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Recentemente i ricercatori della Microsoft hanno provato a dimostrare che in fondo non servono computer con grandissime capacità di memoria per archiviare la nostra vita. In un paese industrializzato, in media ogni giorno un cittadino riceve 100 messaggi di posta elettronica (5 Kb l’uno), visita 100 pagine Web (50 Kb l’una), scannerizza cinque fogli di carta (100 Kb l’uno), scatta dieci foto (400 Kb l’una nel formato jpeg), può avere interesse a registrare al massimo otto ore di audio a 8 Kb al secondo (per esempio, telefonate, riunioni e così via), legge un libro (1 Mb) ogni dieci giorni e ascolta un nuovo cd ogni settimana e mezza: circa 45 minuti a 128 Kb al secondo. Questo significa che per archiviare cinque anni della nostra esistenza servono più o meno 80 Gb: una capacità ampiamente coperta dai computer da tavolo disponibili oggi sul mercato. Fra tre anni, poi, saranno commercializzati pc in grado di registrare fino a un Terabit (mille Gb) di dati che se utilizzati solamente per archiviare le informazioni citate potranno contenere circa 60 anni della nostra vita.
Da questi presupposti nasce il Progetto Sensecam: la SenseCam è stata soprannominata ‘la scatola nera dell’essere umano’.
Si tratta in pratica di una macchina fotografica, dotata di una serie di sensori in grado di percepire la variazione di alcuni parametri esterni (come il cambio di luce, di temperatura, o ancora differenti posture o gesti delle persone nei paraggi) che associa a una data e a un orario, in modo da immortalare (da sola, senza che noi facciamo alcunché) i momenti salienti della nostra giornata. L’avveniristico e minuscolo dispositivo (grande quanto una carta di credito) è in grado di registrare suoni e dispone di una speciale lente grandangolare in grado di immagazzinare fino a 2.000 immagini al giorno.
Può essere indossata come un ciondolo o attaccata alla cintura dei pantaloni, poi, una volta a casa è possibile collegare la SenseCam a un computer e scaricare tutto il materiale registrato in modo da creare una memoria digitale per immagini di tutte le nostre giornate.
In pratica è in grado di portare tutti i ricordi visivi in digitale, consentendo di rivivere tutta la propria vita, quando si vuole, ed eventualmente consentirebbe anche di condividere con qualcun altro le proprie esperienze.
Da qualche anno, l’azienda di Redmond sta elaborando ‘MyLifeBits‘, un progetto per trasportare su computer non solo i nostri ricordi, ma anche il nostro lavoro, la musica che ascoltiamo, le conversazioni telefoniche, gli appunti di un viaggio: in pratica tutta la nostra vita.
Il prossimo passo sarà quello di consentire al prototipo della Microsoft di scattare foto non solo al cambio di parametri esterni a chi la utilizza, ma anche interni: per esempio, la variazione dei battiti cardiaci, della frequenza respiratoria, della temperatura corporea e altro. In questo modo, dicono i ricercatori della Microsoft, la macchina si accorgerà da sola dei momenti più emozionanti della nostra vita per iniziare a scattare.
Un’altra linea di sviluppo sarà quella di trasformare la SenseCam in un dispositivo capace anche di registrare video anche se per ora l’obiettivo del prototipo è quello di ridurre un eccessivo accumulo di informazioni, scattando foto solo in momenti significativi.
In un futuro più lontano si arriverà a individuare e memorizzare perfino gli odori che sentiamo, in modo da rivivere le esperienze in modo ancora più intenso.
Alcuni psicologi sostengono che un archivio di immagini sia solo un povero surrogato della vita. “Le registrazioni sono solo imitazioni, non possono catturare l’essenza della vita“.
Ma la Microsoft asserisce che in fondo siamo di fronte dinanzi ad una vera e propria rivoluzione: “I nostri discendenti potranno conoscerci come mai era stato possibile in passato“.
Questa sorta di “terzo occhio”, puntato sulla vita quotidiana della persona che lo indossa potrebbe tuttavia sollevare più di una critica da parte dei difensori della privacy o costituire addirittura un illecito se utilizzato in certi ambienti, come il posto di lavoro o un’urna elettorale.
Inoltre è dimostrato che può creare ‘dipendenze da registrazione‘. Zoe Lazarus, un’analista del settore, ha sottolineato come molte persone negli ultimi anni siano state colpite da una specie di ossessione da registrazione, accumulando ore e ore di filmati di sè e dei propri affetti.
Antonio Troise – www.levysoft.it