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Perché alcune parole sono simili nelle diverse lingue e altre no? Perché due in spagnolo è «dos», in francese «deux», in inglese «two», mentre i pennuti vengono chiamati «uccelli» sotto le Alpi, «oiseau» oltralpe e «vogel» in tedesco? E perché nella stessa lingua alcune parole si mantengono quasi immutate mentre altre subiscono variazioni notevoli?
Mark Pagel, Quentin Atkinson e Andrei Meade, professori dell’Università di Reding (Gran Bretagna) hanno pubblicato su Nature una ricerca che prova a dare una risposta alle differenze e alle somiglianze tra i termini sia nella stessa lingua sia in varie lingue. In sintesi il risultato è che le parole che vengono utilizzate di più mantengono quasi inalterata la loro radice (nella maggioranza dei casi di origine indoeuropea). Se quindi l’indoeuropeo (e l’hindi) «do» (due) si mantiene nella sua migrazione verso occidente, così non accade per altri termini. E anche all’interno della stessa lingua l’evoluzione dei termini seguirebbe gli stessi meccanismi.
Gli studiosi sostengono che la frequenza d’uso generalmente determina l’evoluzione dei termini. Meno si usano più si modificano e, viceversa, più un termine è usato meno cambia nel tempo e nello spazio. Le parole più utilizzate sono anche le più importanti nella comunicazione, sono quindi i termini che se pronunciati erroneamente stimolano la correzione dell’ascoltatore.
È così che si mantengono nel tempo e che mantengono la radice originaria in modo da essere simili (almeno nelle pronuncia) tra diversi idiomi. La teoria dell’evoluzione trova quindi una singolare applicazione anche negli studi di linguistica comparata.
[via corriere]