progetto Echelon o perlomeno una sua conseguente evoluzione? D’altronde i conti tornerebbero: come poter spiare un intero pianeta senza farsi scoprire? Semplice: entrando nelle case di ognuno di noi, silenziosamente, allegramente e spalancandoci infinite possibilità, per poi fagocitare ogni cosa della nostra vita passata, presente e futura.
Uno scenario realistico potrebbe anche prevedere per Google la possibilità di essere l’arma vincente in un ipotetico conflitto internazionale. Quanti di noi si fidano ciecamente di Google tanto da lasciargli in mano le proprie email, documenti word, excel, storici delle ricerche su Google, etc. (un’occhiata a GoogleWatch potrà chiarire il concetto)?

Certo è tutta fantasia, ma è bene che la gente inizi a riflettere anche se queste paure restano e rimarrano infondate: la perdita delle democrazia è sempre derivata da una ignoranza del popolo che non ha saputo vedere al di là del proprio naso.

Tag:democrazia, dittatura, echelon, epic, Google, Video, youtube
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Ott 15 2006

180° News

Posted by Antonio Troise
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180° News è un nuovo “collaborative news site” che ricorda da vicino il noto Digg: proprio come digg, raccoglie e pubblica notizie provenienti da tutto il mondo consentendo poi ai lettori di decidere, tramite democratica votazione, quali siano quelle che meritano maggior attenzione. L’unica differenza è che non si limita a trattare solo news tecnologiche ma propone notizie di ogni genere.
[via blogs4biz.info]

Tag:collaborative, democrazia, digg, news, votazione
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