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Se da un lato internet è considerata l’ultima frontiera della libertà di parola e d’espressione in grado di garantire a tutti l’allargamento della democrazia (“Una porta aperta verso la democrazia“, come ha detto anche Al Gore), in realtà per molti non è così.
Infatti, se la libertà può piacere agli utenti, non lo è certamente per la maggior parte dei governi, sia per quelli totalitari (come Cina o Cuba) che controllano anche con il web la libertà dei propri cittadini, sia per quelli più aperti e democratici, poiché un web senza confini è anche un territorio impossibile da controllare, visto che può essere aperto ad ogni tipo di uso, come, per esempio, il terrorismo.
Ma se questo aspetto di una internet a doppia faccia, una democratica e l’altra repressiva, è sicuramente noto ai più, ve ne è anche un altro che spesso viene sottovalutato e che mostra come le politiche commerciali siano cambiate negli ultimi decenni: quello del mercato chiuso.
Infatti, nonostante possa sembrare un controsenso che nel XXI secolo il mercato non sia libero e aperto su internet, come lo è di fatto da anni sulle frontiere, in realtà per molti aspetti è proprio così. Ne è un esempio la commercializzazione dei prodotti multimediali, come la musica o il cinema, che possono essere liberamente acquistati online, da un paese all’altro, solo se si tratta di prodotti fisici come cd o dvd, ma se si vuole entrare in possesso di un file digitale, occorre acquistarlo solo nel paese in cui si risiede. E’ questo, per esempio, quello che accade con i negozi virtuali come Amazon e iTunes.
Un altro esempio eclatante è quello di Pandora, il famoso servizio di streaming musicale che ha rivoluzionato la musica con il concetto di genoma musicale, in grado di classificare i brani e trovarne le similarità tra due canzoni di gruppi differenti, senza seguire nessuna predeterminata classificazione. Ebbene, a causa di una nuova legge americana che costringeva le web radio a pagare in base al numero di ascoltatori, Pandora è stata costretta, per limitare i costi, a chiudere l’accesso al servizio di streaming a tutti gli utenti che non si colleghino dagli Stati Uniti (il controllo avviene in base all’indirizzo Ip dell’utente).
Ma di esempi di limitazione geografiche di servizi nati sul web ve ne sono a centinaia. Per citarne uno nostrano, possiamo ricordare Donwlovers.it, un servizio limitato alla sola Italia e che permette di scaricare brani musicali gratuitamente grazie alle presenza sul sito di spot pubblicitari.
Se Internet non conosce frontiere, le leggi tra una frontiera e l’altra, fanno si che possano nascere molti servizi limitati geograficamente e che sarebbe utile fruire anche altrove.
In definitiva la realtà di Internet è molto più complessa e ricca di scenari diversi, di quello che si possa immaginare. In un era in cui le frontiere in Europa sono state aperte da anni, tutte queste barriere su un mezzo come il web che, per sua natura, dovrebbe essere libero, senza confini e barrierie, suona stonato: purtroppo la dura realtà ci insegna che in un mondo senza regole le varie istituzioni tendono a ricostruire caparbiamente quegli stessi confini e barriere che esistevano nella vita reale, rendendo, quindi, difficile immaginare, se non utopico, che il web possa essere mai quella palestra di democrazia che tutto il mondo vorrebbe possa ancora essere.