Eh si, come nella vita reale, anche su internet vi sono le mode. In questa sede voglio discutere delle mode sul software.
All’inizio vi era Linux: tutte le riviste ne davano almeno una distribuzione con su scritto a lettere giganti: Free, Gratis (giocando sull’ignoranza della gente). Tutti avevano a casa almeno un pc con una partizione su cui far girare il sistema operativo del pinguino. E tutti avevano provato la paura di perdere accidentalmente i propri dati nell’eventualità, come tutte le guide insegnavano, la manovra delicata di partizionamento fosse fallita.
Quindi iniziò l’era di PostNuke e subito dopo di Php-Nuke. Fu il primo vero software di CMS e-global: elogiando la facilità di programmazione del neonato PHP 4.x, fiumi di aspiranti programmatori si riversarono nei newsgroup e nei siti dedicati alla ricerca di bachi e nella creazione di nuovi “blocchi”! Le riviste specializzate furono le ultime ad accorgersi che il fenomeno di espandeva a macchia d’olio ed iniziarono a pubblicare, oramai troppo tardi, guide su come personalizzare il proprio phpnuke. Quasi tutti disponevano di un sito fatto in phpnuke anche se solo il 5% di questi lo usavano come veri e propri aggregatori di comunità: la maggior parte lo aveva installato solo perché era trendy averne uno oppure perché, installando opportuni temi, si poteva dire addio alla programmazione html da editor.
Quindi, sulla spinta dei primi cms, iniziò a nascere il fenomeno dei diari su internet: tutti i portali iniziarono a mettere a disposizione i diari online perché erano una manna per le visite giornaliere che richiedevano i banner pubblicitari! A questo punto, stanchi della lentezza dei diari, dei troppi banner e del fatto che non si poteva gestire completamente il proprio sito (vedi grafica e backup), comunità di programmatori svilupparono decine di sw per bloggare. L’indiscusso vincitore è stato senza ombra di dubbio WordPress. La sua forza fu, a mio dire, il suo essere elementare e dalla grafica pulita (almeno io, inizialmente, lo scelsi per quel motivo): Code is Poetry!
Ad usarlo, inizialmente, furono gli smanettoni, coloro che amavano mettere mano nel codice php e css per personalizzare il proprio blog; poi la conoscenza si diffuse e, siccome era trendy avere un sito in wordpress (e siccome nessun altro programma di blog offriva abbastanza), tutti iniziarono, chi poco chi di più, ad installare e a configurare il proprio blog. Complice anche l’avvento di domini a basso costo (vedi Tophost.it) il fenomeno esplose in quella che oggi chiamiamo la blogosfera.
Ma se prima i blog erano costituiti da diari del tipo: “oggi mi sono lavato, sono uscito e ho visto un film”, oggi i blog sono maturati e sono veri e proprie miniere di informazioni. Ognuno, nel suo piccolo, è divenuto un giornalista: ci si scambiano idee, giochi e notizie in un passaparola che coinvolge tutti, senza distinzione alcuna. Al punto che, anche i giornali online (vedi La Repubblica, per citarne uno) inizia a fare informazione con i blog dei propri giornalisti che indipendentemente apportano un valore aggiunto e sicuramente maggiormente apprezzato.
L’evoluzione dai CMS ai Blog
CTRL+C: Aneddoto di una Follia Preveggente
CTRL+C nel palmo della mano
Stavo scrivendo un articolo sul mio sito e come mia consuetudine, dopo aver perso decine di post per non averlo fatto, salvo sempre tutto quello che scrivo prima di cliccare sul pulsante “Salva e continua le modifiche” dell’editor di WordPress (quante volte il server era irraggiungibile o busy e tutte le mie idee si perdevano in un mare di bit … chissà se questi frammenti di idee che comunque sono passati per internet ma non sono state memorizzate in un database, stanno ancora vagando, spezzettate, nel mondo virtuale della Rete… ma è meglio non divagare troppo). Ebbene, come mio solito, con la mano sinistra premo la combinazione di tasti CTRL+C (non uso quasi mai il menu del tasto sinistro del mouse). Lo faccio così tante volte che spesso quando parlo con qualcuno e gli dico come copiare qualcosa, mimo con la mano la sequenza dei tasti.
E proprio ieri, mentre eseguivo questo rituale per salvaguardare i miei dati, e il server tardava a rispondermi più del solito, che penso, in una sorta di follia tecnologica (o preveggenza?): “Bene, anche se dovesse fallire il salvataggio, ho fatto proprio bene a salvare nella mia mano l’articolo!” E guardo la mano chiusa come a contenere, gelosa, i miei dati e le mie idee. Un attimo di insana follia e subito torno alla realtà e comincio a pensare che forse era ora che andassi a dormire.
Ma poi qualcuno mi fa notare che in futuro potrebbe accadere che i dati non li salveremo più su dei supporti fisici come hard disk bensì potremmo salvarli nel nostro corpo, magari nel nostro dna (un enorme contenitore di dati in uno spazio così piccolo) e forse quello stesso gesto potrebbe essere usato per dire al nostro corpo “Salva questi dati” e come per magia, tutti i nostri pensieri ed elucubrazioni, magari proprio questo articolo, verrebbero trasferiti nel palmo della nostra mano per tutta la nostra vita!
Gollum Browser
Gollum è il nome della nuova killer application per le enciclopedie online. Basandosi sulla enciclopedia più famosa al mondo, Wikipedia, permette di ridurre la complessità delle informazioni presentate all’utente in modo da rendere la consultazione a Wikipedia più user friendly e più veloce.
Basato sul sapiente uso di PHP 5 e Javascript, miscelati nel più famoso XMLHttpRequest (meglio conosciuto come AJAX), non necessita di alcun database per funzionare. L’importante è avere un semplice browser (Firefox, MS Internet Explorer, Netscape o Safari ) con attivo Javascript.
Nella homepage è possibile selezionare la lingua dell’interfaccia e la localizzazione di Wikipedia da utilizzare. Dopodichè si aprirà una finestra con una textbox in cui scrivere il termine da ricercare. Il risultato verrà mostrato nel suo puro formato informativo, senza troppi orpelli, menu, commenti e revisioni.Insomma nella classica versione di una seria enciclpedia cartacea.
Ma, leggendo PI, scopro che il panorama degli strumenti creati dai lettori di Wikipedia per arricchire l’uso dell’enciclopedia libera non si ferma certamente a Gollum: basta ricordare iniziative come WikiWax, un indice rapido per agevolare la consultazione degli argomenti, e Placeopedia, un atlante interattivo che attinge dati da Wikipedia mescolandoli con le mappe di Google.
Gustosa scenetta sulla scelta di una copertina di un libro di Baricco
Ieri ero in libreria ed ho assistito ad una scena davvero gustosa: davanti ad una voluminosa pila del nuovo libro di Baricco vi era una donna con la propria figlia. Ebbene la madre è stata oltre 10 minuti con quattro volumi in mano a decidere quale copertina del libro scegliere per l’acquisto. Era titubante su quale comprare mentre la figlia era molto più frettolosa e incitava la madre a non disperarsi se sceglieva un disegno piuttosto che un altro. Ma la madre la rimprovera asserendo: “Ma non è solo la copertina che devo scegliere ma anche la frase presente dietro al libro cambia!”.
A quel punto iniziano a leggere le 4 frasi della quarta di copertina e il dubbio si insinua sempre più nelle loro menti. In quel mentre passa di li, incuriosito un libraio e la donna inizia a sbrotolargli tutte le sue perplessità sulla scelta del disegno in copertina e della frase in fondo al libro mentre la figlia aveva sempre più la faccia disperata! Alla madre piaceva una copertina ed una frase presente su un libro con un altra copertina. Alla figlia, molto più saggia, invece interessava solo il contenuto del libro. E intanto il libraio era costretto a sorbirsi tutte le recensioni dei libri precedenti di Baricco: da Sangue a City ad Oceano Mare!
Infine, allo stremo, la donna si convince sull’acquisto di un libro dicendo: “Va bene, compriamo questo: d’altronde è la copertina più bella, con questo blu e verde, le altre non sono così carine. E poi se il libro mi dovesse piacere potremmo regalare gli altre libri con le altrettante tre copertine diverse!”
La figlia era sempre più disperata per cui gli dice: “Si si va bene ora compriamo questo”.
Io, così, inizio ad avvicinarmi alla pila di libri di Baricco per iniziare la mia scelta, nella speranza che sia più semplice, quando la donna ritorna indietro con la figlia e il libraio, dicendo: “Ma controlliamo se per caso tutte e quattro le frasi sono contenute lo stesso all’interno di tutti i libri: magari non c’è bisogno che faccio la scelta anche anche in base alla frase!”
E il libraio: “Signora, non lo so! Possiamo controllare! Ma i libri sono arrivati ieri e non ho neanche avuto il tempo di leggere la trama!”
Io ormai mi rassegno e faccio passare la signora. Dopo una attenta ricerca capisce che le frasi non sono riportati su tutti i libri e quindi si avvicina alla cassa contenta per l’acquisito ma sconsolata per aver dovuto scegliere solo un libro su quattro. Avrà pensato: “Ma perché Baricco avrà voluto complicare la vita di noi lettori?”.
A questo punto decido, dopo quella gustosa scenetta, di rimandare l’acquisto, non fosse altro per non ricadere negli stessi errori della donna. Sarei andato a casa e collegandomi ad internet avrei scelto la copertina migliore del libro da tenere nella mia biblioteca e se anche ci avessi impiegato mezza giornata, almeno non ci sarebbe stato nessun blogger tanto pazzo da scrivere un post sulla scelta amletica di una copertina di un libro!
fractalZip 0.0.1 alpha
Dopo aver letto l’articolo sull’innovativa rete Netsukuku (di cui Punto Informatico ha trattato in ben 3 pagine ricche di speculazioni sulla teoria del caos e sui frattali) mi sono chiesto se le teorie millenaristiche delle mente catanesi fossero attuabili.
La loro idea parte dal presupposto che per svincolarsi dai network centralizzati occorre creare una rete neurale pura, nella quale ogni nodo svolge la funzione di un router che quindi non sono più dedicati: insomma un sistema di routing peer-to-peer che sfrutta un fantomatico protocollo Npv7 che risolve l’angusto problema computazionale con un non meglio precisato meta-algoritmo di routing (meta perché non esegue una sequenza di istruzioni matematiche definite ma sfrutta il caos, che non richiede alcun calcolo) chiamato QSPN che sfruttando il caos evita un consumo elevato di CPU (in altre parole, anche una semplice calcolatrice puo’ usare il QSPN per stare connessa in Netsukuku) mentre usando i frattali riesce a mantenere la mappa dell’intera rete costantemente sotto i 2Kb (un frattale di prima specie è una struttura matematica che si può comprimere all’infinito, proprio perché, al suo interno, ogni sua parte è formata dal frattale stesso, mentre un frattale di seconda o terza specie (Julia e Mandelbrot, rispettivamente) riproducono se stessi solo con similarità, ma sono comunque rappresentabili matematicamente in modo relativamente semplice).
Il tutto si potrebbe anche estendere alla telefonia mobile: invece di sfruttare una rete gerarchica a celle, la rete decentralizzata Netsukuku renderebbe superflua l’esistenza degli attuali gestori di telefonia mobile.
Ora questi sono scenari futuribili ma ancora lontani dalla realtà odierna: prima di creare un programma in linux occorre innanzitutto porre le basi matematiche ai propri ragionamenti. Purtroppo tale matematica non è stata ancora sviluppata e le scoperte sulla compressione frattale sono ancora lungi da venire.
Ed è discutendo queste assurdità con Davide che lui ha avuto la bella idea di scrivere un articolo sulla compressione frattale di un ipotetico programma simile a Winzip: fractalZip (il nome l’ho coniato io, il resto dell’articolo è farina del suo sacco).
Questo articolo non è la presentazione di un nuovo software ma vorrebbe esserlo. Infatti fractalZip è il nome che si potrebbe dare ad un software di compressione dati basato su algoritmi che sfruttano i frattali. Mi spiego meglio: prendete un frattale di Julia. Fatto? Bene. Un esempio è quello in figura. Ebbene, i frattali sono figure autosimili, con livello di dettaglio infinito. Ingrandendo un immagine come questa infatti, vedreste zone piccolissime del frattale che assomigliano al frattale a livelli di ingrandimento inferiore. E’ vero che questi ingrandimenti successivi si assomigliano ma da uno zoom all'altro vengono introdotti dettagli di complessità diversa. Questo significa anche che esistono sequenze di pixel (e in definitiva di bit) di ordinamento qualsiasi.
Il Wi-Fi è dannoso per la salute?
La domanda sorge spontanea nel momento in cui si installa una rete wi-fi in casa: il wi-fi è dannoso per la salute?
Scrivendo su un blog prevalentemente tecnico verrebbe naturale scrivere dell’inviolabilità dei sistemi wi-fi, ma di questo ne parlano migliaia di siti e di riviste. Nessuno affronta direttamente, invece, il problema dell’impatto sulla salute delle persone.
Entropia delle traduzioni 3 – La Vendetta dei Sith
Oggi ho trovato un’altra riprova della teoria dell’Entropia delle traduzioni esposta in un mio articolo precedente e riproposta di recente nel caso dell’errata traduzione dell’annuncio dei fondatori di Wikipedia.
Questa volta il caos si estende su un versante più ludico: quella della Settima arte, ovvero il cinema. Pare infatti che il mitico Paolo Attivissimo abbia scovato una serie esilarante di Screenshot (trovate anche la seconda e terza parte degli screenshot) di una copia pirata di “Guerre Stellari Episodio III” in vendita abusiva in Cina alla quale sono stati aggiunti i sottotitoli inglesi.
Il bello, però, sta nel fatto che i sottotitoli inglesi sono stati realizzati traducendo (male) quelli cinesi provocando un risultato esilarante.
Paolo ha completato la spassosa collezione aggiungendo, ai sottotitoli, i dialoghi originali corrispondenti.
Girovagando anche io su Google, ho scovato, su Sinosplice.com, che già nei sottotitoli cinesi della versione originale e legale del film, qualcuno si lamentava delle traduzioni. In particolare per le parole “Jedi” e “Sith” sono state tradotte alla lettera, perdendo quel doppio gioco che le versioni originali inglesi davano. Per esempio, per parola “Jedi” in cinese è stato tradotto in “Xīsī“, venendo a mancare, però, quel suono “diabolico” poiché in inglese riconduceva alle parole “seethe” o “hiss” (sibilo) o “writhe” o “death“.
Certo, di casi di scelte opinabili sul doppiaggio o di errori di traduzione dei sottotitoli (mi vengono in mente quelli norvegesi di Blade Runner) sono pieni i film, ma sono poca cosa rispetto a quelli che i “pirati-traduttori somari” hanno potuto fare con Star Wars!
Commenti Recenti