Attualmente i migliori editori online per il print on demand per gli scrittori in erba sono Lulu, The Boopen e Blurb. Tra questi ero anche tentato di inserire Photocity, un servizio online tutto italiano per stampare le immagini digitali su carta fotografica di alta qualità e a prezzi concorrenziali, dove è inoltre possibile, scaricando un software proprietario abbastanza evoluto, di creare e far stampare libri fotografici. Ma, non rientrando propriamente nella categoria di editori online ho ritenuto non confondere i servizi, ma non per questo non ho voluto esimermi dal citarlo, per rendere un po’ più completo l’articolo.
Tornando a noi, ecco, quindi, i tre migliori servizi di print on demand: Lulu, The Boopen e Blurb.
Editoria online fai-da-te: come realizzare e pubblicare il proprio libro con Lulu, The Boopen e Blurb
Flickr e Youtube finalmente localizzati in italiano, ma l’Italia non ha un dominio di secondo livello per Youtube. Nota di rammarico per il video di presentazione: per Youtube siamo solo spaghetti e mafia?
E’ singolare la coincidenza che vede comparire, a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, le notizie che Flickr e Youtube sono, finalmente, anche in italiano.
Flickr in italiano
Il 12 Giugno 2007 il nuovo blog italiano di Flickr, dava la notizia che da quel giorno Flickr parlava altre sette lingue: italiano, francese, tedesco, coreano, portoghese, spagnolo e cinese tradizionale.
Il passo è stato necessario per rendere Flickr una vera e propria community globale di foto e persone, visto che non si rivolge solo agli utenti di lingua inglese, ma a tutto il mondo! Ovviamente la differenza di lingua non cambierà in nessun modo i contenuti di Flickr, che continueranno a fondarsi su un unico sistema, un solo database e anche su una sola community.
Il link di Flickr è rimasto sempre lo stesso (www.flickr.com), mentre per cambiare lingua basta cliccare su uno dei link presenti nel footer in fondo ad ogni pagina. La lingua che selezionerete sarà memorizzata dal sistema e durante le visite successive non dovrete ripetere la scelta perché avverrà automaticamente.
Oltre al sito, saranno disponibili in diverse lingue il Blog di Flickr, il Forum, l’Aiuto via email, l’uploader per Windows (per Mac sarà disponibile a breve) e un tool per gli amministratori dei gruppi, con cui sarà possibile tradurre in diverse lingue le descrizioni dei gruppi stessi.
Youtube in italiano
Oggi, 19 Giugno 2007, il blog internazionale di Youtube ha dato la notizia che il portale di video più famoso al mondo era disponibile in altre 9 lingue (Brasile, Francia, Irlanda, Italia, Giappone, Olanda, Polonia, Spagna e Inghilterra). In particolare è stato completamente tradotto in italiano e l’homepage è stata localizzata e i video messi in evidenza sono esclusivamente in italiano.
Al momento, inoltre, il blog non è stato ancora localizzato e, nonostante il link http://it.youtube.com/blog sia già funzionante, presenta però solo la sua versione inglese.
Per cambiare lingua è sufficiente cliccare sulla bandierina in alto a destra e selezionare la lingua desiderata. Oppure, nel caso dell’italiano, si può accedere direttamente a questo indirizzo: it.youtube.com.
Notate come a differenza delle altre localizzazioni (www.youtube.fr, www.youtube.ie, www.youtube.jp, www.youtube.nl, www.youtube.pl, www.youtube.es e www.youtube.co.uk), l’Italia è l’unica (insieme al Brasile: br.youtube.com) a non avere un dominio di secondo livello (br.youtube.com) perché appartiene ad un’altra società che lo detiene, probabilmente, solo a scopo di lucro nella speranza di riuscire a venderlo ad un prezzo altissimo.
Chissà se Youtube scenderà mai a compromessi.
Una nota di rammarico: il video di presentazione di Youtube in italiano è simpatico ma presenta la classica Italia che viene vista dagli stranieri e per noi italiani non è affatto lusinghiero: spaghetti e mafia. Infatti il video presenta una mucca che sta mangiando l’erba e le tirano un bel piattone di spaghetti per darle il benvenuto a Youtube Italia, con un sottofondo di musica suonata con uno scacciapensieri siciliano (paragone non velato con la mafia?).
Insomma, potevano fare di meglio.
Windows Live Writer Beta 2: analisi dei pregi e dei difetti dell’editor per blog di casa Microsoft
Windows Live Writer Beta 2 è la nuova beta pubblica del tool di casa Microsoft per comporre e pubblicare i post sui propri weblog, completamente rinnovata nell’interfaccia e nelle funzionalità disponibili.
Per chi non lo sapesse, Live Writer è un editor WYSIWYG avanzato che, tra le altre cose interessanti, permette di caricare le immagini da inserire nei vostri post via FTP, oppure semplicemente, indicando l’URL dell’immagine. La novità è che è possibile anche ridimensionare le immagini direttamente da Live Writer ed è possibile personalizzarle attraverso l’inserimento di cornici, ombre e margini oppure creando una miniatura che punta all’immagine originale.
Interessante la possibilità, dopo aver configurato la propria piattaforma di blog, di scaricare il template in uso, in modo da avere, anche offline, una anteprima di come verrà visualizzato il post quando verrà pubblicato.
Mi pare, però che, ancora non venga correttamente interpretato il CSS del sito, e ciò non permette una perfetta corrispondenza con quello che sarà poi il risultato visibile online.
Veramente utile, invece, la possibilità di inserire in maniera veloce e semplice una mappa di Live Local in pochissimi passaggi. Peccato, però, che al momento non vi sia la stessa possibilità per Google Map: confido, però, nel fatto che Microsoft avendo rilasciato l’SDK, per permettere la creazione di plugin specifici per Live Writer, vengano create funzioni apposite di WordPress ed estensioni delle capacità dell’editor come la possibilità di integrarsi con altri plugin pwe WordPress, come p.es, Ultimate Tag Warrior.
Tra le novità introdotte nella beta 2 abbiamo:
- l’introduzione della gestione delle tabelle
- supporto e autorilevazione per le piattaforme come MSN Space, Typepad, Blogger, LiveJournal, e WordPress.
- Il check spelling ora avviene anche mentre si digita (peccato che, tra i sei linguaggi dispoinibili, ancora non sia presente la localizzazione in italiano)
- Possibilità di aggiungere nuove categorie
- Supporto per gli excerpts
- Inserimento guidato dei link e delle immagini
- Paste avanzato: permette di incollare il codice html precedentemente copiato.
Un vantaggio, indiscutibile nell’uso di Live Writer è, però, anche la possibilità di scrivere tutti i propri post offline e poi pubblicarli quando di ritorna online.
In definitiva, l’editor è abbastanza avanzato ma presenta ancora alcune pecche che non mancano all’editor di WordPress (manca per esempio il tag “code”).
Inoltre, a mio avviso, vengono inseriti, nel codice della pagina pubblicata, dei tag che normalmente la piattaforma di WordPress non inserisce, come, p.es, i tag P e BR.
Orrendo, invece, come viene scritto il post: oltre ai tag superflui, tutte le righe vengono scritte una di seguito all’altra, senza nessuna tabulazione o accapo, con la conseguenza di rendere poi illeggibile, dall’editor online di WordPress, il codice html del post redatto con Windows Live Writer.
Un a’ltra cosa che non mi piace è il fatto che Live Writer tende a creare dei post fittizi quando si fa il retrieve del template del proprio sito. In pratica Live Writer non fa altro che creare e pubblicare un articolo del tipo:
Temporary Post Used For Style Detection (69f5f777-8c7b-47f7-930b-55ad10fa5c88)
per poi cancellarlo subito dopo. Il problema è che feed reader Online come Google Reader, registrano subito questo evento, mostrandolo a tutti coloro che si sono iscritti al feed.
Inoltre, mi pare che la nuova beta 2 abbia qualche problema nelle configurazione dell’accesso al proprio blog attraverso un proxy aziendale, cosa che prima invece funzionava egregiamente!
Infine, se intendete provare Windows Live Writer Beta 2, dovete accertarvi di aver installato sul vostro PC Microsoft® .NET Framework Version 1.1 o superiore.
Insomma, come al solito, quelli di Microsoft fanno un lavoro parziale: se da un lato occorre elogiarli per il bel lavoro svolto, dall’altro ci accorgiamo che come al solito, i loro editor non lasciano mai il codice pulito e standard, tanto da consigliarvi di non usare, almeno per ora, Windows Live Writer a meno che non avete necessità di lavorare offline.
La guida per un buon blogger: installare il correttore ortografico di Firefox per rendere efficiente l’indicizzazione delle keyword e come personalizzare il dizionario
Chiunque abbia avuto esperienza di blogging sa che, molto spesso, nella fretta di scrivere i post è possibile incappare in errori di digitazione. Se ad una prima valutazione questo fattore potrebbe non essere importante, è però necessario pensare che gli errori ortografici, oltre a rendere più difficoltosa la lettura, possono dare una brutta reputazione all’autore. Inoltre, se l’errore avviene su una particolare parola keyword, può rendere meno realistica l’indicizzazione e il peso che il crawler dei motori di ricerca da alla vostra pagina.
Provate per esempio a cercare la parola “maicrosoft”: come vedete è facile trovare siti che vengono indicizzati con parole sbagliate e che non verranno mai trovati se la si scrive correttamente!
E’ per questo che consiglio a tutti di installare un buon correttore ortografico sia per la lingua italiana che per quella inglese: infatti, specie se si parla di cose tecniche, è facile incappare in tecnicismi di madrelingua anglosassone.
Siccome, però, la maggior parte dei blogger aggiornano il proprio sito direttamente online, non posso che consigliarvi l’estensione per Firefox del Dizionario, un ottimo correttore ortografico automatico che evidenzia, con una sottolineatura rossa, la parola presente in una qualsiasi casella di testo di cui non viene trovata la corrispondenza nel dizionario selezionato. Ovviamente il dizionario non contiene tutte le parole: per aggiungerle basterà cliccare col tasto destro del mouse sulla parola evidenziata e sotto le voci suggerite, cliccate su “Aggiungi al dizionario” o “Add to dictionary”.
Il problema che un blogger italiano può incorrere è che, se di default installa il dizionario italiano, tutte le parole inglesi di uso comune non verranno riconosciute a meno che non si aggiungono manualmente ogniqualvolta le si incontra. Per automatizzare o perlomeno velocizzare l’inserimento di parole straniere di uso comune, dovete sapere che quando si aggiunge al dizionario una nuova parola, non si fa altro che aggiornare il file persdict.dat presente sotto la directory:
C:\Documents and Settings\\Application Data\Mozilla\Firefox\Profiles\
Infatti, questo file, non contiene tutto il dizionario bensì solo le parole nuove. A questo punto basterà editare il file con un qualsiasi editor di testo e aggiungere le parole desiderate. Se volete, potete trovare una lista già compilata dei termini più comuni (con un semplice filtro sul testo) per le varie categorie, come la lista dei nomi delle compagnie o dei termini per il computer.
Addirittura è possibile integrare nel file persdict.dat i termini del dizionario personale di Word custom.dic presente in:
C:\Documents and Settings\\Application Data\Microsoft\Proof
La conoscenza del file persdict.dat vi aiuterà anche nel caso in cui inseriate, per errore, un termine nel dizionario che magari era sbagliato. Basterà aprirlo con Notepad e cancellare la riga voluta. Oppure vi potrà servire se volete usare il ricco dizionario personale di un vostro amico: basterà fare un semplice copia e incolla tra i due file ed il gioco è fatto!
Esiste l’intelligenza collettiva del web 2.0 o solo una intelligenza dei pochi? La regola dell’1:10:89
Secondo Apogeonline l’intelligenza collettiva di internet non esiste o perlomeno è molto meno evidente di quello che si pensava.
Fin dagli esordi il web 2.0 ha rilanciato in salsa user-generated content l’utopia democratica della prima Internet: diventare un’arena tecnologicamente collaborativa e orientata alle relazioni tra pari, aprendo alle masse quei processi prima gestiti solo da chi era in possesso della patente di “esperto”. Per fare un esempio noto, il successo di Wikipedia è stato subito salutato come l’inizio di un nuovo approccio al sapere in cui l’intelligenza di tanti semplici individui che si autocorreggono a vicenda può risultare superiore a quella di un singolo specialista.
Chi si nasconde dietro le folle del read-write web, delle televisioni condivise, dei wiki, del bookmarking collaborativo? Pare, infatti incrociando i dati di alcuni tra i più popolari servizi user-powered (digg, YouTube, Wikipedia) sembrerebbe proprio di no. Anzi, più i social media crescono e più si consolidano micro-hub di utenti “più uguali degli altri” capaci di influenzare buona parte dei processi collaborativi.
Tanto che Michael Arrington già parla di “wisdom of the few” (intelligenza dei pochi), ribaltando il concetto sacro dell’”intelligenza collettiva”, che, come uno spettro, si ripresenta a ogni upgrade del web. Da qui nasce la regola dell’1% o “1:10:89”, secondo la quale su 100 utenti di una piattaforma ad architettura partecipativa
– solo 1 contribuisce attivamente con propri contenuti;
– 10 partecipano di tanto in tanto alle attività minime della vita di community (commento, ranking, tagging);
– i restanti 89 fruiscono passivamente.
A rincuorare i sostenitori di questa teoria vi è la teoria economica e la psicologia sociale, le quali hanno dato risalto al fenomeno della participation inequality all’interno delle dinamiche di gruppo. E cioè: non tutti gli individui contribuiscono in prima persona ai processi collettivi; spesso solo un’esigua minoranza determina i comportamenti di una grande maggioranza silente e inattiva. È quanto Pareto aveva sintetizzato nella legge 80/20 secondo cui l’80% degli effetti è spesso determinato dal 20% delle cause.
Già ai tempi di Usenet il 3% degli utenti era responsabile del 25% del totale dei messaggi. A sorprendere, invece, è la crescita di questa assimmetria su molti servizi del web 2.0, dove le percentuali vanno molto al di là di quanto previsto dal principio di Pareto.
– YouTube: a ogni upload corrispondono 1.538 download: gli utenti attivi sono quindi solo lo 0,07%
– Wikipedia: a partire da questi dati, è stato calcolato che il 50% degli articoli è prodotto dallo 0,7% dei wikipedians; il 72% dall’1,7%.
– digg: Jason Calcanis afferma che il 30% dei contenuti presenti in home page sono postati dai primi 10 top-user (che a loro volta costituiscono solo il 3% dei top-user di digg);
I neologismi del Web 2.0: cosa significa il termine Mashup?
Ieri, nell’articolo sui nuovi Mashup di Google Maps ho più volte usato il termine mashup, dando per scontato che tutti sapessero il suo significato. Purtroppo è un problema comune riproporre nuovi termini, neologismi, senza approfondirne il significato o l’origine, anche perché spesso è difficile trovarli.
Letteralmente, il termine “mashup” significa “poltiglia” e la sua origine deriva da un genere musicale che mescola varie tendenze in un’unica melodia. In pratica, aggregando frammenti di brani diversi e mixandoli si ottiene un nuovo prodotto.
In ambito tecnologico, un mashup è un’applicazione che usa contenuto da più sorgenti per creare un servizio completamente nuovo.
Il contenuto dei mashup è normalmente preso da terzi via API (Application Programming Interface), tramite feed (RSS o Atom) o Javascript.
Come i blog hanno rivoluzionato l’editoria online, i mashup stanno rivoluzionando lo sviluppo del web permettendo a chiunque di combinare dati da siti diversi in modi innovativi. L’abbondanza di semplici e leggere API hanno reso i mashup dei servizi relativamente semplici da progettare: richiedono minime conoscenze tecniche e quindi sono solitamente creati da innovatori inusuali.
C’è anche chi definisce il blog come il mashup per eccellenza: infatti, il mashup, può essere considerato anche la tendenza ad aggregare risorse e fonti dinamiche del web per riproporle attraverso il proprio filtro, la propria scelta. Appunto, come un blog!
Attribution Image CC: ‘Tad not drinking wine‘
Nuovi RSS nel mio feedreader
Questa settimana ho inserito alcuni nuovi feed RSS nel mio feedreader che vorrei condividere con voi:
SCIENZE:
- Il sito di Le Scienze è stato rinnovato e finalmente ha integrato la funzionalità di RSS per le sue notizie sempre interessanti, distribuendo il titolo, il sommario e l’indirizzo di tutti gli articoli pubblicati in homepage e nelle varie sezioni (RSS HOMEPAGE ma sono presenti anche Feed per ogni categoria scientifica di vostro interesse).
- GalileoNet è un bel giornale di scienza che butta un occhio anche sui problemi politico-sociali globali, come la tutela dell’ambiente, i diritti umani e la pace (RSS).
WEB DESIGN:
- BittBox è un Blog interessante per tutti i web designer con molti articoli su elementi grafici vettoriali con tanto di esempi scaricabili gratuitamente nei vari formati AI – EPS – SVG – PNG (RSS) [via Desmm]
TECH:
- SciFi Tech è il blog tecnologico di Sci Fi: inutile dire che troverete tutte quelle notizie tecnologiche al limite della Fantascienza (RSS)
MyBlogLog: pregi, difetti e trucchi di visualizzazione
Come forse molti di voi avranno notato, anche io ho adottato, da poco più di 1 mese, il widget di MyBlogLog, un interessante servizio web 2.0 social networking (recentemente acquisito da Yahoo!) che consente di creare una propria Community (con i cui membri è possibile scambiare messaggi pubblici e privati) e identificare gli altri membri di MyBlogLog che hanno visitato quelle pagine (di solito sono quasi sempre altri blogger).
Intanto, prima di addentrarci nell’articolo vi do il link della pagina del mio profilo su MyBlogLog e quello della mia Community.
Foto con licenza Creative Commons: FlickrCC e Everystockphoto
Quando i blog iniziarono a spuntare fuori, erano perloppiù diari personali e quindi il testo era il nucleo principale di ogni post giornaliero. Oggi i blog si sono evoluti e oltre a contenere un resoconto più o meno dettagliato di come sia andata la giornata, si parla anche di altro, a seconda della categoria a cui appartiene, andando dall’attualità alla tecnologia.
E’ quindi chiaro che un simile exploit di blog non più generici avessero bisogno di qualcos’altro oltre al puro semplice testo: le foto all’interno dei post è stata la risposta che i più hanno trovato. Ma, purtroppo, siccome la maggior parte dei blog non sono testate giornalistiche o aziende con fondi dedicati al pagamento dei diritti sulle foto, spesso e volentieri inserire una foto in un articolo voleva dire andare contro il copyright del proprietario dell’immagine.
Questo, almeno, fino all’avvento della licenza Creative Commons, che, secondo me, costituisce una vera e propria rivoluzione nel mondo informatico. Oramai tutti i blog sono pubblicati sotto questa licenza e ora è possibile inserirvi anche immagini con licenza Creative Commons, senza così infrangere nulla.
Così, se in un proprio post, si vuole inserire qualche bella immagine, senza sentirsi in colpa, abbiamo diversi raccoglitori di immagini in Creative Commons. Tra questi i più importanti sono:
FlickrCC e Everystockphoto.
- Su FlickrCC è possibile accedere ad un vasto archivio di foto degli utenti della comunità di Flickr pubblicate con licenza Creative Commons. Non necessita di alcuna registrazione anche se è necessario citare la fonte.
- Su Everystockphoto abbiamo, invece, un archivio enorme di oltre 700mila immagini, provenienti da diversi siti (imageafter, stock.xchng, Flickr, morgueFile, freerangestock) ma esclusivamente quelle rilasciate sotto licenza CC.
A differenza del precedente, è necessario registrarsi gratuitamente per poter accedere all’enorme database in modalità Full Resolution.Per i più pigri è disponibile anche un plugin che aggiunge il motore di ricerca di Everystockphoto sia su Firefox che su IE.
[via motoricerca.net e 4mj]
Attribution Image CC: www.flickr.com/photos/96941606@N00/290630500
Nuove piattaforme di blog crescono: Terapad e Habari
Da qualche giorno sono nate due nuove piattaforme di blog: Terapad e Habari.
– Terapad: interamente scritta in Coldfusion, permette non solo di crearsi il proprio blog ma anche un forum, un ecommerce con pagamenti su paypal, un calendario online e le ormai immancabili pagine statiche alla wordpress.com. Inoltre Terapad permette di gestire più utenti sullo stesso sito, specificandone per ognuno permessi di accesso e di gestione dello stesso. Il bello è che è interamente autofinanziata dall’inserimento nelle template di annunci adSense.
Su blog di Giovy trovate una interessante e completa recensione.
– Habari è uno dei tanti blog engine scritti in PHP (la versione 5 per quanto riguarda questo progetto). Cosa interessante è però il fatto che sia stato sviluppato da alcuni degli sviluppatori più attivi nella comunità di WordPress.
Il progetto è hostato su Google Code e pare ben fatto; speriamo in una buona evoluzione come è successo a WordPress!
[via via downloadblog e Html.it]
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