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Ieri ho parlato dell’accordo tra Apple ed EMI (la casa discografica britannica, una delle quattro Major a spartirsi il 75% del mercato mondiale) sul DRM-Free, ma, come era ovvio, molti stanno protestando per il fatto che, nonostante sia encomiabile questa scelta, non sia giusto pagare una sovrattassa per avere un brano DRM-Free.
Prima di addentrarci in questi discorsi è bene, però chiarire, cosa sia il DRM e perché l’accordo di ieri si può, a pieno diritto, definire storico.
1. Cosa è il DRM?
2. Maggiori dettagli sull’accordo tra APPLE ed EMI
3. Le polemiche sulla differenza di prezzo tra i DRM e i DRM-Free
1. Cosa è il DRM?
Il DRM (Digital Rights Management) è una tecnologia utilizzata nei sistemi digitali mediante la quale il titolare dei diritti d’autore può esercitare ed amministrare tali diritti nell’ambiente digitale, grazie alla possibilità di rendere protetti, identificabili e tracciabili tutti gli usi in rete di materiali adeguatamente marchiati.
Il DRM in genere riguarda la musica, i film ma anche l’arte digitale in genere ed i videogiochi. Uno dei primi sistemi DRM conosciuti è il CSS, o Content Scrambling System, ideato dal DVD Forum per i film in DVD.
Tramite i DRM, i file audio o video vengono codificati e criptati in modo da garantirne la protezione contro la copia e l’inoltro verso terzi non autorizzati mentre deve consentirne un utilizzo limitato (ad es. solo per determinati periodi di tempo, o per determinate destinazioni d’uso)
Infatti, le Major del settore credono fermamente che le tecnologie DRM siano necessarie per ridurre la perdita di introiti dovuta alla duplicazione illecita dei contenuti digitali e porre fine al “file sharing selvaggio”.
Per questo, nella musica scaricata legalmente, è nascosto un software che stabilisce quante copie possono essere fatte e su quali dispositivi può essere ascoltata.
Ovviamente, per molti, questo costituisce un vero e proprio “abuso di copyright“, che impedisce a chi ha acquistato legalmente un file di ascoltarlo dove e quando preferisce. Nello stereo di casa, in auto oppure nel proprio lettore mp3. Anche se, poi, bisogna ricordare che, nel caso del DRM Musicale, i blocchi sono facilmente aggirabili anche con lo stesso iTunes: basta masterizzare i file su cd e importarli di nuovo per “sproteggerli”.
Nel caso della musica, quindi, qualsiasi protezione escogitata è, in fin dei conti, inutile. La musica deve comunque uscire attraverso i due fili da collegare agli altoparlanti; ad un pirata basta semplicemente connettere un registratore al posto degli altoparlanti.
Benché sia possibile implementare funzioni anticopia anche nelle uscite audio/video analogiche, l’industria dei contenuti ritiene che la natura dell’analogico faccia sì che nessuna di tali protezioni sia realmente efficace. Per questo motivo, le aziende riunite nella RIAA e nella MPAA indicano le uscite audio/video analogiche, con l’espressione dispregiativa di analog hole (lett. “buco analogico” o “falla analogica”). Le Major vorrebbero che venissero bandite per legge da tutte le apparecchiature audio e video, a favore delle uscite digitali con funzioni di DRM e di crittazione dei segnali in uscita dai riproduttori.
Dai sondaggi, è noto che, per gli utenti la cosa più importante è sempre stata l’interoperabilità, cioè la possibilità di leggere una canzone scaricata da un negozio online su qualsiasi lettore mp3 era la cosa più importante.
2. Maggiori dettagli sull’accordo tra APPLE ed EMI
I problemi sul DRM erano temi attuali. questo almeno fino a ieri quando, secondo Gizmodo, la EMI ha proposto alla Apple il progetto del DRM-Free (probabilmente dopo la lettera aperta di Steve Jobs in cui asseriva che, secondo lui, i DRM erano inutili e inibivano le vendite); ovviamente tale accordo non prevede alcuna clausola di esclusiva: come Apple può vendere brani DRM-free di altre etichette, così EMI può vendere i suoi brani su altri Music Store.
Presto quindi le canzoni acquistate sull’iTunes Store che fanno parte del catalogo Emi potranno essere ascoltate anche su qualsiasi lettore mp3 della concorrenza e non solo sull’iPod, come era accaduto fino ad oggi. Per la Apple si tratta di un vero e proprio sospiro di sollievo: l’esclusività del sistema iTunes-iPod aveva suscitato le critiche di molte associazioni di consumatori europee. Anche il parlamento norvegese aveva bacchettato la società di Cupertino a tal riguardo.
Il formato scelto è quello AAC (leggibile praticamente da tutti i più diffusi lettori audio e su tutti i computer) con un bitrate di 256 kbps. Secondo il comunicato stampa EMI, i brani saranno disponibili anche in vari bitrate, fino alla “qualità CD”; ZDNet parla anche di formati MP3 e WMA offerti tramite altri rivenditori affiliati ad EMI.
3. Le polemiche sulla differenza di prezzo tra i DRM e i DRM-Free
Ma le polemiche non sono comunque finite: nonostante Steve Jobs abbia asserito che gli utenti di iTunes saranno contenti di pagare appena 30 centesimi in più per le loro canzoni DRM-Free, la cosa sembra non aver trovato il plebiscito e l’approvazione totale.
Infatti, i detrattori, sostengono che l’industria discografica non sia particolarmente interessata al benessere degli autori, ma solo al proprio torna conto. Se la EMI ha fatto questo passo, probabilmente avrà fatto i suoi conti, e magari questi 30 centesimi in più servono a tale scopo.
Quindi, anche se la mossa è stata senza dubbio coraggiosa, non è stata poi tanto rischiosa, anche se credo che, alla fine, possa avere ripercussioni su tutto l’intero mercato musicale, visto che la EMI è la terza azienda discografica al mondo in termini di vendite e offre un catalogo vastissimo.
Se oggi il mercato digitale è circa il 10% del totale, EMI, con il contributo di Apple, si aspetta di vedere la quota di mercato del digital download crescere fino a toccare, nel 2010, il 25% del mercato.
Ma anche la Apple ne trarrà inevitabili vantaggi: questa operazione servirà a dimostrare la buona fede di Apple sui DRM, come già in Febbraio Steve Jobs, attuale CEO di Apple, aveva affermato in una lettera aperta alle Major, in cui spiegava i motivi per cui, secondo lui, vendere musica proteggendola da tecnologie DRM non aveva senso e chiedendo loro di poter liberare la musica venduta tramite l’iTunes Store.
Ma molti utenti non ci stanno: perché i singoli brani privi di DRM costeranno circa il 20% in più dei corrispettivi protetti? La libertà dev’essere un diritto e quindi è inspiegabile questo aumento; infatti sembra proprio che l’utente debba pagare una sovrattassa ad EMI o ad Apple, volta a coprire parzialmente la spesa di aver liberato il proprio contenuto, è come se si comprasse la propria libertà!
La Apple risponde in più modi:
- L’utente paga trenta centesimi in più per ottenere un brano ad alta qualità (256kbps, virtualmente indistinguibile da un CD) privi di protezione anti-pirateria (DRM-free) e compatibili con qualsiasi player (quindi non solo iPod). Ovviamente maggiore qualità significa più spazio occupato e quindi costi più alti.
- Il prezzo degli album rimarrà comunque invariato a 9,99 €, anche per quelli DRM-Free. Gli album saranno, dunque, ancora più convenienti.
- Sarà sempre possibile acquistare le stesse canzoni, ma di qualità inferiore, con i Drm. La Apple vuole dare alla gente la possibilità di scegliere. Anche questa è la libertà digitale!
La domanda ora nasce spontanea:
Come reagiranno i consumatori? L’eliminazione degli odiati lucchetti aumenterà le vendite di questi brani più fruibili o incrementerà la pirateria?
[Fonti Wikipedia, Repubblica, Repubblica, The Inquirer, melablog, attivissimo e zeronave]