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Oggi è comparsa sull’Espresso una intervista a Lee Siegel, un giornalista e scrittore cinquantenne autore del libro Against the Machine: Being Human in the Age of the Electronic Mob. Secondo me, questa è un’ottima rappresentazione di come non dovrebbe essere vista Internet. Nelle sue risposte si evince una visione distorta e totalmente negativa del Web poiché, a tratti, si getta in una devastante requisitoria sul “lato oscuro” della grande Rete.
Anche se le sue idee sono permeate di pessimismo cosmico (arrivando addirittura a coniare il termine “blogofascismo”, ovvero la tendenza ad usare i blog per attaccare e insultare i propri avversari impunemente) e perquanto non sia daccordo con molte delle sue idee, forse però vale la pena soffermarsi a riflettere sulle sue affermazioni.
Ecco, quindi, in sintesi, i punti salienti delle scottanti rivelazioni di Lee Siegel:
- Internet è il primo ambiente sociale nella storia che eleva l’individuo al di sopra della società.
- Quando sei on line fai 10 o 15 cose contemporaneamente, invìi messaggi, blocchi lo spam, prenoti spettacoli, fai acquisti, leggi news o frammenti di gossip, prendi un appuntamento. Vivi in un ambiente che ti sembra popolato da persone, ma in realtà è pieno di fantasmi. E non sei più autonomo: dipendi totamente dalle dinamiche commerciali che controllano Internet.
- Internet invece è il trionfo non ideologico della società commerciale. Non c’è dietro un’ideologia, solo l’egoismo individuale, ciascuno isolato nel suo spazio virtuale. È la frontiera finale del capitalismo: fare più soldi che si può. Infatti, lo stadio finale del capitalismo è la trasformazione della propria vita interiore in merce. Internet sta spingendo la gente a fare questo.
- Molti si riempiono la bocca di democrazia e trasparenza, ma Internet è il motore commerciale più potente mai inventato.
- La libertà è solo il paravento del libero mercato. La libertà è una cosa più complessa, non è poter fare acquisti 24 ore su 24. Il caos commerciale di Internet non ha niente a che fare con la libertà, che invece è legata all’autenticità e alla realizzazione individuale. Su Internet ciascuno vuole essere come gli altri. E il trionfo del branco.
È così che la cultura popolare diventa cultura della popolarità. È la vittoria del branco ed è estremamente difficile che una voce originale si faccia strada. Se Internet è libertà, dove sono i nuovi capolavori nati su Internet nel campo della cultura e della politica?- Chi mette un filmato su YouTube o scrive un blog vende se stesso e la sua privacy. Quando sei su Internet clicchi sollecitato dai tuoi impulsi, senza inibizioni. Nessuno sa chi sei né dove sei. Sei solo, tu e le tue dita.
- Un blogger intelligente può essere una manna per il dibattito collettivo. Ma più spesso i blogger aggiungono solo rumore di fondo al baccano generale. Dicono quello che vogliono, senza controllo.
Chi scrive in prima persona costruisce un personaggio artificiale. Invece i blogger pensano di rappresentare un’espressione autentica di se stessi.- Su Internet sei solo, comunichi con altri ma non sai chi sono, né dove sono, né se stanno dicendo la verità. È uno strano modo di essere, mai esistito prima d’ora. Puoi dire quello che vuoi a chiunque, celandoti dietro una maschera e per me questa è un’utopia negativa.
Insomma, una visione distorta di un mondo che certamente non è utopico ne idialliaco, ma che almeno ha portato molti benefici, se usato correttamente, all’umanità stessa. Per ogni cosa è sempre esistito il rovescio della medaglia ma gettare così tanto discredito sul Internet ovviamente non gli farà bene poiché non è un modo costruttivo per farla migliorare.
Beh, è vero che sembra essere molto drastico e pessimista, ma per certi versi riesco anche a dargli ragione.
Internet è uno “strumento” molto particolare, che facilmente permette grandi eccessi (pazzie di tutti i tipi: controllo degli altri, notorietà, grandi spese senza toccare soldi e chi più ne ha più ne metta…) e così va utilizzato con le pinze e forse, noi che rappresentiamo “gli esploratori” di questo nuovo mondo siamo ancora facilmente portati ad errori che le prossime generazioni non commetteranno. Una tra tutte la dipendenza da internet, che in questi anni ha condotto alla pazzia (morte?!) tantissime persone e che, per via della novità della cosa, non sappiamo combattere e controllare in modo preciso.
Ciao,
Emanuele
diciamolo chiaramente: è un cumulo di baggianate. Come ad esempio l’ultima: “Su Internet sei solo, comunichi con altri ma non sai chi sono, né dove sono, né se stanno dicendo la verità”… perché? nella vita “reale” c’è la certezza che chi ti sta di fronte sta dicendo la verità?
Quanto meno però, sai chi sono e dove sono. 😛
Ciao,
Emanuele
Decisamente eccessivo ma comunque un buon spunto di riflessione.
Ad esempio questa critica al capitalismo su internet che sarebbe “il motore commerciale più potente mai inventato”: è vero, ma è anche una delle infrastrutture di costose che esista, come si dovrebbe ripagare se non con un estensivo sfruttamento commerciale?
Poi “Su Internet ciascuno vuole essere come gli altri” è una balla colossale: sarà valido per la televisione forse. Lo dice lui stesso che “internet è il trionfo dell’individualismo”: ma allora siamo individualisti o omologati?
Pingback: Levysoft » La rivoluzione culturale del web 2.0 e il crepuscolo della cultura classica monografica 25 Marzo 2008
[…] A differenza di chi crede che stiamo vivendo in una età di imbarbarismo e oscurantismo, c’è anche chi crede che quella che stiamo vivendo ora è un’epoca di rigogliosa mutazione, dove alla cultura classico-umanistica si è sostituita quella di massa, dove le ultime generazioni hanno abbandonato i musei polverosi dello specialismo e dell’accademia per riversarsi negli scintillanti saperi diffusi della cultura dell’uomo del web. L’uomo 2.0 è un portatore di cultura diversa, che non significa per forza mancanza di cultura: semplicemente i vecchi intellettuali non capiscono pienamente la rivoluzione in atto. E’ quello che afferma Franco Brevini nel suo ultimo saggio in una intervista di oggi sul Giornale e che quasi sembra rispondere alla visione pessimistica del Web di Lee Siegel. […]