Mio nonno era timido. O almeno era quello che potevo immaginare io alla mia età perché, nel tempo che passavamo insieme, era quasi sempre in silenzio. Non avevo neanche 10 anni e mi ricordo intere estati passate con mio nonno, ma non ricordo nessuna memorabile conversazione. Forse era solo di poche parole. Forse non amava parlare se non per cose strettamente necessarie. Purtroppo ora non posso più scoprirlo, ma quello che ricordo maggiormente con affetto di lui, è una sua particolare caratteristica. Ogni giorno alle 12 e ogni sera alle 20 lui si sedeva a tavola, accendeva il grande televisore a tubo catodico rigorosamente in bianco e nero e, dopo la sigla del telegiornale quando il presentatore del TG1 dava il suo consueto “Buongiorno, e benvenuti al TG1!”, mio nonno, con la sua flebile voce, gli rispondeva sempre a tono con un caldo “Buongiorno!”, compiaciuto, quasi contento che qualcuno lo avesse salutato, che si fosse degnato di prenderlo in considerazione. Lo si capiva perché il più delle volte lo faceva con un sorriso.
E’ una cosa che ricordo con particolare affetto perché, quando gli chiedevo come mai salutasse sempre il giornalista, lui soleva sempre rispondere con estrema semplicità ed innocenza, che era buona creanza rispondere ad un saluto ricevuto. E io accettavo di buon grado quella risposta, perché aveva senso.
E’ questa semplicità che mi affascina tutt’oggi, quelle cose naturali e spontanee che ora non si ritrovano più. Se ora trovassi qualcuno parlare allo schermo del televisore lo reputerei pazzo, ma mio nonno non lo era. Quindi c’è qualcosa che non quadra in questa disamina: forse sono diversi i valori, le esperienze delle persone o il contesto storico. Per una persona abituata ad avere come interlocutori solo persone reali, trovarsi improvvisamente dinanzi ad uno schermo asettico non ha senso e quindi la soluzione più logica è di dargli una personalità, una vitalità in modo da adattarlo alle sue esperienze. Per quelli della Millennial Generation, abituati a maneggiare tablet e smartphone, non ha più senso umanizzare la tecnologia: ci si abitua alla sua non essenza, al suo essere solo uno strumento, e si va avanti.
Ma non nego, che un po’ mi manca non poter dare il buongiorno al telegiornale senza attirare l’attenzione di chi mi è intorno.
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