Ricordate quando a scuola ci insegnavano che gli antichi Romani erano soliti svolgere degli spettacoli nell’arena principale di Roma: il Colosseo. Tra questi giochi (ludi gladiatorii), andavano molto in voga i sanguinosi combattimenti dei Gladiatori, che finivano sempre con la morte di uno dei contendenti. Se all’inizio questo genere di pratiche aveva un carattere simbolico e spirituale (risalivano ad antichi riti etruschi), col passare degli anni questi elementi originali vennero dimenticati e i giochi divennero solo una forma di divertimento a cui si assisteva con crudele piacere. Quello in cui cui gli storici sono tutti d’accordo è che i giochi contribuivano in gran misura a distrarre la plebe da una vita di stenti e di miseria, mentre i potenti che li organizzavano li usavano per guadagnarsi i favori delle masse.
Vedere la civiltà del diritto invaghita di tali cruenti combattimenti fa pensare e ci aiuta a comprendere come il rischio di cadere in questa imbarazzante distrazione, sia sempre presente, anche nella società contemporanea. Infatti se nell’Antica Roma, la radicale diffusione sociale del fenomeno fu oggetto delle strategie delle classi dominanti, uno strumento di condizionamento popolare attraverso la magnanimità di politici sovvenzionatori (tanto che Cicerone ne vietò l’esercizio, ai candidati, nei due anni precedenti le elezioni), nei nostri tempi un comportamento simile è da molti sentito come un sintomo di malessere della società.
Analogie con il calcio
Una prima impressionante analogia che balza subito all’occhio è sicuramente il coinvolgimento moderno delle masse e la loro distrazione sociale attraverso le competizioni calcistiche, in cui ritroviamo gli stessi antesignani dei tifosi moderni (amatores), la stessa febbre dei giochi che coinvolgeva praticamente tutti, le stesse guerriglie tra tifoserie opposte, ma anche gli stessi lauti guadagni per il vincitore, e gli stessi allenatori dei gladiatori e procuratores (ossia gli osservatori delle reclute da avviare alla professione).
Analogie con i videogiochi
Oggi, però, alla categoria si vanno ad aggiungere anche i videogiochi. Mentre il mondo intero si sveglia ogni mattina con notizie sempre meno confortanti sulla crisi, c’è un’industria che non sembrano risentire della recessione economica: è quella dei videogiochi! Le cifre riferite al Natale sono impressionanti: la sola Microsoft ha visto incrementare le vendite della sua Xbox 360 del 163% rispetto allo stesso periodo del 2007, mentre in tutto il mondo 2008 ha venduto oltre 28 milioni di console (8 milioni in più rispetto alla diretta concorrente Playstation 3, merito anche della riduzione di prezzo decisa dopo l’estate). Non a caso, quello dei videogiochi è uno dei pochi settori in cui non sono ancora arrivati i licenziamenti che hanno coinvolto gli altri comparti.
La risposta degli esperti per questo trend è lapidaria: “Durante i periodi di crisi le persone cercano rifugio nel divertimento!”. Secondo Ron Meiners, community director per l’Hollywood Interactive Group intervistato da Cnet, “È accaduto lo stesso con il cinema negli anni 30, quando le persone si distraevano dai loro guai guardando i grandi musical dell’epoca, ed accade oggi con i videogiochi, solo che a differenza dei film, i videogame non sono solo passivi, ma garantiscono un elevato livello di coinvolgimento, ciò che li rende ancor più apprezzabili”.
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