Tempo di Lettura: 11 minuti
La scuola spesso insegna la matematica in maniera nozionistica, non riuscendo quasi mai ad infondere negli studenti quella curiosità, a tratti infantile ma comunque pura, che ha caratterizzato gli stessi matematici dei secoli scorsi, in grado di far iniziare tutte le domande con la parola “perché” e di riempire le giornate di quel meraviglioso stupore che anima gli occhi dei bambini. Forse è per questo che la matematica, così come viene vista, risulta davvero difficile da digerire.
Oggi, però, voglio proporvi un viaggio nella matematica visto da due scrittori diversi: lo stesso argomento trattato da due persone culturalmente diverse ma che hanno in comune la stessa meravigliosa passione per il bello delle cose. Quindi, tenterò di spiegarvi come gli scienziati possano essere così vicini alla spiegazione finale senza però riuscire ancora a decifrarla definitivamente.
L’argomento è la relazione dei fiumi con il pi greco e il primo scrittore che vi racconterà di questa appassionante curiosità è Alessandro Baricco, in uno dei suoi più famosi libri “City“, che con il suo solito stile narrativo, accattivante e coinvolgente, vi parlerà di questa inscindibile unione tra fiumi e pi greco, tra natura e matematica il tutto rapportato con l’essere umano.
[…] anche se mi sforzo, mi viene solo in mente quella storia dei fiumi, se proprio voglio trovare qualcosa che mi faccia digerire tutta questa faccenda, finisco per pensare ai fiumi, e al fatto che si son messi lì a studiarli perché giustamente non gli tornava ‘sta storia che un fiume, dovendo arrivare al mare, ci metta tutto quel tempo, cioè scelga, deliberatamente, di fare un sacco di curve, invece di puntare dritto allo scopo, devi ammettere che c’è qualcosa di assurdo, ed è esattamente quello che pensarono anche loro, c’è qualcosa di assurdo in tutte quelle curve, e così si son messi a studiare la faccenda e quello che hanno scoperto alla fine, c’è da non crederci, è che qualsiasi fiume, proprio qualsiasi fiume, prima di arrivare al mare fa esattamente una strada tre volte più lunga di quella che farebbe se andasse dritto, sbalorditivo se ci pensi, ci mette tre volte tanto quello che sarebbe necessario, e tutto a furia di curve, appunto, solo con questo stratagemma delle curve, e non questo fiume o quello, ma tutti i fiumi, come se fosse una cosa obbligatoria, una specie di regola uguale per tutti, che è una cosa da non credere, veramente, pazzesca, ma è quello che hanno scoperto con scientifica sicurezza a forza di studiare i fiumi, tutti i fiumi, hanno scoperto che non sono matti, è la loro natura di fiumi che li obbliga a quel girovagare continuo, e perfino esatto, tanto che tutti, e dico tutti, alla fine, navigano per una strada tre volte più lunga del necessario, anzi per essere esatti, tre volte virgola quattordici, giuro, il famoso pi greco, non ci volevo credere, in effetti, ma pare che sia proprio così, devi prendere la loro distanza dal mare, moltiplicarla per pi greco e hai la lunghezza della strada che effettivamente fanno, il che, ho pensato, è una gran figata, perché, ho pensato, c’è una regola per loro vuoi che non ci sia per noi, voglio dire, il meno che ti puoi aspettare è che anche per noi sia più o meno lo stesso, e che tutto questo sbandare da una parte e dall’altra, come se fossimo matti, o peggio smarriti, in realtà è il nostro modo di andare diritti, modo scientificamente esatto, e per così dire già preordinato, benché indubbiamente simile a una sequenza disordinata di errori, o ripensamenti, ma solo in apparenza perché in realtà è semplicemente il nostro modo di andare dove dobbiamo andare, il modo che è specificatamente nostro, la nostra natura, per così dire, cosa volevo dire?, quella storia dei fiumi, si, è una storia che se ci pensi è rassicurante, tanto che ho deciso di crederci […]
Da “City” di Alessandro Baricco, editore Rizzoli
Il secondo scrittore è Simon Singh, specializzato nella divulgazione scientifica, che, nel suo primo libro di successo “L’ultimo teorema di Fermat“, racconta di questo rapporto tra scienza e natura in maniera più o meno analitica e precisa. Non spiega il perché vi sia questo comune legame ma ci svela, con il suo stile semplice e romanzato che contraddistingue da sempre i suoi libri, lo studio di uno scienziato della Università di Cambridge, Hans Stolum, che, nel 1990, scoprì questa curiosa relazione.
“[…] Un particolare numero sembra determinare la lunghezza dei fiumi che formano meandri. Il prof Hans Stolum, uno scienziato della terra dell’università di Cambridge, ha calcolato il rapporto tra la lunghezza effettiva dei fiumi dalla sorgente alla foce e la loro lunghezza in linea d’aria. Anche se il rapporto varia tra un fiume e un altro, il valore medio è leggermente superiore a 3, cioè la lunghezza effettiva è circa 3 volte maggiore della distanza diretta in linea d’aria. In realtà il rapporto è circa 3,14 , che è il valore approssimato di pi greco ossia del rapporto tra la circonferenza e di diametro del cerchio.
Nel caso dei fiumi, pi greco è il risultato di una battaglia tra l’ordine e il caos. Einstein fu il primo a suggerire che i fiumi tendono a seguire un percorso sempre più tortuoso perché la corrente , essendo più veloce sulla parte esterna di una curva, produce un’erosione maggiore sulla sponda corrispondente, cosi che la curvatura in quel punto aumenta. Più accentuata è la curvatura, più forte è la corrente sulla sponda esterna e di conseguenza maggiore è l’erosione. […] L’equilibrio tra questi due fattori opposti conduce a un rapporto medio che vale pi greco tra l’effettiva distanza in linea retta tra la sorgente e la foce. Il rapporto di pi greco si trova più comunemente in quei fiumi che scorrono attraverso pianure che hanno un dislivello molto tenue, come i fiumi in Brasile o nella tundra siberiana. Pitagora comprese che i numeri erano celati in tutte le cose, dall’armonia musicale alle orbite dei pianeti.”Da “L’ultimo teorema di Fermat” di S. Singh, editore Rizzoli
Spero che questo piccolo viaggio tra scienza, natura e numeri vi abbia appassionato. Io ho entrambi i libri che ho citato e quando ho letto “L’ultimo teorema di Fermat“, mi sono subito ricordato della citazione di Baricco (che lessi qualche anno prima) e sono rimasto affascinato da come una cosa curiosa come questa possa essere raccontata in due modi così diversi ma al contempo appassionante. E’ per questo che ho voluto rendervi partecipi di questa mia piccola digressione matematica.
Ma oggi, farò di più, e tenterò di spiegarvi, l’apparente mistero che lega inscindibilmente i fiumi e il pi greco.
Una possibile spiegazione
Come avrete notato nessuno dei due scrittori ha spiegato ancora come mai sembra esserci questa relazione tra fiumi e pi greco. Io penso che la soluzione sia potenzialmente semplice ma al contempo non così intuitiva come si può credere.
Un fiume nasce dalla sorgente (punto A) alla foce (punto B). In linea d’aria questo si traduce in una linea retta che va dal punto A al punto B.
Ovviamente, come noto, un fiume non compirà mai un tragitto in linea retta, bensì un percorso più o meno tortuoso (sinuosity) che potrà dipendere da diversi fattori, come le asperità del terreno, la sua pendenza e i vari ostacoli che si potranno incontrare lungo il tragitto. Se disegniamo il percorso di un fiume qualsiasi confrontandolo con quello che avrebbe dovuto avere in teoria per percorrere la strada più corta (ovvero, compiendo un moto inerziale e unidimensionale, in linea retta), avremo un percorso che sa un po’ di moto caotico di tipo browniano.
E ora, entra in ballo la teoria delle probabilità (in particolare il concetto che asserisce che la frequenza tende ad assumere valori prossimi alla probabilità teorica), poiché maggiore è la lunghezza del percorso, e quindi della linea retta AB, maggiori sono le probabilità che il percorso che percorrerà il fiume sia della stessa lunghezza nella parte superiore della linea (area viola) e nella parte inferiore (area verde).
Inizialmente ho subito pensato, in uno slancio di semplicismo, che in un fiume idealmente infinito, se uniamo tutti i micro-percorsi delle due aree, avremmo avuto (almeno per come riuscivo ad immaginare) che le due parti si potevano trasformare in due semicerchi uguali che messi insieme, ovviamente, formavano un cerchio.
A questo punto, in nostro aiuto, interviene la geometrica euclidea che ci insegna che la circonferenza di un cerchio è pari a:
C=2 * π * r
Dato che 2r altro non è che il diametro del cerchio e, nel nostro caso, la lunghezza della linea retta AB,
2r = AB
E’ evidente che, per fiumi idealmente infiniti, e in pratica molto lunghi, il rapporto tra Circonferenza (lunghezza reale del fiume) e il diametro (la linea retta ideale AB) sia proprio uguale a pi greco!
C/2r = π = 3,14
Questo per un fiume idealmente infinito; ovviamente lo stesso può avvenire, con uno scarto di errore minimo, per fiume molto lunghi (come il Po, il Mississipi o il Rio delle Amazzoni), mentre potrebbe non verificarsi per i fiumi più corti. Ma questa non è una legge: è solo una probabilità che si verifichi perché se un fiume molto lungo attraversa una zona morfologicamente ricca di ostacoli da una sola lato di quella famosa area che traccia la nostra ipotetica linea retta, i nostri calcoli potrebbero non tornare. Infatti, lo stesso scienziato Hans-Henrik Stolum citato da Simon Singh affermava che il rapporto di pi greco si trova più comunemente in quei fiumi che scorrono attraverso pianure che hanno un dislivello molto tenue, come i fiumi in Brasile o nella tundra siberiana.
Il problema, però, risulta molto più complesso di questa mia prima intuizione che, per quanto affascinante e semplice, risulta fallata in una sua parte fondamentale: come dimostrare che si formano due semicerchi? In teoria, quello che è certo è che si formano due aree con la stessa superficie, ma non è detto che il percorso ottenuto sia, nel complesso, circolare. Anzi, a logica, dovrebbe essere un percorso altamente frastagliato, ovvero, che presenta una serie irregolare di sporgenze e rientranze. Quindi, si potrebbe forse asserire, che il percorso potrà essere di qualunque forma (frastagliatura) l’importante è che sia uguale in basso e in alto, e che anche l’area sia la stessa.
Ed è qui che riscontriamo l’inadeguatezza delle misure euclidee per descrivere questo soggetto, divenuto complesso, come un fiume, che tende quasi a diventare un frattale. E quale è la caratteristica di alcuni frattali? Il perimetro di molti frattali può tendere a infinito, mentre l’area resta finita! Infatti, nella realtà il concetto di lunghezza presenta dei limiti quando vogliamo misurare una linea estremamente irregolare.
Mandelbrot si era posto il problema con la sua famosa domanda: “Quanto è lunga la costa della Bretagna?“. Se si segue il contorno della costa si vede che esso è molto frastagliato. Se cerchiamo di essere sempre più precisi , visto che ad ogni passo troviamo sempre le stesse irregolarità, vediamo che la misura non converge verso un ben definito valore ma anzi, aumenta (anche se, in questo caso, non possiamo prevedere di quanto!)
Se misuriamo la distanza fra due punti in linea d’aria, troveremo una certa lunghezza:
Se misuriamo la distanza tra gli stesso due punti, ad esempio, a grandi passi, ecco che troviamo una lunghezza maggiore:
Più cerchiamo di aumentare la precisione e più la lunghezza aumenta:
La lunghezza di un tratto di costa non potrà essere infinita, perché non potremo dividere indefinitamente i tratti da misurare, ma l’andamento delle successive misurazioni ricorda quello del calcolo del perimetro di un frattale nei successivi passi. In effetti l’affermazione di Mandelbrot voleva mettere in evidenza la natura dei frattali riferendosi all’immagine familiare di una costa frastagliata.
La spiegazione di Hans Stolum
In effetti, la teoria dei frattali a cui ero giunto (insieme a Davide mentre si ragionava sulla possibile spiegazione del legame fiumi-pi greco) risulta essere la strada più semplice per raggiungere la meta. Dopo qualche mio girovagare su internet, infatti, ho trovato una spiegazione (questo il documento in formato Word) di Hans Stolum sul legame tra i fiumi e il Pi Greco, che ha cercato di spiegare questo relazione definendo il fiume come un “sistema dinamico debolmente caotico” (weakly chaotic dynamical system) adducendo al fatto che le ripetitività dei pattern di un fiume possono far pensare ad un sistema frattalico. Con delle simulazioni, hanno potuto calcolare che la sinuosità (sinuosity), ovvero il rapporto tra la lunghezza effettiva e quella ideale in linea retta, può variare da un minimo di 1 ad un massimo di circa 3.5, con un valore significativo di 3.14. Ovviamente nessuno è riuscito ancora a definire bene la “formula del fiume” ma la teoria della teoria del Caos sembra la strada più interessante da percorrere.
L’essenza della Matematica
La Matematica, con la sua teoria dei numeri in primis, ha affascinato per secoli, le più grandi menti che l’umanità abbia mai potuto avere. E scoprire la relazione che sta alla base dei numeri per molti costituisce il fine ultimo delle ricerche di questi uomini eccelsi. Tra questi mi piace citare Ramanujan, un matematico unico con una straordinaria intuizione nel cogliere architetture numeriche con estrema facilità, tanto che un giorno scoprì una relazione che lega, attraverso una meravigliosa frazione continua, tre numeri fondamentali: phi, la sezione aurea ed il famoso pi greco.
In molti vedono in questa equazione, uno stretto legame, che passa attraverso l’infinito, tra l’irrazionale phi ed il trascendente pi greco! E’ facile quindi pensare che tra frattali e pi greco possa coesistere una analogo legame in una equazione non ancora scoperta!
Se per molti vedere questi legami segreti possa sembrare solo il frutto di una semplice pareidolia dei numeri, in grado di trovare un finto ordine in sequenza numeriche caotiche, per altri è la base stessa del loro essere scienziati. Porsi davanti ad un mistero e cercare di risolverlo, è lo stesso motivo per cui in molti svolgono con passione le proprie parole crociate. Solamente che i matematici si trovano di fronte un enorme scacchiera con tutti quadrati bianchi, senza definizioni e numeretti, ma solo qualche tassello riempito con qualche costante matematica o funzione. Il loro compito è riuscire a combinarli tutti insieme in modo da riempire coerentemente questo enorme cruciverba che altro non è che il nostro universo. La loro impresa può sembrare ardua, forse senza fine, ma non per questo meno degna di essere menzionata.
Come disse Galileo Galilei:
La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e conoscer i carattere, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.
Galileo Galilei, Il saggiatore, 1623
Capire la matematica è capire la natura stessa, perché la matematica è il miglior linguaggio che conosciamo per poterla interpretare: i numeri primi, la successione di Fibonacci, i frattali, il pi greco, sono solo alcuni esempi di matematica che agisce nel nel mondo della natura. Dalla spirale logaritmica della conchiglia del Nautilus all’esagono delle cellette dell’alveare, dalla stella o sei punte del cristallo di neve alla geometria del sistema solare, sono tutti affascinanti esempi di come la Natura possa risolvere e costruire in maniera così egregia e semplice la propria stessa essenza!
Incredibile…senza parola come sempre…
fantastico.. dovrebbe essere la prima lezione di matematica..
Pingback: Fiumi, Baricco e Pi greco (mezzi) « Questo blog non esiste 30 Maggio 2009
[…] fiumi, frattali, hronir, matematica, pi greco, Simon Singh Ieri ho letto questo bel post di Levysoft, che analizzava la correlazione fra π e la lunghezza dei fiumi, citando anche autori come […]
Come da pingback qui sopra, ho scritto un post a commento di questo. Sembra ci sia un errore nella spiegazione geometrica, purtroppo. Ma il post rimane bello comunque ;-).
Salve ragazzi,
grazie per aver avuto la pazienza di leggere il mio articolo. Il suo scopo era, appunto, quello di instillare un po’ di curiosità. Premetto, però, che già nel mio post avevo detto (e forse non mi ero spiegato bene) che:
“Il problema, però, risulta molto più complesso di questa mia prima intuizione che, per quanto affascinante e semplice, risulta fallata in una sua parte fondamentale: come dimostrare che si formano due semicerchi?”
E, in effetti, l’errore, secondo me, sta nel dire che si forma un superficie circolare. Francamente quella soluzione era la prima che mi venne in mente e l’annotai sul margine di un libro … (a mo’ di Fermat 😉 ) e l’ho ripresa solo dopo qualche anno per scrivere questo post. Allora perché ho inserito lo stesso la soluzione geometrica? Perché in fondo, come un po’ faccio per molti miei post, questo mio articolo voleva essere anche una sorta di cronistoria di quello che avevo pensato io… dalla teoria geometrica a quella frattale (poi validata da alcune ricerche su internet). Inoltre, ho anche pensato che poteva essere comunque di spunto a qualcuno per riflettere… così come è stato per voi! 🙂
In ogni caso, a mia discolpa posso dire che ho fatto male ad inserire l’immagine dei due semicerchi (aggiunta comunque solo dopo la pubblicazione del post)… in quanto non esprime correttamente la mia idea… visto che non ha alcun senso dividere la retta in due:
I due semicerchi devono partire sempre dal punto A al punto B (se l’assunto iniziale fosse esatto). Inizialmente pensavo che disegnando la retta in quel modo si sarebbe capita meglio la mia idea… in realtà vi ho solo portato su un’altra strada. Intanto rimuoverò quella immagine e ne resterà traccia solo in questo commento…. e vi ringrazio per avermi fatto notare questo errore… che comunque non da ulteriore validità alla mia tesi, almeno fintantoché non si riesca a dimostrare che si possano formare due semicerchi con diametro AB.
Ciao,
Antonio
Antonio, complimenti per il tuo post, chiaro e interessante.
Circa un’ipotesi risolutoria forse siamo lontani, ma mi piace il tuo approccio.
A tale proposito mi sembra interessante suggerirti la Formula di Leibniz:
http://it.wikipedia.org/wiki/Formula_di_Leibniz_per_pi
Come vedi, con una alternanza regolare di segno e fattori incrementali (o decrementali) si converge verso il pi greco.
Michelangelo
Beh che dire, ancora complimenti 🙂
Articolo davvero interessante e curioso…
A questo punto però se esiste una relazione tra lunghezza in linea d’aria e lunghezza percorsa da un fiume, si può pensare che anche il suolo terrestre (la posizione di una pietra, una piccola collina, la consistenza del terreno) abbia una relazione con il fiume.
Perchè il percorso di un fiume, è influenzato proprio dalle caratteristiche del terreno.
O sbaglio?
@Michelangelo: grazie mille… la Formula di Leibniz è uno dei tanti esempi in matematica in cui l’eleganza e la bellezza convergono in un unico scopo. Vedere che delle costanti matematiche possano essere riprodotte in questi modi così semplici, sublimi e, al contempo, con serie infinite di operazioni, fa pensare. Fa pensare anche che le stesse costanti matematiche possano essere ricavate in decine di modi diversi… come se tutto alla fine potesse ricondursi a soli pochi elementi principi (come nei quark della fisica) che si combinano tra di loro per generare tutta la matematica che conosciamo.
@Alex: ipotesi suggestiva la tua… io preferisco pensare che il fiume possa percorrere un percorso casuale, che può derivare da dei sassolini o da un dislivello del terreno. Come poi possa essere ottenuto questo percorso è relativo… magari anche un battito di ali di una farfalla, per la teoria del caos (ovviamente se la estremizziamo) potrebbe cambiare il suo percorso. E se rimango nell’ambito della mia fantasia mi piace pensare che sia la matematica che la fisica rispondano ad alcuni pochi elementi comuni che, se combinati tra loro, possano creare il mondo in cui viviamo e la matematica che conosciamo che è in grado di descrivere analiticamente il nostro universo.
Pingback: Ritorna in libreria “L’anima di Hegel e le mucche del Wisconsin” di Baricco | DaringToDo.com 8 Agosto 2009
[…] musicofilo, il divulgatore, il critico; è un Alessandro Baricco ancora giovane l’autore de “L’anima di Hegel e le mucche del Wisconsin”, un saggio […]
@Antonio Troise: Obiettivo raggiunto!
Davide
phi e la sezione aurea sono lo stesso numero, non è scritto però quello di nepero.
Comunque è effetivamente presente un legame tra pi ed e, basti pensare alla formula e^(PI*i)-1=0, quanto alla sezione aurea si tratta di una semplice numero ottenuto con radicali. Penso che si sia partiti da una formula già esistente che relazioneva e e pi greco (una delle tante) e la si sia modificata per far “saltare fuori” la sezione aurea.
Comunque è carina