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Dal 2004 il blog di Antonio Troise

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Lug 24 2009

Riflessioni sulla innovazione tecnologica e la convergenza mediale

Posted by Antonio Troise
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Cosa rende un prodotto tecnologico maggiormente appettibile rispetto ad un altro? Non è facile rispondere alla domanda, perchè il risultato dell’equazione altro non è che un mix tra la possibilità di offrire maggiori caratteristiche rispetto ad un altro prodotto, a come questo si presenta al pubblico in modo da risultare più trendy e di tendenza. Al giorno d’oggi l’innovazione tecnologica è in grado di regalarci nuove possibilità e la sfida, ora, non è più quello di offrire di più a meno, ma è quella di offrire meno a più, ma includendovi, anche, una esperienza d’uso maggiore rispetto al passato. Mi spiego meglio: grazie alla evoluzione della tecnologia è facile, oramai, veicolare a costi sempre più ridotti più servizi su una stessa infrastruttura. E’ in questo caso che si parla della famosa “convergenza” che, inesorabilmente, porta all’equazione più servizi e prodotti a prezzi ridotti. Basti pensare a tutte le offerte “triple” e “quad-play”, IPTV compresa, in grado di attuare la convergenza voce-internet, vale a dire l’offerta congiunta di voce, dati, video e telefonia mobile in un solo servizio (gli analisti tendono a chiamarla anche “convergenza multimediale su IP“) Qualcosa che fino a qualche anno fa era impensabile! Lo stesso si può dire per il digitale terrestre (DTT) che, all’insegna della convergenza fra tlc, multimedia e broadcasting, è in grado di contenere i costi, aumentare i servizi e garantire elevate performance (almeno teoricamente).

La visione di Negroponte

Il primo grande teorico che per primo affrontò il tema della convergenza nell’ambito della multimedialità (era il lontano 1979), è stato Nicholas Negroponte che dettò le 5 Leggi fondamentali che regolano la convergenza, vista come mix tra telecomunicazioni, informatica e media sulla base della tecnologia digitale:

  1. tutte le informazioni possono essere convertite in forma digitale e soggette alla convergenza
  2. la convergenza è la base della multimedialità ed elimina la distinzione fra i mezzi di comunicazione
  3. la natura stessa della convergenza rende obsoleta in partenza l’imposizione di qualsiasi regola artificiale
  4. la convergenza ha le sue proprie regole naturali
  5. la convergenza è indipendente dai confini dello Stato.
La trasformazione del consumatore

Ma quello che non tutti sanno è che a favorire la cultura convergente è stata fondamentale la trasformazione che ha vissuto, e sta tuttora vivendo, la
figura del consumatore. Infatti, esso non è più visto come uno spettatore passivo ma è uno strumento attivo, critico ed estremamente sociale, sempre alla ricerca di modi nuovi per interagire e disposto anche a migrare su un nuovo media pur di ottenere ciò che cerca. Queste sue nuove proprietà hanno permesso il successo di siti come Facebook, Twitter e Flickr, ma hanno anche mutato il rapporto che l’uomo ha con la tecnologia.

La fusione tra il vecchio e il nuovo

Un altro aspetto molto importante della convergenza mediale, è stato che il lungo processo che ha portato a questo nuovo status della tecnologia, non ha precluso i vecchi media, ma li ha semplicemente fusi insieme ai nuovi, in modo da creare un nuovo flusso informativo in grado di creare contenuti transmediali innovativi. In definitiva, non esiste più il concetto di media associato ad una sola ed esclusiva funzione (la televisione, la radio, il telefono sono strumenti con un solo scopo unidirezionale) ma esiste un unico grande flusso informativo e mediatico in grado di svolgere più funzioni contemporaneamente. Pensate ad esempio quando volete chiamare un amico: per farlo potere usare il caro vecchio telefono su doppino telefonico, oppure il vostro cellulare su rete GSM/EDGE/UMTS, oppure dalla vostra linea digitale con il vostro telefono VOIP, o magari con Skype. Ma questi stessi strumenti possono effettuare, oltre alla telefonate, anche decine di altre funzionalità: pensate ad un telefono come l’iPhone.

Lo stesso Nicholas Negroponte, nel suo bestseller del 1990 “Essere digitali”, tracciava una netta distinzione tra “i vecchi media passivi” e “i nuovi media interattivi”, prevedendo che a breve queste due tipologie si sarebbero separate nettamente. Evidentemente nulla lasciava presagire, invece, nemmeno ad un visionario come Negroponte (ricordiamo che è stato uno sostenitore dell’ambizioso progetto umanitario OLPC – One Laptop per Child), che si sarebbero fusi insieme!

I vantaggi per il consumatore e per l’industria

Tutto questo, ovviamente, se a prima vista è un innegabile vantaggio per il consumatore finale, lo è sicuramente meno per tutto il comparto dell’offerta che vedrà, all’improvviso, il suo potenziale valore nettamente diminuito. Ma il trucco sta nell’offrire di più, facendolo pagare di meno in modo da assicurarsi una maggiore fetta di mercato in modo che il maggior numero di clienti possa riequilibrare le perdite che se si fosse adattato il vecchio metodo di proporre servizi e tecnologie diverse e separate.
E il vantaggio è sotto gli occhi di tutti: prestazioni migliori, costi decrescenti e una percezione di maggiore valore in un prodotto/servizio derivante dall’aggregazione più valori.

L’offerta sul mercato di tutto questo valore aggiunto è frutto della innovazione tecnologica e della convergenza mediale e, nonostante lo stiamo continuamente vivendo, è un fenomeno invisibile a più, ma che procede inesorabile verso mete di integrazione ancora difficili da immaginare.

Tag:convergenza, cultura, dtt, evoluzione, Internet, iptv, Tecnologia
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Mag 29 2009

Il misterioso legame tra i fiumi e il Pi Greco raccontato da Alessandro Baricco e Simon Singh e speculazioni sulla soluzione di questo enigma

Posted by Antonio Troise
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La scuola spesso insegna la matematica in maniera nozionistica, non riuscendo quasi mai ad infondere negli studenti quella curiosità, a tratti infantile ma comunque pura, che ha caratterizzato gli stessi matematici dei secoli scorsi, in grado di far iniziare tutte le domande con la parola “perché” e di riempire le giornate di quel meraviglioso stupore che anima gli occhi dei bambini. Forse è per questo che la matematica, così come viene vista, risulta davvero difficile da digerire.

Oggi, però, voglio proporvi un viaggio nella matematica visto da due scrittori diversi: lo stesso argomento trattato da due persone culturalmente diverse ma che hanno in comune la stessa meravigliosa passione per il bello delle cose. Quindi, tenterò di spiegarvi come gli scienziati possano essere così vicini alla spiegazione finale senza però riuscire ancora a decifrarla definitivamente.

L’argomento è la relazione dei fiumi con il pi greco e il primo scrittore che vi racconterà di questa appassionante curiosità è Alessandro Baricco, in uno dei suoi più famosi libri “City“, che con il suo solito stile narrativo, accattivante e coinvolgente, vi parlerà di questa inscindibile unione tra fiumi e pi greco, tra natura e matematica il tutto rapportato con l’essere umano.

[…] anche se mi sforzo, mi viene solo in mente quella storia dei fiumi, se proprio voglio trovare qualcosa che mi faccia digerire tutta questa faccenda, finisco per pensare ai fiumi, e al fatto che si son messi lì a studiarli perché giustamente non gli tornava ‘sta storia che un fiume, dovendo arrivare al mare, ci metta tutto quel tempo, cioè scelga, deliberatamente, di fare un sacco di curve, invece di puntare dritto allo scopo, devi ammettere che c’è qualcosa di assurdo, ed è esattamente quello che pensarono anche loro, c’è qualcosa di assurdo in tutte quelle curve, e così si son messi a studiare la faccenda e quello che hanno scoperto alla fine, c’è da non crederci, è che qualsiasi fiume, proprio qualsiasi fiume, prima di arrivare al mare fa esattamente una strada tre volte più lunga di quella che farebbe se andasse dritto, sbalorditivo se ci pensi, ci mette tre volte tanto quello che sarebbe necessario, e tutto a furia di curve, appunto, solo con questo stratagemma delle curve, e non questo fiume o quello, ma tutti i fiumi, come se fosse una cosa obbligatoria, una specie di regola uguale per tutti, che è una cosa da non credere, veramente, pazzesca, ma è quello che hanno scoperto con scientifica sicurezza a forza di studiare i fiumi, tutti i fiumi, hanno scoperto che non sono matti, è la loro natura di fiumi che li obbliga a quel girovagare continuo, e perfino esatto, tanto che tutti, e dico tutti, alla fine, navigano per una strada tre volte più lunga del necessario, anzi per essere esatti, tre volte virgola quattordici, giuro, il famoso pi greco, non ci volevo credere, in effetti, ma pare che sia proprio così, devi prendere la loro distanza dal mare, moltiplicarla per pi greco e hai la lunghezza della strada che effettivamente fanno, il che, ho pensato, è una gran figata, perché, ho pensato, c’è una regola per loro vuoi che non ci sia per noi, voglio dire, il meno che ti puoi aspettare è che anche per noi sia più o meno lo stesso, e che tutto questo sbandare da una parte e dall’altra, come se fossimo matti, o peggio smarriti, in realtà è il nostro modo di andare diritti, modo scientificamente esatto, e per così dire già preordinato, benché indubbiamente simile a una sequenza disordinata di errori, o ripensamenti, ma solo in apparenza perché in realtà è semplicemente il nostro modo di andare dove dobbiamo andare, il modo che è specificatamente nostro, la nostra natura, per così dire, cosa volevo dire?, quella storia dei fiumi, si, è una storia che se ci pensi è rassicurante, tanto che ho deciso di crederci […]

Da “City” di Alessandro Baricco, editore Rizzoli

Il secondo scrittore è Simon Singh, specializzato nella divulgazione scientifica, che, nel suo primo libro di successo “L’ultimo teorema di Fermat“, racconta di questo rapporto tra scienza e natura in maniera più o meno analitica e precisa. Non spiega il perché vi sia questo comune legame ma ci svela, con il suo stile semplice e romanzato che contraddistingue da sempre i suoi libri, lo studio di uno scienziato della Università di Cambridge, Hans Stolum, che, nel 1990, scoprì questa curiosa relazione.

“[…] Un particolare numero sembra determinare la lunghezza dei fiumi che formano meandri. Il prof Hans Stolum, uno scienziato della terra dell’università di Cambridge, ha calcolato il rapporto tra la lunghezza effettiva dei fiumi dalla sorgente alla foce e la loro lunghezza in linea d’aria. Anche se il rapporto varia tra un fiume e un altro, il valore medio è leggermente superiore a 3, cioè la lunghezza effettiva è circa 3 volte maggiore della distanza diretta in linea d’aria. In realtà il rapporto è circa 3,14 , che è il valore approssimato di pi greco ossia del rapporto tra la circonferenza e di diametro del cerchio.
Nel caso dei fiumi, pi greco è il risultato di una battaglia tra l’ordine e il caos. Einstein fu il primo a suggerire che i fiumi tendono a seguire un percorso sempre più tortuoso perché la corrente , essendo più veloce sulla parte esterna di una curva, produce un’erosione maggiore sulla sponda corrispondente, cosi che la curvatura in quel punto aumenta. Più accentuata è la curvatura, più forte è la corrente sulla sponda esterna e di conseguenza maggiore è l’erosione. […] L’equilibrio tra questi due fattori opposti conduce a un rapporto medio che vale pi greco tra l’effettiva distanza in linea retta tra la sorgente e la foce. Il rapporto di pi greco si trova più comunemente in quei fiumi che scorrono attraverso pianure che hanno un dislivello molto tenue, come i fiumi in Brasile o nella tundra siberiana. Pitagora comprese che i numeri erano celati in tutte le cose, dall’armonia musicale alle orbite dei pianeti.”

Da “L’ultimo teorema di Fermat” di S. Singh, editore Rizzoli

Spero che questo piccolo viaggio tra scienza, natura e numeri vi abbia appassionato. Io ho entrambi i libri che ho citato e quando ho letto “L’ultimo teorema di Fermat“, mi sono subito ricordato della citazione di Baricco (che lessi qualche anno prima) e sono rimasto affascinato da come una cosa curiosa come questa possa essere raccontata in due modi così diversi ma al contempo appassionante. E’ per questo che ho voluto rendervi partecipi di questa mia piccola digressione matematica.
Ma oggi, farò di più, e tenterò di spiegarvi, l’apparente mistero che lega inscindibilmente i fiumi e il pi greco.

Una possibile spiegazione

Come avrete notato nessuno dei due scrittori ha spiegato ancora come mai sembra esserci questa relazione tra fiumi e pi greco. Io penso che la soluzione sia potenzialmente semplice ma al contempo non così intuitiva come si può credere.
Un fiume nasce dalla sorgente (punto A) alla foce (punto B). In linea d’aria questo si traduce in una linea retta che va dal punto A al punto B.

Fiumi e Pi Greco - 1

Ovviamente, come noto, un fiume non compirà mai un tragitto in linea retta, bensì un percorso più o meno tortuoso (sinuosity) che potrà dipendere da diversi fattori, come le asperità del terreno, la sua pendenza e i vari ostacoli che si potranno incontrare lungo il tragitto. Se disegniamo il percorso di un fiume qualsiasi confrontandolo con quello che avrebbe dovuto avere in teoria per percorrere la strada più corta (ovvero, compiendo un moto inerziale e unidimensionale, in linea retta), avremo un percorso che sa un po’ di moto caotico di tipo browniano.

Fiumi e Pi Greco - 2

E ora, entra in ballo la teoria delle probabilità (in particolare il concetto che asserisce che la frequenza tende ad assumere valori prossimi alla probabilità teorica), poiché maggiore è la lunghezza del percorso, e quindi della linea retta AB, maggiori sono le probabilità che il percorso che percorrerà il fiume sia della stessa lunghezza nella parte superiore della linea (area viola) e nella parte inferiore (area verde).

Fiumi e Pi Greco - 3

Inizialmente ho subito pensato, in uno slancio di semplicismo, che in un fiume idealmente infinito, se uniamo tutti i micro-percorsi delle due aree, avremmo avuto (almeno per come riuscivo ad immaginare) che le due parti si potevano trasformare in due semicerchi uguali che messi insieme, ovviamente, formavano un cerchio.

Fiumi e Pi Greco - 5

A questo punto, in nostro aiuto, interviene la geometrica euclidea che ci insegna che la circonferenza di un cerchio è pari a:

C=2 * π * r

Dato che 2r altro non è che il diametro del cerchio e, nel nostro caso, la lunghezza della linea retta AB,

2r = AB

E’ evidente che, per fiumi idealmente infiniti, e in pratica molto lunghi, il rapporto tra Circonferenza (lunghezza reale del fiume) e il diametro (la linea retta ideale AB) sia proprio uguale a pi greco!

C/2r = π = 3,14

Questo per un fiume idealmente infinito; ovviamente lo stesso può avvenire, con uno scarto di errore minimo, per fiume molto lunghi (come il Po, il Mississipi o il Rio delle Amazzoni), mentre potrebbe non verificarsi per i fiumi più corti. Ma questa non è una legge: è solo una probabilità che si verifichi perché se un fiume molto lungo attraversa una zona morfologicamente ricca di ostacoli da una sola lato di quella famosa area che traccia la nostra ipotetica linea retta, i nostri calcoli potrebbero non tornare. Infatti, lo stesso scienziato Hans-Henrik Stolum citato da Simon Singh affermava che il rapporto di pi greco si trova più comunemente in quei fiumi che scorrono attraverso pianure che hanno un dislivello molto tenue, come i fiumi in Brasile o nella tundra siberiana.

Il problema, però, risulta molto più complesso di questa mia prima intuizione che, per quanto affascinante e semplice, risulta fallata in una sua parte fondamentale: come dimostrare che si formano due semicerchi? In teoria, quello che è certo è che si formano due aree con la stessa superficie, ma non è detto che il percorso ottenuto sia, nel complesso, circolare. Anzi, a logica, dovrebbe essere un percorso altamente frastagliato, ovvero, che presenta una serie irregolare di sporgenze e rientranze. Quindi, si potrebbe forse asserire, che il percorso potrà essere di qualunque forma (frastagliatura) l’importante è che sia uguale in basso e in alto, e che anche l’area sia la stessa.

Ed è qui che riscontriamo l’inadeguatezza delle misure euclidee per descrivere questo soggetto, divenuto complesso, come un fiume, che tende quasi a diventare un frattale. E quale è la caratteristica di alcuni frattali? Il perimetro di molti frattali può tendere a infinito, mentre l’area resta finita! Infatti, nella realtà il concetto di lunghezza presenta dei limiti quando vogliamo misurare una linea estremamente irregolare.
Mandelbrot si era posto il problema con la sua famosa domanda: “Quanto è lunga la costa della Bretagna?“. Se si segue il contorno della costa si vede che esso è molto frastagliato. Se cerchiamo di essere sempre più precisi , visto che ad ogni passo troviamo sempre le stesse irregolarità, vediamo che la misura non converge verso un ben definito valore ma anzi, aumenta (anche se, in questo caso, non possiamo prevedere di quanto!)

Se misuriamo la distanza fra due punti in linea d’aria, troveremo una certa lunghezza:

Costa frattale - 1

Se misuriamo la distanza tra gli stesso due punti, ad esempio, a grandi passi, ecco che troviamo una lunghezza maggiore:

Costa frattale - 2

Più cerchiamo di aumentare la precisione e più la lunghezza aumenta:

Costa frattale - 3

La lunghezza di un tratto di costa non potrà essere infinita, perché non potremo dividere indefinitamente i tratti da misurare, ma l’andamento delle successive misurazioni ricorda quello del calcolo del perimetro di un frattale nei successivi passi. In effetti l’affermazione di Mandelbrot voleva mettere in evidenza la natura dei frattali riferendosi all’immagine familiare di una costa frastagliata.

La spiegazione di Hans Stolum

In effetti, la teoria dei frattali a cui ero giunto (insieme a Davide mentre si ragionava sulla possibile spiegazione del legame fiumi-pi greco) risulta essere la strada più semplice per raggiungere la meta. Dopo qualche mio girovagare su internet, infatti, ho trovato una spiegazione (questo il documento in formato Word) di Hans Stolum sul legame tra i fiumi e il Pi Greco, che ha cercato di spiegare questo relazione definendo il fiume come un “sistema dinamico debolmente caotico” (weakly chaotic dynamical system) adducendo al fatto che le ripetitività dei pattern di un fiume possono far pensare ad un sistema frattalico. Con delle simulazioni, hanno potuto calcolare che la sinuosità (sinuosity), ovvero il rapporto tra la lunghezza effettiva e quella ideale in linea retta, può variare da un minimo di 1 ad un massimo di circa 3.5, con un valore significativo di 3.14. Ovviamente nessuno è riuscito ancora a definire bene la “formula del fiume” ma la teoria della teoria del Caos sembra la strada più interessante da percorrere.

L’essenza della Matematica

La Matematica, con la sua teoria dei numeri in primis, ha affascinato per secoli, le più grandi menti che l’umanità abbia mai potuto avere. E scoprire la relazione che sta alla base dei numeri per molti costituisce il fine ultimo delle ricerche di questi uomini eccelsi. Tra questi mi piace citare Ramanujan, un matematico unico con una straordinaria intuizione nel cogliere architetture numeriche con estrema facilità, tanto che un giorno scoprì una relazione che lega, attraverso una meravigliosa frazione continua, tre numeri fondamentali: phi, la sezione aurea ed il famoso pi greco.

L

In molti vedono in questa equazione, uno stretto legame, che passa attraverso l’infinito, tra l’irrazionale phi ed il trascendente pi greco! E’ facile quindi pensare che tra frattali e pi greco possa coesistere una analogo legame in una equazione non ancora scoperta!

Se per molti vedere questi legami segreti possa sembrare solo il frutto di una semplice pareidolia dei numeri, in grado di trovare un finto ordine in sequenza numeriche caotiche, per altri è la base stessa del loro essere scienziati. Porsi davanti ad un mistero e cercare di risolverlo, è lo stesso motivo per cui in molti svolgono con passione le proprie parole crociate. Solamente che i matematici si trovano di fronte un enorme scacchiera con tutti quadrati bianchi, senza definizioni e numeretti, ma solo qualche tassello riempito con qualche costante matematica o funzione. Il loro compito è riuscire a combinarli tutti insieme in modo da riempire coerentemente questo enorme cruciverba che altro non è che il nostro universo. La loro impresa può sembrare ardua, forse senza fine, ma non per questo meno degna di essere menzionata.

Come disse Galileo Galilei:

La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e conoscer i carattere, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.

Galileo Galilei, Il saggiatore, 1623

Capire la matematica è capire la natura stessa, perché la matematica è il miglior linguaggio che conosciamo per poterla interpretare: i numeri primi, la successione di Fibonacci, i frattali, il pi greco, sono solo alcuni esempi di matematica che agisce nel nel mondo della natura. Dalla spirale logaritmica della conchiglia del Nautilus all’esagono delle cellette dell’alveare, dalla stella o sei punte del cristallo di neve alla geometria del sistema solare, sono tutti affascinanti esempi di come la Natura possa risolvere e costruire in maniera così egregia e semplice la propria stessa essenza!

Tag:baricco, cultura, fibonacci, frattale, infinito, Libri, mandelbrot, Matematica, numeri, pareidolia, scienza
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Dic 17 2008

Mentre l’enciclopedia Treccani diventa aperta e web 2.0, il dizionario italiano De Mauro ha rischiato di sparire. Spiegazione del perché Wikipedia e il Wikizionario non correranno mai il rischio di cessare di esistere!

Posted by Antonio Troise
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Ricordo la Treccani, come il nome di una delle più autorevoli enciclopedie che nella mia adolescenza erano anche sinonimo di un enorme quantità di tomi dal prezzo spropositato (complessivamente l’Enciclopedia consta di 62 volumi, per un totale di 56.000 pagine con circa 50 milioni di parole, anche se quest’anno ha lanciato una edizione speciale in soli 3 volumi) e stampata su carta speciale garantita 200 anni, che avrebbe dovuto contenere, nelle intenzioni forse troppo ambiziose dei suoi autori, tutto lo scibile dell’umanità. Non ho mai posseduto la Treccani e mai l’ho potuta consultare per le mie ricerche scolastiche, e sono quindi contento di constatare che finalmente potrò farlo ora che ha deciso di pubblicare gratuitamente sul web una porzione consistente dell’opera globale delle enciclopedie e dei dizionari Treccani. Se, infatti, in passato il sito dell’Enciclopedia Treccani era una semplice vetrina web, oggi tutti possono finalmente consultare liberamente oltre 160mila lemmi.

E’ interessante notare, però, che il nuovo sito web 2.0 della Treccani, non mette solo online parte del suo vasto patrimonio enciclopedico, ma anche una serie di strumenti utili e interattivi, come widget, toolbar e feed rss per categoria, per farne un punto di riferimento del sapere in Rete, attorno al quale creare una sorta di social network della cultura italiana. E’ infatti possibile, commentare le voci enciclopediche, segnalare contenuti per arricchire il patrimonio Treccani, inserire parole chiave (tag) utili a creare percorsi tematici e ricerche incrociate, e si potranno scaricare widget per consultare le risorse enciclopediche direttamente dal proprio sito.
Infine, è possibile anche creare un proprio profilo personale per salvare percorsi di navigazione e link utili, scambiarsi messaggi, intervenire in dibattiti, ricevere aggiornamenti e porre quesiti alla redazione.

Come nelle enciclopedie cartacee non mancano i riferimenti da una voce all’altra, anche nel portale Treccani l’ipertestualizzazione è pervasiva: ogni parola dei lemmi delle enciclopedie e del vocabolario è un rimando, ogni rimando è un approfondimento. Basta, infatti, come avviene avviene per il dizionario De Mauro, fare un doppio click su una qualsiasi parola del testo e si verrà subito rimandati alla relativa voce del Vocabolario online o della Enciclopedia online.

Pensate che, la progettazione e l’avvio del portale hanno richiesto un investimento di meno di 500mila euro per due anni di lavoro, e il coinvolgimento di sei persone dello staff che lavorano quotidianamente sul portale. Niente male per un paese abituato a fare i conti con futuristici portali alla stregua di Italia.it, costato ben 45 milioni di euro!

Il fuggevole del Dizionario De Mauro

E se una nuova enciclopedia, pronta a collaborare o a sfidare Wikipedia, è nata, ecco che per un attimo la Rete ha tremato alla notizia che la famosa versione online del Dizionario italiano De Mauro Paravia, stava per sparire per fare posto, nell’homepage del sito, al Dizionario dei sinonimi e contrari De Mauro Paravia. Infatti, come sarà noto a tutti, il De Mauro è l’unico dizionario italiano completo di tutti i lemmi, tanto da essere un riferimento web per moltissimi utenti Internet, da anni linkato da blog e siti per la sua comodità di utilizzo. Certamente, esistono da tempo molte alternative, come il Vocabolario Treccani, il dizionario Garzanti (accessibile, però, dietro registrazione), il nuovo ed internazionale Google Dictionary (tanto da permettere di cercare il significato di una parola in circa 21 lingue, realizzando anche le corrispondenze tra una lingua e l’altra), e i collaborativi Dizionario Italiano e, forse più famoso, Wikizionario, ma tutti sono ancora troppo giovani per essere completi e diffusi sul web come il De Mauro. Infatti, sulla sua scia, sono nati moltissimi plugin per le toolbar, estensioni per firefox, e barre di ricerca che interrogavano direttamente questo database, e da anni veniva linkato da moltissimi siti web.

Fortunatamente, si è scoperto che, almeno per ora, il dizionario italiano aveva solo cambiato indirizzo web. Ora si trova su old.demauroparavia.it e grazie alla collaborazione del webmaster, tutte le richieste provenienti search plugin di Firefox e che puntavano al vecchio demauroparavia.it, ora vengono automaticamente rigirate su old.demauroparavia.it.

I benefici dei siti Wiki che non potranno mai cessare di esistere

Insomma, per ora il pericolo è stato scongiurato, ma sicuramente è stato utile a molti, me compreso, ad aprire gli occhi sulla caducità delle informazioni su internet. Se è vero che se una cosa c’è su internet è probabile che una sua traccia sarà disponibile per sempre, è anche vero che se sparisce un database enorme, come il De Mauro appunto, sarà ben difficile rimpiazzarlo in poco tempo con un altro di pari livello. E’ per questo che progetti come il Wikizionario, e in generale, Wikipedia sono le migliori soluzioni per tutti, in quanto, proprio per la loro natura collaborativa e free, possono crescere costantemente nel tempo, migliorandosi e perfezionandosi, e possono essere liberamente replicate su qualsiasi sito o supporto. Infatti, è possibile scaricare l’intero contenuto e struttura di Wikipedia (un enorme dump XML del database), da http://static.wikipedia.org/downloads/ (qui la versione italiana di 1.6 GB aggiornata al Giugno 2008), mentre è possibile scaricare l’intero contenuto del Wikizionario da questa pagina: http://download.wikimedia.org/itwiktionary/. Basterà quindi installare il software con licenza GNU GPL MediaWiki su un qualsiasi sito web (ma anche localmente su un qualsiasi pc) per replicare all’infinito l’informazione contenuta nella più grande enciclopedia della Rete!

Tag:cultura, database, demauroparavia, dizionario, treccani, vocabolario, Web 2.0, wikipedia
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Lug 10 2008

Confronto tra gli archivi storici gratuiti dei giornali online di Repubblica, Il Corriere e La Stampa. La babele dell’informazione digitale che salverà il web!

Posted by Antonio Troise
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Anni fa, quando ci fu l’avvento delle prime testate giornalistiche sul web, tutti gli archivi storici degli articoli pubblicati online erano sempre disponibili a tutti tramite una comoda funzione di ricerca. Ma da quando si scoprì che con gli articoli passati ci si poteva ancora guadagnare (quanti giornalisti freelance o editorialisti o scrittori hanno bisogno di una memoria storica affidabile come quella di un giornale) tutti i giornali pubblicati anche online avevano iniziato a tirare i remi in barca limitando l’acceso ai soli ultimi articoli e precludendo la possibilità di ricerca senza limiti di una notizia sui loro siti istituzionali. Questa situazione perdurò per diversi anni sinché, forse consci del fatto che, alla fine, i guadagni non erano poi così tanti come ci si immaginava inizialmente, le maggiori testate giornalistiche italiane iniziarono a mettere a disposizione tutti gli archivi storici delle notizie da loro pubblicate. Il bello era che, appena il primo iniziò, dato il grande effetto mediatico che produsse sul web e sulla blogosfera, che funge quasi sempre da efficiente cassa di risonanza, tutti gli altri giornali seguirono in cascata la nuova filosofia.

Il Corriere apre il suo archivio fino all’edizione del 1992

Ad iniziare fu il Corriere, il sito online della testata giornalistica Il Corriere della Sera, che l’8 Febbraio 2008, con un comunicato stampa, aprì ai lettori l’intero suo archivio storico. Il nuovo servizio, disponibile all’indirizzo archiviostorico.corriere.it, permette di accedere gratuitamente ad un patrimonio informativo di 1.300.000 articoli comparsi sul quotidiano a partire dal 2 gennaio 1992 ad oggi. Un archivio dinamico nel quale è possibile cercare per parole chiave, per data, per autore. I risultati possono essere ordinati sia per data sia per rilevanza. Un software permette inoltre di sapere in tempo reale quali sono le parole più ricercate negli ultimi 30 giorni: un «termometro» degli interessi dei lettori.

Repubblica apre il suo archivio fino all’edizione del 1984

Insomma, il caso del Corriere, il primo quotidiano online che permise la consultazione gratuita in forma testuale di tutto l’archivio storico (lasciando comunque una parte a pagamento per l’edizione cartacea in pdf) fece da motore di propulsione per le altre testate giornalistiche, tanto che, a distanza di 2 mesi, il 24 Aprile 2008, anche Repubblica, annunciandolo con un comunicato ufficiale, mise a disposizione gratuitamente online il suo archivio storico fino all’edizione del 1984. L’archivio è fruibile tramite un nuovo motore di ricerca (realizzato da Kataweb) che appare sulle homepage di tutti i siti del gruppo Espresso (di cui Repubblica appunto fa parte) e che permette ai navigatori di “frugare” gratuitamente tra gli articoli, i reportage e i commenti comparsi su circa novemila numeri del giornale, ma anche di cercare tra le migliaia di gallerie fotografiche e di video provenienti dalle pagine di Repubblica.it, da Repubblica tv e dagli altri siti collegati.

La Stampa apre il suo archivio fino all’edizione del 1867

Finalmente arriviamo ai giorni nostri, quando, ancora a distanza di 2 mesi dalla novità di Repubblica, il 5 Giugno 2008, anche La Stampa, seguendo a ruota altre iniziativi editoriali simili, con l’ennesimo comunicato ufficiale, annuncia che dal prossimo anno, più precisamente dall’autunno del 2009, renderà accessibile a tutti gratuitamente tutto il suo archivio storico. A differenza, però, del Corriere e di Repubblica, e che in parte giustifica questo notevole ritardo, il suo l’archivio avrà quasi 150 anni di storia, dalle prime edizioni della Gazzetta Piemontese (il nome con cui il quotidiano esordì il 9 febbraio del 1867) alle testate La Nuova Stampa e Stampa Sera fino al giornale attuale. In pratica, stiamo parlando, di circa due milioni di pagine, oltre cinque milioni di articoli di giornale e 4,5 milioni di immagini tra fotografie e negativi!

Al mondo esistono altri due progetti simili, che annoverano un così grande arco di tempo: l’archivio del Times di Londra e quello del New York Times. La Stampa, però, hanno spiegato i promotori dell’iniziativa, si distingue perché l’accesso alla memoria storica sarà libero e gratuito.

La babele dell’informazione digitale che salverà il web

Purtroppo, come noto, il web, in questi anni, sta vivendo un periodo di demonizzazione tipico di ogni cosa nuova e non molto conosciuta. Si tende facilmente a colpevolizzare un mezzo che sinora ha fatto più bene che male: dai video di bullismo messi su Youtube al pericolo delle chat. In realtà il web non è nient’altro che una espressione di noi stessi e in quanto tale riflette tutte le nostre caratteristiche positive e negative che siano.

Ed è in questa ottica che la creazione di questa babele digitale dell’informazione giornalistica, assume un ruolo importante per la sopravvivenza del web stesso, perché si tratta indubbiamente di un patrimonio culturale di immenso valore, messo a disposizione di tutti del tutto gratuitamente: dal semplice studente, al ricercatore, fino ad arrivare al navigatore curioso. Ed è quello che internet, per la sua natura stessa, tende a creare. Perché si sa, il web ha una memoria infallibile, non dimentica nulla e tutto quello che viene inserito resta nella Rete a futura memoria, per l’eternità! Ma se questa memoria viene usata per i giusti scopi, allora forse anche il web potrà essere visto, capito e percepito diversamente!

Tag:Blog, blog-power, blogosfera, cultura, gratis, informazione, Internet, memoria
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Mar 25 2008

La rivoluzione culturale del web 2.0 e il crepuscolo della cultura classica monografica

Posted by Antonio Troise
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Cultura Classica A differenza di chi crede che stiamo vivendo in una età di imbarbarismo e oscurantismo, c’è anche chi crede che quella che stiamo vivendo ora è un’epoca di rigogliosa mutazione, dove alla cultura classico-umanistica si è sostituita quella di massa, dove le ultime generazioni hanno abbandonato i musei polverosi dello specialismo e dell’accademia per riversarsi negli scintillanti saperi diffusi della cultura dell’uomo del web. L’uomo 2.0 è un portatore di cultura diversa, che non significa per forza mancanza di cultura: semplicemente i vecchi intellettuali non capiscono pienamente la rivoluzione in atto. E’ quello che afferma Franco Brevini nel suo ultimo saggio in una intervista di oggi sul Giornale e che quasi sembra rispondere alla visione pessimistica del Web di Lee Siegel.

Vecchia e Nuova Cultura

Cultura Classica I figli della società mediatica sono forse meno colti dei loro padri (nel senso classico del concetto), ma sono sicuramente più intelligenti e vitali. Quando si afferma che i nostri ragazzi sono più ignoranti della generazione precedente, non significa che internet e i media in generale ne siano la causa, bensì è solo la causa del modo errato di agire della scuole e dei giornali (che, a volte, riempiono pagine di articoli di argomenti leggeri al limite del gossip nella speranza di raggiungere un pubblico più ampio).
In realtà stiamo vivendo una vera e propria rivoluzione culturale: se nella vecchia cultura esisteva l’idea di un solido approfondimento monografico, accademico e critico (l’immagine è quella dell’intellettuale studioso, che scava sino in fondo un problema ma non sa nulla di tutto il resto), oggi, invece, piuttosto che andare sino in fondo, si fa surfing, che non significa essere semplicemente superficiali, bensì si spazia da un settore all’altro, dall’informatica al latino, essendo coscienti di una maggiore complessità del mondo del sapere e dell’informazione, dove tutto è interconnesso e dove vince solo chi si dimostra attento ad una pluralità di ambiti culturali sacrificando la specializzazione che risulta spesso sterile.

I Simpson: un esempio di rivoluzione culturale

Vitruvian Homer E’ venuta meno anche la distinzione tra alta cultura e prodotto di massa che, anche se si ritiene degradato, in realtà porta con sé, spesso in maniera nascosta, gradi diversi di lettura e interpretazione. Il caso più lampante sono la serie di cartoni animati “I Simpson“. Se da un lato si possono passare semplicemente venti minuti di spassoso divertimento (come li trascorrono i ragazzi), da un altro lato, un adulto, può intravedere nella trama, dei testi molto più complessi, attraversati da un reticolo di riferimenti culturali, citazioni colte e strizzatine d’occhio alla cultura alta che, proprio per questo motivo, li apprezza più o meno consciamente. Ciascun episodio di venti minuti è un concentrato geniale di idee, azioni, battute, colpi di scena, riferimenti al mondo culturale nei molteplici risvolti, dal cinema alla letteratura, dalla musica al video.
Non per niente sono stati scritti decine di libri sui Simpson, tra cui mi piace ricordare: “La scienza dei Simpson. Guida non autorizzata all’universo in una ciambella“, “I Simpson e la filosofia” e “I Simpson, il ventre onnivoro della tv postmoderna”
Pensate che il “Times“, nell’inchiesta sulle figure essenziali del XX secolo, li ha messi in alta classifica, alla pari, o quasi, di Einstein, Roosevelt, Gandhi, i Beatles e Picasso.

Dal Tramonto all’Alba della Cultura

In pratica stiamo assistendo al crepuscolo della cultura tradizionale classico-umanistica e, contemporaneamente, all’alba di una nuova stagione segnata dall’affacciarsi di nuovi saperi, nuovi pubblici e nuove dinamiche. La cultura con la C maiuscola è divenuta una cultura di élite che, proprio per questo motivo, sta morendo a favore di una cultura di massa, più condivisa e più generalista ma anche molto più vasta.

Insomma, secondo Franco Brevini, oggi circola molta più cultura di un tempo: infatti, nonostante i continui certificati di morte presunta, la cultura non ha mai goduto di una salute tanto buona come nella società attuale!

Tag:blog-power, cultura, Internet, intervista, simpson, web, Web 2.0
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