La nanotecnologia inizia a dare i primi stupefacenti risultati nella tecnica del Claytronics: Seth Glodstein e Todd Mowry della Carnegie Mellon University di Pittsburgh (Usa), stanno lavorando ad un progetto che dovrebbe dare vita a un nuovo materiale composto da microcomputer, grandi non più di un milionesimo di metro, in grado di auto-organizzarsi, così da potersi attaccare l’uno con l’altro in modo intelligente.
Così facendo potrebbero dare origine a oggetti repliche di altri dai quali hanno ottenuto informazione della loro struttura via Internet, dopo che gli originali sono stati scansionati e trasformati in figure virtuali. I ricercatori chiamano questo processo “claytronics” e le microparticelle “catoms” (catomi).
Prima di proseguire con la spiegazione, guardate questo video e rimarrete a bocca aperta sulle potenzialità del Claytronics e dei catomi. Il video in alta risoluzione è disponibile qui, mentre sul sito dell’università trovate una carrellata di altri concept video.
Come potete vedere, i risvolti potrebbero essere inimmaginabili. Si potrebbe stare seduti in casa propria mentre un dottore “clatronico” viene a far visita, prende i dati necessari per poi sparire in un mucchio di microparticelle. Quanto sia concreta questa strada lo dimostra il fatto che Intel, una delle maggiori case costruttrici di elementi per computer, è coinvolta nella ricerca del progetto ‘Claytronics and Synthethic Reality’. “Stiamo lavorando da tre anni a questo progetto e quanto più passa il tempo tanto più ci sembra realistico”, ha detto Glodstein.
Un altro esempio sull’uso dei claytronics atoms potrebbe essere una partita a scacchi, non più effettuata solo sul video, ma con scacchi veri, che si possono toccare e che si trovano da una parte nella loro versione originale e dall’altra parte in copia tridimensionale. Un passo ulteriore sarà quando la materializzazione claytronica potrà ricreare anche i corpi dei giocatori che si ‘rimaterializzeranno‘ dall’altra parte dell’oceano in una sorta di ‘flexible robot‘ che assume le fattezze dell’originale.
“Quello che abbiamo in mente come obiettivo a breve termine, però, è di usare i catomi per materializzare il modello di qualcosa di un po’ più semplice. Ad esempio, la struttura ingrandita di una proteina. O di un organo umano, durante un operazione chirurgica a distanza. Oppure il modello architettonico di una casa”.
Aggiunge Goldstein: “Questo assemblaggio claytronico è formato da unità individuali, i catomi appunto. Ognuno di questi contiene un processore che li può far muovere, attaccarsi con gli altri, mentre alcuni sensori gli permettono di dialogare fra loro. Fino a oggi abbiamo realizzato catomi del diametro di 44 millimetri, ma stiamo lavorando per raggiungere dimensioni nanometriche. Ogni catomo è formato da tre piani, tre dischi verdi ognuno con funzioni differenti. Ad esempio, quello sulla sommità fornisce energia, in routing, alle altre parti. Il cilindro bianco contiene invece 24 elettromagneti che servono per muovere i catomi”.
Pensare che questo sia teletrasporto alla Star Trek è fuorviante perché l’oggetto originale non si sposta di un millimetro dal posto in cui si trova: semplicemente viene scannerizzato e ‘sezionato’ tridimensionalmente per essere ricostruito uguale dall’altra parte. Ma anche pensare a una ricostruzione olografica è sbagliato, perché “un ologramma è tridimensionale, ma non è un oggetto fisico, mentre noi puntiamo a ricostruire un oggetto fisico, che si può toccare e non solo vedere. Quando, poi, gli oggetti fisici assumeranno, un giorno, anche la forma di una persona, allora pùi che ad un ologramma è bene pensare a un robot che può cambiare forma e aspetto. Un obiettivo che sarà comunque raggiungibile non prima del prossimo ventennio.
“Il concetto alla base del nostro progetto è che delle macchine indipendenti di dimensioni nanometriche possono autonomamente riassemblarsi per assumere qualsiasi forma“, chiarisce il professor Jonathan Aldrich, membro del team: “Se questa forma viene catturata in una postazione remota usando la tecnologia ‘motion capture‘, allora i catomi possono riprodurre qualsiasi cosa si trovi in remoto, un fenomeno che chiamiamo ‘telepresenza’, che esiste in tre dimensioni e che può essere sentito e toccato, oltre che visto e udito”.
Il problema principale da superare riguarda il modo con cui alimentare i catoms, per scomporli e il riassemblarli, perché che è molto complesso dare loro energia dall’interno visto che le forze elettrostatiche potrebbero non essere sufficienti ad animare milioni di catomi.
Per questo si sta pensando alla progettazione di nuovi algoritmi per un software power routing in grado di diffondere l’energia in routing da un unità all’intero assemblaggio senza alimentazione esterna o batterie interne: in pratica, come mostra il video in alto, basterebbe una piattaforma esterna che induce corrente all’interno dei catoms. Per far muovere un oggetto bisognerà creare un’alimentazione variabile che induca i vari catoms ad assumere posizioni diverse in base alla quantità di energia che riceveranno.
Lo sviluppo degli studi claytronici apre una serie di scenari futuribili in ambito sia civile che militare. Si pensi solo alla possibilità che un’azienda faccia pubblicità a un suo prodotto materializzandone in casa nostra una perfetta copia tridimensionale. Gli studiosi stanno pensando anche ai rischi connessi con queste ricerche: la creazione di realtà sintetiche a distanza, ad esempio, può dar vita a nuove forme di hacking, visto che a guidare gli assemblaggi claytronici sara una connessione Internet. I pirati elettronici potrebbero un giorno sbizzarrirsi in intrusioni di nuovo tipo, cambiando forma a oggetti telericostruiti. Le conseguenze sarebbero assai più devastanti rispetto all’hacking tradizionale.
[via repubblica e l’espresso]
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