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Dal 2004 il blog di Antonio Troise

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Giu 17 2009

Cosa succede quando un blog viene abbandonato? Quanto è effimera l’informazione che i blogger riversano nella blogosfera? Come risolvere il problema dell’oblio?

Posted by Antonio Troise
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Vi siete mai chiesti cosa accade quando un blog, per varie motivazioni, viene abbandonato? Il blog, è per sua natura, una entità della sfera di internet che richiede un aggiornamento più o meno periodico. Se questa caratteristica viene meno, per un periodo di tempo considerevolmente lungo, allora si può a ragione dire che il blog, in quanto tale, “è morto”. Infatti, esso vive quando al suo interno iniziano a circolare pensieri, opinioni, riflessioni, considerazioni e commenti. Se questi elementi sono assenti non si può più parlare di blog ma di sito web nella sua versione più statica.

Fase 1. Blog dimenticato

E’ anche vero, però, che post scritti anche anni prima, ma intrinsecamente senza tempo, possono essere sempre validi tanto che, anche quando un blog cessa di essere aggiornato questi stessi articoli possono continuare ad essere citati nella blogosfera, grazie alla potenza di motori di ricerca come Google in grado di scandagliare tutti gli anfratti dei siti web.

Ma il problema principale di un blog “morto” è che gli utenti, nonostante i feed reader dei lettore più affezionato possano resuscitarlo piuttosto velocemente, iniziano, nel corso dei mesi, a dimenticarsi di lui, e ciò comporta una riduzione del numero di lettori abituali ma anche di quelli occasionali provenienti dai motori di ricerca, in quanto, il suo pagerank potrebbe anche inevitabilmente scendere rispetto ad altri blog più aggiornati in grado di tessere una più fitta ragnatela di link inbound/outbound.

Fase 2. Cadere nell’oblio

Infine, il rischio maggiore che potrebbe correre un blog non più aggiornato è quello di cadere nell’oblio nel momento in cui, il suo autore, stanco di dover mantenere un sito non più vivo, decida di non provvedere più al pagamento annuale, più o meno esoso, dello spazio web messogli a disposizione da un servizio di hosting/housing. Questo problema potrebbe essere meno pressante, se il blogger si era affidato a piattaforme o spazi web gratuiti. Purtroppo, però, questa ultima eventualità potrebbe comunque mettere a repentaglio il blog, “vivo” o “morto” che sia, in quanto come qualsiasi servizio gratuito, potrebbe venire chiuso a discrezione del gestore. Proprio recentemente abbiamo avuto gli esempi della chiusura dello storico Geocities da parte di Yahoo e lo scampato pericolo del servizio di webhosting Tripod di Lycos Europe (in cui tenni il mio primissimo esperimento di blog sconosciuto ai più), che doveva chiudere i battenti il 15 febbraio 2009 ma che, proprio negli ultimi giorni è stato salvato in estremis da Multimania per la felicità dei suoi 6 millioni di utenti (al momento però il sito Multimania.it e Multimania.fr non sono raggiungibili, il che non mi fa ben pensare sulla sorte dei suoi siti).

Insomma, nel caso peggiore ma non per questo meno realistico, dopo qualche anno, il blog potrebbe essere anche rimosso dai database di Google e di lui, non rimarrebbe altro che un sorta di fantasma di sito che fu, che godette di una popolarità riflessa nella blogosfera, ma di cui ora non rimane altro che un flebile ricordo nella persone che aveva incontrato e in qualche decina di link, trackback e pingback orfani, come una sorta di appendici verso il passato non più ritrovato.

Io credo che questa sia la parte più triste di tutta la faccenda: per quanto un blog possa essere attivo, il fine ultimo della maggior parte di essi, potrebbe proprio essere l’oblio. Se già un blog non più aggiornato è triste, vedere un blog sparire lo è ancora di più. Spesso si dice che Internet è senza memoria, ma questo è parzialmente vero, perché una idea valida esisterà per sempre (magari citata da decine di altri blog e siti che tenderanno a preservarne, indirettamente, la sua memoria) ma la vita di un blogger può velocemente sparire.

L’esempio del blog di Onino

A questo proposito posso farvi l’esempio di un blogger famoso fino a qualche anno fa: il suo sito era OninO.it e, insieme a pochi altri, fu uno dei primi blog che conobbi e lui mi aiutò con i primi passi su WordPress e con l’affascinante quanto complesso mondo dei servizi di hosting dei siti web. Ad oggi il suo sito, nonostante il dominio sia ancora attivo e registrato a suo nome, non contiene più alcun post ne alcuna traccia che prima era stato uno dei blog più visitati della blogosfera!
Scandagliando la rete, però, sono riuscito a trovare il riferimento alla sua tesi “Weblog: prove di intelligenza collettiva?” sul sito di Sergio Maistrello che nel Dicembre del 2004, nel suo blog di presentazione del libro “Come si fa un blog” scriveva:

Da oggi è online, disponibile a tutti in formato Pdf e sotto licenza Creative Commons, la tesi di laurea di Cristiano Siri, alias OninO. La tesi è stata discussa a marzo 2004 alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Genova e si intitola Weblog: prove di intelligenza collettiva?. Il lavoro è molto interessante e approfondito, uno dei primi studi teorici sui blog affrontati dai laureandi italiani. La scelta di condividerla liberamente in Rete fa onore all’autore.

Ora, la pagina da cui ho tratto questa piccola recensione, nonostante sia perfettamente indicizzata da Google, per qualche ragione si presenta vuota al browser e nel suo codice html si trovano solo i tag BODY e HTML aperti e chiusi e null’altro (probabilmente è il retaggio di un vecchio blog dell’autore dedicato al suo libro, mai pulito completamente dal sito, e rimasta come traccia su Google). Sono comunque riuscito a reperire queste informazioni grazie alla cache di Google! Infine, la cosa interessante, è che nonostante il sito di Onino, anche se funzionante, non presenta alcuna pagina di presentazione, il file PDF è ancora nascostamente raggiungibile!

Insomma questo esempio mi è servito per dimostrare quanto sia flebile ed effimera l’informazione che ogni blogger riversa ogni giorno nella blogosfera. Per trovare traccia di quella tesi sono dovuto passare prima per un blog defunto di cui ne era rimasta traccia solo nella Cache di Google (credo che temporalmente avrà ancora vita breve) e quindi ho scaricato il PDF da uno spazio web associato ad un dominio che non aveva alcuna homepage e nessun ricordo del blog che fu!

Come vedete, se ora il vecchio blog di Sergio Maistrello altro non è che un link orfano non più attivo su Google visibile solo attraverso l’immagine sbiadita della “Copia cache” di Google, in futuro Google potrebbe decidere di rimuoverlo definitivamente dai suoi database. Allora non ne rimarrà altro che il link su questo mio sito, che comunque non riuscirà mai ad esprimere la potenza espressiva che, magari, quell’articolo aveva la forza di infondere nei lettori.
A questo punto l’unica memoria vera memoria di internet, per quanto effimero e parziale possa essere questo servizio, è nei siti di Internet Archive come Wayback Machine in grado di fare uno screenshot di qualsiasi sito e preservarne così almeno una piccola memoria della sua presenza su internet. Per quanto riguarda il blog di Onino ho trovato solo l’arco temporale di esistenza che andava dal 2004 al 2006 e qualche salvataggio parziale della sua homepage. Ma tutto il suo contenuto, forse la parte più preziosa di un blog, è andato comunque perso!

Proposte di soluzioni al problema dell’oblio

Umberto Eco, un giorno, disse che “Internet è come un immenso magazzino di informazioni“. Il problema è che, però, questo magazzino dovrebbe avere una sorta di backup di se stesso. Sarebbe bello vedere, un giorno, un servizio che metta a disposizione dei blogger “stanchi” un sorta di repository del proprio blog, una sorta di backup sempre online del proprio sito web. Certo, nulla vieta che anche questo servizio di Full Internet Archive possa chiudere, ma essendo un servizio centralizzato forse potrebbe essere più facilmente recuperato, piuttosto che andare a recuperare milioni di piccoli siti web chiusi. E’ anche vero, inoltre, che tutti i link che puntavano al vecchio sito web non sarebbero comunque validi vanificando il concetto intrinseco in una blogosfera attiva.

Una possibile soluzione (se il dominio del blog non fosse stato riutilizzato) sarebbe quello di giocare sui DNS per reindirizzare i vari permalink verso il sito di repository. Immagino comunque che il carico di lavoro per l’intera infrastruttura di internet sarebbe enorme, ma forse in un futuro non troppo remoto questi problemi potrebbero essere risolti piuttosto agevolmente.
Forse una alternativa più realistica sarebbe l’IPV6 e l’assegnazione per ogni individuo di un singolo indirizzo IP univoco. In tal modo, grazie al suo ampio spazio di indirizzamento, sarebbe impossibile perdere le informazioni che ogni singolo individuo potrebbe immettere nella rete (con buona pace della privacy). Quando qualcuno apre un blog userà il proprio indirizzo IP univoco. Quando poi lo dovrà chiudere, sarebbe possibile portare tutto il suo contenuto su una sorta di sito repository e tutti i link ai suoi articoli verrebbero univocamente reindirizzati qui, perché nessun altro abitante del pianeta potrebbe mai avere il suo stesso indirizzo IP.

Ad oggi le moderne tecnologie della comunicazione hanno l’intrinseca capacità di memorizzare nel tempo fatti e dati che, se da un lato rafforzano il concetto di trasparenza, dall’altra ingenerano il pericolo di una diminuzione del diritto all’oblio, diventando così inesorabilmente memoria dell’uomo. Molto spesso noi facciamo affidamento su quello che troviamo su internet, specie se parliamo di Wikipedia, senza poi verificare la validità delle informazioni e l’origine delle fonti. E se è vero che pubblicazioni volutamente sbagliate su WIkipedia sono state tutte corrette in pochissimo tempo, a dimostrazione della validità dei processi di intelligenza collettiva che la animano, è anche vero che molte volte alcuni giornalisti poco accurati nel verificare le notizie hanno pubblicato notizie errate.

E’ per questo che, una repository dei siti web, dovrebbe essere statica, non modificabile, congelando il contenuto del sito a quando è stato scritto, magari con il sapiente uso degli algoritmi di hash MD5 e SHA1, un po’ come fa Hashbot.com del grande Gianni Amato.

Il 95% dei blog sono stati abbandonati

Questo articolo era già nella mia testa da parecchio tempo ma ho voluto scriverlo solo dopo aver letto l’allarmante articolo di Zeus News che asseriva che il 95% dei blog giace abbandonato. Infatti, come testimoniano i dati di Technorati relativi al 2008, dei 133 milioni di blog tenuti sott’occhio dal motore di ricerca della blogosfera solo 7,4 milioni sono stati aggiornati negli ultimi 120 giorni. Anche se comunque è presto da dire (io credo che un tempo di attesa di almeno un anno sia più corretto), se in 4 mesi i loro autori non hanno avuto uno straccio di idea o un momento per scrivere qualcosa nel proprio spazio, quei blog sono virtualmente morti, ridotti a testimonianze del tempo che fu e dei sogni di gloria infranti. Sempre secondo Technorati, sembra però che del restante 5% di blog ancora ancora attivi, si ritiene che la maggior parte delle pageview sia generata da un numero ancora inferiore di blog, stimabile tra i 50.000 e i 100.000.

La causa di questa moria di blog? MySpace, Twitter e Facebook! Questi tre siti, infatti, oltre a rappresentare la nuova moda, hanno rapidamente imposto un modo di comunicare più rapido, immediato, a livello di Sms: nessuno – o quasi – ha più tempo e voglia di leggere lunghi post.

Insomma, sempre secondo Zeus News, caduta l’illusione di una facile notorietà e l’effimera attrattiva dei diari online, restano in attività quei pochi che hanno qualcosa di interessante da dire, che si sono conquistati un pubblico di affezionati grazie alla qualità dei propri interventi e hanno fatto del proprio blog non una vetrina personale ma uno spazio di riflessione e confronto.

Le mie statistiche sui blog non aggiornati

Dopo aver letto queste considerazioni sulla sorte del 95% dei blog, ho cominciato a scandagliare il mio feed reader alla ricerca di blog fermi da molto tempo. Io uso NetNewsWire per Mac OS X e questo programma ha un’ottima funzionalità “Dinosaurs” per cercare tutti i feed non aggiornati da un certo numero di giorni (menu Window -> Dinosaurs) in modo da poterli rimuovere. Ebbene negli ultimi 120 giorni, su un totale di circa 300 feed rss, avevo 50 feed che non venivano aggiornati, ovvero quasi il 17% del totale, con un range che andava dal Maggio 2007 fino ad arrivare a Febbraio 2009. Abbassando la soglia a 30 giorni, i feed non aggiornati sono saliti a 90, con una percentuale del 30%.

Devo dire che, di solito, non sono solito rimuovere i feed rss dei siti a meno che abbia perso interesse verso il blog o a meno che, a livello di dominio, blog non esista più. Talvolta anche quando il blogger ha avuto la gentilezza di comunicarci in anticipo della volontà di non continuare con il suo lavoro (come è il caso di gpessia) preferisco lasciare il suo feed rss nella speranza che prima o poi possa ritornare a scrivere in modo da essere tempestivamente avvisato (come è il caso di uncino, uno dei primi blog che ho conosciuto, che è sempre un piacere leggere).

Epilogo

Dopo aver scritto cosa ne pensavo sui blog e sulla loro caducità, e aver calcolato quale è la moria dei blogger nel mio feed reader personale, ora, nel pieno spirito di condivisione di idee che animano tutti i blog, passo a voi la parola. Cosa ne pensate?

Tag:backup, Blog, blog-power, blogger, blogosfera, condivisione, feed, intelligenza, intelligenza-collettiva, memoria, pagerank, permalink, rss, technorati, trackback, web, wikipedia
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Feb 24 2009

Wired Italia Vs BlogMagazine: due riviste a confronto su copertine, grafica, contenuti e quantità di pubblicità presente

Posted by Antonio Troise
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Oggi vi propongo una curiosa comparazione tra due riviste che sono uscite col loro primo numero quasi contemporaneamente: Wired Italia (19 Febbraio 2009) e BlogMagazine (23 Febbraio 2009). La prima, altro non è che la versione italiana della oramai famosa e blasonata Wired americana, la più nota rivista di tecnologia al mondo. La seconda, è, invece, stata partorita dalla fervida e ambiziosa mente di Giuliano Ambrosio autore di Julius Design. Se Wired Italia ha il gravoso compito di portare una voce nuova nel panorama IT italiano fornendo nuove chiavi di lettura nel mondo dell’innovazione e proponendo contenuti che ricalcano l’impostazione di quelli della testata madre americana, adattati comunque alla realtà italiana, BlogMagazine ha, invece, l’onorevole compito di dare voce a tutti gli autori della blogosfera italiana, famosi e non, senza distinzione di sorta se non per la qualità dei contenuti che offrono, candidandosi di fatto a divenire una rivista fatta dai blogger per i blogger!

Presentazione e versioni delle due riviste

Se la rivista di Wired Italia è stata presentata a Milano insieme ad altri blogger per sentire il loro punto di vista, anche BlogMagazine ha avuto il suo momento di celebrità con la presentazione alla FNAC di Torino.

Ma, mentre Wired Italia, è una rivista principalmente cartacea che, però, trova una suo corrispettivo virtuale sul suo sito ufficiale, BlogMagazine, essendo un esperimento di editoria virtuale, che nasce sul web e vive sul web, è principalmente una rivista elettronica fruibile in modalità sfogliabile (2 pagine per volta) in Flash e scaricabile in formato PDF per chi volesse consultarla offline o, magari, per i più arditi, stamparla.

Confronto tra le due copertine

Curioso come entrambe le riviste, per la loro copertina, abbiano optato, oltre ad una scelta di colori molto simile, principalmente in bianco e nero con qualche tocco e sfumatura di blu, anche due personaggi di spicco in base al target e agli obiettivi che si prefiggevano. Wired Italia ha scelto Rita Levi Montalcini: molti hanno criticato questa scelta, ma io credo che abbiano voluto mettere qualcuno che, a furor di popolo, fosse riconosciuta come una mente eccelsa ma con grande classe e stile, proprio quello che si prefigge la rivista che spera di ricalcare il successo editoriale della testata madre americana.

Wired Italia

BlogMagazine, invece, ha scelto qualcuno che fosse noto a tutto il popolo della rete (giovanile e non), e quale personaggio geniale, forse un po’ geek nel suo ambito, ma che avesse carisma da vendere si poteva scegliere se non il Dottor House?

BlogMagazine

In entrambi i casi, però, la scelta è ricaduta su due geni, diversi tra loro ma complementari, proprio come lo sono le due riviste!

Il peso della pubblicità in rapporto al numero delle pagine

Wired Italia costa 4€ mentre BlogMagazine è del tutto gratuita. Ma la cosa più importante, è che la rivista di Wired Italia conta ben 240 pagine di cui ben 80 pagine di pura e fastidiosa pubblicità (le ho contate tutte, pagina più pagina meno, esclusa la pubblicità del copertine), che si infila tra gli articoli interrompendone la continuità visiva e facendo assomigliare la rivista ad una di quelle pubblicazioni da 4 soldi di cui spesso le edicole sono piene. Talvolta ho anche la sensazione che molti articoli altro non siano che pubblicità camuffate, come quella della CANON HF11 a pagina 217 o quello dell’Aspirina C a pagina 236. Gli articoli sono mediamente interessanti, nulla di eccezionale, ma, come al solito (ed è per questo che ho smesso da anni di comprare le riviste in edicola) trovo molto più interessanti e stimolanti le discussioni o gli articoli della blogosfera italiana e internazionale, che, oltre ad essere più aggiornata (come è ovvio che sia) sa anche essere, spesso, molto più profonda.

Di contro BlogMagazine, oltre ad essere del tutto gratuita, conta appena 44 pagine ma con solo 4 pagine di pubblicità (e sono tutti siti di servizi web gratuiti e quindi comunque utili segnalazioni) tutte con un loro spazio a pagina intera ma che non interrompono alcun articolo. Gli articoli sono, anche qui, mediamente interessanti. Nulla di troppo eccezionale, almeno secondo il mio punto di vista che è abituato a leggere e approfondire di tutto sul web, ma ho trovato degno di nota il fatto che sono tutti originali (e quindi richiedono uno sforzo ulteriore per i blogger che li scrivono),rilasciati con licenza Creative Commons e spaziano tra diverse rubriche come Tecnologia, Hi-Tec, SEO, Web, OS, Design, Cinema, Mobile, Console e, perché no, Gossip. Insomma un po’ quello che si ritrova quotidianamente se si gira nella blogosfera italiana!

Confronto tra la grafica delle due riviste

Per quando riguarda la grafica, nonostante BlogMagazine abbia un project design ancora in beta (l’impaginazione è stata fatta con Adobe inDesign), l’ho comunque trovata accattivante e interessante. La stessa cosa devo dire per la rivista cartacea Wired, ma credo che a rovinare la resa grafica sia la onniprensente pubblicità che rende lo stampo editoriale un pochino confuso. Spesso mi è capitato di domandarmi se la pagina seguente era il proseguimento dell’articolo o una pagina pubblicitaria, tanto erano simili nell’impaginazione, nei font, nei colori e nella grafica generale: so che tutto ciò è stato fatto apposta (un po’ come si usa con gli Adsense di Google) ma devo dire che alla lunga risulta fastidioso.

Conclusioni

Di queste comparazioni, sono rimasto davvero impressionato dai numeri sulla pubblicità: su Wired Italia, il 33% esatto delle pagine è costituito da pubblicità (80 su 240), mentre su BlogMagazine, solo il 9% delle pagine (4 su 44) è dedicato alle sponsorizzazione (francamente non so neanche se è pagante). E’ vero che Wired Italia deve assorbire tutti i numerosi costi della distribuzione capillare in Italia (il primo numero ha avuto una tiratura speciale di 250mila copie), pagare fior fiore di giornalisti e curare al dettaglio la grafica della rivista, è vero che il costo di 4€ non è tra i più alti, è anche vero che facendo un abbonamento biennale si risparmia oltre l’80% (24 numeri a 19€), ma è anche vero che ho fatto molta fatica a leggere l’ingombrante rivista.

In definitiva, sicuramente BlogMagazine continuerò a seguirlo: è gratuito, facilmente reperibile su internet (e magari consultabile anche dal mio iPod Touch) e spero che migliori sempre di più. Altrettanto non posso dire di Wired Italia: forse gli darò una seconda opportunità col secondo numero, anche se devo ammettere che trovo più facile leggere una pubblicazione in PDF, anche voluminosa, piuttosto che una cartacea (se si esclude il gusto di leggere un bel libro).

Cosa ne pensano i blogger di Wired Italia

Questo era il mio punto di vista. Ma ecco cosa ne pensano alcuni blogger italiani della rivista Wired Italia (BlogMagazine è stata annunciata al grande pubblico ieri 23 Febbraio e quindi non ho trovato molte testimonianze in rete).

Andrea Beggi

[…] anche se non dice nulla di nuovo per coloro che bazzicano da queste parti da un po’.
Ma più di tutto mi ha fatto riflettere il fatto che sia il primo giornale di carta che compro da, boh, saranno 2 anni. Leggere riviste su carta è scomodo, sono troppo grosse per il letto e ormai il tempo in bagno lo uso per tenermi in pari con i feed. E poi mancano i link da cliccare.

Marco Mazzei:

Ma a parte questo, e a parte un certo fastidio per il richiamo a quel giornale più che mitico, Wired Italia non mi convince soprattutto perché dopo averlo sfogliato e letto mi si è materializzato un enorme punto di domanda sulla testa: e quindi? Che cosa mi vuoi dire?
Ma su tutto: questa sensazione di eccesso. Troppe cose, troppo confuse, molto rumore e pochissimo segnale. Aspetto con simpatia il prossimo numero.

Dario Salvelli

Mi aspetto poi tanto e di più dal sito web che in fin dei conti esteticamente non è malaccio ma deve proporre contenuti originali e validi […] Inoltre, negli articoli del sito non ci sono link verso l’esterno: Wired non può fare come Il Corriere e La Repubblica.

Vikkor

240 coloratissime patinatissime pagine imbottite di pubblicità; euro 4

Napolux (da un commento):

Comunque a me Wired Italia puzza di buco nell’acqua, e non da oggi. Come fai a lanciare una rivista tecnologica nel 2009 ancora su carta?

UPDATE: Ho letto una critica a Wired di un blogger di Fantascienza.com… gli ultimi numeri della rivista non li ho più comprati e comunque vedo che per molti è ancora una grande occasione fallita. Un altro punto di vista.

Tag:Blog, blog-power, blogger, blogosfera, copertine, flash, giornali, giornalisti, grafica, Internet, PDF, stampa
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Mar 7 2008

Lee Siegel e la visione pessimistica del Web: ecco come non andrebbe vista Internet

Posted by Antonio Troise
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Oggi è comparsa sull’Espresso una intervista a Lee Siegel, un giornalista e scrittore cinquantenne autore del libro Against the Machine: Being Human in the Age of the Electronic Mob. Secondo me, questa è un’ottima rappresentazione di come non dovrebbe essere vista Internet. Nelle sue risposte si evince una visione distorta e totalmente negativa del Web poiché, a tratti, si getta in una devastante requisitoria sul “lato oscuro” della grande Rete.
Anche se le sue idee sono permeate di pessimismo cosmico (arrivando addirittura a coniare il termine “blogofascismo”, ovvero la tendenza ad usare i blog per attaccare e insultare i propri avversari impunemente) e perquanto non sia daccordo con molte delle sue idee, forse però vale la pena soffermarsi a riflettere sulle sue affermazioni.

Dystopia Internet

Ecco, quindi, in sintesi, i punti salienti delle scottanti rivelazioni di Lee Siegel:

  • Internet è il primo ambiente sociale nella storia che eleva l’individuo al di sopra della società.
  • Quando sei on line fai 10 o 15 cose contemporaneamente, invìi messaggi, blocchi lo spam, prenoti spettacoli, fai acquisti, leggi news o frammenti di gossip, prendi un appuntamento. Vivi in un ambiente che ti sembra popolato da persone, ma in realtà è pieno di fantasmi. E non sei più autonomo: dipendi totamente dalle dinamiche commerciali che controllano Internet.
  • Internet invece è il trionfo non ideologico della società commerciale. Non c’è dietro un’ideologia, solo l’egoismo individuale, ciascuno isolato nel suo spazio virtuale. È la frontiera finale del capitalismo: fare più soldi che si può. Infatti, lo stadio finale del capitalismo è la trasformazione della propria vita interiore in merce. Internet sta spingendo la gente a fare questo.
  • Molti si riempiono la bocca di democrazia e trasparenza, ma Internet è il motore commerciale più potente mai inventato.
  • La libertà è solo il paravento del libero mercato. La libertà è una cosa più complessa, non è poter fare acquisti 24 ore su 24. Il caos commerciale di Internet non ha niente a che fare con la libertà, che invece è legata all’autenticità e alla realizzazione individuale. Su Internet ciascuno vuole essere come gli altri. E il trionfo del branco.
    È così che la cultura popolare diventa cultura della popolarità. È la vittoria del branco ed è estremamente difficile che una voce originale si faccia strada. Se Internet è libertà, dove sono i nuovi capolavori nati su Internet nel campo della cultura e della politica?
  • Chi mette un filmato su YouTube o scrive un blog vende se stesso e la sua privacy. Quando sei su Internet clicchi sollecitato dai tuoi impulsi, senza inibizioni. Nessuno sa chi sei né dove sei. Sei solo, tu e le tue dita.
  • Un blogger intelligente può essere una manna per il dibattito collettivo. Ma più spesso i blogger aggiungono solo rumore di fondo al baccano generale. Dicono quello che vogliono, senza controllo.
    Chi scrive in prima persona costruisce un personaggio artificiale. Invece i blogger pensano di rappresentare un’espressione autentica di se stessi.
  • Su Internet sei solo, comunichi con altri ma non sai chi sono, né dove sono, né se stanno dicendo la verità. È uno strano modo di essere, mai esistito prima d’ora. Puoi dire quello che vuoi a chiunque, celandoti dietro una maschera e per me questa è un’utopia negativa.

Insomma, una visione distorta di un mondo che certamente non è utopico ne idialliaco, ma che almeno ha portato molti benefici, se usato correttamente, all’umanità stessa. Per ogni cosa è sempre esistito il rovescio della medaglia ma gettare così tanto discredito sul Internet ovviamente non gli farà bene poiché non è un modo costruttivo per farla migliorare.

Tag:Blog, blog-power, blogger, Internet, intervista, utopia, Web 2.0, youtube
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Ago 22 2007

Una legge americana tutelerà il segreto professionale dei blogger ma dovranno dimostrare di essere retribuiti attraverso le inserzioni pubblicitarie

Posted by Antonio Troise
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First Amendment Ecco una notizia davvero interessante: pare, infatti che, finalmente verrà data risposta al noto dilemma amletico che il mondo della comunicazione si pone da tempo: i blogger possono essere considerati giornalisti a tutti gli effetti? E come tali hanno diritto alle relative tutele professionali, per esempio quando si tratta di mantenere il segreto rispetto a una fonte confidenziale?

La risposta sarà sì (ma con qualche restrizione), non appena una nuova legge che ha appena iniziato il suo iter al Congresso degli Stati Uniti entrerà in vigore. Il testo dovrà essere passato in rassegna dalla Camera e dal Senato.

Il 7 Agosto 2007 la Commissione Giudiziaria della Camera dei rappresentanti ha approvato una proposta di legge che aggiorna il precedente “Free Flow of Information Act“. Nel testo, presentato dal democratico Rick Boucher e dal repubblicano Mike Pence, viene ampliato lo spettro delle protezioni legali non soltanto per i giornalisti, ma anche per i blogger che dimostreranno di svolgere un’attività professionale vera e propria, con tanto di stipendio garantito dalle inserzioni pubblicitarie.

L’intento della riforma è quello di proteggere e rafforzare la libertà di stampa garantita dal primo emendamento della Costituzione americana, stando però ben attenti a non favorire la nascita di “blog casuali“, aperti soltanto per usufruire di protezioni e tutele speciali.

Negli ultimi anni, con la crescita esponenziale del numero dei blog e la diffusione del cosiddetto “citizen journalism” (il giornalismo dei cittadini), si è fatta sempre più pressante l’esigenza di una regolamentazione della materia.

Secondo le stime del portale Technorati, ad aprile il numero dei blog su Internet era di oltre settanta milioni, con una media di circa un milione e mezzo di nuovi messaggi pubblicati ogni giorno.

Da questi si capisce bene come anche il pensatore francese Bernard-Henri Lévy abbia potuto parlare addirittura di «anno dei blog: quando si è capito che i giornali potevano sparire perché tutti erano giornalisti, ciascuno aveva il suo punto di vista, e tutti i punti di vista avevano egual valore». La scommessa è che presto i new media sconfiggano presto gli old media, grazie proprio ai blog, ai commenti d’autore online, capaci di spiazzare già i quotidiani, la televisione e la radio.

Il caso dei blogger fu sollevato per la prima volta circa due anni fa da Apple. La casa di Cupertino, ricordiamo, intentò una causa nel 2004 contro due siti – PowerPage e AppleInsider – per aver diffuso all’interno dei loro blog notizie riservate circa un prodotto (Asteroid) che non era ancora stato ufficializzato sul mercato. Apple chiedeva ai service provider dei siti di poter avere accesso ai messaggi email attraverso cui risalire alle fonti di tali indiscrezioni. Dodo una lunga battaglia legale, un giudice californiano respinse le richieste dell’azienda informatica emettendo una sentenza rivoluzionaria sostenendo che anche i blogger hanno diritto di mantenere la segretezza delle proprie fonti proprio come i giornalisti tradizionali.
I giudici hanno scritto infatti che “non esiste nessun test o principio che distingua notizie ‘legittime’ da notizie ‘illegittime’. Ogni tentativo di una corte di stabilire una tale distinzione metterebbe in pericolo la ragione stessa del Primo Emendamento, che è di identificare le idee migliori, più importanti e più pregiate non attraverso una formula sociologica o economica, né attraverso una legge o un processo governativo”, bensì attraverso le forze che agitano il mercato.

Quindi già nel 2004 l’idea che le fonti siano sacre per i blogger così come per gli tutti altri giornalisti, stava iniziando a prendere piede.

Tornando alla legge è chiaro che la discriminazione economica è destinata a far discutere. In sostanza se il tuo blog è un lavoro e ti porta a casa un po’ di soldi (il che in America capita ormai spesso, grazie a servizi di inserzioni online come Google Adsense o Blogads) allora puoi essere considerato un giornalista. Se no, sarai eventualmente costretto a rivelare le fonti delle tue notizie.
Secondo i fautori della riforma questa distinzione è necessaria proprio per evitare di creare una scorciatoia che potrebbe aiutare virtualmente chiunque a rifiutarsi di fornire informazioni semplicemente creando un blog. Non mancano tuttavia inevitabili paletti. Non ci saranno privilegi di sorta, ad esempio, né per i blogger né per i giornalisti tout court, se le informazioni in possesso saranno utili per sventare attacchi terroristici, risolvere casi giudiziari acclarati o evitare “un significativo pericolo” per la sicurezza nazionale.

Tutto bene dunque? Non è detto. C’è anche chi crede che immettere i nanomedia dentro il grande fiume dei canali ufficiali finirebbe per costituire una sconfitta per la biodiversità della comunicazione.

[via Quotidiano dell’11 Agosto e supercom]

Tag:Blog, blogger, citizen-journalism
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Lug 23 2007

Editoria online fai-da-te: come realizzare e pubblicare il proprio libro con Lulu, The Boopen e Blurb

Posted by Antonio Troise
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Print on demand Attualmente i migliori editori online per il print on demand per gli scrittori in erba sono Lulu, The Boopen e Blurb. Tra questi ero anche tentato di inserire Photocity, un servizio online tutto italiano per stampare le immagini digitali su carta fotografica di alta qualità e a prezzi concorrenziali, dove è inoltre possibile, scaricando un software proprietario abbastanza evoluto, di creare e far stampare libri fotografici. Ma, non rientrando propriamente nella categoria di editori online ho ritenuto non confondere i servizi, ma non per questo non ho voluto esimermi dal citarlo, per rendere un po’ più completo l’articolo.
Tornando a noi, ecco, quindi, i tre migliori servizi di print on demand: Lulu, The Boopen e Blurb.

Tag:Blog, blogcollector, blogger, blogspot, blook, blurb, boopen, feed, Libri, lulu, PDF, Php, rss
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Giu 16 2007

La guida per un buon blogger: installare il correttore ortografico di Firefox per rendere efficiente l’indicizzazione delle keyword e come personalizzare il dizionario

Posted by Antonio Troise
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correttore ortografico di Firefox Chiunque abbia avuto esperienza di blogging sa che, molto spesso, nella fretta di scrivere i post è possibile incappare in errori di digitazione. Se ad una prima valutazione questo fattore potrebbe non essere importante, è però necessario pensare che gli errori ortografici, oltre a rendere più difficoltosa la lettura, possono dare una brutta reputazione all’autore. Inoltre, se l’errore avviene su una particolare parola keyword, può rendere meno realistica l’indicizzazione e il peso che il crawler dei motori di ricerca da alla vostra pagina.
Provate per esempio a cercare la parola “maicrosoft”: come vedete è facile trovare siti che vengono indicizzati con parole sbagliate e che non verranno mai trovati se la si scrive correttamente!

E’ per questo che consiglio a tutti di installare un buon correttore ortografico sia per la lingua italiana che per quella inglese: infatti, specie se si parla di cose tecniche, è facile incappare in tecnicismi di madrelingua anglosassone.
Siccome, però, la maggior parte dei blogger aggiornano il proprio sito direttamente online, non posso che consigliarvi l’estensione per Firefox del Dizionario, un ottimo correttore ortografico automatico che evidenzia, con una sottolineatura rossa, la parola presente in una qualsiasi casella di testo di cui non viene trovata la corrispondenza nel dizionario selezionato. Ovviamente il dizionario non contiene tutte le parole: per aggiungerle basterà cliccare col tasto destro del mouse sulla parola evidenziata e sotto le voci suggerite, cliccate su “Aggiungi al dizionario” o “Add to dictionary”.

Il problema che un blogger italiano può incorrere è che, se di default installa il dizionario italiano, tutte le parole inglesi di uso comune non verranno riconosciute a meno che non si aggiungono manualmente ogniqualvolta le si incontra. Per automatizzare o perlomeno velocizzare l’inserimento di parole straniere di uso comune, dovete sapere che quando si aggiunge al dizionario una nuova parola, non si fa altro che aggiornare il file persdict.dat presente sotto la directory:

C:\Documents and Settings\\Application Data\Mozilla\Firefox\Profiles\

Infatti, questo file, non contiene tutto il dizionario bensì solo le parole nuove. A questo punto basterà editare il file con un qualsiasi editor di testo e aggiungere le parole desiderate. Se volete, potete trovare una lista già compilata dei termini più comuni (con un semplice filtro sul testo) per le varie categorie, come la lista dei nomi delle compagnie o dei termini per il computer.

Addirittura è possibile integrare nel file persdict.dat i termini del dizionario personale di Word custom.dic presente in:

C:\Documents and Settings\\Application Data\Microsoft\Proof

La conoscenza del file persdict.dat vi aiuterà anche nel caso in cui inseriate, per errore, un termine nel dizionario che magari era sbagliato. Basterà aprirlo con Notepad e cancellare la riga voluta. Oppure vi potrà servire se volete usare il ricco dizionario personale di un vostro amico: basterà fare un semplice copia e incolla tra i due file ed il gioco è fatto!

Tag:Blog, blogger, crawler, estensione, firefox, keyword, motore-di-ricerca
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