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Dal 2004 il blog di Antonio Troise

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Lug 26 2022

Outline: il notebook digitale per Mac OS e iOS è l’alternativa più completa di OneNote

Posted by Antonio Troise
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Introduzione

Alcuni anni fa sulle macchine Mac i software erano veramente pochi se paragonati all’ambiente Windows, mentre oggi assistiamo ad una proliferazione di software di ottima qualità. Per chi come me è un veterano della piattaforma della mela, avrà assistito alla scomparsa di molte app storiche (perchè con il passare del tempo gli sviluppatori chiudevano i loro progetti), così come è successo con il software per database personali Bento (degnamente sostituito da Tap Forms o da iDatabase) o anche per una pietra miliare dei notebook su Mac, Notebook di Circus Ponies, che chiuse nel 2016. Per anni , di alternative così complete come Notebook di Circus Ponies non ce ne sono state e tutti iniziarono a guardare con fiducia a OneNote di Microsoft, anche se per i primi tempi era disponibile solo per il mondo Windows. Quando poi è finalmente sbarcato sul mondo della mela è stata una parziale delusione in quanto la versione per Mac non è mai stata così completa come la versione per PC. Infatti per il suo utilizzo richiede un account Microsoft OneDrive perché non è possibile salvare e caricare file OneNote in locale direttamente dal proprio Mac. Inoltre, oltre a non permettere di importare le note da altre fonti, non permette neanche l’esportazione in un formato facilmente fruibile come PDF, Markdown o JSON rendendo di fatto la piattaforma Microsoft un mondo chiuso.

E’ in questo panorama software che ho iniziato ad apprezzare un software come Outline. Se inizialmente, quando uscì, era solo in grado di aprire i documenti OneNote di Windows, oggi si è evoluto così tanto da costituire una valida alternativa e un degno sostituto di OneNote su Mac tanto da poterlo sostituire completamente.

Descrizione

Outline è una app disponibile sia per Mac OS che per iOS (compatibile sia per iPad che per iPhone) con lo scopo di poter prendere appunti organizzati come con un vero quaderno digitale.

Outline, con la sua grafica intuitiva, è in grado di regalare una esperienza simile ad un quaderno di carta (con il il vantaggio di avere anche l’eleganza che contraddistingue tutte le app con design Apple) permettendo di organizzare i propri appunti attraverso l’uso di divisori multicolori, sezioni e pagine. Il principio usato per mettere ordine nelle proprie note è sostanzialmente quello di uno schedario: potete raccogliere le vostre note in Quaderni (per organizzarli tra i campi tematici che preferite), che a loro volta sono suddivisibili in Sezioni e all’interno delle quali potete creare tutte le Pagine che volete. Per strutture più complesse è possibile anche creare Gruppi di sezioni e Pagine nidificate, in modo da visualizzare in modo gerarchico le vostre idee. Ovviamente tutti questi elementi possono essere facilmente spostati e riordinati tramite Drag & Drop.

A dispetto delle apparenze con Outline non rischierete di perdervi in funzioni complicate e al contrario, sarete soddisfatti dalla semplicità della struttura creata dal programma.

Un’altra funzione da non sottovalutare per collegare le proprie idee ma anche per una navigazione più veloce all’interno dei notebook, è la funzione di collegamento tra le varie note o sezioni. Basterà copiare col tasto destro il link alla pagina (o sezione) che si desidera collegare:

e poi incollare il link nella pagina desiderata

Outline risulta molto versatile anche quando si tratta di inserire elementi multimediali all’interno dei vostri appunti, come immagini, grafici e screenshot, video e audio.

Lavorare su Outline è naturale come farlo su un foglio di carta perché, analogamente a OneNote, potete iniziare a scrivere in un punto qualsiasi della pagina, proprio come accadrebbe su un block notes cartaceo, e organizzare le proprie idee come blocchi di testo, seguendo e riflettendo il modo in cui le proprie idee si sviluppano.

Oltre a supportare i classici strumenti di formattazione e stili integrati, e, sebbene l’app non fornisca supporto per la modifica Markdown, Outline gestisce facilmente le tabelle per una visualizzazione chiara e strutturata dei tuoi appunti, elenchi puntati e numerati, tag e caselle di controllo.

Per finire dispone anche di un comodo controllo ortografico e della funzione di conteggio di righe/parole/caratteri.

A differenza di OneNote per Mac, Outline consente di gestire le proprie note sulla propria unità locale (non lasciando mai il tuo spazio privato se non lo desideri), salvando le modifiche automaticamente ogni 3 secondi. Ovviamente, come per tutte le app moderne, oltre all’archiviazione locale, Outline supporta i cloud più diffusi come Dropbox, Box, OneDrive, cloud WebDAV privati e, ovviamente, iCloud Drive, sicuramente l’opzione migliore per sincronizzare il tuo iPad e Mac.

Una volta collegato il proprio cloud di riferimento sarà possibile creare un nuovo Notebook direttamente sul proprio spazio privato online.

Infine, è previsto anche la protezione con password delle proprie note, per proteggere i vostri appunti da accessi indesiderati

e la possibilità di effettuare un ciclo di backup automatico:

Outline supporta nativamente anche le estensioni OS X, sia per importare le informazioni da una pagina web su Safari sia per esportare i dati da Outline a qualsiasi altra app che supporta le estensioni di condivisione.

La funzione di ricerca integrata vi permette di esaminare i vostri appunti con facilità. La ricerca di determinati appunti risulta ancora più rapida se conferite priorità a singole parole per mezzo dei tag.

Una cosa interessante è che i notebook di Outline hanno un aspetto gradevole e la loro copertina anteriore può essere personalizzata utilizzando uno dei 16 colori disponibili. Le copertine non possono, tuttavia, essere personalizzate con foto o immagini personali.

Inoltre, cosa da non sottovalutare, è possibile stampare direttamente singoli appunti (sia la singola pagina che l’intera sezione) o salvarli nel formato PDF (cosa che con OneNote gratuito non è possibile fare).

Purtroppo i PDF e altri documenti, non possono essere importati in quaderni Outline, sebbene sia possibile aggiungerli come allegati.

In Outline è possibile creare quaderni per le tutte le esigenze: per un viaggio, un ricettario, un diario, un agenda giornaliera o una semplice lista di cose da fare (grazie anche alle comode caselle di controllo da spuntare), aiutando gli utenti a tenere in ordine le proprie note.
Io personalmente ho iniziato ad usarlo per i miei appunti di programmazione durante la progettazione di Side Project.

Outline per iOS

Ho installato una copia di Outline per iOS anche sull’iPad di mia figlia con lo scopo di farglielo usare in sostituzione dei quaderni di carta. Se i libri scolastici sono stati già da tempo digitalizzati (per ogni copia cartacea vi è sempre la sua controparte elettronica) lo stesso non si può dire per i quaderni che spesso è lasciato all’inventiva del singolo. Quelle volte che ha avuto bisogno di scrivere sul tablet ha sempre usato Note di Apple, che però non raggiunge questo grado di organizzazione granulare (ma ci sono alternative, purtroppo quasi tutte in abbonamento se non ci si accontenta della versione base gratuita, come Evernote e Notion e gratuite ma limitate come Simplenote, Google Keep e OneNote). Ebbene grazie alla sua ottima organizzazione, le lezioni scolastiche , le presentazioni, gli appunti e materiali d’esame risultano ben chiari e strutturati, facili da rivedere e modificare. Grazie alla disponibilità delle funzioni di disegno, è possibile disegnare o scrivere a mano libera con la propria Apple Pencil o riprodurre forme predefinite, come cerchi, angoli rettangoli o frecce.

Potete dunque prendere i vostri appunti posizionandoli a vostro piacimento sulla lavagna bianca, unendo sia la parte disegnata a mano libera che la parte scritta con la tastiera.

La versione per iPad di Outline (analogamente anche alla versione per iPhone, ad eccezione delle evidenti ridotte dimensioni delle schermo) include stili e pennarelli assortiti per la scrittura manuale delle note e l’annotazione dei contenuti. L’inchiostro digitale per le penne è molto fluido e reattivo, Il contenuto dello strumento penna può anche essere selezionato, copiato e incollato su altre pagine o spostato.

Sempre in merito alla multimedialità anche Outline per iOS risulta versatile: infatti oltre a inserire immagini, grafici e screenshot all’interno dei vostri appunti, potete includere anche video e messaggi vocali.

Sebbene la versione Mac di Outline sia priva degli strumenti di disegno, si sincronizza facilmente con la versione di iOS, beneficiando delle funzioni offerte dall’app anche in mobilità.

Conclusione

In definitiva l’app combina tutti i punti di forza di OneNote e li completa con ulteriori funzioni (come l’export dei propri appunti, cosa che manca totalmente sull’app Microsoft), proponendosi, quindi, come uno strumento completo per annotare, conservare e lavorare con i vostri dati e rendendo dunque Outline una delle alternative migliori a OneNote e il miglior erede di Notebook di Circus Ponies.

Outline supporta l’architettura Apple Silicon (ARM) dei nuovi processori M1 e M2 e l’applicazione richiede un Mac con OS X 10.11 o superiore. Purtroppo non è ancora localizzato in italiano anche se, punto a suo favore, risulta essere molto semplice da comprendere.

Dove trovarla

Outline è a pagamento, com’era lecito aspettarsi vista l’ampia gamma di funzioni disponibili, e ovviamente rimane fruibile esclusivamente per gli utenti Apple. La cosa veramente interessante è la mancanza di forme di abbonamento mensili o annuali: si paga direttamente il prezzo dell’app e basta (ad eccezione per l’app di iOs che per abilitare la sincronizzazione WebDav e OneDrive Business richiede un pagamento in-app purchase una tantum). Di questi tempi una cosa da non sottovalutare.

Ovviamente per chi volesse prima testare l’app per Mac OS è disponibile anche una versione di prova gratuita fino a 30 pagine, scaricabile direttamente dal sito del produttore oppure direttamente qui.

Outline: Knowledge Organizer per Mac OS disponibile per l’acquisto direttamente su Mac App Store a questo link, al prezzo di 39,99€.

Outline: Knowledge Organizer per iOS (compatibile sia per iPhone che per iPad) è disponibile per l’acquisto direttamente su App Store a questo link, al prezzo di 9,99€ (in aggiunta vi sono solo due acquisti in-app purchase one tantum per abilitare la sincronizzazione WebDav a 2,99€ e OneDrive for Business a 4,99€)

Tag:Apple, mac, recensione
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Ago 23 2018

OneCast per giocare in streaming con la Xbox One su Mac OS e iOS

Posted by Antonio Troise
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Descrizione

La funzione di streaming dei giochi dalla Xbox One è presente dal 2015 su tutti i PC con Windows 10 con la app Xbox installata. Purtroppo in tutti questi anni non è stata mai creata la controparte per il mondo Mac e per i dispositivi mobili con iOS.
Ed è per questa carenza che ci viene incontro OneCast, una applicazione, non ufficiale Microsoft, in grado di effettuare un efficiente streaming dei giochi per Xbox One sui sistemi operativi di Cupertino.

Configurazione per Mac OS

Per configurare correttamente la console Xbox One per lo streaming in modo da giocare in modalità remota con titoli Xbox One su qualsiasi Mac o dispositivo Apple (iPhone o iPad) presente nella stessa rete domestica, è analoga ai passaggi iniziale offerti dalla funziona nativa per Windows 10.

Per utilizzare lo streaming dei giochi Xbox, è necessario innanzitutto, dopo essersi collegato col proprio utente, abilitare lo streaming di gioco tramite la console Xbox One. Per eseguire questa operazione, premi il pulsante Xbox per aprire il Pannello, seleziona Impostazioni > Preferenze > Connettività dell’app Xbox ed esegui queste due operazioni:

  • In Questa Xbox, seleziona Consenti streaming di gioco verso altri dispositivi.
  • In Altri dispositivi, seleziona Consenti collegamenti da qualsiasi dispositivo oppure Solo da profili che hanno effettuato l’accesso.

Da questo momento in poi la configurazione è in discesa e sarà sufficiente aprire l’app per Mac e cliccare sul tasto “Register Xbox One”

Quindi, dopo una breve attesa in cui l’applicativo scansione la rete locale alla ricerca di una Xbox One attiva,

la console verrà riconosciuta e registrata.

Da questo momento in poi, ogni qualvolta apriremo l’app di OneCast, troveremo il profilo della nostra console Xbox One registrato comprensivo dell gamertag su cui si è abilitato in precedenza lo streaming dei giochi.

Cliccando sulla freccia è possibile, tra le altre cose, configurare in “Video Quality” la qualità di streaming in base anche alla condizione e velocità della vostra rete locale wireless (scegliere sempre connessioni a 5GHz più performanti di quelle a 2.4GHz) o connessione Ethernet cablata. Personalmente consiglio sempre di utilizzare l’impostazione di qualità di livello massimo (“Very High”), che garantisce una buona esperienza di gioco e, nel caso, ridurre la qualità del livello fino a individuare l’impostazione ottimale supportata dalla rete domestica.

A questo punto, cliccando sul tasto “Connect” in pochi secondi ci collegheremo alla nostra Xbox One.

OneCast per Mac OS supporta i controller Xbox One sia via USB che via Bluetooth. Per quelli USB è necessario però installare il driver di terze parti Xbox Controller Driver disponibile dal menu Controller.

A questo punto siamo pronti per provare qualche gioco e devo dire che anche con giochi di tipo First Person Shooter (FPS), che richiedono buone prestazioni e bassi lag, sono riuscito a giocare benissimo.

Configurazione per iOS

Per iOS la configurazione sulla Xbox One è analoga a quella descritta sopra, come anche quella per aggiungere la propria console al dispositivo mobile perchè non si tratta altro di aprire l’app e cliccare sul tasto “Register Xbox One”

e attendere la scansione della rete locale alla ricerca della console.

Quindi dopo averla rilevata

sarà possibile customizzare alcun parametri come la qualità video

e quindi è possibile far partire lo streaming del gioco.

La differenza rispetto alla versione per Mac OS è che OneCast per iOS dispone dei controlli a video che tentano di replicare quelli del controller della Xbox One, dato che non è possibile collegare direttamente un controller fisico al proprio iPhone o iPad. Purtroppo, i controlli a video, per quanto funzionali e ben congegnati, non sono comunque comodi come un vero controller fisico e vi consiglio, nel caso siate nel raggio di azione del bluetooth della console, di usare comunque il controller direttamente collegato alla Xbox One.
Un caso d’uso comune che può prevedere questa soluzione è avere nel salone di casa la console Xbox One collegata alla TV principale di casa e, mentre i genitori o la moglie guardano la televisione, voi potrete comunque continuare a giocare sul divano remotizzando il video sul vostro iPad o iPhone e, dato che si è nella stessa stanza, usare il controller collegato direttamente alla console.

Troubleshooting

Durante i miei test ho fatto qualche prova di chiusura forzata dell’app per vedere come reagiva e in un caso su Mac OS mi ha dato la seguente schermata di errore:

impedendomi di fatto l’accesso reumatizzato alla Xbox One. Nonostante la schermata suggerisse di spegnere la console, disconnettere per 30 secondi il cavo di alimentazione e quindi riprovare, ho trovato una più rapida soluzione nella più semplice sconfigurazione dell’account dalla app e la seguente riconfigurazione (che richiede comunque pochi secondi) e a quel punto la remotizzazione ha ripreso a funzionare.

Conclusioni

Ho provato OneCast sia sul mio Macbook Pro 15′ che sul mio iPad Pro 10,5” e iPhone 7 Plus e devo dire che sul fronte prestazioni sono rimasto molto soddisfatto. Infatti nonostante supporti i 1080p anche a 60 fps (che è possibile provare su alcuni giochi di corsa), la latenza è quasi nulla e non ho riscontrato quasi nessun rallentamento e nessun blocco (solo qualche sporadicissimo rallentamento in wifi del tutto accettabile).

Certo è che l’esperienza d’uso su uno schermo 15” del Macbook Pro è sicuramente superiore ad un iPad e quella vissuta su un iPad è sicuramente migliore di quella di una visone su un iPhone, ma ciò non toglie che questa flessibilità rende OneCast davvero una scelta obbligata nel caso non si dispone di un PC Windows o se a casa si ha qualche dispositivo Apple. E per questi casi d’uso OneCast vale sicuramente l’acquisto.

Dove trovarla

OneCast

OneCast per Mac OS disponibile per l’acquisto direttamente sul sito del produttore a questo link, al prezzo di 21,51€.

 

OneCast

 

OneCast per iOS (compatibile sia per iPhone che per iPad) è disponibile per l’acquisto direttamente su iTunes Store a questo link, al prezzo di 12,99€.

Tag:Apple, ipad, iPhone, recensione, xbox, xbox one
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Mar 16 2018

Debookee, lo sniffer evoluto per Mac OS, si aggiorna con la SSL/TLS decryption

Posted by Antonio Troise
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Avevo già recensito Debookee tempo fa per spiegarvi quanto fosse semplice analizzare i pacchetti di una rete con questo applicativo per Mac OS X.
Riprendo volentieri l’argomento per segnalarvi che finalmente, dopo qualche mese si attesa, è stato aggiunto il modulo per la decriptazione del traffico SSL/TLS.
Come si evince dalla guida il modulo SSL è una estensione del Modulo NA che permette la decriptazione del proprio traffico HTTPS e permette di intercettare i targets impostando un proxy HTTPS per il classico attacco man in the middle (MITM), che è un po’ il funzionamento su cui si basa Debookee.

Definizione della tecnica MITM

Come noto, HTTPS altro non è che un protocollo standard di protezione del traffico in internet che viene utilizzato per garantire trasferimenti riservati di dati nel web. Funziona aggiungendo un livello di crittografia (SSL, Secure Socket Layer) al normale traffico HTTP.
A differenza del traffico HTTP, che essendo in chiaro, può essere sia intercettato che letto e decodificato, il traffico HTTPS, in condizioni normali, può essere solo intercettato ma non decodificato perchè, per definizione, è cifrato.

L’attacco MITM è efficace con il protocollo HTTP perché, essendo il traffico basato tutto su caratteri standard ASCII in chiaro, è molto facile interagirvi, tanto che è semplicissimo, per esempio catturare i cookie di una sessione o leggere gli header http e quindi entrare su un sito web semplicemente sfruttando i cookie di altri utenti connessi alla nostra rete LAN.

Negli anni, data la debolezza intrinseca del protocollo HTTP, si è affermato il protocollo di comunicazione HTTPS che esegue un’autentificazione del server web in base al protocollo handshake SSL e sviluppa un canale di trasporto cifrato in base a tutte le chiavi simmetriche della sessione. Se è vero, quindi, che l’autenticazione del server avviene tramite un certificato SSL, e se è vero che questa autenticazione offre una protezione affidabile contro gli attacchi man in the middle (poiché l’attaccante avrebbe bisogno di un certificato SSL affidabile per spacciarsi come web server), in pratica questa protezione è collegata all’integrità del certificato in uso.
Quindi, con questi presupposti, un attacco MITM può essere anche effettuato su connessioni cifrate HTTPS ma perché abbia successo è necessario che vengano stabilite 2 sessioni SSL indipendenti, una per ogni connessione TCP: una del browser verso l’attaccante, e un’altra dall’attaccante verso il web server.
In genere, però, i browser moderni avvertono l’utente quando il certificato usato da un determinato sito non è valido, ma spesso l’utente è solito ignorare questo avviso ed è proprio questo il punto di rottura della sicurezza intrinseca del SSL. Certo anche per gli utenti più smaliziati è possibile incorrere in casi in cui il certificato del server stesso è stato compromesso oppure il certificato è rilasciato da compagnie fidate CA, CN, come fossero gli originali di quel sito web, ma sono casi più limite.
Infatti, forse una delle debolezze intrinseche del protocollo handshake SSL è che il browser verifica solo se il certificato presentato dal server è stato assegnato da un organismo di certificazione (Certification Authority, CA) affidabile. Il problema è in passato molti di questi CA sono stati compromessi negli anni passati cosicché gli hacker, i servizi segreti e i governi sono stati in grado di creare certificati apparentemente affidabili e approfittare di questi per eseguire attacchi man in the middle.

Il lavoro svolto dai ragazzi che hanno creato Debookee è stato eccezionale, in quanto hanno permesso di semplificare molto il lavoro dell’attaccante.

12 months of work for 1 single click.

1 click SSL/TLS/IMAPS decryption for iPhone/Android/TV/Fridge
No proxy to set anywhere, no bullshit.

-> Debookee v6.0.1 is now publicly available with 2 new modules: SSL & PROhttps://t.co/coP3T8qqiK pic.twitter.com/bCuO4btvrU

— Debookee (@debookee) 27 novembre 2017

Sul manuale c’è un intero esaustivo Capitolo 8 su “SSL/TLS Decryption Module” che spiega cosa accade quando si usano i certificati su Chrome che usa il pinning della chiave pubblica (più propriamente noto come Public Key Pinning Extension for HTTP o HPKP), ovvero un metodo progettato per offrire agli operatori dei siti Web un mezzo per specificare in modo tassativo le CA autorizzate a rilasciare i certificati i propri server. Il tutto viene definito tramite un’intestazione HTTP dal server al browser. L’opzione di intestazione può contenere, ad esempio, un algoritmo a chiave SHA-1 e/o SHA-256, la durata massima del pin, il supporto o meno dei sottodomini e la rigorosità del pinning.

Se un certificato per il dominio del proprietario del sito Web viene rilasciato da una CA non elencata (ossia, non “fissata”), un browser che supporti il pinning della chiave pubblica mostrerà un avviso di attendibilità. Il proprietario del sito Web può contare sul fatto che le CA prescelte non rilasceranno erroneamente un certificato per il proprio dominio. Spesso queste CA pongono restrizioni su chi può richiedere il rilascio di un certificato per i domini specifici del proprietario, fornendo così un livello aggiuntivo di sicurezza contro il rischio che i certificati vengano erroneamente rilasciati a soggetti non autorizzati.

Per bypassare tutto ciò è necessario installare il Debookee’s Certificate Authority sul nostro obiettivo target (e non sul computer Mac su cui gira Debookee) e seguire la semplice procedura che passa attraverso l’installazione di un mitmdump dal sito http://mitm.it:6969.

Test della decriptazione

Per abilitare Debookee al Modulo SSL è sufficiente andare nel Pannello SSL/TLS e dalla maschera di configurazione decidere se abilitare la decrittazione per tutti i target o anche per il proprio.

Siccome durante l’installazione dell’applicazione ho accettato l’installazione nel Keychain di Mac OS del certificato CA di Debookee, mi mostra con un led verde che la funzione di decriptazione del traffico per il proprio traffico (Own Traffic) era già abilitata e disponibile. Invece, per altri target, la funzione non lo era perché occorreva installare localmente il certificato Debookee (operazione fatta di volta in volta seguendo le brevi indicazioni).

A questo punto, quando si attiva lo sniffer del proprio traffico e si inizia a navigare su qualche sito, invece di avere il laconico messaggio “Can’t decrypt TLS yet” della versione analizzata nella precedente recensione (perché app come Netflix, Paypal e Eni Gas e Luce, almeno nella fase di autenticazione, usavano comunicazioni criptate)

Debookee NA 3

ora è possibile analizzare la url completa della richiesta GET/POST e anche il dettaglio di ogni connessione che transita nel canale cifrato di tutto il traffico locale

Durante la prova mi sono anche imbattuto in qualche sito che non accettava il certificato di Debookee in una chiara dimostrazione di quello che prima mi ero accinto a spiegare sul Public Key Pinning Extension for HTTP o HPKP, cosa che comunque non pregiudica i nostri scopi.

Licenze

Debookee è un programma che offre una trial gratuita ma limitata nelle visualizzazioni in real time dei pacchetti del modulo di Network Analysis, mentre non è disponibile quello di WiFi Monitoring. Data la natura della applicativo, che non può funzionare in una sandbox e quindi non può rispettare le politiche restrittive di Apple, non è presente nell’App Store per cui è necessario scaricarlo e comprare le licenze direttamente dal sito del produttore.
La sola licenza “NA Module” costa 29,90$, quella sola “WM Module” costa 49,90$ mentre la nuova “SSL Module” costa 39,90$.

Tag:Apple, https, Mac os x, sniffer, ssl, tls, wi-fi, wireless
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Lug 7 2016

Debookee: il più semplice analizzatore di traffico di dispositivi mobili per Mac OS X

Posted by Antonio Troise
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Uno sniffer è un dispositivo che permette di catturare il traffico di una rete e quindi le informazioni ivi presenti. Questo perchè si sfrutta il funzionamento di una rete dove tutti i pacchetti vengono inviati a tutti i terminali di rete, ma solo quello a cui sono destinati non li ignora e li legge. Quindi su una qualsiasi interfaccia di rete è teoricamente possibile ascoltare il traffico passante verso qualsiasi dispositivo presente sulla stessa rete.
Se lo sniffer è spesso usato da amministratori di rete per studiare e analizzare il traffico e diagnosticare eventuali problemi, è anche vero che lo sniffer può servire anche ad una persona malintenzionata che abbia un accesso fisico alla rete (fisica o wireless) per raccogliere delle informazioni. Questo ultimo caso è amplificato dal fatto che è possibile analizzare anche reti wireless che si possono estendere con facilità oltre le mure di casa o del proprio ufficio. Inoltre, dato che molti protocolli usati su internet fanno transitare le informazioni in chiaro, cioè in maniera non cifrata, è facile capire come sia facile intercettare informazioni sensibili come username e password.

Quello che mi sono sempre chiesto è che tipo di informazioni transitano nella mia rete wireless di casa quando uso le app del mio smartphone o dal mio tablet. Il problema, infatti, è che esistono protocolli come https per cifrare tutte le comunicazioni e renderle inintelligibili ad un eventuale attaccante esterno, ma a volte capita che qualche app dei nostri dispositivi mobili, non le usano e lasciano transitare in chiaro anche informazioni il cui contenuto possiedono un livello di confidenzialità elevato.

Ecco perché è bene sapere cosa circola nella propria rete ma spesso il primo scoglio che un utente con poca esperienza deve affrontare è la complessità dei programmi di sniffer. Questa difficoltà, però, può essere abbattuta se usiamo un software disponibile solo per Mac OS X: Debookee. Già dal disclaimer viene evidenziato che si tratta del più semplice e potente analizzatore di rete per Mac OS X e, dopo averlo provato per molti giorni, devo dire che le promesse sono state ampiamente mantenute.

Debookee

Debookee con le relative licenze si divide in due moduli: Network Analysis Module (NA) e WiFi Monitoring Module (WM)

Network Analysis Module (NA)

La parte che personalmente ho apprezzato di più è quella relativa al modulo di Network Analysis.
debookee-na-model

Una volta caricata l’interfaccia principale questa è la schemata che viene mostrata:

Debookee NA 1

Come si può vedere, nella sezione centrale, vengono elencate le interfacce di rete (nella maggior parte dei casi sarà sempre la sola en0) e l’ip address / mac address del proprio computer. Nella sidebar, invece, è presente un menu virtualmente separato in due sezioni, una relativa ad ogni modulo: #Network Analysis e #Wi-Fi Monitoring.

Cliccando sul tasto verde “Lan Scan” presente nella toolbar in pochi secondi verrano rilevati tutti i dispositivi presenti nella rete (nel mio caso Wifi) e verranno elencati con tanto di indirizzo ip, mac address, ruolo svolto e vendor (per una più facile identificazione del terminale mobile in mancanza dell’hostname). Come è possibile vedere viene rilevato il modem (con ip 192.168.1.1) con ruolo di Gateway e diversi dispositivi, evidentemente mobili come smartphone o tablet, con vendor Sony e Apple.
Nei miei test ho voluto tenere sotto controllo il traffico generato dal mio iPhone, per cui, in questo caso, è stato facile identificarlo (se aveste qualche dubbio basterà controllare direttamente sul dispositivo l’indirizzo ip assegnato, ovviamente dovrete sempre essere agganciati alla stessa rete Wi-Fi).
Uno dei grandi pregi di Debookee è che è possibile monitorare un solo dispositivo su tutti quelli presenti nella rete Wi-Fi e questo è veramente un grande vantaggio perché si riduce il rumore di fondo dei centinaia di pacchetti che transitano ogni istante.
Per monitorare un solo dispositivo, quindi, sarà sufficiente selezionare la riga corrispondente e cliccare sul tasto “Toggle Target” della toolbar (o fare doppio click col mouse sulla cella relativa al “Role”) e verrà assegnato il ruolo “Target” (Tgt).

Debookee NA 2

Ora che abbiamo assegnato il nostro target possiamo far partire la cattura dei pacchetti di quel dispositivo cliccando sul tasto verde della toolbar “Start NA” (che per evidenziare fase di cattura diventerà rosso) mentre nella sidebar diventeranno in grassetto, mano a mano che arriveranno dati, le voci HTTP, DNS e Other TCP sotto l’indirizzo ip del proprio target (se invece guardate sotto “Own Traffic” vedrete il traffico generato dal vostro computer).
Cliccando su HTTP, quindi, potremo vedere i pacchetti catturati. Se le app funzionano con ssl dovrebbero transitare solo pacchetti cifrati (il software lo evidenzia con la frase “Can’t decrypt TLS yet“)

Debookee NA 3

Come potete constatare, infatti, le app come Netflix, Paypal e anche Eni Gas e Luce (almeno nella fase di autenticazione) usano comunicazioni criptate. Interessante vedere come nel caso di Netflix, possiamo trovare la url completa delle immagine che risultano così visibili anche fuori dalla app (per esempio: http://art-1.nflximg.net/f9fd5/f35f9bd2c3a9f29fdf60541efa16ac17243f9fd5.jpg).
Personalmente trovo molto interessante analizzare come si comportano le app quando le apri e su quali siti si collegano: per esempio molte si collegano su https://graph.facebook.com/ se hanno una autenticazione Facebook, mentre altre si collegano su https://crashlytics.com/ per avere soluzioni di crash reporting dell’app. Insomma le potenzialità di analisi sono letteralmente infinite.

Nella sezione “DNS“, invece, vengono mostrati con il timestamp la lista dei domini dns risolti con il loro indirizzo ip:

Debookee NA 4

Mentre in “Other TCP” è possibile rilevare altri protocolli che non siano HTTP (come, per esempio, IMAP per la posta elettronica):

Debookee NA 5

WiFi Monitoring Module (WM)

Un altro aspetto davvero interessante di questa app è il modulo di Monitoring del Wi-Fi.

debookee-wifi-model

Infatti, con Debookee è possibile analizzare lo stato della propria rete Wi-Fi e quelli dei canali disponibili (Max Rate, Tx Rate, SNR, Data Rate, Bytes inviati ed errori FCS)

Debookee WM 8

Inoltre, premendo sul tasto “Start WM” è possibile scansionare tutte le reti Wi-Fi in zona e vedere quali dispositivi sono connessi a ciascuna rete.

Debookee WM 7

Se lo provate noterete che i software è di una semplicità davvero disarmante: se cliccate su un dispositivo rilevato vi verrà evidenziata la rete wireless a cui è agganciato, mentre se cliccate sulla riga della rete Wi-Fi vi verranno evidenziati tutti i dispositivi collegati.

Licenze

Debookee è un programma che offre una trial gratuita ma limitata nelle visualizzazioni in real time dei pacchetti del modulo di Network Analysis, mentre non è disponibile quello di WiFi Monitoring. Data la natura della applicativo, che non può funzionare in una sandbox e quindi non può rispettare le politiche restrittive di Apple, non è presente nell’App Store per cui è necessario scaricarlo e comprare le licenze direttamente dal sito del produttore.
La sola licenza “NA Module” costa 29,90$, quella sola “WM Module” costa 49,90$ mentre la Combo (NA+WM) costa 69,90$.

Tag:Apple, ipad, iPhone, Mac os x, smartphone, sniffer, Software, tablet, wi-fi, wireless
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Mag 11 2015

Una tecnologia di carta: un esempio di ottimo lavoro italiano per un ebook interattivo per iPad

Posted by Antonio Troise
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Una tecnologia di carta

Una banconota non è fatta di sola carta: contiene anche tanta tecnologia.

Inizia così l’avventura nel mondo delle banconote raccontata da un ebook interattivo della Banca di Italia dal titolo affascinante: “Una tecnologia di carta“. E devo dire che sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla qualità realizzativa di questo libro elettronico, attraverso i tanti testi, immagini, video e applicazioni interattive.
Realizzato interamente con iBooks Author, il libro ha dimensioni generose (quasi 620 MB) ma è totalmente gratuito ed è disponibile solo per iPad.

Se a prima vista potrebbe sembrare un libro noioso, vi garantisco che non lo è quando vi cimenterete in alcune mini-app con cui, con il semplice tocco delle dita, potrete illuminare la banconota con un fascio di luce ultravioletta e svelare alcune caratteristiche delle banconote, impossibili da osservare a occhio nudo, oppure analizzare di quanti strati è fatta una banconota.

Una tecnologia di carta

Tag:Apple, ebook, ipad
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Feb 1 2013

Project Genesis: è nato prima l’uomo o il Mac?

Posted by Antonio Troise
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Oggi vi voglio segnalare un simpatico cortometraggio tutto italiano dalla qualità realizzativa eccelsa: Project Genesis. All’inizio non fu l’uomo ma il Mac: i computer (Apple I, Apple II e Apple Lisa) per risolvere questioni elementari come lo spostamento e la ricarica, inventano l’assistente umano e viene presentato come oggi la Apple lancia i suoi prodotti durante i Keynote.

Tag:Apple, Video
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Giu 1 2011

Sviluppo di Applicazioni per iOS: videocorso della Università di Pisa disponibile gratuitamente su iTunesU

Posted by Antonio Troise
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Nel periodo dall’8 Marzo al 19 Aprile 2011, al Dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa, in collaborazione con Apple Italia e Data Port, si è tenuto un corso di “Sviluppo di Applicazioni per iOS” (tutti i Martedì,Giovedì e Venerdì dalle ore 16.00 alle ore 18.00), rivolto principalmente a tutti gli studenti di informatica ed ingegneria informatica. La notizia è che, da qualche giorno, tutto il corso è disponibile anche nella sezione iTunesU, della stessa Università di Pisa. Potete scaricare, ovviamente gratuitamente, tutto il materiale (Audio, Video HD, Video SD e PDF) da questo link.

Corso iOS su iTunesU

Il corso tratta gli aspetti metodologici e gli strumenti per lo sviluppo di applicazioni per dispositivi mobili iOS (iPhone, iPad, iPod Touch), incluse le nuove modalità di interazione basate su tecnologie multi-touch. In particolare:

  • progettazione object-oriented secondo il paradigma model-view-controller (MVC);
  • il linguaggio Objective-C;
  • gli strumenti di sviluppo per iOS su Mac OS X (iOS SDK);
  • persistenza dei dati, gestione dei sensori, geo-localizzazione, servizi di networking;
  • presentazione di buone pratiche di programmazione.

Questa è la prima volta che un corso di programmazione iOS è disponibile in Italiano e reso accessibile a tutti gratuitamente. Se, quindi, avete intenzione di approfondire la la programmazione per dispositivi iPhone/iPad, allora non potete lasciarvi sfuggire questa opportunità.

Tag:Apple, corso, ios, ipad, iPhone, itunes, itunesu, mvc, Video, videocorso
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Set 3 2010

Nel cuore di ogni Xbox 360 batte un cuore a forma di mela

Posted by Antonio Troise
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Oggi voglio raccontarvi un fatto curioso che ho appreso leggendo il libro “Il Fattore X” di Dean Takahashi, un saggio dedicato alla nascita di Xbox 360 e che potrete usare se volete spiegare come fate a coniugare la passione per i prodotti Apple con il mondo Xbox 360 della Microsoft (molti, in preda dei pregiudizi, ancora fanno fatica a capire che i due mondi sono apparentemente diversi).

Il processore PowerPC

Infatti, quello che non tutti sanno è che la Xbox 360 per Microsoft, nonostante alcuni problemi iniziali, è stata la vera e forse unica e irripetuta rivoluzione della società di Redmond: se la prima Xbox originale era basata su chipset Intel e una scheda video nVidia (inizialmente Bill Gates voleva creare la console come un vero e proprio pc su cui potevano girare sia Windows che i giochi dedicati), la Xbox 360, invece, fu costruita partendo da una scheda grafica ATI Radeon e un processore IBM dual core, lo stesso, almeno come architettura, presente su i computer G5 della Apple (PowerPC 970).
Col senno di poi, la scelta di Microsoft fu veramente coraggiosa: per prima cosa diede fiducia ad IBM con i suoi primi processori multicore, quando all’epoca Intel spopolava enfatizzando i processori singolo core a suon di MHz; ma la cosa interessante è stata che, cambiare radicalmente archittettura avrebbe significato non garantire al 100% la compatibilità verso il basso (Xbox originale) a tutto vantaggio di performance di tutto rispetto anche a distanza di anni, cosa che invece con Windows non era riuscita a fare, lasciando pezzi di Windows 95 anche in sistemi operativi come Vista.

Il Macintosh G5 come Kit di Sviluppo

Xbox love Apple Heart E sapete quale è il bello di questa situazione? Dato che, mentre si era nella fase di progettazione, ne ATI ne IBM avevano finito i loro chip, e che gli sviluppatori avevano bisogno di poter iniziare a testare i loro giochi per arrivare in tempo a commercializzare i propri giochi con il lancio della console di nuova generazione, la Microsoft si vide costretta ad usare i Macintosh G5 come kit di sviluppo! Lo scopo era quello di dare agli sviluppatori di videogiochi una idea di quello che si sarebbero trovati a programmare, in modo da riuscire a simulare al meglio il tipo di ambiente e di prestazioni in cui avrebbero operato i giochi sulla futura Xbox 360, potendo determinarne per tempo la qualità delle animazioni e la velocità di riproduzione di un gioco, consentendo loro, in defintiva, di iniziare lo sviluppo in anticipo sui tempi!
Ovviamente, anche se l’ambiente di sviluppo basato su Apple era buono, poteva però solo dare una idea approssimativa del sistema reale e ottimizzato.
In ogni caso, ben 4000 Macintosh con G5 furono distribuiti da Microsoft agli sviluppatori e i primi giocatori che provarono i giochi nella aree Xbox 360 sparse per l’America, nate per pubblicizzare la futura console, siccome non erano ancora pronte le console definitive, usarono a loro insaputa sistemi Apple Macintosh G5 camuffati!

Quindi, se gli Apple Macintosh G5 furono i prototipi iniziali della Xbox 360, si può benissimo affermare che in ogni Xbox 360 batte un cuore a forma di mela!

Somiglianza dei controller

Un’altra cosa simpatica che ho notato è stata la somiglianza tra i controller della Xbox/Xbox 360 e quello della Apple Pippin, la console di Cupertino che non ebbe mai il successo sperato, anch’essa basata intorno a un processore PowerPC e ad una versione modificata del Mac OS con lo scopo di creare un computer predisposto per i giochi, la stessa idea che ebbe Bill Gates con la sua prima Xbox, solo che la Pippin fu commercializzata nel 1996 in America mentre la Xbox classica nel lontano 2001:

Xbox vs Apple Pippin

Come potete vedere dalla figura, i 4 tasti messi in croce hanno gli stessi 4 colore base (verde, blu, giallo, rosso) solo in ordine diverso: che quelli della Microsoft si siano ispirati anche a questo piccolo particolare?

Tag:Apple, g5, microsoft, pippin, xbox, Xbox 360
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Giu 23 2010

Come rimuovere un Profilo di Fornitura (Ad Hoc Provisioning Profile) da iPhone e iTunes su Mac OS X e Windows

Posted by Antonio Troise
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Se avete mai avuto modo di partecipare a qualche beta privata di applicazioni per iPhone, sicuramente vi sarete chiesti, al termine della fase di beta testing, come rimuovere dal vostro iPhone il relativo Profilo di Fornitura ( Ad Hoc Provisioning Profile). Questa, almeno, è stata la domanda che mi sono posto io. Infatti, anche dopo aver fatto il ripristino del mio iPhone per installare il nuovissimo iOS 4, ho scoperto con grande meraviglia che il Profilo era ancora presente. In effetti, questo viene installato su iTunes e ad ogni sincronizzazione con il dispositivo Apple, viene sempre automaticamente installato. Ma la cosa particolare è che non è possibile verificare su iTunes la sua presenza e, eventualmente, cancellarlo.

Installazione del Profilo di Fornitura

Ma andiamo per gradi e cerchiamo di capire come si diventa tester di una applicazione per iPhone, prima ancora che questa passi per App Store. Il primo passo è quello di trovare l’identificatore unico (UDID) degli iPhone e iPod touch che verranno usati durante il test.

Per trovare l’UDID di un iPhone o iPod touch:

  1. Collegare il proprio iPhone o iPod touch al proprio computer (Mac o PC).
  2. Aprire iTunes.
  3. Nella lista di sorgenti alla sinistra della finestra di iTunes, sotto Dispositivi, selezionare col mouse la riga corrispondente al proprio dispositivo.
  4. Nella scheda Riepìlogo, fare clic col mouse sull’etichetta in grassetto “Numero di serie” (posto a sinistra del numero di serie). Questo mostrerà, ora, l’identificatore del dispositivo (che è del tipo: 65def49c088b6bf9b9c2462945df74fs67g54124)
  5. Per copiare l’identificatore negli appunti, scegli dal menu di iTunes Composizione > Copia (su Mac) o Modifica > Copia (su Windows).

La registrazione come tester avviene sempre manualmente e per farlo, di solito, si deve mandare una e-mail al programmatore con gli UDID con i quali si vuol essere registrati. Infatti, ogni app dovrà essere compilata dall’SDK con il relativo file .mobileprovision che è generato a partire dal UDID (Universal Device Identifier). In pratica per ogni betatester, dovrà essere generato una app specifica per il suo dispositivo.

Per ogni applicazione da provare, quindi, il programmatore dovrà fornire due elementi:

  1. Un profilo di fornitura, che consente al dispositivo di eseguire applicazioni. Questo file ha estensione .mobileprovision.
  2. L’applicazione vera e propria in un file .ipa che sarà funzionante solo per il dispositivo che avrà un certo UDID con cui è stata compilata.

Infine, per installare un’applicazione, occorre trascina entrambi gli elementi nella libreria iTunes. e a questo l’app comparirà nella sezione Applicazioni della propia libreria iTunes. A questo punto è possibile sincronizzare l’iPhone per trasferire l’applicazione e il file .mobileprovision su di esso.

Per controllare che la loro installazione sia avvenuta correttamente, è sufficiente andare, dopo la sincronizzazione, sulle Impostazioni dell’iPhone, e selezionare la voce del menu “Generale”

Profilo di Fornitura - Ad Hoc Provisioning Profile

e Profili (questa voce del menu è assente se non è stato installato alcun Profilo di Fornitura)

Profilo di Fornitura - Ad Hoc Provisioning Profile

e troveremo una schermata simile:

Profilo di Fornitura - Ad Hoc Provisioning Profile
Rimuovere il Profilo di Fornitura

Come avete visto il file .mobileprovision è stato installato su iTunes ed è da qui che dovremo eliminarlo! Per rimuovere il Profilo di Fornitura (Ad Hoc Provisioning Profiles), occorre:

  1. Rimuovere il profilo dal proprio iPhone (Impostazioni > Generale > Profili; selezionare il Profilo da cancellare e Rimuoverlo).
    Profilo di Fornitura - Ad Hoc Provisioning Profile
  2. Nella home directory dell’utente di sistema del proprio Mac (~/Library/MobileDevice/) troverete la directory: “Provisioning Profiles” che contiene il file .mobileprovision. Sarà quindi sufficiente cancellare (o spostare) il contenuto della directory.
    Profilo di Fornitura - Ad Hoc Provisioning Profile
  3. Quindi sincronizzate l’iPhone con iTunes e potrete constatare che il Profilo di Fornitura non verrà più ripristinato.

Questa procedura vale per i sistemi Mac OS X, ma per i sistemi Windows è analoga e a cambiare è solamente la directory in cui risiede il file .mobileprovision. In particolare (sostituire “username” con il proprio nome utente in uso nel sistema):

Mac OS X
/Users/username/Library/MobileDevice

Windows XP
C:/Documents and Settings/username/Application Data/Apple Computer/MobileDevice/

Windows Vista
C:/Users/username/AppData/Roaming/Apple Computer/MobileDevice/

Tag:Apple, iPhone, iPod, itunes, Mac os x, profilo, sdk, sincronizzare, Tutorial, udid, Windows
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Lug 17 2009

Come risolvere il problema del Macbook Pro che a batteria scarica non va in stop ma si spegne improvvisamente

Posted by Antonio Troise
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Avete presente la rabbia mista a frustrazione di quando il vostro portatile si spegne improvvisamente mentre state lavorando, con l’inevitabile conseguenze di perdere tutto il lavoro non salvato? Ebbene è una sensazione che ho provato più volte questi giorni in quanto il mio Macbook Pro, quando non era alimentato a corrente, si spegneva improvvisamente in prossimità del termine della carica della batteria.

Di solito nelle mie sessioni di lavoro, la mattina accendo il portatile e lo lascio alimentato solo dalla batteria. Solo quando Mac OS X mi mostra il popup di avviso che mancano pochi minuti al termine della carica della batteria, mi appresto ad alimentarlo a corrente. Ma spesso, magari perché impegnato, non ho tempo di collegarlo ad una presa di corrente e, fiducioso nell’ottima sistema di sospensione del Macbook Pro, lo lascio andare lentamente in stop. Questa modalità, attivabile anche chiudendo lo schermo del proprio portatile, permette al sistema di salvare il contenuto della memoria sul disco appena prima di mandare in standby il portatile (e solo dopo spegne il monitor e arresta del disco rigido) e al successivo accesso, in pochi secondi i dati di sistema, programmi e documenti vengo immediatamente ripristinati come erano stato lasciati. La leggenda dei Mac Users narra del famoso “respiro del Mac“, quella flebile lucetta che lampeggia variando gradualmente la propria luminosità e che sta ad indicare, senza ombra di dubbio che il Mac sta riposando.

Ovviamente questo è possibile solo se tutto nel sistema, dalla batteria al sistema di controllo della carica della batteria, funziona a dovere: perché tutto deve essere perfettamente sincronizzato! Quando mancano pochi minuti al termine della carica, il computer passa automaticamente in modalità di sospensione e ciò è possibile solo perché, anche a batteria scarica è possibile ancora usufruire di una piccola carica di riserva per mantenere il computer in modalità di stop per un determinato periodo. E’ solo quando la carica della batteria si esaurisce completamente (poiché magari non si è fatto in tempo a trovare una presa di corrente e collegare l’alimentatore), il computer viene spento definitivamente e solo in questo caso si potrebbero perdere i file aperti.

Il problema nel mio Macbook Pro era che, per qualche motivo che non riuscivo a capire, questa procedura non veniva eseguita in tempo. Dopo alcune prove constatai che lo spegnimento improvviso del portatile avveniva anche quando mancavano 40-45 minuti al termine della carica della batteria. In pratica sembrava che o la batteria non riuscisse più a tenere la carica oppure che il sistema di controllo dell’alimentazione non riuscisse più rilevare la reale carica e ritrovandosi poi con una carica troppo bassa per eseguire le operazioni di salvataggio dei dati in memoria e per entrare in stop.

Calibrazione della batteria

Per tentare di risolvere il problema, ho provato, quindi una calibrazione della batteria del mio Macbook Pro, seguendo la seguente procedura:

  • Collegare l’alimentatore e caricare completamente la batteria del computer PowerBook fino a quando l’anello illuminato o il LED sull’alimentatore non diventa verde e il misuratore nella barra dei menu a video non indica che la batteria è completamente carica.
  • Permettere alla batteria di riposare in stato di carica completa per almeno due ore. In questo tempo è possibile utilizzare il computer, purché l’alimentatore sia collegato.
  • Scollega l’alimentatore con il computer ancora acceso e inizia ad alimentarlo dalla batteria. In questo lasso di tempo puoi utilizzare il computer. Quando la batteria si sta scaricando, viene visualizzato sullo schermo la finestra di avviso di batteria scarica.
  • A questo punto, salva il tuo lavoro. Continua a utilizzare il computer; quando la batteria si sarà scaricata, il computer passerà automaticamente in modalità stop.
  • Spegnere il computer o lasciarlo inattivo per almeno cinque ore.
  • Collegare l’alimentatore e lasciarlo collegato fino a quando la batteria non è di nuovo completamente carica.

Purtroppo il problema continuava a persistere. Ho così cominciato a pensare di dover ricomprare una nuova batteria per il mio portatile, ma il costo un po’ eccessivo della stessa (139€), mi ha incoraggiato ad eseguire nuove prove.

Reset SMC

Andando sul sito di supporto della Apple, ho trovato due procedure interessanti. La prima che ho eseguito è stata il reset del controller di gestione del sistema (SMC – System Management Controller sui Mac Intel, PMU – Power Management Unit sui Mac PowerPC). In pratica, l’SMC è un circuito integrato il cui compito è la gestione dell’alimentazione del computer. Il circuito controlla la retroilluminazione, la decelerazione del disco rigido, la modalità di stop e attivazione, alcuni aspetti della ricarica, il trackpad e alcune funzioni di ingresso/uscita relative alla modalità di stop del computer.

In linea di massima, si dovrebbe resettare il Power Manager del Mac se si hanno problemi con impostazioni apparentemente ‘bloccate’ o indicatori non funzionanti, soprattutto quelli presenti sull’hardware stesso (l’indicatore sull’alimentatore o sulla batteria). In particolare, come riportato su un articolo di MacFixIt:

  • La batteria non si sta caricando in maniera appropriata.
  • L’illuminazione dello schermo non funziona come dovrebbe.
  • La retroilluminazione della tastiera non funziona.
  • Le ventole girano al massimo costantemente.
  • Il pulsante di accensione/spegnimento non funziona correttamente.
  • La chiusura/apertura del coperchio non manda in stop/risveglia il Mac portatile.
  • Le porte non ricevono alimentazione.
  • I dispositivi esterni collegati al Mac non vengono riconosciuti.
  • Componenti interne come AirPort e Bluetooth non si attivano.
  • Il Mac si spegne improvvisamente.

Secondo la pagina del supporto Apple, col tempo, le impostazioni nell’SMC possono diventare inutilizzabili e questo può causare anomalie di funzionamento nel computer, quali appunto, problemi nell’uscita/ingresso della modalità Stop.

Ecco, quindi, come resettare la SMC su un MacBook Pro:

  • Se il computer è acceso, spegnilo.
  • Stacca l’alimentatore CA e rimuovi la batteria del computer.
  • Tieni premuto il pulsante di accensione per 5 secondi, quindi rilascia il pulsante.
  • Ricollega la batteria e l’alimentatore CA.
  • Premi il pulsante di accensione per riavviare il computer.

Purtroppo, anche se ero fiducioso, poiché questa soluzione sembrava risolvere esattamente il problema da cui ero afflitto, il mio Macbook Pro, dopo aver eseguito la procedura, continuava ancora non entrare nella modalità di sospensione!

Reset PRAM e NVRAM

Come ultimo passo, quindi, prima di comprare una nuova e costosa batteria, decisi di eseguire la reimpostazione della PRAM e della NVRAM del mio Macbook Pro. Dovete infatti sapere che la PRAM (Parameter Random Access Memory – RAM Parametrica) è una piccola porzione di RAM ‘non volatile’ (NVRAM) che mantiene una serie di impostazioni utilizzabili dal sistema prima che il sistema operativo venga caricato; tali impostazioni vengono mantenute anche quando si spegne il Mac, grazie ad una piccola batteria tampone sulla scheda madre del computer.

Questa volta, invece, non ero molto convinto della sua effettiva utilità in quanto, il consiglio di resettare la PRAM viene sempre dato quando non si sa più che pesci pigliare. Infatti, dagli albori, quando i Mac presentavano dei problemi, il consiglio più frequente è stato quello di ‘resettare la PRAM’. In realtà il mio problema non sembrava rientrare nel seguente elenco di problemi suggeriti da articolo di MacFixIt per cui un reset della PRAM può essere d’aiuto:

  • Le impostazioni del volume cambiano o non rimangono impostate.
  • Le risoluzioni video non rimangono impostate o non sono tutte disponibili.
  • Le impostazioni di orologio e fuso orario non rimangono coerenti.
  • Il volume di avvio non è impostato (appare per un istante la cartella con il punto interrogativo prima del boot)
  • Le impostazioni di velocità ripetizione tasti del pannello Tastiera cambiano o non rimangono fissate.
  • I valori di velocità di spostamento e di doppio clic del mouse cambiano o non rimangono impostati.
  • Problemi con i font di sistema.

Ma dato che non è una procedura dannosa per il Mac (al massimo è possibile riscontrare una variazione inaspettata delle impostazioni come il cambio del volume di boot, o il volume degli altoparlanti che ritorna ai valori di default, ma anche la velocità del puntatore o la velocità di ripetizione tasti), ho deciso di eseguirla comunque.

Ecco la procedura per eseguire il reset della PRAM e NVRAM su un Macbook Pro:

  • Spegni il computer.
  • Individua i tasti seguenti sulla tastiera: Comando, Opzione, P e R. Nel passaggio 4 sarà necessario tenerli premuti contemporaneamente.
  • Accendi il computer.
  • Premi e tieni premuti i tasti Comando+Opzione+P+R (Mela+Alt+P+R). Premi la combinazione di tasti prima che sia visualizzata la schermata grigia.
  • Tieni premuti i tasti finché il computer non si è riavviato e finché non senti il suono di avvio per la seconda volta.
  • Rilascia i tasti.

E con mia grande sorpresa il mio portatile ha finalmente ripreso a funzionare correttamente, tornando ad entrare in modalità di sospensione automaticamente come aveva sempre fatto. Il bello è che, probabilmente, se avessi comprato una nuova batteria il problema sarebbe comunque rimasto in quanto era semplicemente un problema software piuttosto che hardware (nei vecchi portatili, come si legge dalla documentazione Apple, la sostituzione di una batteria mentre il computer è in stop causerebbe anche l’azzeramento di NVRAM e/o di Power Manager, risolvendo involontariamente il problema software)!

Tag:Apple, batteria, macbook pro
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