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Secondo Apogeonline l’intelligenza collettiva di internet non esiste o perlomeno è molto meno evidente di quello che si pensava.
Fin dagli esordi il web 2.0 ha rilanciato in salsa user-generated content l’utopia democratica della prima Internet: diventare un’arena tecnologicamente collaborativa e orientata alle relazioni tra pari, aprendo alle masse quei processi prima gestiti solo da chi era in possesso della patente di “esperto”. Per fare un esempio noto, il successo di Wikipedia è stato subito salutato come l’inizio di un nuovo approccio al sapere in cui l’intelligenza di tanti semplici individui che si autocorreggono a vicenda può risultare superiore a quella di un singolo specialista.
Chi si nasconde dietro le folle del read-write web, delle televisioni condivise, dei wiki, del bookmarking collaborativo? Pare, infatti incrociando i dati di alcuni tra i più popolari servizi user-powered (digg, YouTube, Wikipedia) sembrerebbe proprio di no. Anzi, più i social media crescono e più si consolidano micro-hub di utenti “più uguali degli altri” capaci di influenzare buona parte dei processi collaborativi.
Tanto che Michael Arrington già parla di “wisdom of the few” (intelligenza dei pochi), ribaltando il concetto sacro dell’”intelligenza collettiva”, che, come uno spettro, si ripresenta a ogni upgrade del web. Da qui nasce la regola dell’1% o “1:10:89”, secondo la quale su 100 utenti di una piattaforma ad architettura partecipativa
– solo 1 contribuisce attivamente con propri contenuti;
– 10 partecipano di tanto in tanto alle attività minime della vita di community (commento, ranking, tagging);
– i restanti 89 fruiscono passivamente.
A rincuorare i sostenitori di questa teoria vi è la teoria economica e la psicologia sociale, le quali hanno dato risalto al fenomeno della participation inequality all’interno delle dinamiche di gruppo. E cioè: non tutti gli individui contribuiscono in prima persona ai processi collettivi; spesso solo un’esigua minoranza determina i comportamenti di una grande maggioranza silente e inattiva. È quanto Pareto aveva sintetizzato nella legge 80/20 secondo cui l’80% degli effetti è spesso determinato dal 20% delle cause.
Già ai tempi di Usenet il 3% degli utenti era responsabile del 25% del totale dei messaggi. A sorprendere, invece, è la crescita di questa assimmetria su molti servizi del web 2.0, dove le percentuali vanno molto al di là di quanto previsto dal principio di Pareto.
– YouTube: a ogni upload corrispondono 1.538 download: gli utenti attivi sono quindi solo lo 0,07%
– Wikipedia: a partire da questi dati, è stato calcolato che il 50% degli articoli è prodotto dallo 0,7% dei wikipedians; il 72% dall’1,7%.
– digg: Jason Calcanis afferma che il 30% dei contenuti presenti in home page sono postati dai primi 10 top-user (che a loro volta costituiscono solo il 3% dei top-user di digg);
In tutte queste realtà ci troviamo di fronte a un classico problema di cascata informativa: una situazione di network in cui le decisioni e le attività di pochi influentials producono un effetto sproporzionato sui comportamenti dell’intero gruppo.
È il caso di digg, dove i top-user hanno dato vita a cordate e alleanze per promuovere le storie da loro sottoposte. Con la conseguenza che il portalone, seppur dotato di una piattaforma disintermediata e potenzialmente rappresentativa, rispecchia gli interessi e i gusti di una minoranza di assidui frequentatori, piuttosto che quelli dell’intera utenza.
Ovviamente si è consapevoli che «l’ineguaglianza partecipativa c’è e ci sarà sempre» e Jacob Nielsen non stigmatizza l’universo dei social media: «se i “nascosti” vogliono collaborare possono sempre farlo».
mi sento di condividere quest’analisi.
è sotto gli occhi di tutti, i contenuti che fanno il giro del web sono in realtà quelli proposti da una minoranza di utenti.
E’ anche il caso dei blog, gli argomenti che fanno il giro della blogosfera sono inevitabilmente quelli suggeriti dalle cosi dette “star” e ripresi a cascata da una miriade di altri blog “minori”.
inevitabilm
^inevitabilmente le informazioni che circolano arrivano da un cerchia ristretta.
certo che se cominciamo a guardarla così, quanto si differenzia poi l’informazione su internet dai media tradizionali?
In effetti, spesso una notizia interessante rimbalza decine di di volte tra i vari blog. Ma il senso, forse, potrebbe essere simile alle chiacchiere di paese… le voci corrono, invece che da bocca a bocca, da link a link. Magari è un comportamento normale che tende a premiare le notizie interessanti che ogni singolo publisher o nano-publisher fornisce.
Credo che l’importante sia ( stato ) dare a tutti la possibilità di collaborare.
Poi come in tutte le cose, la combiinazione ti tempo-voglia-capacità di ognuno influenza le quote di partecipazione.
come dice giustamente hertz “cose dette “star” e ripresi a cascata da una miriade di altri blog “minori”.”
Come per i Meme 🙂
Si parla quasi tutti delle stesse cose partite da pochi.
E’ già tanto comunque che ognuno abbia la possibilità di esprimersi, anche se i topic delle blogstar hanno comunque più visibilità di quelli proposti dalla massa…
Pingback: L’intelligenza collettiva di internet esiste, ma è diversa dalla contemporanea collaborazione di tutti gli utenti at Boliboop 25 Maggio 2007
[…] commento all’articolo di Antonio afferma che “i contenuti che fanno il giro del web sono in […]
Per dare enfasi alla Participation Inequality definita da Nielsen ho studiato il caso Digg:
http://read.melodycode.com/news/359/participation_inequality_il_caso_digg_top_20_users.html
Sono cose che bene o male sappiamo tutti 🙂
Secondo me il problema non e’ che su piu’ siti/blog si parli delle stesse notizie, ma che spesso l’autore non le commenta ma le riporta cosi’ come lette, smorzando le potenzialita’ del web. A volte poi sembrano comunicati stampa delle aziende…
@Gianmario: secondo me non è così grave riportare notizie senza commentarle (anche se il commento è auspicabile) semplicemente perché un blog personale può essere anche inteso come archivio che riassuma gli interessi di chi lo gestisce e quindi funzionare come punto di raccolta di informazioni e non necessariamente la loro fucina. Piuttosto che mettere tutto nei bookmark è un bene riportare passi di un articolo (o anche tutto al limite) per mostrare tutto ciò che ci ha suscitato interesse.
@Davide: Posso essere d’accordo in alcuni casi, per esempio per un blog che parla della configurazione di un sistema Linux, parli del problema in questione, metti un link o uno stralcio verso un articolo scritto da qualcuno che ha trovato una soluzione ed hai fatto una buona cosa per te e per altri, ma in generale sarebbe meglio dire la propria, far capire verso cosa si e’ orientati. Giusto per non essere un doppione di un classico sito di notizie. Ovviamente poi dipende da blog a blog e da caso a caso.
Questo post per esempio secondo me e’ scritto bene, fa citazioni ed e’ piacevole da leggere ed invoglia i commenti. In alcuni blog anche molto frequentati si nota come risposta un “si e’ vero”, “l’ho sentito anche io” e cosi’ via e’ non e’ solo colpa di chi risponde, ma anche di come e’ stato scritto l’articolo.
@Gianmario: grazie per l’implicito complimento 😉
Pingback: Levysoft » Come analizzare l’indice di partecipazione di un blog e come incentivare a dire la propria senza l’uso dei commenti e semplificando le funzionalità di interazione al sito 28 Settembre 2007
[…] Altri lettori, poi, hanno notato anche che “per ora gli utenti che veramente utilizzano tutti gli strumenti del web 2.0 sono molto pochi” e spesso si annoverano più tra i giovanissimi. In effetti avevano ragione: il fenomeno è conosciuto con il nome di “ineguaglianza partecipativa” e vuole che il 95% degli utenti non contribuisca in alcun modo (i cosiddetti lurkers, al massimo leggono e passano oltre), il 5% lo fa di tanto in tanto e solo lo 0,1% lo fa spesso. Nonostante i tanti strumenti ormai a disposizione, solo pochi utenti partecipano attivamente al web sociale. Il che in parte è naturale a tutti i fenomeni sociali (l’attenzione è una risorsa limitata), ma in parte è dovuto anche a tool di interazione ancora troppo primitivi e macchinosi (per maggiori informazioni potete leggere il mio articolo “Esiste l’intelligenza collettiva del web 2.0 o solo una intelligenza dei pochi? La regola dell’1…“). […]
Pingback: Come incrementare la partecipazione degli utenti in un Social Network su Socialware 8 Giugno 2008
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