Sabato 31 Gennaio 2008, per la prima volta, Google ha commesso un piccolo semplice errore che ha coinvolto le ricerche sul web di tutto il mondo per ben 55 minuti: una eternità, considerando che Google gestisce oltre il 70% delle ricerche in rete con un database di oltre 8 miliardi di pagine web indicizzate, e considerando anche che per molti Google è sinonimo unico di motore di ricerca, nomina che si è guadagnato nel tempo grazie alla sua efficienza nelle ricercare le informazioni. Ho ripescato apposta questa definizione di Zeus News sul motore di ricerca più famoso al mondo risalente al 2005, che fa comprendere quanto è importante Google per tutti noi:
“Google è il più grande motore di ricerca del Web ma è anche una potenza economica, uno dei marchi più conosciuti, una forma culturale universale che rappresenta per la nostra generazione della Galassia Internet quello che può aver rappresentato l’Encyclopédie di Diderot per l’Illuminismo.”
Dopo questa altisonante affermazione, capirete come 55 minuti di black-out informativo possano incidere molto sul buon nome della società di Mountain View (qui le spiegazioni di Google e qui di StopBadware.org). E poco importa che Google non sia l’unico motore di ricerca, che esistano alternative forse altrettanto efficaci o comunque certamente in grado di sostituirlo per un breve periodo. Come, infatti, afferma Punto Informatico, questo episodio è stato
… capace di segnalare gli straordinari imbambolamenti di una generazione che senza Google si ritrova improvvisamente perduta.
La mia esperienza
Personalmente, verso le 15:45 mi è capitato di vedere questo messaggio di errore: ero a casa di mio fratello quando mi ha chiamato segnalandomi il problema con qualsiasi ricerca effettuasse, sia dal proprio Macbook che dall’iPod Touch. Dopo qualche attimo di confusione, in cui ho pensato a qualche problema di Google (idea subito scartata perché così esteso era assai improbabile), abbiamo così pensato ad un problema con il modem. Il caso ha voluto che dopo averlo spento e riacceso il problema non si era più ripresentato, relegando il problema ad una curiosa anomalia di Google ma circoscritta al nostro indirizzo ip dinamico. E’ stato solo il giorno dopo che ho letto che il problema aveva una portata planetaria e ho cominciato a riflettere sul fatto che anche io ero stato incredulo sul fatto che un tale problema potesse accadere in tutto il mondo e che potesse coinvolgere addirittura Google!
Il problema
C’è, però, chi si rasserena pensando che i danni potevano essere ben più gravi se non fosse stato un sabato quando la maggior parte degli uffici erano chiusi (sulla costa Pacifica e in Asia, per esempio, per via del fuso orario, le reazioni sono state meno evidenti). Ma il bello è che Google apparentemente funzionava come tutti gli altri giorni, ma, nel periodo di interruzione, quando gli utenti tentavano di eseguire una qualsiasi ricerca, in Italia e nel resto del mondo, tutti i risultati venivano indicati come potenzialmente dannosi. E se anche si decideva di proseguire comunque, l’utente veniva indirizzato ad una pagina che lo invitata a riprovare in un secondo momento perché il sito poteva presentare dei malware dannosi per il computer, impedendo di fatto di aprire il sito in questione. L’unico modo per raggiungere la pagina desiderata era quello di copiare manualmente l’url sulla barra degli indirizzi del browser o, più banalmente, aprendo il motore di ricerca concorrente Yahoo! (sarebbe interessante valutare il suo picco di accessi in quella pazza ora).
Il ruolo di Stopbadware.org è legittimo?
A questo punto verrebbe spontaneo chiedersi se tutti noi siamo Google-Dipendenti e se il ruolo di StopBadware.org, una iniziativa no-profit di due centri universitari per lo studio di Internet (Harvard e Oxford) e di una associazione di consumatori americana per combattere il “Badware” (ovvero l’insieme di Spyware, Malware e Adware), sia legittima. Già nel 2006, in un mio articolo, mi chiesi se era giusto dare a Google la possibilità di filtrare i siti che lui riteneva pericolosi e fonte di malware. E la domanda risulta oggi più che mai attuale dopo gli avvenimenti dello scorso Gennaio, considerando anche il fatto che la maggior parte dei malware e virus contenuti in quei siti agiscono sui sistemi Windows, mentre chi naviga con Linux o Mac OS X non soffre di questi problemi.
Una fama di efficienza assoluta distrutta in soli 55 minuti
E se anni di onorato ininterrotto servizio grazie alle eccezionale ridondanze dei datacenter di Mountain View hanno contribuito a fornire a Google un alone di fama epica, un semplice errore umano di un dipendente di Google (magari insonnolito dato che in California erano le 6 del mattino) che ha digitato uno “\” (backslash, che dovrebbe stare ad indicare tutti i siti internet) di troppo nella lista di siti internet da bannare (che solitamente viene inserita a mano), ha contribuito a ricordare a tutto il mondo che noi siamo dipendenti da Google e che senza saremmo, almeno momentaneamente, persi (dato che le alternative, molto spesso non sono altrettanto efficienti nelle serp, confermando di fatto la nostra google-dipendenza a livello planetario)!
55 minuti (in realtà secondo Google il tempo effettivo era di 40 minuti dato che il back-out non è stato continuo), duranti i quali un’ondata di sconforto, di confusione e, in rari casi, anche di panico, sui blog della rete ha attraversato l’Atlantico ed è arrivata in Europa. E i navigatori, con l’ausilio di tutti i social network che la rete poteva mettere loro a disposizione (tra i servizi di microblogging twitter è stato il re incontrastato), si sono scambiati milioni di messaggi preoccupati (più volte aleggiavano teorie cospiratorie alla stregua di questa) e opinioni. Quella che era la porta di accesso alla rete per antonomasia era diventata improvvisamente inutile, aprendo uno scenario inimmaginabile per chi usa internet: un mondo senza Google!
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