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Internet e la Scienza sono due fattori indissolubilmente legati tra di loro, anche nella rivoluzionaria era del Web 2.0, non solo perché la rete stessa è costituita, nel suo core, da algoritmi e da computer o, magari, perché è nata al Cern di Ginevra per permettere a diversi centri di ricerca sparsi per il mondo di condividere velocemente i propri dati scientifici, ma soprattutto perché sulla scienza (come su molte altre attività umane) si sono riflessi gli effetti del cosiddetto Web 2.0, cioè di quegli strumenti che permettono a chiunque di collaborare alla produzione dei contenuti della rete.
Esempi eclatanti del successo del Web 2.0 sono Wikipedia, YouTube o Del.icio.us, in cui migliaia di persone non sono più consumatori passivi ma produttori attivi che cooperano, anche se in minima parte rispetto al immenso magma della rete, per produrre e condividere cultura.
In tutto ciò si è ritagliata una fetta significativa anche una parte importante della scienza che sta sviluppando i suoi strumenti per allargare la partecipazione ai suoi processi e per sfruttare al meglio le potenzialità di Internet. In molti, questa naturale evoluzione, la chiamano Scienza 2.0!
PLoS One
Per esplorare la Scienza 2.0 forse è bene partire dalla parte fondamentale per qualsiasi ricercatore: sto parlando della pubblicazione e della discussione dei risultati delle ricerche scientifiche. In questo campo l’esempio più interessante di applicazione alla scienza del web 2.0 si chiama PLoS One, una rivista online appartenente alla famiglia di Public library of Science. Su questa piattaforma i ricercatori possono pubblicare i loro articoli scientifici senza passare dal vaglio della “peer review” (revisione paritaria), il classico controllo effettuato da esperti nominati dalla rivista.
A valutare l’interesse, l’originalità e l’importanza di una ricerca è la comunità scientifica online: tutti gli scienziati che si accreditano possono commentare, correggere e discutere il lavoro dei colleghi, dando vita a un processo di rielaborazione continua degli articoli pubblicati. Gli autori infatti, a differenza di quello che accade su una «normale» rivista cartacea, possono modificare i loro lavori seguendo i consigli e le critiche del popolo della rete.
Nature Preceedings e Connotea
Perfino Nature, una delle riviste scientifiche più prestigiose del mondo, sta sfruttando le risorse del web collaborativo. Con il suo Nature Preceedings, ha realizzato un sito in cui i ricercatori possono pubblicare le loro ricerche prima di proporle a una rivista, in modo da ricevere critiche e consigli dai colleghi sparsi per la rete.
Se invece pensiamo a Del.icio.us, il suo equivalente scientifico lo troviamo in Connotea, un servizio di “social tagging” pensato per etichettare e condividere i link agli articoli scientifici preferiti.
Encyclopedia of Life
Ci sono poi casi in cui con la collaborazione si fa scienza, non la si comunica soltanto: un esempio è la nuova enciclopedia della vita, Encyclopedia of Life, nata all’università di Harvard sotto l’egida del famoso evoluzionista Edward O. Wilson. La sua versione beta è già online per stimolare i ricercatori di tutto il mondo a collaborare alla stesura delle sue voci: una per ogni specie vivente della Terra. Un compito titanico, dato che stiamo parlando di 1,8 milioni di specie, quelle classificate finora. Per affrontarlo, Eoi sfrutterà il metodo Wikipedia: tutta la comunità scientìfica potrà partecipare compilando le voci, correggendole o aggiungendo nuove informazioni, mentre una commissione supervisionerà i contributi e garantirà l’autorevolezza del prodotto finale. Inoltre Eoi sfrutta i database già esistenti, aggregando alle sue voci dati genomici, ambientali o tassonomici. E naturalmente tutti i contenuti saranno messi a disposizione di scienziati, insegnanti, studenti o semplici appassionati di biologia. Gratuitamente.
Oms
Anche l’Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato di recente una piattaforma online grazie alla quale tutti potranno collaborare per scrivere la nuova versione della International Classification of Diseases (ICD), la classificazione ufficiale di tutte le malattie. L’agenzia dell’Oms si propone di usare il sapere dei diretti interessati: medici, ricercatori, pazienti di tutto il mondo, che nei prossimi quattro anni potranno discutere, proporre e dialogare con gli esperti incaricati dall’Oms, aiutandoli a stilare la nuova classificazione. Infatti una delle caratteristiche più importanti di queste aperture alla collaborazione diffusa è che in questo modo si mettono al lavoro migliaia di intelligenze, sfruttando saperi e persone che, anche se esterni o periferici rispetto alla scienza accademica ufficiale, hanno dimostrato di saper rivaleggiare con gli esperti: per esempio studenti o giovani ricercatori, nel caso di PLoS One, oppure associazioni di malati e medici di primalinea, nel caso dell’Oms.
fightAIDS@Home
In altri esempi di scienza collaborativa non sono le intelligenze umane a essere condivise, ma quelle dei computer. E’ il caso del calcolo distribuito, usato tra gli altri da fightAIDS@Home: basta scaricare un programma sul nostro pc per donare un po’ di tempo macchina (quando non stiamo lavorando e il computer è inattivo) alla ricerca, in questo caso alla ricerca sull’AIDS. Il computer si connette ai server di fightAIDS@Home, scarica un po’ di dati e comincia a elaborarli. Moltiplicato per le centinaia di migliaia di personal computer su tutto il globo che aderiscono a fightAIDS@Home, significa dar vita a uno dei supercomputer più potenti del mondo, ben più dei costosissimi e giganteschi megacalcolatori, e metterlo a lavorare gratuitamente su un progetto di ricerca biomedica.
Epilogo
Insomma, negli ultimi anni sono esplose forme di pubblicazione dei dati scientifici che, appunto, sfruttano le nuove tecnologie informatiche per mettere a disposizione di chiunque, in modo rapido, comodo e gratuito, i risultati delle ricerche. Le riviste scientifiche e gli archivi “open access” sono indispensabili per la scienza collaborativa online, e i dati che contengono costituiscono il materiale grezzo sul quale si fonda la Scienza 2.0. Che la scienza tradizionale si sia adattata alle strutture aperte della rete attraversando i tradizionali confini istituzionali per costruire a partire da contributi di diverse dimensioni apportati da tantissime persone, è un bene. E anche se siamo ancora lontani dal coinvolgere masse di persone nella ricerca scientifica, anche perché siamo solo nelle fasi iniziali dell’adozione di queste pratiche, e non sappiamo se esse avranno successo, è certo che in tutto il mondo sta crescendo la consapevolezza che la scienza verrà promossa dalla condivisione in forma aperta di innovazione e conoscenza.
Pingback: » Web e scienza 2.0 - Amigdala.info 18 Febbraio 2008
[…] un post su Levysoft.it dove si parla di alcuni dei principali servizi web2.0 dedicati alla […]
Bell’articolo Antonio.
Viene voglia di votare i vecchi PC a progetto come fightAIDS@Home 🙂
Comunque è davvero un trend “azzeccato” quello del 2.0.
Vediamo dove ci porta nel giro di un paio d’anni..
Pingback: » 5 Links Della Settimana #4 » Daniele Salamina’s Blog 22 Febbraio 2008
[…] Il Web 2.0 e la Scienza 2.0: quando si fa e si condivide la conoscenza sul web […]
Comunque la scienza 2.0 credo proprio che sia nata molto prima del web 2.0… E devo ammettere che chiamarla Scienza 2.0 mi fa un po’ cagare!
Forse più che riflettere il web 2.0 – che in fondo è uno strumento sfruttato sulla base di un cambio di mentalità – , la condivisione dei dati scientifici riflette un diverso movimento, che è quello del Free Software.
La sostanza del discorso è che sempre più ci si rende conto che la Conoscenza e l’Informazione rendono al massimo del loro potenziale quando sono condivise e distribuite liberamente, dando una serie di benefici – ben elencati in questo articolo – molto più concreta che non si riesce a ricavare da un atteggiamento di chiusura e di restrizione nel suo uso.
Il web 2.0 semplicemente permette questa condivisione.
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