Con progetti molto ambiziosi e qualche polemica sulla privacy, è stato appena lanciato il primo motore di ricerca dedicato solo alle persone: Spock.com
Anche se il nome richiama alla mente lontani ricordi di Star Trek, Spock è stato creato da una società californiana di Redwood City, che ci ha investito sette milioni di dollari, raccoglie più di 100 milioni di profili (soprattutto americani) e cresce ogni giorno. E, come racconta uno dei suoi fondatori, Jay Bhatti, vorrebbe arrivare ad “averne uno per ogni uomo presente sulla terra”.
Su Spock è possibile trovare la biografia di uomini famosi come cantanti, attori, politici, vincitori di nobel, ma soprattutto di persone comuni!
L’idea di base è semplice e nasce dalle statistiche che dicono che il 30% delle ricerche online riguarda le persone, solo che l’esperienza per l’utente è oggi molto frammentata e insoddisfacente.
La novità di Spock è di mettere insieme informazioni pescate nella Rete, e completarle con foto e parole chiave, e collegare ciascun profilo a quello di altre persone, rendendo tutto più semplice.
Dove “trova” le notizie Spock? Ci sono diverse fonti: i siti delle università, come la galleria degli alunni della Cornell University esposta nella homepage, o le biografie censite da Wikipedia. Per la gente comune i dati arrivano dai siti di social-networking come MySpace, Friendster, LinkedIn e Facebook, mentre le foto per ora da siti come Flickr.
Il resto lo aggiungono i navigatori. Questa varietà di informazioni è il punto di forza di Spock rispetto a siti come Wink.com che, con un lavoro simile, ha già raccolto più di 200 milioni di profili. Così se Google è il leader nella ricerca di documenti, nelle intenzioni dei suoi inventori Spock.com dovrebbe diventarlo nella ricerca delle persone.
Nato nell’epoca del Web 2.0 e delle tecnologie wiki, il motore di ricerca non poteva che essere permeato da una certa atmosfera partecipativa. Per esempio, ogni scheda individuale è arricchita dai “tag”, attributi che caratterizzano la persona in questione. Inoltre, oltre al nome e cognome, le ricerche si possono fare anche per categorie: nella homepage ne sono suggerite alcune ma ogni navigatore potrà inserire quelle che preferisce.
Per creare un profilo il lavoro sporco viene fatto dal motore, poi tocca alla comunità di navigatori. Gli utenti di Spock non possono intervenire sulle biografie, ma possono aggiungere in qualsiasi scheda foto, “parole chiave” e aggiornare le “persone collegate”. Un sistema di filtri dovrebbe garantire la qualità: chi interviene sulle pagine viene giudicato in base a una specie di pagella di credibilità valutata dalla comunità di Spock. Se si accumulano troppe insufficienze (perché si aggiungono informazioni false, ad esempio) si viene espulsi dalla rete di “aggiornatori”.
Certo è che, visto che le schede sono aperte al pubblico, questo potrebbe provocare ai responsabili del sito qualche problema in materia di vandalismo (l’esempio di Wikipedia insegna che non tutti partecipano al gioco di Internet in modo costruttivo) oltre a denunce per diffusione di notizie false. Bhatti, però, garantisce che ciascuno può chiedere di cancellare il suo profilo e informarsi sulla provenienza delle informazioni: infatti, permette ai legittimi titolari delle schede di reclamarne il controllo e di correggere gli eventuali errori.
Chi crede nelle potenzialità di questo motore (votato dal pubblico del Web.2 Expo di San Francisco come la migliore novità del settore) dice che un giorno potrebbe essere usato anche dalle aziende che cercano personale, o per cercare persone scomparse con una funzione simile a quella di alcuni siti della polizia.
La ricerca di persone è davvero uno dei servizi più importanti e richiesti di Internet (quante volte avete inserito il nome di qualcuno, magari il vostro, su Google?) e l’utopia di un unico grande motore di ricerca Web di tutti gli abitanti del pianeta è affascinante. La realizzazione di un simile progetto rischia però di cozzare contro numerose leggi, specie quelle a tutela della privacy degli individui. Una situazione, a ben vedere, a cui Internet è ormai abituata.
[via repubblica e la stampa]
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