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“Internet è un dono di Dio” è la famosa frase di uno scrittore e dissidente cinese, Liu Xiaobo, attivo da molti anni nella difesa dei diritti umani nella scena nazionale del suo Paese e insignito, nel 2010, del Premio Nobel per la Pace.
Ma questa stessa frase fu anche un potente manifesto con cui, nel 2009, il mensile Wired aveva candidato Internet al premio Nobel per la Pace.
Infine, recentemente, è anche divenuto il titolo di un libro che narra dieci storie con lo scopo di chiarire perché Internet è divenuta col tempo, arma di costruzione di massa: i software contro la censura digitale (Shiyu Zhou dall’America per Cina e Iran), il potere della parola per la libertà (Georgy Jakhaia in Georgia, Yoani Sanchez a Cuba, Adshin Mettacara in Birmania), il micro-credito online come strumento di sviluppo nelle economie povere (Matt Flannery e Kiva), l’industria informatica come occasione di pace per la Palestina (Saed Nashef), il wireless perché anche Amazzonia e Darfur rompano l’isolamento (Daniele Trinchero e iXem), il Web come strumento di aiuto e solidarietà nelle catastrofi (Ory Okolloh dal Kenya, Rima Qureshi dalla Svezia).
L’altro lato della medaglia
Ma se questa è il lato di una medaglia, c’è anche chi ha guardato l’altro lato, quello oscuro, di internet. Ed è stato l’intellettuale bielorusso Evgeny Morozov che nel suo recente saggio “The net delusion: the dark side of internet freedom” (trad. La net-delusione: il lato oscuro della libertà di internet) critica aspramente le potenzialità democratiche della rete, che troppo spesso si trasformano in censura.
Secondo lui, il web può essere uno strumento di mobilitazione collettiva con lo stesso peso con cui può tragicamente divenire uno strumento di controllo sistematico e autoritario.
Un esempio alla luce del giorno è la martellante censura imposta dal regime Repubblica popolare cinese o la censura di internet in Egitto.
Morozov, punta, così a confutare la teoria secondo cui “internet porterà la pace del mondo” additando il passato e facendo una analisi retrospettiva dei nuovi media: anche la stampa, il telegrafo e la radio furono universalmente accolti come dei mezzi attraverso i quali si sarebbe potuto raggiungere più velocemente la libertà individuale e dei popoli, ma alla fine quegli stessi mezzi furono usati dai regimi di tutto il mondo per il loro tornaconto.
Il ruolo di internet nella diffusione delle proteste e delle sollevazioni popolari è, però indiscutibile ma non bisogna, per questo, identificare internet con la rivolta stessa, poiché internet è solo un mezzo, magari un potente mezzo di comunicazione di massa, con cui la protesta riesce a diffondersi più efficacemente, e null’altro!
Dici bene quando paragoni internet ad uno dei tanti strumenti di comunicazione inventati dall’uomo. Secondo me chi lo vede come fine sbaglia, la realtà è che internet è un mezzo e, alla stregua di un coltello o di un qualsiasi altro oggetto, può essere usato sia per far bene che per far male.
Ciao,
Emanuele
@Emanuele: mi piace il tuo paragone con il coltello. Uno strumento potente e al contempo facile da usare, alla portata di tutti, che può essere usato sia per far del bene che per far del male!
Assolutamente d’accordo con quanto avete scritto sopra è un arma a doppio taglio utile ma pericolosa nelle mani sbagliate